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11-10-2013, 01.51.09 | #104 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
Mariodic:
Il relativismo, evidenziato nella nota di Aggressor, come altri consimili relativismi, cessa di valere non appena si accetta la unicità dell'Osservatore universale, cioè dell'IO. Dovremmo qui sforzarci di far memoria del fatto che i grandi padri della fisica quantistica scoprirono e riconobbero il ruolo dell'osservatore quale attore, al pari dell'osservabile; sulla allora nascente nuova fisica questa fonamentale e cruciale scoperta fu ben presto considerata sempre meno rilevante man mano che passava il tempo e ci si allontanava da quei famosi anni 20 riscivolando nella comune e tradizionale visione oggettivistica del mondo, cioè in quella visione che dice che il mondo è indipendente dall'Osservatore (con la O maiuscola) ed esiste indipendenteente da quest'ultimo. Oggi, anche il migliore dei fisici attivi, ritiene, per esempio, l'elettrone o il quark né più né meno di un qalsiasi oggetto materiale, seppure, bontà loro, con particolarissme e complesse proprietà, diciamo così, fisiche! Sono perfettamente consapevole del ruolo attivo dell'osservatore tanto che, come potrai notare dal mio ultimo intervento (quello prima di questo) -nonché dall'intervento su "l'esistenza"), considero ogni evento/entità reale/oggetto/fatto/ecc. come il risultato di questo rapporto tra un osservatore ed un oggetto/osservatore. Mi piacerebbe veire a capo di una teoria etica "positiva" prendendo per buono questo ma anche, come ho detto, il fatto del relativismo precedentemente evidenziato nonché la possibilità di argomentare (in linea di principio) qualsiasi asserzione. Vorrei davvero essere tra quelli che non scordano ciò che hai evidenziato, su questo siamo perfettamente in accordo! |
11-10-2013, 15.02.20 | #105 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
@ Aggressor
Facciamo un esempio per capirci meglio. Se io dico: "un fondamentalista islamico si è fatto esplodere causando vittime innocenti", una tale affermazione è profondamente calata in un certo contesto etico (quello che distingue un Islam moderato e un Islam radicale; quello che probabilmente pensa all'Islam come ad una religione foriera di simili gesti; quello che definisce "innocenti" le vittime come probabilmente pensa al "martirio" in termini differenti). Se invece dico: "un uomo si è fatto esplodere causando vittime" mi esprimo, sì, sempre all'interno di una certa prospettiva etica (ad esempio una prospettiva che non concepisce un simile fanatismo), ma il "fenomeno", ciò che appare, è molto meno calato nella prospettiva etica che non nell'altra affermazione. Quel che ho fatto, usando la terminologia semiotica, è stato "risalire" la catena segnica dei significanti e dei significati. Ora, fin dove è possibile risalire la catena segnica? La semiotica ci dice che non è possibile risalirla fino all'"evento" (fino alla "cosa in sè", usando la terminologia kantiana - che molto a proposito riporti). Peirce, che è un pò il "padre" della moderna semiotica, dice che perfino il pensare inserisce il pensato all'interno di una catena segnica; e che quindi l'"evento", essendo pensato, è esso stesso segno, cioè fenomeno. Tuttavia, io trovo che la semiotica affermi un qualcosa di molto interessante; un qualcosa che amplia, se possibile, la portata della riflessione di Kant, e la riconnette a certe considerazioni sull'"essere" di Heidegger (o, più precisamente, di Gadamer). L'"evento" è pensabile come "assenza" (in quanto, pensato, non può essere "presenza" - ché sarebbe presenza al pensiero della cosa in sè); ma, come ogni "assenza", esso non può che presentificare una presenza. Ecco allora che la semiotica "s-vela" (nel senso di togliere un ulteriore velo); fa emergere; ci mostra sotto un diverso punto di vista l'esistenza (come un "venire alla luce") "reale" di quella che Kant chiamava "cosa in sè". Si tratta allora di farla finita, una volta e per tutte, con la pretesa idealistica di un "oggetto" che non esiste fuori dal soggetto che lo interpreta. E questo non può che significare l'esigenza di farla finita, una volta e per tutte, con la pretesa che nulla sia esprimibile al di fuori di un certo sistema di riferimento (al di fuori di una certa prospettiva etica, nel nostro caso). Certo, l'applicazione "pratica", al dialogo, di un simile concetto non è semplice. Però, io trovo, importante è il rendersi consapevoli della non-impossibilità del, diciamo, "terreno comune" (che nella prospettiva idealistica è impossibile). Si tratta di rendersi conto di quella che è una "possibilità reale", che necessita, nel suo "partire" del massimo grado di astrazione e di genericità (contrariamente a quanto afferma Habermas, il quale, sostanzialmente, sostiene che basta non agire "strumentalmente", ovvero che basta agire senza secondi fini). ciao |
11-10-2013, 15.23.10 | #106 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
@ Mariodic
Concordo assolutamente (in barba al relativismo...) con la tua osservazione. E d'altronde, in materia etica, ciò che volevo sottolineare era che in una cultura come la nostra, nella quale l'individuo ha parte preponderante, risulta estremamente difficile parlare di prospettive etiche "comuni" (come di un comune sistema di riferimento). Notevole, io trovo, la tua riflessione sulla "riscivolata" nella tradizionale visione oggettivistica del mondo. Era proprio questo ciò che intendevo mettere in luce in precedenti risposte, ove in riferimento a quel che Severino chiama "flessione dell'inflessibile" riflettevo come, oggi, l'inflessibile sia stato ricreato nelle proposizioni scientifiche (originando lo "scientismo", che io ritengo vera e propria piaga della contemporaneità). ciao |
11-10-2013, 20.13.14 | #107 | |
prof
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
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12-10-2013, 11.42.30 | #108 | |
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
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Ultima modifica di maral : 12-10-2013 alle ore 22.48.17. |
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13-10-2013, 16.47.49 | #109 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
Infatti non credo ad un possibile osservatore universale, ma solo alla costante co-definizione degli enti nel mondo.
Non ho capito Ox. dici che gli oggetti in sé esistono ma che essi si rivelano per ciò che sono? Per me la cosa in sé è una chimera, gli oggetti REALI sono i fenomeni, l'oggetto vero è per me l'idea di esso. Il terreno comune sarebbe il substrato che "contiene" le idee in continua co-definizione. In questo senso l'incomunicabilità sarebbe aggirata, non c'è una mia idea (anche etica) nel senso di una realtà per sé o separata dalle altre, per questo ne possiamo parlare e per questo possiamo convenire. Non ho capito perché in una visione idealista non ci sarebbe possibilità di parlare slegati da un preciso sistema di riferimento (nel nostro caso etico). Lo dici nel senso che non potrei uscire dalla mia visione? Ma se posso contemplare altri sistemi posso pure confrontarli. Io credo che il sistema di riferimento, effettivamente, dia contenuto alle cose, non credo che avremmo alcuna proprietà se non in relazione all'altro (cioè in relazione al resto delle entità che formano un sistema). |
13-10-2013, 17.54.40 | #110 | |
prof
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Riferimento: Riflessione su: "Intorno al senso del nulla" (E.Severino)
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Qualcosa in merito Cartesio lo disse, seppure contornando il tutto di criticità e soprattutti dell'errore del dualismo. |
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