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10-03-2013, 18.06.36 | #222 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Nel Rocci un famoso vocabolario di greco, ma se ne può consultare altri, thàuma: meraviglia; cosa meravigliosa, portentosa; portento; prodigio; miracolo (in Omero) … e prosegue con vocaboli dello stesso campo semantico. E’ anche riportata una sola citazione (dall’Odissea) ove lo stupore si manifesta alla vista di Polifemo, un orrore. Ora analizziamo brevemente il testo di Severino: Tuttavia la parola greca thàuma, che traduciamo con “meraviglia”, ha un significato molto più intenso: indica anche lo stupore attonito di fronte a ciò che è strano, imprevedibile, orrendo, mostruoso [19]. Se infatti non si conoscono le “cause” di ciò che accade – se ciò che accade non rientra nella spiegazione del mondo della quale l’uomo di volta in volta si trova in possesso – allora l’accadimento delle cose è l’inquietante e diventa la fonte di ogni terrore e di ogni angoscia. E anche di ogni dolore, perché la sofferenza è insopportabile quando non è spiegabile e si avventa sull’uomo, imprevedibile e senza ragioni. Affermando che la filosofia nasce dalla meraviglia, Aristotele intende dire (anche se evita di sottolinearlo) che la filosofia nasce dal terrore provocato dall’imprevedibilità del divenire della vita. Conoscendo le “cause” del divenire, la filosofia rende prevedibile l’imprevedibile, lo inserisce nella spiegazione stabile del senso del mondo, e quindi appronta il rimedio contro il terrore della vita. (E.Severino) Egli attribuisce ad Aristotele l’intendimento di esprimere con quel vocabolo la meraviglia, lo stupore terrorizzato, per così dire, provocato dall’imprevedibilità del divenire, in breve l’angoscia del divenire; ma, dicendo anche se evita di sottolinearlo, chiaramente pretendendo di aver colto una intenzione di Aristotele che non è affatto evidente, non è sottolineata, un eufemismo perché non la può portare ad evidenza.. La tradizionale e secolare interpretazione però è proprio quella della meraviglia, in senso positivo ... perché emerge chiaramente dal contesto e perché così l’hanno intesa anche i sui contemporanei. Ora leggi il contesto nel quale Aristotele afferma che lo spunto per filosofare nasce dalla meraviglia, e giudica da te stesso: Tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza: ne è un segno evidente la gioia che essi provano per le sensazioni […]. Gli uomini, all’inizio come adesso, hanno preso lo spunto per filosofare dalla meraviglia (thàuma), poiché dapprincipio essi si stupivano dei fenomeni più semplici e di cui essi non sapevano rendersi conto, e poi, procedendo a poco a poco, si trovarono di fronte a problemi più complessi, quali le condizioni della Luna e quelle del Sole, e le stelle e l’origine dell’universo. Chi è in uno stato d’incertezza e di meraviglia crede di essere ignorante (perciò anche chi ha interesse per le leggende è, in un certo qual modo, filosofo, giacché il mito è un insieme di cose meravigliose); e quindi, se è vero che gli uomini si diedero a filosofare con lo scopo di sfuggire all’ignoranza, è evidente che essi cercavano di conoscere per puro amore del sapere e non per qualche bisogno pratico. E ne è testimonianza anche il corso degli eventi, giacché solo quando ebbero a disposizione tutti i mezzi indispensabili alla vita e quelli che procurano comodità e benessere, gli uomini cominciarono a cercare questa specie di conoscenza. È chiaro allora che noi ci dedichiamo a questa indagine senza mirare ad alcun vantaggio esteriore, ma, come noi chiamiamo libero [16] un uomo che vive per sé e non per altro, così anche consideriamo tale scienza. (Metafisica, I, 2, 982 b) Severino piega l’evidenza, in questo caso, alla sua propria filosofia per trovargli dei fondamento classici, proprio come fa con Parmenide. ------------------------------------------------------------------------------- Questa parte del post non è rivolta in particolare a te. Una curiosità. Ho guardato ZETTEL- Filosofia in movimento, sui Rai tre, un programma che può fornire, stimoli e riflessioni … peccato che vada in onda a tarda ora, venerdì all’una e dieci. Ha trattato, fra gli altri, il tema del nichilismo facendo questa curiosa osservazione: il nichilismo è stato di gran moda nel novecento poi il trend ha cominciato a decrescere sensibilmente in concomitanza con la diffusione di psicofarmaci anti depressivi. Se Nietzsche li avesse potuti assumere, concludeva il conduttore, Nietzsche avrebbe scritto quello che ha scritto? ------------------------------------------------------------------------------ Ciao Ultima modifica di Giorgiosan : 10-03-2013 alle ore 19.31.58. |
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10-03-2013, 23.14.27 | #223 | |
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Esistono per noi, oltre a ciò che conosciamo ed a cui diamo un significato, una quantità imprecisata di cose che per noi non hanno significato perchè non rientrano nella sfera del nostro pensiero. Io credo che l'essere vivente sia un'entità con degli scopi precisi da perseguire, anche se spesso non è consapevole di tali suoi scopi e necessità. Ed al fine di raggiungere i suoi fini, l'essere vivente deve rispettare una logica di economia. Ciò che ha significato è ciò che soddisfa maggiormente un particolare bisogno in un particolare momento. Certo è molto importante poter dire che esiste una realtà la fuori, significa riconoscere l'esistenza dell'oggettività, senza la quale non ci sarebbe possibile adattarci all'ambiente. Ma se riduciamo la realtà all'oggettività, le abbiamo tolto molto, le abbiamo tolto la volontà che l'individuo possiede in quanto dotato di vita. Ti do ragione sul fatto che esista una realtà indipendente da noi, ma essa ha per noi un significato solo funzionale. La realtà che conta, per noi, è quella di soddisfare l'appetito della nostra volontà. |
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10-03-2013, 23.16.53 | #224 | ||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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La cosmologia di Aristotele però ha un intento rassicurante, quello di fissare gli astri in rigide sfere che rassicurano l'uomo sulla regolarità del comportamento della natura, una regolarità che è rassicurante per l'uomo perchè garantisce la possibilità che esista una ciclicità degli eventi e che questi possano quindi essere prevedibili. Questa ricerca di ciclicità e regolarità, cos'altro è se non un tentativo di affrancarsi dalla paura, dall'incertezza dell'avvenire? ------------------------------------------------------------------------------- Citazione:
Secondo Karol Wojtyla, anche questo l'ho sentito da Severino, il nichilismo sarebbe una conseguenza dell'illuminismo. |
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11-03-2013, 14.03.31 | #225 | ||||||||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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Le mie sono "idee" non sono fantasie personali: io mi sforzo di adeguarle al sapere scientifico che ricerco e studio e per le quali esistono dimostrazioni che sempre più si conformano al reale universo. Le tue, relative a vita e coscienza oltre la morte, sono credenze senza alcuna sperimentazione e indizio di realtà. Certo tutto può essere…e può essere che esiste lo “Stargate” per l’universo dell’aldilà su cui fantastichiamo, ma che mai si rivela. Magari se dici che comunque ti piace e ti conforta coltivare di tali credenze allora non interferisco ed è solo affare tuo…. Ma sul piano del “reale” le mie idee/credenze hanno infinitamente maggiori probabilità di “essere”, di quanto lo abbiano le tue…proprio per la mancanza di indizi sul possibile attuarsi di quanto credi. Quindi le mie che chiami credenze (in realtà sono idee) valgono, sul piano del reale, proprio per probabilità di accadimento, infinitamente di più delle improbabili credenze di cui vai fantasticando. Citazione:
Il tuo è un “whisfullthinking” e, tipicamente, scambi la responsabilità della dimostrazione. Io mi attengo al probabile e tangibile...spetta a te, che lo sostieni, dimostrare l’intangibile e fantastico improbabile! Mi chiedo e chiedo, perché dovrei, o dovremmo tutti, uniformare il nostro vivere e pensare…la nostra Vision del mondo immanente… a tanta improbabilità relativa all’improbabile mondo trascendente che improbabilmente ci accoglierebbe? Citazione:
Oltretutto, le teorie scientifiche (sperimentalmente dimostrate e riscontrate) circa la strutturazione evolutiva del vivente, e dell’umano in particolare, perseguono ben altre strade: perché dovrei disconoscerle a favore di fantastiche credenze non mai verificate e oggettivamente riscontrate? Citazione:
Resta solo che io sono sempre io e so bene che io sono io con le mie pulsioni e la mia vision. Ovvio che la vision cambia ed evolve con le sempre nuove esperienze e nuove acquisizioni culturali, ma non esiste una ridda di diverse identità che si susseguono: io sono sempre io…coscientemente… dai miei primi ricordi ad oggi e mai ho perso la mia identità! Ma ero io anche da prima che ricordassi…più o meno dal momento del concepimento. Forse perderei il senso di identità, ad esempio, se battessi malamente la testa...facendo le corna! Citazione:
Citazione:
Veramente io intendevo che il nostro mondo non è che una infima cellula dell'universo. Comunque mi viene ancora da osservare che hai una ben povera idea di Dio: Dio avrebbe un corpo!...per di più avrebbe un corpo fatto di cellule...che poi saremmo noi!...sarebbe messo ben male! Citazione:
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11-03-2013, 21.21.58 | #226 |
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Non posso ribattere punto per punto perchè la nostra divergenza è alla base: tu (consentimi di semplificare; s'intende che se non sei d'accordo puoi rettificare la mia semplificazione) attribuisci, a differenza di me che ritengo equivalenti, maggiori probabilità alla non esistenza di Dio piuttosto che alla Sua esistenza.
Ed io assegno la stessa percentuale di probabilità che dopo la morte del corpo fisico permanga la coscienza rispetto alla probabilità opposta e cioè che non pemanga. Non così pensi tu. Adducendo che la scienza è dalla tua. E dunque ne consegue che le mie sono fantasie mentre le tue sono idee. E' così? Viceversa per me le due visioni sono esattamente paritetiche. Inoltre tu attribuisci una valenza al nostro apparato sensorio che io non riconosco. In altre parole penso che i sensi siano organi che consentono una percezione della realtà del tutto incompleta. Prendo infine atto che per te l'io è un insieme di pulsioni e una vision. Io viceversa non so cosa è l'io. Così come non so cosa sia la coscienza. Così come non so cos'è la vita (nel senso di cosa anima i nostri corpi). Alla prossima |
12-03-2013, 08.05.27 | #227 | ||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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Le risposte le dovremmo trovare nella nostra diretta esperienza, il sentimento di trascendenza non proiettato al di là della nostra esperienza. Senza nulla togliere alle letture mistiche quando radicano su un’esperienza tangibile di Dio, un Dio che non è “fuori” ma il cuore stesso di quel sentimento di trascendenza, qui e ora. Citazione:
ma così come non è possibile fotografare un suono se non attraverso un apparecchio che vibrando lo attesti parimenti è necessario non impedire un certo ascolto, una certa attenzione alla nostra esperienza di essere, una certa analisi critica verso le percezioni ed il linguaggio che usiamo a formulare immagini concetti e percezioni, capace di attestare ciò che sperimentiamo nell’esperienza ordinaria come trascendenza, e che risalta, spesso a causa di una sorta di sordità alimentata non consciamente, come esperienza stra-ordinaria. La matematica è una fantasticheria o è una realtà oggettivamente riscontrabile? Eppure non possiamo che fotografarne il frutto non la sua “realtà”, l’essenza, ne possiamo parlare ma non possiamo mostrarla.. se non attraverso il suo uso. Quell’uso non è che necessario affinché si mostri nella sua essenza. Siamo abituati a pensare, a dare immagini ai nostri pensieri, a provare emozioni, a dare finalità alle nostre emozioni, ma molto meno a mettere in discussione la nostra modalità usuale di porci in ascolto a noi ed alle cose, al fuori. Spesso sovrapponiamo il percepire il pensiero e le emozioni alla nostra coscienza di essere, quel sentire “trasparente” attraverso il quale percorriamo tutta una vita, gli anni, gli attimi, i momenti. Abbiamo uno sguardo che mira le percezioni, i pensieri, gli altri esseri, gli oggetti, siamo coperti di percezioni, pensieri, esseri, oggetti, universi, e quell’occhio, quella finestra che permette tutto questo resta come sopita al di sotto di informazioni e di certezze, certezze di sconforti, certezze di felicità, certezze di assenza di certezze. Di quella luce ad illuminare ogni cosa, ogni pensiero che diversamente non sarebbe, ogni emozione che diversamente non percepiremmo ne scordiamo il sapore e l’identità confondendola coi frutti. Pensiamo che quella luce si è accesa alla nascita assieme ai nostri occhi fisici, ai nostri organi di senso, al nostro dna funzionante e che scomparirà assieme i nostri occhi fisici, nel disfacimento degli organi di senso, del nostro corpo. Come se quella luce fosse intrinseca ai nostri sensi e non percepita attraverso i nostri sensi, tarata per i nostri sensi. Non parlo di un’anima intangibile ed individuale parlo di una intelligenza che si esprime attraverso occhi differenti, corpi differenti, menti differenti, non-menti differenti. Dico, che se è vero che la matematica come sostiene qualcuno è linguaggio sottostante alle cose poiché al contempo linguaggio sottostante la mente, quella matematica, quel linguaggio, quella legge attraverso cui si esprime è fuori e dentro le cose, è la sua legge intrinseca, allora quella luce, quell’intelligenza capace di conoscere, sottostante alle cose poiché al contempo sottostante la mente è fuori e dentro le cose è la sua qualità intrinseca. Non è importante il nome che diamo a questa realtà intrinseca, ha molti nomi e nessuno che possa attestarla ed esaurirla, importante è scoprire che per quanti colori prenda, il buio del buio, la luce della luce, la stupidità degli stupidi, l’intelligenza dei saggi, la conoscenza degli scienziati, l’ignoranza di chi ignora, il credo dei credenti, l’ateismo degli atei, il materialismo dei materialisti, la follia dei folli, la depressione dei depressi, l’estasi degli estasiati, l’amore degli amanti, il pieno, il vuoto, l’assenza, la presenza, la sua natura non muta. Intelligenza: comprendere, prendere in sé, conoscere. Sta a noi trovare questo maestoso o ordinario. Divino, diabolico o insignificante. Anche in questo caso, muta colore ma non la sua natura. Ultima modifica di gyta : 12-03-2013 alle ore 09.42.24. |
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12-03-2013, 14.11.23 | #228 | |||||||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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Il fatto che noi…la scienza… ne facciamo oggetto di studio e ricerca è ininfluente per la sua realtà: niente sta a dimostrare il contrario. Ovviamente noi, di questo universo, facciamo parte, ma esso non è parte di noi: il fatto che lo pensiamo, lo studiamo, ne ricerchiamo le leggi e che via via ne erodiamo il suo esistere alla nostra conoscenza, rende il fatto che esso esiste e che ne abbiamo consapevolezza, di estremo interesse per noi. Diversamente nessuno penserebbe a ricercarne funzionalità e storia e non avremmo nessuna scienza. Noi...la scienza.... attribuiamo ovviamente un significato a ciò che conosciamo che ci sforziamo di rendere sempre più coincidente col reale cui la conoscenza si riferisce, ma il reale esistente non ne è toccato: l’ipotesi fondamentale che sta alla base delle ricerca scientifica...e quindi del sapere scientifico… è che il ricercare stesso non è causa di ciò che cerca per l’oggi e dalle origini. Comunque, la ricerca scientifica si sforza di trarne la storia tanto da risalire a 13 o 14 miliardi di anni addietro, mentre la storia dell’uomo pensante (Homo Sapiens) può essere datata a non più di 200.000 anni. Magari i prodromi dell’umano possono risalire a 2 o 3 milioni di anni addietro. Lo scheletro della famosa Lucy, ritrovato in Etiopia, infatti, sembra risalga ad oltre 3,2 milioni di anni fa, ed è dubbio che essa sapesse qualcosa della realtà “là fuori” che pure esisteva. Comunque che si tratti di un milione, o più milioni di anni, non ha importanza, il fatto fondamentale che taglia la testa al toro per il nostro discorso, è che l’universo (diciamo anche i “multi versi”) è oggettivamente esistito ed esiste nella sua realtà per oltre 13 miliardi di anni di per se stesso senza alcun nostro relativo pensamento: non c’eravamo! Quindi la realtà la fuori, che la ricerca oggettivamente discopre, non ha avuto e non ha bisogno di noi per esistere: ce la rivela oggettivamente la strumentazione, lo studio dei fossili, degli strati rocciosi,…fino alla radiazione cosmica di fondo. Queste sono scoperte oggettive e non interpretazioni dell’io pensate...che non poteva crearle dato che non le sapeva. La scienza può essere intuizione ed interpretazione, ma è soprattutto “scoperta”…cioè scoperta di esistenze oggettive che la sperimentazione strumentale conferma…non fantasiosa interpretazione. Comunque il sapere scientifico, anche se non completo, costituisce quanto di più oggettivo possiamo conoscere, ma non perchè il nostro conoscere influisce sul reale esistente, ma semplicemente perchè a volte non sappiamo interpretare o capire. Noto, comunque che mentre la filosofia, limitata alla consequenzialità logica dell’esistente, non può scoprire nuove esistenze se non fantasticando, la scienza, per istituzione, discopre oggettivamente nuova conoscenza relativa al reale esistente là fuori. Citazione:
Infatti il reale là fuori esiste di per sé. Citazione:
Citazione:
E’ vero: nel corso della evoluzione, a confronto con l’ambiente, il vivente ha sempre più acquisito, anche se confusamente, nel proprio DNA, e infine anche nella propria capacità pensante, l’orientamento a perseguire scopi relativi ad una sempre più efficace sopravvivenza propria… dell’individuo e della specie…in coesistenza e/o in contrapposizione. La logica della economia e della efficacia del vivere insorge in conseguenza della “selezione naturale” della conformazione genica evolutivamente più adatta e capace di sfruttare le occasioni e le disponibilità a confronto con altre conformazioni geniche…anche insorgenti e possibili: vince e prevale chi se la cava meglio ed è più efficace nel contesto ambientale…ma non è detto che chi è meno efficace scompaia: ognuno ha la sua nicchia. Citazione:
E’ la conoscenza che deve essere quanto più possibile oggettiva…cioè quanto più possibile “coincidente” con il reale esistente. Citazione:
Dunque...la realtà è la realtà e basta…non possiamo né togliere ne aggiungere niente…oppure possiamo: una esplosione nucleare, un missile, un satellite in orbita, una sonda…ed anche l’alimentare sommovimenti sociali, ecc…sono piccole, infime, mutazioni che si possono innestare sulla realtà esistente. E’ la ricerca della realtà che potrebbe, a volte, portare ad una conoscenza non oggettiva! Naturalmente la ricerca scientifica, nella sua metodologia, tende ad esplicare la realtà il più oggettivamente possibile. Altre discipline non coltivano un tale intento e quindi sono meno oggettive..cioè sono saperi meno vicini alla realtà là fuori...spesso anche più probabilisticamente illusori L’individuo, proprio perché dotato di vita con pensiero, intelligenza ed energia propria, si destreggia in questo esplicarsi anche oltre le pure e immediate necessità fisiche ed etiche …magari perseguendo l’arte, la filosofia, le scienze pure, le religioni ecc… Come l’oggettività possa togliere la volontà non lo capisco! (???) Anzi nella ricerca la volontà ed intelligenza del ricercatore è specialmente orientata alla oggettività nella esplicazione del trovato. Citazione:
Un tale esplicarsi non può comunque avvenire se non in relazione con il reale esistente (fisico-psichico–sociale) cui ci adattiamo o che cerchiamo di adattare a noi: una tale realtà…dobbiamo quindi conoscerla nel modo più oggettivo possibile. P.S.: A me questi incontri/scontri danno sempre più ocasione di chiarire e chiarirmi le cose ed i concetti…spero lo stesso accada per te. |
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12-03-2013, 18.37.18 | #229 | |||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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Gli argomenti e le pulsioni che spingono al cercare dialetticamente ed al filosofare possono essere i più disparati, ma il fatto concreto che resta costante nel tempo è che l'uomo è sempre affascinato dall'ignoto...in relazione al quale vuole sapere...sempre più sapere e conoscere. Emblematico in proposito, fin dal mito, è il viaggio di Ulisse...che Dante ce lo ripresenta alla conquista dei confini del mondo: fatti non foste a viver come bruti!...e questo è, mi pare, il vero significato che la filosofia persegue! In fondo è la stessa pulsione che spinge la scienza che però sembra avere maggior successo anche per le sue ricadute economiche. Ma, in realtà, la ragione del successo della scienza, in crescente trend esponenziale in questi ultimi tre o quattro secoli, è che possiede più evoluti e stupefacenti mezzi, intellettuali e, soprattutto, strumentali, per dare risposte sempre più avanzate, profonde e sicure, con riferimenti concreti, circa la realtà dell'universo e, quindi, del nosto porci, relativamente, in esso. Citazione:
Del resto gli eventi del cosmo di allora, limitato a pochi astri mobili, era veramente ciclico e non è che Aristotele lo abbia descritto tale nell'intento di rassicurare il popolo ... Gli è che era veramente così che si percepiva...anche prima di Aristotele! In fondo l'astrologia era dei Sumeri...o dei giardini pensili di Babilonia! Poi magari Aristotele ci mise un pò di fantasia con le sue sfere celesti...ma gli è che Aristotele era alla ricerca del perfetto: le sfere liscie erano "perfette" e tali non potevano che essere gli astri...che gli stessi dei lì avevano posto! Comunque non sò a quanti di quegli antichi greci interessasse trovare la sicurezza nella la divisione del cosmo in sublunare...imperfetto...e ultra lunare ...quello delle sfere celesti ...perfetto: credo fosse più una questione di elite che il cristinesimo fece propria. Comunque il nodo era così stretto e l'autorità attribuita ad Aristotele tale che si dovette arrivare al cannocchiale di Galileo per scioglierlo e purtroppo al famoso processo. Citazione:
L'illuminismo ha posto l'occidente a guida del mondo e se altri popoli oggi ci sopravanzano è che hanno assorbito o stanno assorbendo il portato dell'illuminismo che si traduce in sapere di scienza e di tecnologia...ma anche in una etica avanzata nella conquista e sviluppo della democrazia. Interpreto invece il nichilismo come una filosofia negativa, della disperazione, e credo che effettivamente l'interesse verso questo nichilismo sia in caduta libera una volta superato il momento dell'esistenzialismo e della depressione attuale. L'interesse per il relativismo invece è sempre in forte risalita anche se gli assolutismi, popolarmente ambiti, sembrano dare maggior sicurezza. Il relativismo costituisce la base della mentalità e cultura moderna: la scienza, sempre più pervasiva del nostro vivere, non può essere che relativista! La teologia cristiana, teologia curiale, che, coi suoi valori non contrattabili, si oppone al relativismo e che mostra di confonderlo col nichilismo, commette suicidio...a meno che non sia questa l'occasione per un nuovo Papa relativista. Non c'è che sperarlo! |
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13-03-2013, 07.56.35 | #230 | |||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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La realtà che ricerca la scienza è oggettiva perchè è, credo, matematica applicata all'esperienza. Una volta che si applica la matematica all'esperienza, se ne ottiene una realtà oggettiva; ma sta di fatto che l'esperienza non si esplica esclusivamente secondo i dettami dell'oggettività. Un individuo non solo esiste, ma sente la necessità di affermare la propria esistenza, perchè non può fare a meno di dire 'io voglio'. E quando non appena dice 'io voglio', automaticamente trova un qualcosa che gli si oppone, ed inizia lo scontro, e nello scontro l'oggettività va a farsi benedire, perchè nello scontro quel che conta è prevalere, e non l'oggettività. La scienza, per quanto perfetta possa essere o diventare, rimane pur sempre uno strumento; la volontà/necessità di esistere è qualcosa di ben più forte. Citazione:
il fatto concreto che resta costante nel tempo è che l'uomo è sempre affascinato dall'ignoto... Citazione:
Certo, se si fosse d'accordo su ogni cosa le discussioni sarebbero solo degli scambi di ovvietà E' dalla volontà di superare gli ostacoli che emerge ciò che ha più significato. Se uno è pronto a difendere ciò che dice a spada tratta, significa che ne è proprio convinto, e sono le nostre convinzioni che ci guidano. E' comprendendo le reciproche convinzioni che ci capiamo. |
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