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08-01-2010, 09.52.29 | #192 | ||||
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Riferimento: Dio non esiste
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Citazione:
Non solo Lei, cosi scrivendo, dimostra le mie tesi, ma offre un'ulteriore aggravante. Ciò che sto tentando di farLe comprendere e di far forse comprendere, è che la contingenza non è e non potrebbe essere il punto di partenza per la dimostrazione dell'esistenza di Dio. Detto molto grossolanamente: dopo il reale di cui abbiamo esperienza e conoscenza, potrebbe darsi molto , molto di più; un di più che potrebbe essere anche sempre esistito. Di qui il mio rilievo rivolto a coloro che come Lei vorrebbero partire dalla contingenza ai fini di una dimostrazione. Tra l'altro, dopo il reale ponibile come contingente si potrebbe dare e porre un reale non contingente. Ecco il senso del mio discorso sulla non evidenza di ragioni vincolanti (necessarie) per la posizione di qualcosa come un "Dio" appena dopo la sfera del reale supposto come contingente. Non credo Signor Leporello che Lei o chi per Lei potrebbe davvero esigere credibilità nel momento in cui volesse soltanto partire dal mare reale contingente per approdare all'oceano del reale non -contingente. Il risultato sarebbe il naufragio, giacché il Dio di cui stiamo discorrendo, richiederebbe, in ragione della sua stessa essenza, che tanto la prima quanto la seconda forma di reale fossero della stessa natura. Non Le serve dunque un gran che affermare che il Suo intendeva essere un mero punto di partenza. Veniamo alle “chiacchiere da bar”. Citazione:
Citazione:
E’ davvero interessante osservare come pur di difendere la Sua tesi, Lei non esiti nel tentativo di screditare la posizione di un intellettuale della statura di Bertrand Russell. L’aver Lei accostato Bertrand Russell, De Crescenzo e Pippo baudo mi lascia a dir poco perplesso.. Ciò che riesco a prendere in considerazione di quanto citato per ultimo sarebbe l'idea dell'impossibilità di attribuire a Bertrand Russell il titolo di storico della filosofia. Come a dire: il fatto di non essersi guadagnato da vivere soprattutto come storico della filosofia doveva impedirgli di poter esprimere giudizi veri sul Tomismo. L’uso che ho fatto del passo della Storia della filosofia occidentale di Russell aveva ed ha lo scopo di dare sostanza alla tesi per la quale l’impianto dottrinale dell’Aquinate era ed è sostanzialmente apologetica cristiano cattolica. La riprenderò più avanti. Il mio primo incontro con il testo della Summa theologiae, avvenne una dozzina d’anni or sono nell’ambito di un corso universitario dedicato alla “filosofia” medievale. Dal momento che non amo fare citazioni non rigorose e dal momento che non posso per il momento avere il testo fra le mani ( devo ammettere di non aver mai incluso il testo di Tommaso d’Aquino tra quelli facenti parte della mia libreria mobile ed immobile) rinvio le citazioni e discussioni ai prossimi eventuali interventi. A proposito dell'espressione dossografia cattolica, devo ammetterlo, ho commesso un errore d’omissione. Non l'ho virgolettata. La Sua replica mi dà la possibilità di esplicitare. Una delle esperienze più significative e meno piacevoli vissute negli anni in cui ho frequentato un certo numero di corsi universitari di filosofia, è stata quella della conoscenza di un certo numero di specialisti di tante cose e filosofi di nulla. All’epoca ero solito chiamarli collezionisti e/o ripetitori della /di filosofia. Di specialisti di questo o quel filosofo ne ho conosciuti e letti, ma ciò non significa che i loro scritti non siano poco più che una collezione di opinioni commentata o un sistema di commenti collezionanti opinioni. Continua....... |
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08-01-2010, 10.14.55 | #193 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Dio non esiste
Nell’ambito dell’analisi del concetto di rivelazione ebraico-cristiana Karl Jaspers scrive:
[...]Finora però si è mantenuta l’indiscussa unione agostiniano-anselmiana di pensiero e fede. Un’opposizione sentita come difficoltà si era già presentata da lungo tempo in alcuni pensatori eretici (Berengario di Tours e altri), ma non aveva portato a riflessioni metodologiche fondamentali. Tommaso d’Aquino (seguendo la via di Abelardo) raccolse assieme le varie contraddizioni e la loro soluzione sotto una forma unitaria che ha ancora valore determinante per il pensiero cattolico-romano. E’ vero che solo raramente la sacra doctrina assume presso di lui il nome di teologia, ma l’opposizione tra credere e sapere , che fino ad allora era rimasta nello sfondo ed indeterminata , si traduce ora nell’opposizione tra scienza rivelata del sovrannaturale (teologia) e scienza della ragione umana (filosofia). Tommaso può ora agevolmente superare quest’opposizione. Come il regno della natura è ricoperto dalla volta del regno della grazia, così la scienza filosofica è ricoperta dalla scienza teologica. Tra le due scienze non può esistere una contraddizione definitiva (poiché ambedue provengono da Dio) e noi non abbiamo il diritto di proporla. Esse però si possono distinguere in modo fondamentale solo se si abbandona la concezione agostiniana della conoscenza. Contrariamente ad Agostino, il pensiero non è più inteso come una illuminazione proveniente da Dio, ma come un’opera naturale dell’intelletto. Esso perde così la splendore del sovrassensibile ed è riconosciuto come un dominio autonomo pari al retto intelletto umano, sano e naturale. La teologia si salva dalle contraddizioni che la minacciano al prezzo di un abbassamento del pensiero a mero intelletto. E’vero che in tal modo si rende possibile assimilare la conoscenza aristotelica del mondo, ma questo ha luogo in un atteggiamento di razionalità antifilosofica. Da questa liberazione e svalutazione del pensiero deriva il fatto che Tommaso usa in teologia metodi che in verità sono filosofici, mentre la teologia si volge agli stessi oggetti della filosofia (ad eccezione dei misteri e dei sacramenti ), ma considera ora questi oggetti in rapporto e alla luce dei principi superiori dati dalla rivelazione.” Cfr. Karl Jaspers, La fede filosofica di fronte alla rivelazione, Longanesi, Milano, 1970, pagg.59-60 La sottolineatura è mia. Ma come è mai possibile tutto ciò? Niente meno che uno dei più grandi filosofi (spero Lei non mi venga a dire che siccome la Signora Sofia Vanni -Rovighi non è specialista anche di Jaspers – o forse lo è? - lo stesso non vada preso in considerazione) di tutti i tempi, attribuisce addirittura un atteggiamento di razionalità antifilosofica al Nostro. Jaspers sembra essere più magnanimo di Bertrand Russell ma a ben leggere ed intendere non è così. Cambia la veste formale ma i contenuti sono in fondo gli stessi. La svalutazione della razionalità filosofica, ovvero della razionalità speculativa ( nei termini di Jaspers) si concretizza dunque nell’uso da parte di Tommaso dei metodi propri della filosofia allo scopo della giustificazione dei principi “superiori” della rivelazione. Tradotto nel linguaggio di Russell, la teologia di Tommaso d’Aquino è in fondo apologetica cristiano cattolica. A Jaspers fa eco Martin Heidegger, il quale nell’ambito di un corso tenuto a Friburgo nel semestre invernale 1929-30, intitolato: Concetti fondamentali della metafisica, ( spero che Lei non venga a dirmi che siccome Martin Heidegger è uno dei filosofi di cui la Signora Sofia Vanni- Rovighi è specialista, lo stesso grande filosofo tedesco non possa essere annoverato fra i detrattori di Tommaso) e riferendosi alla dogmatica cristiana e dunque alla Scolastica, afferma: “[...]quest’ultima (la dogmatica cristiana), del resto, ha raggiunto una forma determinata grazie all’assunzione della filosofia antica, e in modo particolare di quella di Aristotele, in una direzione determinata, assunzione effettuata per dar sistematicità al contenuto della fede cristiana. Questa sistematizzazione non rappresenta un semplice ordinamento esterno, bensì comporta una interpretazione contenutistica. La teologia e la dogmatica cristiane si impadronirono della filosofia antica e ne mutarono il significato interpretandola in un modo ben determinato (cristiano). La filosofia antica fu sospinta dalla dogmatica cristiana all’interno di una concezione della quale iniziamo soltanto oggi a cogliere lentamente la non-verità. Il primo a farlo è stato forse Nietzsche.” (Cfr. Martin Heidegger, Concetti fondamentali della metafisica, Il Melangolo, Genova, 1992, pag. 60. Sottolineatura e testo tra parentesi sono miei. Ed ancora: “[...] E viceversa poiché per il Medioevo non è possibile il filosofare autentico come interrogare totalmente libero da parte dell’uomo, e sono invece essenziali atteggiamenti totalmente diversi, e poiché in ultima analisi non esiste alcuna filosofia del medioevo, l’assunzione della metafisica aristotelica secondo le due direzioni che abbiamo decritto, è a-priori determinata in modo tale che da a non solo emerge una dogmatica della fede , ma anche una dogmatica della stessa filosofia prima. In questo peculiare processo d’assunzione della filosofia antica nel contenuto della fede cristiana ( e tramite questo, come abbiamo visto in Cartesio, nella filosofia moderna), solo con Kant si è giunti per la prima volta a un interrogare autentico.” (Ibidem, pagg. 63-64) La sottolineatura è sempre mia. Penso che per il momento le citazioni possano bastare. In base ad esse ritengo sia opportuno ripetere due dei luoghi più importanti fra quelli da me scritti finora. Citazione:
In special modo. Citazione:
Citazione:
Cosa mai significherebbe? Da quando ho cominciato ad intervenire in questo thread, l’ho scritto diverse volte. Né lei, né la Signora Sofia Vanni Rovighi, nè Tommaso d’aquino dimostrano l’esistenza di “Dio” a partire dalla tesi fondamentale (principio) di non-contraddizione. Non -contraddizione di cosa!? A cosa si applicherebbe il grande principio? La domanda è retorica. Il principio si applicherebbe al reale di cui abbiamo esperienza e conoscenza, il quale essendo contingente, sarebbe contraddittorio. Ma ciò, e lo ripeto per l’ennesima volta, costituisce una tesi infondata e dogmatica. Il dato primo in Tommaso d’Aquino è quello della rivelazione biblica, rivelazione per la quale si pone un Dio come creatore del mondo. Da qui si costruisce un sistema orientato in direzione della giustificazione razionale (metafisica) di quel dato, un sistema nel quale ciò che dovrebbe essere provato, dimostrato, vale a dire la esistenza, la sussistenza, la realtà (nel linguaggio moderno), l’esse in re (nel linguaggio medievale) di quel “Dio”, è dogmaticamente presupposta con e nella distinzione tra ens creatum ed ens increatum (Dio). Come è possibile in altri termini tentare di dimostrare l’esistenza di quel Dio partendo da principia presupponenti a loro volta l’essenza ed il concetto di ciò che si dovrebbe dimostrare? Franco |
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08-01-2010, 10.37.15 | #194 | ||
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Riferimento: Dio non esiste
Nikolaj,
Citazione:
L'espressione colpo d'immaginazione mi sta bene. Io però vorrei rimarcare il fatto che nel mio uso dell'espressione "colpo di spugna dell'immaginazione" vi sia un senso metaforico per il quale in qualche modo il quadro del mondo (essere mondano) debba essere pulito e ripulito. A tal proposito è sensato richiamare quanto scritto da Leporello. Citazione:
Far sparire la contraddizione... Nel quadro dell'essere mondano, essere caratterizzato dalla sofferenza, dalla caducità, dalla morte, qualcosa deve essere ripulito, espunto, fatto sparire. Far sparire la contraddizione......con un colpo di spugna e di prestidigitazione. Franco |
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08-01-2010, 10.56.42 | #195 | |
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Riferimento: Dio non esiste
Citazione:
baylham, ciò che scrivi è sensato e non poco. Hai espresso in modo assai sintetico ciò che agli scolastici come Tommaso d'Aquino richiese anni di peripezie e salti mortali di tipo razional-speculativo. Contradizioni come quelle da te poste furono proprie di sistemi speculativi (metafisici che dir si voglia) nei quali gli strumenti propri della filosofia antica furono piegati all'esigenza insuperabile della giustificazione dei principi della dogmatica cristiano-cattolica. Come fare, ad esempio, a giustificare la differenza di un ente inteso come necessario per essenza (Dio) rispetto ad un ente inteso come contingente (Mondo) per essenza, se il secondo è condizione di comprensibilità e posizione del primo? In cosa consisterebbe la differenza? Franco |
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08-01-2010, 11.07.15 | #196 | |
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Riferimento: Dio non esiste
Robertof,
Citazione:
1° Il problema è il tuo se. Se cosa? Che gli enti non abbiano in sè la propria ragione d'esistenza, che siano cioè enti non necessari, che ad essi come amavano dire i pensatori medievali l'essere appartenga in via meramente accidentale, è una tesi che deve essere fondata. 2° Cosa intendi con "gli enti"? 3° Dici che ente contingente significa ente che può essere o non essere. Cosa intendi qui con essere o non essere? Tu ch estai leggendo ed io che sto scrivendo potremmo forse in ogni momento non essere più? O forse che ciò che tu sei in questo momento e che io sono in questo momento sarebbe anche potuto non essere? Se sì, a partire da cosa? Franco |
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10-01-2010, 17.33.51 | #197 | ||
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Riferimento: Dio non esiste
Citazione:
Nikolaj, Il celeberrimo "argomento" dell'ordinamento verso un fine (del disegno universale o del progetto) sembra essere l'argomento superstite, ovvero quello che "parrebbe" ancora oggi dare fiato a coloro che "sembrerebbero" essere consapevoli dell'impossibilità di sostenere quelli validi precedentmente alle conquiste del sapere scientifico della modernità e della contemporeaneità. L'argomento teleologico "sembrerebbe" l'ultimo baluardo a partire dal quale costruire una posizione di tipo razionalistico. Non a caso un intellettule ateo di formazione scientifica come Richard Dawkins gli dedica buona parte del suo ormai assai noto "L'illusione di Dio" Si tratta della parte più importante del libro, quella nella quale viene affrontata la questione attorno alla quale si gioca e si è giocata l'opposizione tra "creazionismo" ed "evoluzionismo darwiniano", vale a dire il fenomeno della complessità irriducibile". La parte in questione, a mio avviso, potrebbe essre benissimo intesa come un'introduzione assai stimolante all'evoluzionismo di Charles Darwin, giacchè lo affronta alla luce del problema scottante del "Dio" della tradizione ebraico-cristiana. Si tratta tra l'altro di un'analisi che rappresenta un esempio di come nel momento in cui si discute di un fenomeno così importante come quello di "Dio" senza speciose definizioni scolastiche ed ideologiche, i limiti tra riflessione metafisica (speculativa) e riflessione scientifica (empirico-sperimentale) perdono la loro nettezza. Perchè il riferimento al Richard Dawkins e al suo "l'Illusione di Dio'"? Perchè è un modo moderno di discutere dei cosiddetti argomenti a posteriori, ovvero degli argomenti impostati a partire, come tu stesso hai scritto, dall'osservazione del mondo. E ciò tanto in senso scientifico ( empirico-sperimentale) quanto metafisico (speculativo). Se cioè e contro il "culto delle lacune", delle complessità irriducibili che tali non possono non rimanere ad infinitum, Dawkins contrappone la biologia evoluzionistica, ovvero un argomento forte di tipo scientifico contro quello teleologico, cosa si può e si dovrebbe dire nel senso del sapere speculativo? Si danno, in altri termini, dei modi attaverso ii quali la riflessione di tipo speculativo dimostra la non validità degli argomenti a posteriori come tali, ovvero presi nel loro insieme? Quale poterbbe essere il limite tra la riflessione scientifica e quella speculativa nell'affrontare il problema dell'essitenza del dio della tradizione ebraico- cristiana? L'espereienza, quella nella quale si gioca indiscutibilemte l'opposizione fra creazionismo ed evoluzionismo darwiniano, si esaurisce in sè medesima? L'espereinza, quella nella quale dominano i fenomeni più o meno com-plessi, costiutisce, esaurisce forse il reale, l'essere? Forse che l'essere si esaurisce nell'essere dell'esperienza e dell'espereinza possibile? No, giacchè se così fosse sarebbe impedita in via di principio ogni possibilità di distinzione trra sapere della scienza e sapere della filosofia. La mia critica alla "antica" via della contingenza - se ciò non fosse ancora stato compreso - ha lo scopo di mettere in evidenza come sia possibile negare validità all'intero blocco deegli prove a posteriori (ex contingentia mundi) a partire non solo da argomenti di tipo scientifico - ma anche da argomenti di tipo speculativo.(Metafisico) Discutre, riflettere su questa possibilità significa anche coinvolgere il modo medievale (scolastico) di impostare e "risolvere" il problema dell'esistenza di "Dio". Se l'essere sporge in qualche maniera rispetto all'essere dell'esperienza in atto e in potenza, cosa e chi mi dà la garanzia che la nozione di contingenza valga anche oltre la sfera dell'essere esperito ed esperibile? Cosa e chi mi dà la garanzia che l'uso del concetto di contingenza tenga in debito conto le possibili articolazioni fondamentali dell'essere? Il Tomismo è stato ed è "miracolosamente" il problema nella necessità di piegare la riflessione ontologica ad una necessità di fede: per negare il salto, il baratro, l'abisso tra l'essere empirico e l'essere non ancora empirico pongo e "dimostro" l'esistenza di "Dio" come quell'ente che chiude il cerchio dell'essere.(Scientia regulatrix). Da qui la mia critica a quanti come Leporello ancor oggi usano il linguaggio dela certezza per denotare cose soltanto possibili. Franco |
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11-01-2010, 07.50.07 | #198 | ||||
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Riferimento: Dio non esiste
Citazione:
Lo conosco e l'ho letto. (Oltre a quella parte molto importante, visto che Dawkins è un biologo è inevitabile che tratti di evoluzione, ho trovato interessante anche la parte in cui tenta una spiegazione evoluzionistica delle religioni (o - visto che erano in forma primitiva - "superstizioni"), e del perchè sarebbero state utili in antecedenza. Soprattutto, a quanto sostiene Dawkins, per la potenza della "fede", ovvero la fiducia cieca verso un qualche fenomeno e alla spiegazione che ti viene data.) Anche se preferisco rifarmi, come fai tu, ad argomenti di carattere prettamente speculativo quando discuto di filosofia. (E in più, il "New Atheism" per ora mi ha lasciato un po' insoddisfatto. O meglio, ci sono cose interessanti, ma oltre un po' discutibili. Ho letto Dawkins e Harris, mi mancherebbero Hitchens e Dennett - ecco, a me interessa il secondo, mi sembra di gran lunga il più interessante dei 4: tu lo hai letto per caso?) [Con le parentesi (...) indico un discorso OT] Citazione:
Lo stesso per quanto riguarda me (che sto partecipando al thread). In più direi che l'argomento a posteriori parte dal presupposto di rifarsi dall'argomento a priori (infatti Leporello concorda sulla critica sull'argomento ontologico), e dimostrare l'esistenza di Dio evitando tale argomento. Il problema è che si è costretti a ripostulare un essere "necessario" in sè, dunque in essere la cui essenza implica l'esistenza, e dunque si ritorna nell'argomento ontologico, che si era partiti dal voler evitare. Citazione:
(Io) Non saprei proprio... Citazione:
Concordo. Per questo la riflessione analitica, ovvero di scandagliare minuziosamente ogni parte degli argomenti e rifletterci attentamente, non può accontentarsi di un vero e proprio "postulare", fin dalla partenza, e nello stesso uso del linguaggio. Come dici tu, se io parto dicendo: "Il mondo è contingente", postulo e basta, non dimostro. Tu (come anche io), ragionevolmente ti chiedi quali sono i presupposti dal quale veramente si parte per postulare la "contingenza" del mondo, e noti che si parte dal "essere o non essere", e ritieni che anche questo presupposto necessiti di una ulteriore spiegazione, perchè, alla fin fine, non è chiara affatto. (E io sono d'accordo) [/quote] |
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12-01-2010, 21.40.09 | #199 | ||||
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Riferimento: Dio non esiste
Manco da alcuni giorni -per le vacanze- e trovo una valanga di interventi che meritano risposta, cosa che mi accingo a fare con premura, a cominciare dai più "datati".
Citazione:
1) un ente ha un attributo necessario (ilo triangolo ha la somma degli angoli interni pari a due retti); 2) un ente è necessario (ossia ci deve essere)... questa seconda affermazione è ciò che si dimostra nella dimostrazione dell'esistenza di dio! Spero essere stato chiaro, finalmente! Citazione:
2) non mi pare di aver mai affermato di volermi rifare alla logica di Leibniz. Citazione:
Citazione:
Ed io replico: - primo: la risposta che Kant dà all’Accademia è indipendente dalla dottrina della Critica della Ragion Pura (siamo, infatti, ancora nel periodo pre-critico, cioè nel 1762, e la Critica della Ragion Pura fu pubblicata nel 1781 -la prima edizione- e nel 1787 -la seconda-) e vale anche per coloro che quella dottrina non accettano, o non l’accettano interamente; - secondo: Kant sostiene che la matematica comincia con definizioni “arbitrarie” (esempio: «intendo per trapezio una figura costruita così e così»), ossia la matematica “costruisce” i propri oggetti (certo, deve costruirli partendo da qualche dato, altrimenti le sue conclusioni non potrebbero applicarsi alla realtà; in ogni caso, comunque, idealizza questi dati) e quindi può partire dalla definizione di essi (li ha creati lei, e quindi sa come sono fatti): dalle definizioni passa poi agli assiomi e di qui deduce i teoremi. La filosofia, invece, deve indagare sul che cosa è la realtà esistente, ossia trova già dato l’oggetto della sua indagine e quindi deve ancora conoscerlo: insomma deve indagarlo a partire “dal di fuori”, senza averne alcuna definizione essenziale (ad una qualche definizione semmai giunge alla fine dell’indagine); infatti, deve ricavare faticosamente i propri concetti dall’esame della realtà (e anche quando la ricerca mette in luce acutamente aspetti reali di una cosa, non arriva ad una definizione essenziale come quelle della geometria); e dunque deve procedere in modo diverso: non deve mai cominciare con definizioni, perché altrimenti rischia di lavorare solo su definizioni nominali illudendosi di avere in mano definizioni reali; «qui [cioè in filosofia -scrive Kant-] il concetto delle cose è già dato [e non costruito o idealizzato come nella matematica], ma in modo confuso e non sufficientemente determinato. Bisogna suddividerlo, confrontare nei vari casi le note che si sono separate con il concetto dato, per poi determinare e rendere compiuta questa idea astratta» (I, 1); ossia in filosofia bisogna analizzare l’oggetto dato confusamente, cercare, fra i vari elementi che si sono distinti, quali sono quelli caratteristici; e ancora, distinguere quello che si sa con certezza da quello che è ancora oscuro, e cercare di approssimarsi così alla realtà. 2) il mio asserire la contingenza -continuo a replicarlo non so da quanto, ormai- è un asserire che presuppone un'ipotesi (l'ipotesi, si intende, è la dimostrazione della contingenza stessa); in altre parole: se si dimostra la contingenza, allora (e -credo- solo allora) si potrà cominciare una dimostrazione dell'esistenza di dio (nel mio primo post, infatti, dicevo "chi ha compreso la contingenza della realtà concluderà che deve esistere anche qualcos’altro oltre ciò di cui ha esperienza e conoscenza, poiché ciò che è contraddittorio è anche impossibile", da qui -è chiaro- sorge un ulteriore problema: come si fa a cogliere la contingenza della realtà?, ma questo è un quesito diverso, ossia di contenuto, l'altro, il precedente, invece, è un problema di metodo). Comunque, per rispondere al tuo interrogativo: se si dimostra che la realtà di cui abbiamo esperienza e conoscenza è contingente, allora essa non è una illusione, appunto perchè la dimostrazione fa da fondamento alla non illusorietà della contingenza stessa (esempio: la sola e semplice enunciazione del teorema di Pitagora potrebbe far credere che esso sia una illusione; ma, una volta che lo si dimostra, la pretesa illusione scompare automaticamente). continua... |
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12-01-2010, 21.47.21 | #200 | |
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Riferimento: Dio non esiste
... continua dal post precedente
3) L'ultima domanda che hai formulato nel brano che ho quotato sopra mi fa sorgere un dubbio, che esprimo sotto forma di interrogativo: ti riferisci alla quinta via proposta da Tommaso oppure alla, cosiddetta, prova fisico-teologica criticata da Kant? Pongo la domanda in quanto le due cose non coincidono! Infatti, Tommaso ha scritto così: "Quinta via sumitur ex gubernatione rerum. Videmus enim quod aliqua quae cognitione carent, scilicet corpora naturalia, operantur propter finem, quod apparet ex hoc quod semper aut frequentius eodem modo operantur, ut consequantur id quod est optimum; unde patet quod non a casu, sed ex intentione perveniunt ad finem. Ea autem quae non habent cognitionem, non tendunt in finem nisi directa ab aliquo cognoscente et intelligente, sicut sagitta a sagittante. Ergo est aliquid intelligens, a quo omnes res naturales ordinantur ad finem, et hoc dicimus Deum". (il testo l'ho preso da: http://www.corpusthomisticum.org/sth1002.html, e per la precisione esso è l'ultima parte della solutio magistralis dell'articulus 3 della quaestio 2. Comunque, per aiutare coloro che non masticano il latino ne faccio una traduzione molto alla buona: "la quinta via si desume dal governo delle cose. Vediamo infatti che alcune cose prive di conoscenza, certamente i corpi naturali, operano verso un fine; ciò appare dal fatto che sempre, oppure molto frequentemente, operano nel medesimo modo per conseguire ciò che è [il loro] ottimo. Quindi è chiaro che non a caso, ma grazie ad una qualche intenzione, pervengono al fine. Ora, le cose che non hanno conoscenza non tendono al fine se non sono dirette da qualcuno che è conoscente e intelligente, come la freccia [lo è] dall'arciere. Dunque c'è qualcosa intelligente dal quale tutte le cose naturali sono ordinate al fine; e questo diciamo essere dio"). Quindi, come è evidente, Tommaso sta inferendo (e, quindi, facendo vedere) una finalità intrinseca ad alcune realtà, a quelle che mancano di conoscenza (il chicco di grano finalizzato alla spiga, il seme alla pianta, etc.). La prova fisico-teologica, criticata da Kant, invece, considera la finalità estrinseca dell'universo. Infatti egli scrive così: "i momenti principali della detta prova fisico-teologica sono i seguenti: 1) nel mondo vi sono dappertutto segni evidenti di un ordinamento secondo uno scopo determinato, attuato con grande sapienza e in un tutto di indescrivibile molteplicità di contenuto, nonchè di illimitata grandezza di estensione. 2) Alle cose del mondo questo ordinamento finale è affatto estraneo, ed aderisce ad esso solo in modo contingente; cioè la natura delle diverse cose non avrebbe potuto da se stessa, con mezzi così vari fra loro coordinati, accordarsi per uno scopo finale determinato, se essi non fossero propriamente scelti e disposti a ciò da un principio razionale ordinatore secondo idee che stanno a fondamento di tale ordine" (Kant, Critica Ragion Pura, Laterza, Bari, 1963, 499-500). Per tornare alle tue parole. L'ordinamento verso un fine di cui parla Tommaso non è una illusione, come hai detto tu, quanto piuttosto un fatto (ripeto gli esempi: il chicco di grano è finalizzato alla spiga, il seme alla pianta, etc.). Due domande interessanti quelle sollevate da Gianni. Citazione:
Dunque, l'essere necessario non diventa contingente solo perchè lo postuliamo a partire da ciò che conosciamo contingente; è, invece, la nostra conoscenza che -se mi permettete questo tipo di linguaggio- parte dai piedi, ossia da ciò che viene "dopo" in rerum natura (tradurrebbero così i romani il buon vecchio Aristotele). Ciò che per la nostra conoscenza viene prima (ossia gli enti di cui abbiamo esperienza e conoscenza), "in natura" è dopo; in natura prima c'è il necessario e poi il contingente (che dal necessario dipende), ma noi conosciamo prima il contingente e poi il necessario (ma ripeto il nostro modo di procedere gnoseologico non può essere mischiato con il dato ontologico). Ecco perchè la seconda domanda del punto uno e tutto l'argomento del punto due non hanno senso. Per quel che riguarda le altre questioni (e Kant in particolare), ed per ciò che attiene alle repliche a me fatte dal Signor Franco, provvederò domani... questa sera sono molto stanco: un lungo riposo dopo-vacanza è l'unica soluzione sensata ^_^ |
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