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27-12-2012, 21.12.57 | #82 |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
@ Ulysse
Allora, facciamo una premessa fondamentale (sennò non si capisce di cosa stiamo discutendo): quella che chiamiamo "luna" è un qualcosa che "noi" (che siamo all'interno di un campo di senso, cioè di un contesto, o segno linguistico - se stiamo, come io credo corretto fare, al significato semiotico) chiamiamo, appunto, "luna". Allo stesso modo, siamo "noi" a nominare come tali "cose" come i sistemi solari, i campi gravitazionali o le perturbazioni di campo. Trovo dunque corretta la definizione di Gabriel, il quale dice appunto che un qualche "oggetto" ex-siste (un "ex-siste" che, etimologicamente, rivela la sua presenza al di fuori del soggetto interpretante) solo all'interno di un campo di senso (per semplicità: immagina che all'interno di un campo di senso quell'oggetto venga chiamato "luna"; mentre all'interno di un'altro campo di senso venga chiamato "moon"). Già mi immagino dirai: ma luna o moon che sia è sempre quell'oggetto lì! Certo, ma la cosa mica è così semplice. Innanzitutto io ho cambiato quello che tu avevi scritto (avevi scritto non "oggetto" ma proprio "luna"), e già la cosa cambia parecchio. Immagina un attimo a ciò che era quell'oggetto che noi chiamiamo "luna" - e che sappiamo essere un satellite del pianeta terra etc.- per i primitivi. Ma direi di più: immagina cos'è quell'oggetto per un rettile, o per un minerale (mica c'è solo il campo di senso dell'uomo...). Dunque nessuno (nemmeno Hegel, o Gentile, che parlavano di un soggetto "produttore" dell'oggetto) mette in discussione che ci sia (ex-sista) un'oggetto, un "qualcosa" al di fuori del soggetto: non è questo il problema. Il problema è invece, ed è rilevantissimo, nel momento in cui CVC (cui rispondevo) affermando che: "la luna esiste anche quando non la guardiamo" definisce un'esistenza di fatto che prescinde dall'interpretante. Ciò è impossibile, perchè già il pronunciare parole come "luna"; "esiste"; "guardare"; è un qualcosa che si pone all'interno di un campo di senso, cioè all'interno di una "semiosi"; di un "già interpretato" da un soggetto. Naturalmente la cosa ha un'importanza relativa (ma solo fino a un certo punto...) quando si parla di questioni scientifiche - che presuppongono una dimostrazione empirica - ma prova a parlare di etica; di politica; di economia e vedi un pò che ne esce fuori... Ecco perchè Nietzsche dice: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni" (è da questa considerazione che "parte" Vattimo). Ti lascio con una frase di G.Gentile (citata da Severino all'interno di quel dibattito), che reputo particolarmente chiara ed esplicita ai fini di una corretta comprensione del problema: "ciò che chiamiamo fatto è pur sempre pensato, e in quanto pensato non può essere una realtà indipendente dal pensiero". ciao |
27-12-2012, 22.15.08 | #83 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
SGIOMBO: Che un individuo gretto e meschino, egoista, antisociale possa realizzarsi e vivere a lungo e felicemente, e anche riprodursi molto lo credo bene (ma anche chi sia altruista, generoso, magnanimo!). Ma che una popolazione (umana) fondata sull’ egoismo e la reciproca aggressione possa durare più di una generazione non mi sembra minimamente realistico (prima che la decadenza e la rovina storiche, la selezione naturale ne decreterebbe la scomparsa). Ho già sostenuto e ripeto che gli scopi non si dimostrano, si sentono (in conseguenza dell’ evoluzione biologica). Ciò che si può dimostrare sono i mezzi atti a conseguire determinati scopi (oppure la non possibilità di fatto di conseguirli) in determinate circostanze ("botte piena e moglie ubriaca"). Dunque non: poche argomentazioni, bensì: nessuna argomentazione. |
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27-12-2012, 23.18.47 | #84 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Riguardo al "se esistano i fatti o solo le interpretazioni" mi pare che Ferraris abbia dato una bella risposta: se esistono solo interpretazioni la proposizione "non esistono fatti ma solo interpretazioni" che cos'è, un fatto o un'interpretazione? Se è un fatto è in contraddizione con ciò che enuncia, se è un'interpretazione allora è anch'essa smentibile e interpretabile come tutto il resto. |
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27-12-2012, 23.20.23 | #85 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Chi non è onesto e vede la sua disonestà appagata è davvero felice o è soltanto appagato nella sua avidità, concupiscenza, malvagità? Uno stoico non definirebbe mai felice un individuo del genere, perchè l'unica felicità è quella che si raggiunge con la virtù, ed è una felicità che permea profondamente l'animo, non è una brama ceca che appaga solo superficialmente ma che nel profondo non fa che rendere sempre più insaziabili e avidi. |
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27-12-2012, 23.23.07 | #86 | |
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Ma accanto alla categoria di identità ne esiste un'altra altrettanto importante per la mente umana: la categoria di relazione. La realtà, sostiene Piaget, è nell'insieme delle relazioni fra individuo e ambiente. Siamo delle totalità organizzate che si conservano assimilando l'ambiente, la realtà esterna diviene per noi intelleggibile e razionale soltando dopo che è stata assimilata, integrata nei nostri schemi. L'idea di una realtà esterna è forse anch'essa uno schema che ci permette di oggettivare ciò che abbiamo bisogno di assimilare e che deve essere oggettivato per essere assimilato. L'idea dell'io, l'identità, può essere anch'essa uno schema che ci permette di organizzarci internamente per poter assimilare l'ambiente. La realtà è quell'oggettività raggiunta la quale siamo in grado orientarci nel tempo e nello spazio, ma è forse più una situazione di equilibrio delle nostre facoltà intellettuali piuttosto che l'esistenza dell'oggettività effettiva, lo spirito assoluto cui si riferiva Hegel. E l'io forse non è altro che un punto d'equilibrio |
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28-12-2012, 01.37.51 | #87 | |
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
La caduta dei gravi è un fatto poi i fisici danno una loro interpretazione ... Aristotele ...Newton ... Einstein ed altri. |
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28-12-2012, 14.31.09 | #88 |
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
@ CVC
Nel corso di discussioni che ho avuto in altri forum, io sostenevo appunto (contro qualche idealista "puro") che un "qualcosa" ex-siste, ed è quindi "reale", al di fuori del soggetto interpretante. Naturalmente (un "naturalmente" che non so se ti vede concorde...) ho dovuto ammettere che non possiamo conoscere quel "qualcosa" se non attraverso un segno linguistico (come dice Peirce già il pensare a qualcosa ci pone all'interno della catena semiotica interpretante-interpretato). Cioè non possiamo conoscere quel "qualcosa" come un oggetto. Dunque, nemmeno io ho dubbi circa l'ex-sistentia della cosa che chiamiamo "luna", ma la questione è assai più sottile. Ferraris avrà pur dato una bella risposta (per me gravemente compromessa con quella corrente che è stata definita "realismo ingenuo"), ma Ferraris si è detto sostanzialmente d'accordo con Gabriel; e Gabriel sostiene che un "oggetto" appartiene ad un campo di senso (cioè appartiene all'insieme di coloro che lo nominano come tale). A questo punto, Severino ha avuto buon gioco, per così dire, ad affermare che siccome un campo di senso è null'altro che un contesto (personalmente preferisco usare la terminologia semiotica, e quindi parlare di segno linguistico), allora "oggetto", e dunque "fatto", è quel qualcosa che un interpretante ha definito tale: oggetto o fatto sono, in altre parole, un "interpretato" (ecco perchè non esistono fatti, ma solo interpretazioni - ricorsivamente possiamo dire che anche quest'enunciato è un'interpretazione, ovviamente). Io credo che commetteremmo un grave errore se pensassimo (come viene quasi spontaneo) che questi ragionamenti siano fini a se stessi; che siano frutto di menti quasi malate di persone fragili come chiunque, e che cercano il successo (come qualcuno ha già, molto ingenuamente, ipotizzato). Faccio qualche esempio (lasciando perdere la luna, sulla quale avrei comunque da dire molto...): cosa rispondiamo a coloro che dicono che risulta un fatto la minorità intellettuale degli aborigeni australiani? Cosa rispondiamo a quel prete che ha sostenuto che, sì, i mariti saranno pure violenti ma è un fatto che sono le donne che li provocano? Cosa rispondiamo (riferendomi al mio post sull'economia) a coloro che affermano sia un fatto il primato dell' economia sulla politica? Prima di rispondere, ricordo che "fatto" è, allo stesso tempo, quel qualcosa che risulta indipendente dalle credenze soggettive o personali - dunque quel qualcosa di "vero". Nonchè quel qualcosa che fa riferimento ad un metodo appropriato di accertamento (come da Dizionario Filosofico - N.Abbagnano). ciao |
28-12-2012, 15.16.36 | #89 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
(1) Su questo sono perfettamente d' accordo. (2) Per me "appagamento dei propri desideri", ovvero soddisfazione delle proprie aspirazioni, (buoni o cattivi che siano) significa nient' altro che "felicità", gioia; dunque credo che anche i malvagi possano essere felici, se soddisfatti nelle loro aspirazioni malvagie. Sono invece d' accordo che per chi é virtuoso la felicità sta nell' esercitare il proprio valore morale. |
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28-12-2012, 15.37.05 | #90 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Anche se scientificamente so che la luna é un corpo, che ha una massa, che ha una forza di gravità che interagisce con gli altri corpi, che compie un orbita intorno alla terra, ecc., essa (ciò di cui possiedo tali nozioni) non é che un insieme di sensazioni fenomeniche (di colori -dal bianco al quasi rosso-, forme -dal circolare al profilo di lente concavoconvessa di varie ampiezze- ecc) che la scienza mi dice ripresentarsi nella mia coscienza (in una determinata variante: di una certa forma, grandezza, colore, ecc.) ogni volta che mi colloco in determinate circostanze ben calcolabili (allorché mi metto all' ora giusta nel posto giusto e guardo nella giusta direzione). Quando giro lo sguardo da un' altra parte essa (quell' insieme di sensazioni fenomeniche nella mia coscienza) non esiste; il fatto che costantemente la posso fare riapparire (mettendomi all' ora giusta nel posto giusto e guardando nella giusta direzione) non significa che la sua visone nella mia coscienza esiste mentre non la vedo, cioé mentre non esiste la sua visione nella mia coscienza (patente autocontraddizione!); quando non la vedo può casomai esistere (per spiegare la costanza dell' accadere della sua visione in determinate circostanze calcolabili, come da conoscenza scientifica) qualcosa che ad essa in qualche modo corrisponde ma non é la sua visione, qualcosa di non visito ma di congetturabile (in greco: noumeno). |
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