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24-01-2010, 20.10.11 | #233 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
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Citazione:
Ma questo è chiaramente falso perchè è evidente che il male non va eliminato solo perchè sei infinitamente buono. Gandhi, per citarne uno, sarebbe meglio di Dio allora? Il fatto che quest'ente sia onnipotente non toglie nulla alla sua onnipotenza se questi decidesse di non eliminare il male... è una scelta. Se poi pensi sia sbagliata, in quanto credi che un ente infinitamente buono eliminerebbe il male io ti rispondo: dove sta scritto? Non si può decidere la verità di questa tesi tenendo presente come dogma <<l'eliminazione del male>>. Questo lo hai deciso tu a tavolino. Chiaramente se ciò fosse vero avresti ragione. Ma questo non significa che tale ente non esista. Semplicemente potrebbe non essere vero il tuo assioma. p.s. va bhe che, nelle mie poche apparizioni in questo topic, ho detto praticamente le stesse cose ma in altro modo... quindi mi sono sempre tenuto in argomento. |
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24-01-2010, 20.10.44 | #234 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
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Riferimento: Moderazione:
Citazione:
Bisognerebbe, per non dire le solite trite cose, cominciare a definire di quale male o Male si parla. Intanto si potrebbe cominciare a considerare il termine male come un termine che si può usare con senso solo relativamente al bene o Bene. Quindi è valida anche la domanda che ha fatto una stutendessa a Sergio Givone : perché il male esista, è indispensabile che esista anche Dio, che è il bene per il credente. Quindi che Dio esista è necessario, perché Dio esista, che esista anche il male? |
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24-01-2010, 20.47.40 | #235 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
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Riferimento: Moderazione:
Citazione:
Chi lo dice che Dio stia osservando la medaglia col suo rovescio come facciamo noi? Dunque il male da una parte e il bene dall'altro,poi il piacere e il dolore,la luce e le tenebre,il bello e il brutto..insomma tendiamo a scartare una faccia, come la carta da una caramella e pretendiamo che lo faccia pure Dio come giusto operare.. A me sembra soltanto un modo errato di considerare la faccenda,visto che c'è da trascendere le due faccie della medaglia ,piuttosto che contrapporle.. qualcuno ha parlato difatti di Bene (e che non ha opposti...). |
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25-01-2010, 12.02.31 | #236 |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
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Riferimento: Dio non esiste
STUDENTESSA: Professore, perché il male esista, è indispensabile che esista anche Dio, che è il bene per il credente. Quindi secondo Lei che Dio esista è necessario, perché Dio esista, che esista anche il male?
GIVONE; Io credo che tu abbia impostato molto bene il problema e, in ogni caso, non l'hai impostato nel modo ovvio in cui di solito lo si imposta. Qual è il modo ovvio? Quello che tende a mettere un out out tra Dio e il male. No? "O c'è Dio - si dice - o c'è il male". Se c'è Dio non ci può essere il male, se c'è il male è la prova che Dio non esiste, perché se Dio esistesse come potrebbe tollerarlo il male, no? Ecco, questo è il modo banale. Mica tanto banale. Ci sono delle ragioni profonde, naturalmente, in questa prospettiva. Ma io credo che il modo in cui tu hai posto la domanda sia più, più forte, sia più meritevole di riflessione. Perché? Lo hai detto: perché ci sia il male, ci deve essere il bene. E' di fronte al bene e di fronte a qualche cosa come un assoluto dover essere - dover essere così e non dover essere cosa - che il male appare scandaloso. Se questo assoluto dover essere non fosse neppure pensabile, non ci fosse, abitasse in un suo cielo remoto, al di là della nostra esistenza, allora il male non sarebbe così, così scandaloso. Il male è scandaloso, il male fa male, potremmo dire, proprio di fronte a questo assoluto paradigma, a questa misura. Da questo punto di vista dovremmo dire - altro paradosso. Dovremmo dire che il male e Dio stanno e cadono insieme. C'è Dio e dunque c'è il male, c'è il male e dunque siamo costretti a pensare a qualche cosa come a un Dio a cui chiediamo una risposta. Viceversa non c'è Dio e non dico che non ci sia il male, ma il male finisce col perdere la sua, la sua virulenza, la sua scandalosità. Vi sembra che quello che ho detto sia così paradossale da bloccare la discussione? Io mi rendo conto della, della difficoltà, proprio sulla base di queste due prime domande. La difficoltà in che cosa consiste, la difficoltà a pensare il male? Nel fatto che il male - ecco qui, abbiamo preparato due dadi, non a caso, ma la scheda li richiama -, il fatto che il male è anzi tutto qualche cosa di casuale. I dadi vengono gettati e il risultato nessuno lo può prevedere. Casualità vuol dire che il male cade dove cade, si abbatte dove si abbatte. A chi tocca tocca. Ma se le cose stanno così, allora noi cosa c'entriamo? Noi siamo pure e semplici vittime di qualche cosa che ci trascende, che ci tratta, una forza della natura, che ci tratta come dei burattini. E spesso abbiamo questa impressione: di essere nelle mai di qualcuno infinitamente o di qualcosa di infinitamente più forte di noi che ci tratta come, come dei burattini. Ma anche se questo è vero, è vero anche il contrario. Cioè è vero che il male, il male che noi patiamo, il male che si abbatte su di noi come la grandine, come la pioggia, come un ciclone, ha a che fare con noi. E' qualche cosa da noi oscuramente voluto, o per lomeno è qualche cosa in cui ci riconosciamo. La psicologia, la psicologia del profondo ha detto molte cose su questo, su questo punto così delicato, sul fatto che tutto quello che ci capita è in fondo da noi voluto o comunque è qualche cosa in cui ci riconosciamo. Se non altro perché il nostro modo di reagire fa sì che noi ci riconosciamo nel male che abbiamo, che abbiamo patito, nel male che abbiamo patito. Per non parlare del male che noi facciamo. E certo che il male che noi facciamo spesso lo facciamo senza sapere quello che facciamo. Una volta uno dice una parola, la lascia cadere lì, non voleva mica offendere. Eppure da questa parola nasce tutta una serie di cose, di reazioni, a volte pesantissime, dolorosissime. No? Ma anche il male che noi facciamo, non sapendo di farlo, non sapendo e non volendolo fare, è il male fatto da noi, è il male da noi voluto. Per non parlare del male che noi facciamo volendolo fare. Ed è certamente l'aspetto più, più doloroso, più, più grave, più, più tremendo di questa, di questa realtà. http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=171 |
26-01-2010, 19.50.31 | #237 |
Studente di teologia
Data registrazione: 15-08-2009
Messaggi: 55
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Riferimento: Dio non esiste
La riflessione (peraltro molto lunga) che è stata fatta finora è uno dei nodi cruciali della teologia.
Esiste il male? Un Dio onnipotente non lo permetterebbe. Il punto è che questo aut aut suona (perlomeno) infantile. Sembra che Dio sia un grande e onnipotente adolescente, che costruisce un bell'universo e poi ne cambia le regole a seconda del suo capriccio, perchè non riesce ad accettare che gli uomini agiscano in modo difforme dalla Sua volontà. Quale può essere la riflessione del teologo? Il teologo parte dalla rivelazione di Dio per riflettervi sopra: se la rivelazione è di un Dio personale buono e onnipotente il teologo non può semplicemente glissare il problema dell'esistenza, nè d'altra parte rinunciare alla rivelazione. La rivelazione di Dio ha certamente questi contenuti, ma è anche una promessa: una promessa che, effettuata da una persona che vive in una dimensione atemporale, non può che avere la stessa caratteristica di eternità. Il male, alla luce della rivelazione cristiana, ha un carattere meramente temporale: l'ultima parola a proposito della storia dell'uomo è di Dio quindi. Un secondo rilievo: se il Dio che si rivela, si rivela come persona, allora bisogna anche tenere conto di un problema di ordine gnoseologico. Una persona umana non è conoscibile in tutto e per tutto: le sue intenzioni spesso ci sfuggono, non capiamo i suoi fini. Se per Dio utilizziamo analogicamente il termine persona, gli conferiamo anche uno spazio di inconoscibilità: inconoscibilità che è rispetto, accettazione del "mistero" (in senso marceliano) che egli è. Pretendere di conoscere Dio come conosciamo la struttura di un tavolo è il vicolo cieco di ogni gnosticismo... Tale inconoscibilità è totale? A mio avviso no: continuando l'analogia, possiamo dire comunque che una persona "sappiamo com'è fatta". Semplicemente alcuni aspetti ci sfuggono: per evitare che Dio sia alla fine semplicemente una nostra proiezione è metodologicamente corretto lasciare che sia lui stesso, con la sua rivelazione personale a colmare con ognuno quel salto cognitivo. Il filosofo non può semplicemente asserire che tutto ciò è assurdo: tale asserzione invero, parte dal presupposto che dietro all'esperienza religiosa non vi sia alcun referente. Se prendiamo sul serio l'esperienza religiosa come un esperienza autenticamente umana, dobbiamo anche accettare la possibilità che abbia davvero un referente. Se non la prendiamo sul serio stiamo ancora facendo filosofia? O piuttosto l'apologia di un'ideologia? |
27-01-2010, 15.45.17 | #238 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 21-10-2005
Messaggi: 508
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Riferimento: Dio non esiste
Il richiamo di epicurus m' impedisce di replicare ai rilievi del Signor Leporello, almeno nell'ambito di questa discussione.
Nella speranza che quanto vado a scrivere non venga considerato fuori tema - non lo dico in senso ironico- vorrei riprendere, brevemente, un passo di quanto da me scritto e che ha destato l'interesse di "Il Dubbio". Citazione:
Quando dico che l'uomo è aperto alla trascendenza ed in modo necessario, e che esso è divino, non intendo dire che l'uomo sia ad essa aperto nel senso dell'esser-aperto ad un ente diverso inteso come esser-divino. L'esser-presente dell'uomo esaurisce il suo essere? Forse che nella storia dell'umanità qualcuno è riuscito nell'impresa di mostrare, di-mostrare, esibire, far vedere ii limiti dell'umano, i limiti dell'esser-uomo? No. Ma se ciò è vero, ed è vero, nessuno è mai stato in grado di esibire, mostrare, dimostrare ciò (limite) rispetto a cui si potrebbe o dovrebbe porre l'esser-divino dell'ente che da migliaia d'anni viene chiamato "Dio". L'impossibilità dell'esibizione del limite dell'esser-uomo è la ragione dell'impossibilità dell'esibizione del limite di "Dio". Ecco un'altra ragione forte per non credere. Franco Ultima modifica di Franco : 28-01-2010 alle ore 14.22.31. |
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28-01-2010, 16.48.56 | #239 | |
Studente di teologia
Data registrazione: 15-08-2009
Messaggi: 55
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Riferimento: Dio non esiste
Citazione:
Penso che nessuno possa dire che non ci sono ragioni per non credere. Il tuo intervento però mi dà l'opportunità di aggiungere qualcosa: se è vero che l'essere umano cerca di superare sempre i suoi limiti (anche considerati relativi), e che spesso ci riesca vi sono degli spazi di imponderabilità; dei limiti veri e propri, al cospetto dei quali non si può che affidarsi. 1) Adesione alla realtà: non vi sono "prove" che non stiamo vivendo in un mondo simile a quello del film "Matrix". Di fronte a questo dubbio cartesiano non possiamo che aderire o meno alla realtà; ritengo che sia più plausibile aderirvi: perchè in ogni gesto che faccio la mia adesione è implicita; questo però non mi dice nulla sulla sua esistenza reale: per quel che ne so non solo l'esistenza di Dio, ma l'esistenza di un mondo che mi circonda è un'incognita. Incognita nei confronti della quale devo decidere. In che modo questa decisione non è una opzione di fede? (seppur "ragionata")? 2) La storia dell'esperienza religiosa: al di là della storia delle religioni, che non ha nè senso riproporre nè può essere di qualche utilità riproporre, vi è la testimonianza da millenni di persone che effettivamente in qualcosa hanno creduto. Che fossero più dei, un unico Dio, una trascendenza vaga, ma in qualcosa hanno creduto. Questa testimonianza dovrebbe far riflettere profondamente il filosofo: è possibile che vi sia un referente anche nei confronti di questa esperienza umana? Non è forse tale testimonianza un dato su cui farsi più di qualche domanda della quale spicciamente darsi risposta? Si tratta di una domanda: si può dire che è tutto un illusione senza ridurre in questo modo l'esperienza religiosa a semplice nevrosi? Un ultima domanda: Chi ha mai portato davanti ai nostri occhi una parte di non-trascendenza per di-mostrarci che essa non esiste? Dire che il rasoio di Occam esclude ogni esistenza della dimensione non materiale (in quanto conosciamo le cause dell'esistenza dell'universo grazie alla scienza) è fuori luogo: il "rasoio" difatti non tiene conto che noi credenti abbiamo la nostra esperienza del sacro di cui rendere ragione. |
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29-01-2010, 10.35.45 | #240 | |
Lance Kilkenny
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Citazione:
non è questo un assioma inverificato? oppure, da assioma che si rispetti, lo stesso risponde benissimo alla necessità di dimostrare l'inesistenza di quel 'dio' di cui invece poco o nulla si può inferire? pechè la mente umana dovrebbe essere in grado di conoscere l'ente assoluto e le sue caratteristiche al punto da poterne dimostrare l'esistenza o la non-esistenza? forse perchè consideriamo lo sviluppo della nostra logica e della nostra comprensione della natura prossimi al suo acme? perchè un dio in grado di organizzare coerentemente il senso di 'tutto', quel tutto sulle cui componenti emergenti, su alcune, noi proponiamo modelli teorici che attenderanno secoli per poter essere validati, dovrebbe poter essere intercettato dalla logica umana? |
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