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Vecchio 28-01-2009, 15.22.18   #381
Giorgiosan
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Se la tua spinta, invece, ha come fine quello di equiparare il lavoro dello scienziato a quello del teologo, ovvero di dimostrare che partono da assunti, seppur diversi, ugualmente dogmatici

Tutte le scienze partono dall'esperienza.
La distinzione fra le scienze, in quanto tali, non ha alcuna ragion d'essere.
La scienza è unica, anche perché nessuna può fare a meno dell'altra e di fatto non lo fa.
La scienze nasce dall'esperienza e cerca di organizzare l'esperienza secondo dei modelli teorici e secondo il proprio metodo specifico, partendo da alcuni enunciati o proposizioni, detti assiomi o postulati che vengono assunti come veri senza alcuna dimostrazione, in ultima analisi vengono assunti per fede.
La teologia ugualmente nasce dall'esperienza ecc. ecc.

Il sapere acquisito si "cristalizza" nelle varie scienze ed, inevitabilmente, viene istituzionalizzato e diviene sapere dogmatico.
Ogni innovazione, se sconvolge il sistema di concetti precedenti e va quindi contro l'"istituzione" culturale, viene fortemente osteggiato e in maniera virulenta.

Quando il nuovo ordine di idee prevale sul vecchio, esso stesso diventa dogmatico, istituzionale, ecc. ecc.

Basta leggere la storia della scienza...storia che neanche oggi è cambiata.

Perché? La risposta resta nei motivi della violenza umana.

Ciao Nexus

Ultima modifica di Giorgiosan : 29-01-2009 alle ore 14.00.37.
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Vecchio 29-01-2009, 10.52.41   #382
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Originalmente inviato da Giorgiosan
Tutte le scienze partono dall'esperienza.
La scienze nasce dall'esperienza e cerca di organizzare l'esperienza secondo dei modelli teorici e secondo il proprio metodo specifico, partendo da alcun enunciati o proposizioni, detti assiomi o postulati che vengono assunti come veri senza alcuna dimostrazioni, in ultima analisi vengono assunti per fede.
La teologia ugualmente nasce dall'esperienza ecc. ecc.

Il sapere acquisito si "cristalizza" nelle varie scienze ed, inevitabilmente, viene istituzionalizzato e diviene sapere dogmatico.
Che la fede religiosa sia un dinamismo dell'intelletto su questo sono d'accordo, come lo è il mito, l'arte, la filosofia, la scienza ed ogni attività conoscitiva umana (sul fatto, però, che la teologia nasca dall'esperienza si potrebbe discutere poiché non credo si sia mai visto che una vergine abbia partorito un bambino, ad esempio; se la intendi come semplice allegoria a significare la “purezza” spirituale, allora è un'altra cosa).

Ma se dalla fede come fenomeno umano, prima che religioso, passi al fatto che i postulati della scienza siano dogmi non tieni conto di ciò che ti ho detto e ti è stato detto nel corso della discussione; l'ho letta più o meno ed hai continuato a portare avanti la tua tesi senza argomentare, né rispondere alle obiezioni. Hai certamente avuto buon gioco con una certa tipologia di partecipanti che non sono voluti entrare nelle tue riflessioni, impegnati a difendere la loro madre o padre attaccati.

Molto semplicemente i postulati, per definizione, non sono dimostrabili (deducibili) razionalmente, poiché la scienza non è una tautologia!

Ma in essa, come non avviene nella matematica (che punta solo alla coerenza logica, anch'essa partendo da postulati), si deducono dalle ipotesi e dai postulati delle conseguenze che possono o non possono avere riscontro sperimentale. Perciò la loro “verità” o meglio opportunità/utilità nella descrizione della natura è dimostrata eccome (insieme a tutto il corpus della teoria)! Poiché quando una teoria viene sostituita, vengono cambiati anche gli assunti alla base e ciò vuol dire che non hanno il carattere di dogmi assunti per fede: questa cosa l'hai compresa?

Ti posso dare ragione sul fatto che psicologicamente molte conoscenze ben accertate vengano considerate inamovibili, ma sta di fatto che anche le resistenze più strenue, se la mole di contraddizioni è tale, vengono vinte, così come accaduto sempre nella “storia della scienza”, appunto. Dovresti scindere queste due cose. Nel passaggio dallo spazio-tempo di Newton a quello di Einstein, alcuni grandi scienziati, tipo Lorentz, non sono riusciti ad adeguarsi allo “strano” tempo della relatività, proprio perché avevano fede nel concetto classico; la maggior parte, invece, con tutte le remore del caso, ha pian piano sposato la visione di Einstein poiché irresistibilmente più comprensiva, elegante ed esplicativa. Ora, naturalmente, la mente dei futuri scienziati viene imbevuta di relatività sin dall'inizio e dunque non vi sono di questi problemi, che avverranno nuovamente quando e se si tratterà di ricomprendere la relatività in una sintesi più grande.

Perciò, ti ripeto, il fatto che le innovazioni vengono sempre osteggiate è caratteristica comune all'uomo, è una delle forze che lo equilibrano; se ti fermi a questo, nulla da dire, sono d'accordo. Ma anche Kuhn, se è a lui che ti rifai, sapeva bene (in quanto non solo filosofo, ma fisico) che le più strenue resistenze al nuovo alla fine, ci può volere anche molto, sono vinte.

Se poi, ancora, intendi affermare, come mi pare Odos in questa discussione, che gli scienziati hanno fede sul fatto che la natura sia matematizzabile, beh... questo è certo, c'è poco da discutere, in quanto senza matematizzazione non ci può essere misurazione e dunque conferma sperimentale. E non la chiamerei nemmeno “fede”, ma semplice constatazione dei propri strumenti e metodi, cioè dei propri limiti. Differente è l'atteggiamento dogmatico che pretende che -tutto- sia analizzabile e formalizzabile con la matematica e quello che non lo è consista in superstizione e fantasia. Questo, come ripeto, è effettivamente odioso, così come personalmente mi risultano tali i classici personaggi a là Odifreddi, mi pare nominato qua e là nel corso della discussione.

A mio parere sei spinto da più moventi; alcuni ti portano ad intuizioni "giuste", altri a conclusioni che non considerano correttamente il carattere di queste discipline. Credo, eh.
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Vecchio 29-01-2009, 10.55.08   #383
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I dieci passi quando le cose non tornano.

Per fare un semplice esempio: posso postulare che le leggi della fisica valgano nella stessa forma in ogni dove e che pure la velocità della luce non vari (i postulati alla base della relatività ristretta); solo da ciò deduco delle conseguenze (dilatazione dei tempi, relatività della simultaneità, etc.) ovvero una teoria matematizzata. Passo necessario successivo: testo continuamente tali conseguenze. Trovo il riscontro, entro gli errori sperimentali (poiché è lì che sta tutto il gioco della fisica)? Sì? Bene, allora sino a prova o molteplici prove contrarie accetto ed uso quella descrizione teorica per svolgere le mie attività, e facendo ciò accetto anche quei postulati ovvero quella certa immagine del mondo.

Arrivano cose che contraddicono i fatti della teoria? Allora da qualche parte, e non si sa all'inizio precisamente quale, la descrizione teorica non è adatta a spiegare le nuove cose emerse. Che si fa? Tante cose: la prima solitamente, quando non è proprio possibile far finta di nulla, è disperarsi (e su questo incide proprio ciò che stai affermando). La seconda è riprendersi dallo sconforto e darsi un contegno, poiché la gente deve sempre avere un'immagine molto razionale dello scienziato, sennò casca tutto l'alone di potere mitico. La terza è tentare tramite ipotesi ad hoc di salvare la teoria precedente, con buona pace di Popper. La quarta è: provare ancora! E finalmente la quinta: ad una o più persone arrivano dei colpi di genio, costoro pensano in modo differente, contro il paradigma precedente e... ne creano un altro basato su di un'altra immagine della realtà! Sesto: la maggior parte solitamente gli dà contro con virulenza (in modo motivato talvolta, ma irrazionale per lo più)! Settimo: il nuovo paradigma, la nuova descrizione sembra proprio funzionare meglio, gli esperimenti che lo confermano iniziano ad accumularsi contro ogni previsione fideistica. Ottavo: il "nuovo" inizia a sostituire nella maggior parte delle menti il "vecchio", è un cambiamento rivoluzionario che dà prova di come, nonostante il carattere umano incline all'abitudine, lo scienziato sia e debba essere flessibile e non dogmatico nelle sue conclusioni. Nono: il nuovo paradigma inizia ad essere insegnato ai giovani, per cui essi lo accettano per lo più in modo acritico, poiché costituisce la base di linguaggio per poter svolgere il mestiere. Decimo: ciò non toglie che la teoria continui a venire testata, proprio per il suo carattere ipotetico e potenzialmente provvisorio ovvero non dogmatico e ciò non toglie pure che possano iniziare ad accumularsi fatti che non la confermano ed allora... si torna al punto primo.

Questa, seppur abbozzata, mi sembra una buona e non edulcorata immaginetta del procedere dello scienziato.

Così fa il teologo?
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Vecchio 29-01-2009, 19.55.08   #384
Giorgiosan
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Che la fede religiosa sia un dinamismo dell'intelletto su questo sono d'accordo, come lo è il mito, l'arte, la filosofia, la scienza ed ogni attività conoscitiva umana (sul fatto, però, che la teologia nasca dall'esperienza si potrebbe discutere poiché non credo si sia mai visto che una vergine abbia partorito un bambino, ad esempio; se la intendi come semplice allegoria a significare la “purezza” spirituale, allora è un'altra cosa).

Le fede è un dinamismo necessario della mente. Sei d'accordo su questo?

I miti sono narrazioni, letteralmente delle favole, inventate da uomini, Non è il caso ora di analizzare i miti che non sono tutti uguali. E neanche di analizzare il mito in sé.

Non ha niente a che fare con la fede che è un fenomeno della mente e puo essere analizzato dalle scienze psicologiche a meno che tu non voglia dire che la fede è il dinamismo di tutte le conoscenze e quindi, indirettamente, di tutte le produzioni culturali.
Mi fermo qui perché è inutile affastellare tante argomentazioni.

Se vuoi rispondere o argomentare su questi pochi punti, poi passeremo alle altre asserzioni.

Ciao Nexus

Ultima modifica di Giorgiosan : 29-01-2009 alle ore 21.56.30.
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Vecchio 30-01-2009, 07.03.24   #385
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.....Per accellerare.

Distingui fra fede e contenuti della fede

Che cosa c'entra la fede con il dogmatismo?

Scrivi:
le innovazioni vengono sempre osteggiate è caratteristica comune all'uomo, è una delle forze che lo equilibrano

Quindi avviene anche per la scienza.

Non so cosa tu voglia dire con equilibrano l'uomo, in ogni caso c'è o non c'é un dogmatismo delle scienze?

Ciao
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Vecchio 30-01-2009, 10.45.29   #386
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Le fede è un dinamismo necessario della mente. Sei d'accordo su questo?
Sì, “fede” nel senso che ho specificato nei precedenti post che potrei sostituire con abitudine (a là Hume, diciamo) e con senso dell'identità, ovvero fede nella regolarità di ciò che percepisco ovvero che continui a mostrare sempre le stesse caratteristiche. Pure sul “necessario” tendo a concordare, altrimenti finiremmo come quel millepiedi che, interrogandosi su come mettere un piede davanti all'altro, finì per non riuscire più a camminare.

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I miti sono narrazioni, letteralmente delle favole, inventate da uomini, Non è il caso ora di analizzare i miti che non sono tutti uguali. E neanche di analizzare il mito in sé.

Non ha niente a che fare con la fede che è un fenomeno della mente e puo essere analizzato dalle scienze psicologiche a meno che tu non voglia dire che la fede è il dinamismo di tutte le conoscenze e quindi, indirettamente, di tutte le produzioni culturali.
Capisco, ma mi pareva tu avessi usato “fede” in un senso talmente ampio che ci volessi far rientrare ogni produzione umana (per poi stringere il laccio a comprendere solo l'aspetto dogmatico così da farci finire dentro anche le affermazioni scientifiche). Il “mito” comunque è sempre una produzione intellettuale di risposte, di spiegazioni ancora usata in alcune culture al posto delle spiegazioni scientifiche e penso proprio che abbiano a che fare con la “fede”; è quello contro cui iniziarono a battersi molti filosofi greci, come Platone, Socrate ed i sofisti (ecco uno dei motivi per cui la scienza è principalmente una produzione occidentale). Il discorso sul mito mi appassiona molto, è complesso, anche perché agisce ancora potentemente in noi (vedi, ad esempio, il caso Obama); comunque qui stiamo discutendo di altro.

Ed infatti...
Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
...passeremo alle altre asserzioni.
Orsù, facciamolo.

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Vecchio 30-01-2009, 13.28.03   #387
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Originalmente inviato da Giorgiosan
.....Per accellerare.

Distingui fra fede e contenuti della fede

Che cosa c'entra la fede con il dogmatismo?

Scrivi:
le innovazioni vengono sempre osteggiate è caratteristica comune all'uomo, è una delle forze che lo equilibrano

Quindi avviene anche per la scienza.

Non so cosa tu voglia dire con equilibrano l'uomo, in ogni caso c'è o non c'é un dogmatismo delle scienze?

Ciao
Ho capito la china, Giorgio e come vedi voglio venirti incontro. Ma la risposta te l'ho già data: ovvero seppur gli scienziati possano essere talora dogmatici o piuttosto opportunisti nel loro procedere (soprattutto quando iniziano a diffondersi idee nuove), da ciò non deriva che il contenuto delle loro teorie lo sia (ed infatti, come ti ho mostrato, non lo è: ripercorri i “dieci passi”). Inoltre non è affatto detto che nuove idee siano necessariamente corrette, questo ci tengo a precisarlo: per molti scienziati parlerei piuttosto di sana prudenza.

Sì, dunque, certo che c'è una forma di dogmatismo nelle scienze, ma è quello che riguarda l'atteggiamento umano!, spinto dall'abitudine e dal bisogno di sicurezze e non è proprio del carattere dei modelli e delle teorie. Ovvero ancora una volta, una teoria può essere difesa anche in maniera dogmatica ed irrazionale, contro l'evidenza dei fatti, ma quella teoria è e continua a rimanere ipotetica, perfettibile o gettabile nel dimenticatoio. Ed infatti è quello che comunque accadrà nel tempo, se sarà il caso e gli atteggiamenti dogmatici suddetti verranno in ogni caso evidenziati come tali.

Insomma le teorie sono organismi che vanno difesi dagli stessi uomini che lavorano con esse, proprio affinché non diventino articoli di fede, cosa che in realtà non sono. I buoni scienziati questo lo sanno, gli altri offendono la categoria (e spesso guarda caso sono proprio i divulgatori).

Mi sono spiegato meglio?

Dunque, spero ora...
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Originalmente inviato da Giorgiosan
...passeremo alle altre asserzioni.
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Vecchio 30-01-2009, 17.31.44   #388
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Sì, “fede” nel senso che ho specificato nei precedenti post che potrei sostituire con abitudine (a là Hume, diciamo) e con senso dell'identità, ovvero fede nella regolarità di ciò che percepisco ovvero che continui a mostrare sempre le stesse caratteristiche. Pure sul “necessario” tendo a concordare, altrimenti finiremmo come quel millepiedi che, interrogandosi su come mettere un piede davanti all'altro, finì per non riuscire più a camminare.

Capisco, ma mi pareva tu avessi usato “fede” in un senso talmente ampio che ci volessi far rientrare ogni produzione umana (per poi stringere il laccio a comprendere solo l'aspetto dogmatico così da farci finire dentro anche le affermazioni scientifiche). Il “mito” comunque è sempre una produzione intellettuale di risposte, di spiegazioni ancora usata in alcune culture al posto delle spiegazioni scientifiche e penso proprio che abbiano a che fare con la “fede”; è quello contro cui iniziarono a battersi molti filosofi greci, come Platone, Socrate ed i sofisti (ecco uno dei motivi per cui la scienza è principalmente una produzione occidentale). Il discorso sul mito mi appassiona molto, è complesso, anche perché agisce ancora potentemente in noi (vedi, ad esempio, il caso Obama); comunque qui stiamo discutendo di altro.

Ed infatti...

Orsù, facciamolo.


Un momento...

Fede, fede dal punto di vista fenomenologico, come fenomeno della mente.
Per meglio farti comprendere posso parlare di atti di fede e quindi non vedo che rapporto ci sia fra la fede e l'abitudine.

Abitudine è la tendenza a ripetere un determinato atto; ci può essere ed in effetti c'è l'abitudine a compiere atti di fede e l'abitudine a compierli può far dimenticare che sono atti di fede.

Ma è di fede che parliamo e l'abitudine non si può confondere con fede, a meno che a la Hume non significhi confusione. Scherzo.

(Platone, però produsse esso stesso dei miti e molti, perciò avrà parlato dei miti degli altri , mi piacerebbe sapere da cosa deduci che era contrario ai miti. Se invece ti riferivi alla fede pistis essa ha una certa importanza nella conoscenza per Platone.)

Però mi sembra che non sia ancora chiara la diversità che c'è fra fede e dogmatismo; certo in una tradizione particolare, poniamo quella cattolica, i contenuti della fede, quelli espressi nel Simbolo ( Credo in in un solo Dio ecc. ecc.), sono anche dei dogmi, ma non ha niente a che fare con l'atto di fede che ti fa attraversare col verde perchè hai fede che nessuno venga dall'altra direzione. Quest'ultima è la fede come fenomeno umano.

Chiaro?

Ciao Nexus

Ultima modifica di Giorgiosan : 30-01-2009 alle ore 22.46.23.
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Vecchio 31-01-2009, 11.17.58   #389
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Question Spero di aver compreso meglio...

Iniziamo dall'etimologia.

Dogma dal gr. DOGMA opinione […] - Letteralmente opinione, e in questo senso dicevasi delle opinioni formulate dai filosofi, come base delle loro dottrine; indi Principio fondamentale di una scienza morale, e specialmente di una religione, da non potersi mettere in dubbio.

Fede dal lat FIDES che cfr coll'ant. gr. FEITHE, che i Latini resero dapprima con FEIDES, indi FIDES, la rad. FID o FEID equivale alla gr. PEITH onde PEITH-O persuado, PEITH-OMAI son persuaso, credo, PITH-TIS fede, PISTEYO mi fido […] e con molta proprietà i latini l'accoppiarono col verbo SOLVERE sciogliere per dire mantenere la promessa. Altri invece riferisce FIDES alla radice dal sscr. BUDH-YATE -p.p. BUDDHA, osservare, conoscere, sapere onde pure il gr. pynth-ano[mai] conosco.
Quella virtù che consiste nel mantenere la promessa, osservare i fatti, adempiere esattamente i propri obblighi; ed anche Promessa di essere leale; altrimenti Lealtà.
Credenza in alcuna cosa o persona, e più particolarm. negli altrui detti o promesse; credenza religiosa, Religione (voce che riconnettesi pure all'idea di legare).- In modo concreto, Testimonianza, Attestato, diretto a provare, ossia a far credere qualcosa.
Deriv. Fedele, Fido onde Fidare, Fidanzare, Fiducia.

Fiducia dal lat. FIDUCIA da FIDERE aver fede – Credenza o speranza in persona, o anche nel buon successo di chicchessia, fondate su segni o argomenti certi o molto probabili. Si usa anche per credito, stima.

°°°

La fede, la credenza, genera abitudine, questo intendevo e non mi pare affatto confuso tant'è che Hume ha fondato la critica al concetto di causalità proprio su questo. Prestiamo fede alle nostre percezioni, alle regolarità naturali e perciò ci abituiamo al fatto che si ripresentino sempre uguali ed inferiamo, dunque, da relazioni passate ciò che avverrà in futuro. Tu proprio questo intendi per “atti di fede” (o fede come fenomeno umano), come spiegato con l'esempio del semaforo; ma, rimanendo in questo esempio, se più volte farai esperienza che il semaforo non serve a nulla poiché ci sono degli incoscienti, nonostante la tua precedente fede da cui è scaturita abitudine, allora non presterai più fede/fiducia al “verde”, ma solo a ciò che vedi e solo allora ti fiderai a passare (cosa che faccio io sulle strisce pedonali, visto ho rischiato più volte di essere preso sotto anche con il verde). In questo senso, e solo in questo senso, anche tali atti di fede, come da te definiti e sono d'accordo, sono discutibili, mutabili, fallibili, come i principi alla base delle teorie scientifiche e come in parte dell'etimologia di “dogma” (opinioni alla base di dottrine filosofiche), anche se oggi lo utilizziamo solo nell'accezione di principio da non potersi mettere in dubbio, immutabile, ed io è in questo senso che lo uso e lo utilizzerò.

Dunque in questo preciso uso di fede (e solo in questo), privato del carattere dogmatico che oggi associamo alla parola, che era quello di cui parlavo prima (e mi pareva proprio tu volessi dire anche altro!), mi va bene dire che gli scienziati si muovono basandosi su atti di fede; più precisamente, come già detto, basandosi sulla “lealtà” della natura (e ciò corrisponde proprio all'etimologia) ovvero che presenti fenomeni regolari, ripetibili, di cui è possibile fornire generalizzazioni teoriche tramite la matematica. Questa fede pare essere ricambiata continuamente dalla natura attraverso l'osservazione e la sperimentazione e senza questa fede non potrebbe aversi "scienza". Parlerei a questo proposito anche di fiducia ovvero direi che gli scienziati hanno fiducia nei propri strumenti e metodi, poiché consci di essi ovvero dei propri limiti. E' sottile, mi rendo conto, la strada che porta al dogma, ovvero alla credenza indiscutibile che -tutto- debba rientrare sotto l'analisi scientifica, ma questo è ascrivibile, ripeto, all'atteggiamento degli scienziati come uomini, poiché la maggior parte di essi stanno di solito attenti a non fare questa operazione.

Per quanto riguarda le teorie scientifiche, però, esse non hanno nulla a che vedere con gli articoli di fede religiosi che sono (anche) dogmi, e tu stesso hai distinto queste due cose, poiché le teorie ed i postulati alla base della scienza possono esseri messi in dubbio, possono essere criticati, possono mutare in seguito all'osservazione. Infine si può discutere sull'atteggiamento dogmatico che gli scienziati hanno in confronto alle idee a lungo abbracciate ed a cui si sono abituati; ma ancora una volta queste idee non sono propriamente dogmi, poiché tali atteggiamenti pregiudiziali sono prima o poi vinti e mostrati come tali, ovvero dogmatici, se nuove idee supereranno le vecchie.

Io però ti ripeto: a che pro questa discussione? Voglio dire, fede nella nostra lingua ha ormai assunto una precisa accezione, venendo associata a “dogma” ovvero credenza indiscutibile ed immutabile; ora per usare questi termini nei confronti della scienza e per non parlare di altro sono necessarie molteplici precisazioni, poiché se uno mi dicesse solo : “le scienze vivono di fede?” io risponderei seccamente: “no” in quanto nell'attuale lingua, fede corrisponde a credenza dogmatica, ovvero indiscutibile.

Se invece tu mi precisi che riprendi dall'etimologia la parola fede distinguendola da “dogma”, allora se ne può discutere, come stiamo facendo. A me pareva invece che tu volessi far slittare, nei contenuti dei principi e delle teorie scientifiche, quello che ti ho detto a proposito dell'atteggiamento dogmatico nei confronti del nuovo, equiparando così teologia a scienza; se intendi questo ti è stato già argomentato che sei in errore. La discussione linguistica sui termini mi pare molto interessante, ma essi vanno precisati e non utilizzati semplicemente come etichette, poiché non ha senso tout court dire “le scienze vivono di fede”.

Dunque, uscito da questa discussione, non vado a dire che gli scienziati si basano su articoli di fede se non trovo persone con cui poter discutere le precisazioni fatte. E ti prego pure di non citare o estrapolare frasi separate, poiché non avrebbe alcun senso. Ho fede che non lo farai.

Ciao.
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Vecchio 31-01-2009, 11.21.00   #390
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Ancora precisazioni.

Se lo scienziato si mette a studiare un sistema nuovo, che so... la “mente”, è chiaro che per “fare scienza” egli crederà, in base alla sua fede/fiducia, nel senso precisato, che questo “nuovo” sistema si presterà ad essere descritto con modelli, teorie e generalizzazioni condivisibili, ripetibili che descrivano le regolarità osservate dai propri strumenti di misura. Potrà anche essere mosso dalla fede che l'intero sistema possa essere descritto ed esaurito completamente dalla scienza.

Ma se tale fede, sempre nel senso suddetto disaccoppiato da “dogma”, viene considerata credenza indiscutibile ed immutabile che quel “nuovo” sistema debba necessariamente e completamente essere descritto con i metodi della scienza, allora tale credenza è proprio un'assunzione dogmatica, al pari degli articoli di fede religiosi.
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