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01-09-2013, 01.04.17 | #5 |
Moderatore
Data registrazione: 17-11-2007
Messaggi: 405
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
Chi fosse interessato può dare un'occhiata a questa vecchia discussione su Severino:
https://www.riflessioni.it/forum/filo...-felicita.html |
01-09-2013, 10.49.57 | #7 | |
Moderatore
Data registrazione: 17-11-2007
Messaggi: 405
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Riferimento: ..riflessioni e considerazioni intorno all'angoscia esistenziale e al nulla..
Citazione:
Grazie. |
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01-09-2013, 15.03.08 | #8 |
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2012
Messaggi: 335
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
Ciao a tutti,
l' argomento è molto interessante. Premetto che non conosco molto Severino... C' è una cosa che non capisco: perchè il divenire implica il nulla? L' Essere non può essere paragonato ad una immensa bolla d' acqua che continuamente cambia forma, ma che, nel suo mutare/divenire rimane sempre sè stessa? Il principio di conservazione di massa di Lavoisier recita: "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma." ed è evidente, non ho mai avuto esperienza di enti derivati dal nulla o annientatisi nel nulla. Perchè il divenire implica il nulla? |
01-09-2013, 19.53.39 | #9 | ||
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
Citazione:
Innanzitutto la filosofia di Severino muove dal tentativo di soluzione del paradosso aperto da Parmenide intorno al niente (il niente significa non essere eppure è) e, come abbiamo già discusso, S. lo risolve ponendo il niente come significante vuoto, privo di ogni significato, su cui può apparire l'Essere che, significando tutto significa anche il niente come estrema alterità. Dalla problematica del Niente emerge però un paradosso ben più radicale, espresso dalla fede assoluta del pensiero filosofico occidentale del nascere e finire nel niente di ogni cosa. Di fatto (e mi riferisco alla domanda di Jeangene perchè il divenire implica il nulla?) se qualcosa diventa altro da ciò che è, diventa nulla per ciò che concretamente e specificatamente è. Se spengo questa lampada che ora è accesa, la lampada-accesa (LA) si annulla e dal nulla emerge una lampada-spenta (LS) che è cosa diversa pur avendo in comune con LA una serie di attributi che la classificano in astratto come lampada che si vuole sia la stessa lampada indipendentemente dal fatto che sia accesa o spenta. Se affermo che una cosa diventa un'altra cosa non solo affermo che quella cosa non è se stessa, ma proprio in quanto non è se stessa, essa è se stessa (e qui sta il nocciolo dell'assoluta contraddizione del divenire). Infatti se dico che una LA può diventare LS affermo che LA e LS sono cose diverse, ma pur tuttavia sono la stessa lampada (altrimenti non potrei parlare di lampada in divenire). L'obiezione dei tempi diversi (rif. Sgiombo) come contesti diversi in cui la stessa lampada si manifesta in realtà non regge, perché la temporalizzazione degli eventi è una conseguenza del divenire, non la sua causa giustificante: se il divenire è una insormontabile contraddizione logica non si può prendere il tempo che ne dà misura per risolvere questa contraddizione. Nota che fino a qui non vi è nel pensiero di Severino (a meno di non sospettarlo a livello inconscio) la ricerca di alcun "rimedio utile" a quella che lui considera da un punto di vista logico e ontologico l'estrema follia dell'Occidente: la fede assoluta nel divenire a cui tutto l'Occidente (e non solo) ha da sempre aderito con incrollabile certezza. Certezza che però esprime anche un vero e proprio terrore, perché se da un lato essa (e solo essa) può manifestarsi come incondizionata volontà di potenza aprendo il percorso al dominio tecnico della creazione e annichilimento di ogni cosa, dall'altro è assolutamente terrorizzante in quanto esige che ogni ente sia niente in essenza. A fronte di questo terrore l'Occidente crea baluardi di pensiero: i principi metafisici immutabili, quindi le leggi scientifiche ecc., infine lo stesso modus operandi tecnico, ma ogni baluardo è vano in quanto è la stessa volontà di potenza a fondarlo e poi a distruggerlo e, come dice Severino, ogni rimedio al terrore del divenire si rivela peggiore del male. Per questo Citazione:
Qui ora concludo, ma premetto che c'è qualcosa che non mi convince fino in fondo nel pensiero di Severino ed è il fatto che tutto il suo perfetto rigore logico non riesce a mio avviso a dar ragione dell'apparire illogico della Terra Isolata alla luce dell'esperienza concreta che abbiamo di quanto ci accade, che sarà pure assurdo, ma è indubbio che così ci appare e tutto sommato ho il sospetto che ogni apparire per poter concretamente apparire debba contenere un principio di illogicità. La perfetta ontologia logica severiniana temo non potrà mai concretamente apparirci, perché per necessità il suo concreto manifestarsi necessario sarà proprio per logica sempre fondamentalmente illogico. Ma è un discorso lungo questo da sviluppare. Ultima modifica di maral : 02-09-2013 alle ore 09.30.08. |
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01-09-2013, 21.33.52 | #10 |
Ospite abituale
Data registrazione: 14-12-2012
Messaggi: 381
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
@ Sgiombo (Giulio), con la solita, immutata, stima.
Se leggi i miei interventi su questo argomento ti accorgerai che anche per me c'è qualcosa, nella teoresi di Severino, che non convince affatto. Certo la tesi di un non-divenire delle cose, cioè la tesi dell'eternità di ogni istante è dura da digerire, tanto che nella risposta a Maral (ma solo perchè fino a quel momento era il solo ad essere intervenuto) affermo di considerare quella di Severino una metafisica del tutto paragonabile a quella più "canonica", per la quale l'Essere si sdoppia in un aspetto eterno ed in uno diveniente. Però questo non può assolutamente sminuire la profondità, oltre che la radicalità, del suo pensare. Severino, a mio modo di vedere, riesce a spingere la logica fin dove alcuni (vedi ad es. Nietzsche) sono riusciti a spingersi solo con la prosa, o il lirismo: Severino spiega PERCHE' "Dio è morto"; ma non solo: spiega il perchè non avrebbe potuto che morire. Secondo Severino, la volontà di potenza trova inizialmente un ostacolo nel concetto di "inflessibile". Come Nietzsche, egli afferma che la nascita della filosofia, con il suo staccarsi dal mito, rappresenta il primo passo verso una "flessione dell'inflessibile" di cui, nella contemporaneità, vediamo forse l'epilogo (come non potrebbe essere "epilogo" l'affermazione della morte di Dio?). Quando l'inflessibile è "flesso" (questo mi pare davvero un punto cardine della visione di Severino) perde il suo Essere, e dunque non è più tale (inflessibile): ecco, il "limite" è rimosso, e la volontà di potenza può espletarsi in tutta la sua assolutezza. Ma dimmi, Gulio, come può un principio etico essere "solido" senza essere "inflessibile"? Ecco, Severino dimostra come il nichilismo non può essere che lo sbocco di una cultura che l'inflessibile ha flesso. Mi dici che l'evoluzione biologica può aver determinato la nascita di concezioni universalistiche ed altruistiche, di un "potente senso del dovere", ma dimmi: come si impongono, se si impongono, queste concezioni sulle altre? Non vedi forse un irrisolvibile "conflitto" fra le diverse concezioni del mondo? Tanto per restare sulla terminologia di Severino, le volontà di potenza cercano, ognuna, di sopravanzare l'altra. Il "conflitto", per non ex-sistere (cioè per non apparire, per non svelarsi), avrebbe bisogno che le cose succedano "necessariamente" (ad esempio che, necessariamente, il concetto altruistico si imponga sull' o sugli altri). E dato che questo non può avvenire, perchè la nostra cultura ha cancellato, con l'inflessibile, anche il "necessario" (sostituendolo, dice Severino, con il "probabile"), ecco allora che è esso: il conflitto, o se vogliamo il pluralismo dei valori morali ed etici (ma il discorso di Severino si spinge ben oltre), ad ex-sistere. Personalmente, non credo che il nichilismo possa essere diversamente, e meglio, spiegato dal modo con cui lo fa Severino (ma non solo lui, ovviamente). Non vedo possibile una spiegazione di tipo storico-materialista che possa andare "oltre" i concetti espressi nella celebre diatriba fra Camus e Sartre (con il marxista ortodosso Sartre che non aveva completamente torto, intendiamoci). Ma non vorrei con ciò allargare troppo un discorso già piuttosto complesso. ciao |