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01-04-2013, 02.37.31 | #273 |
Venturo
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Ulysse, mi perdonerai se ti chiedo un riassunto del tuo punto di vista di quella che mi pare essere una discussione giunta sul rapporto filosofia-scienza. Sinceramente, non riuscirei, per questioni materiali e fisiche, a rileggermi tutti i 271 post di questo thread. Non ho intenzioni di ampliare un'altra discussione, ma vorrei capirci un po' di più, essendo un argomento molto interessante.
Grazie. |
01-04-2013, 20.33.54 | #274 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Io sono un "realista" e, da quanto ne so, mi pare che nulla appaia di concreto e percepibile o di cognitivo che dia adito o indizio a fatti o ipotesi di tal genere. Certo che può anche essere, molte cose possono anche essere, ma la scienza non considera (ne prescinde per lo più) cio' che non ha evidenza...in specie se extramondo...cioè al di fuori della fisicità materia/energia dell'universo. Cio non significa che la scienza, con intuizioni geniali di un qualche scienziato o team di scienziati, non possa, a volte, portare alla luce qualche cosa che prima non era evidente. Ad esempio le tre grandi teorie vigenti, ad interpretazione dell'universo, sono un esempio di tal genere,...sarebbero la relatività, la quantistica e la teoria della evoluzione del vivente per selezione naturale. Tutte e tre le teorie dette hanno portato alla luce e dimostrato, fino alla fruibiltà, qualcosa che prima era inevidente ed impensabile...non extrauniverso però!...niente di trascendente...inesplorabile da parte della scienza: non vi sono, nella trascendenza, inevidenze che posano essere rese evidenti dalla scinza! Una caratteristica irrinunciabile (metodo scientifico) di cio che si definisce teoria e, più precisamente, enunciato scientifico è che esso sia risultanza di sperimentazione e (per la scienza di primo livello esplicante l'universo) risultanza di esplicazione matemetica. In assenza di esplicazione matematica si può parlare di scienza di secondo livello. Sempre la sperimentazione grantisce però! Un tale carattere ed esigenza del metodo offre al sapere scientifico estrema garanzia di veridicita e conformità all'essere reale dell'universo.... solo però nell'ambito concreto dell'universo stesso considerato "quantitativamente" definibile e matematizzabile. Ma è ultranoto che lo scopo della scienza è limitato (se si può dire limite) a studiare e rendere noto ed esplicito il grande fenomeno dell'universo con relativi suoi fenomeni connessi. Oltre e al di fuori di questo limite le garanzie della scienza decadono come del resto sono inesistenti le garanzie che ogni altra disciplina pretenderebbe di garantire. In particolare la filosofia, che ponendo alle proprie elucubrazioni solo i limiti del logicismo, della non contraddizione ecc... può espandere le proprie trattazioni su tutto cio' che è pensabile...ma le garanzie di veridicità appaiono problematiche. Infatti ivi (nella filosogfia) tutto è soggetto al processo interpretativo che ne fa il soggetto medesimo e mancano riferimenti oggettivi...ponderabili, misurabili, quantizzabili strumentalmente molto oltre il percepibile dei nostri sensi come sarebbe nelle esplicazione scientifica..qundo l'argomento fosse quantizzabibile e non solo trattabile qulitativamente...secondo opinione. Ne consegue che alla domanda: "Esiste qualcosa al di fuori dell'io?" non si può dare alcuna risposta che abbia un minimo di garanza di veridicità...e non certo, una tale risposta, su di un piano attendibile, la puo' dare la filosofia. Ma nemmeno la scienza la può dare una tale risposta, non esistendo la prima condizione che pone la scienza: la misura! La scienza, quindi, ne prescinde e la domanda si rivela improponibile: su di essa si possono fare tante ipotesi più o meno fantasiose, ma nessuna dimostrabile...per ora...finchè la scienza non trovasse il bandolo di percepire/misurare l'io...in uno spazio che ci trascende! Cosa per ora impensabile. Certo non sono riuscito a dire tutto sui 271 post del topic, ma se leggi il mio ultimo, qualcosa puoi capire. In ogni caso puoi porre specifiche domande...qualcuno (o io stesso) risponderà. l |
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02-04-2013, 11.01.46 | #275 | |
Moderatore
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Si, è questa la via. Per quanto riguarda il metodo scientifico rimango dell' idea che esso è un metodo che ha dei limiti. Ad esempio: Il metodo scientifico tende a dimenticare che il processo di conoscenza è fondato sul rapporto fra soggetto e oggetto, nella sua indagine esso tende a dimenticarsi del soggetto e a concentrarsi esclusivamente sull' oggetto. Il metodo scientifico considera gli oggetti osservati come esistenti indipendentemente dal soggetto che li osserva. Se voglio essere veramente critico posso affermare solamente di avere esperienza e di conoscere esperienza, non posso affermare che gli oggetti di cui ho esperienza esistono indipendentemente da me (Vedi FENOMENOLOGIA). A parte questi limiti che per la scienza forse non hanno nemmeno senso perchè se cominciasse a interrogarsi su queste questioni minerebbe le sue stesse fondamenta, il metodo scientifico è un metodo eccezzionale. |
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02-04-2013, 16.07.37 | #276 | |
Ospite
Data registrazione: 10-09-2012
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
L'oggettività scientifica presuppone il dualismo epistemologico soggetto/oggetto. Non può esistere oggettività senza soggettività, e viceversa. Se vogliamo discutere se una soggettività esista, e in cosa consista, siamo su un piano di indagine strettamente ontologico-gneoseologico che trascende le spiegazioni materialistiche, le quali non ci farebbero fare grossi progressi in questo campo. Mi sembra abbastanza "dogmatico" affermare: "visto che le spiegazioni scientifiche materialistiche non ci possono dare queste risposte, allora non discutiamone nemmeno". Non discutere di ciò che è sempre presupposto (anche nella nostra esperienza quotidiana) ci porta necessariamente ad accettare certe posizioni già prese che influenzano tutte le posizioni sottostanti. Su questo punto i padri fondatori della scienza moderna erano perfettamente consapevoli. Premesso questo, ricominciamo la nostra discussione filosofica fondamentale. "Esiste qualcosa al di fuori dell'io?" La domanda secondo me sarebbe da riformulare, questa presuppone già un io e quindi un soggetto. Secondo me sarebbe meglio chiederci: esiste un soggetto? Da cosa è definita un eventuale soggettività? Analizziamo la strada classica "cartesiana" come risposta a questo quesito: 1) il soggetto esiste poichè altrimenti non saremmo in grado neanche di interrogarci sull'esistenza dell'io 2) il soggetto è definito in confronto all'oggetto in quanto esso è pura immaterialità (pensiero), mentre l'oggetto è materialità (estensione) I problemi di questa posizione sono noti. Ammettere l'esistenza di un soggetto puramente immateriale significa distinguere nettamente due dimensioni ontologicamente indipendenti: immanenza (sede immateriale del soggetto, res cogita) / trascendenza (sede dell'oggettività, res extensa). Ma queste due dimensioni sono veramente così incomunicanti? Con il mondo in realtà abbiamo "un commercio continuo", un'innata familiarità (per dirla alla Heidegger) con esso. Se picchio un ginocchio su uno spigolo, non è solo il mio corpo materiale a risentirne, ma anche la mia soggettività. Cartesio risponderebbe: "che il dolore lo provi la soggettività è solo un'illusione, la soggettività è qualcosa di molto più profondo che è ingabbiata nel corpo". Tuttavia il problema della comunicazione tra le due dimensioni rimane. La soluzione storicamente escogitata è quella del trascedentalismo (Kant e Husserl): l'esistenza del mondo che percepisci dipende dalla tua coscienza che è "trascedentale", costitutiva. Una soluzione del genere è molto intrigante ma non risolve un altro problema: quello dell'intersoggettività. Questa prospettiva sembra essere ancora legata a quella cartesiana in quanto riduce tutto ciò che non sia pensiero dell'io a oggetto. Di conseguenza non ammette una pluralità di soggetti (l'unico soggetto esistente è il mio io) che in realtà noi presupponiamo costantemente nella nostra vita: riusciremmo a vivere essendo sicuri che le altre persone oltre a noi sono delle macchine prive di res cogita? Non credo, pensate alle conseguenze che potremmo avere in etica. Sono convinto quindi che fondare un ontologia su un soggetto puramente immateriale non funzioni. Perciò adesso mi domando (e passo la palla a voi) è possibile teorizzare un soggetto non completamente immateriale, o bisogna perforza uscire dalla nozione di soggetto per risolvere questi problemi? Negare l'esistenza di una soggettività implicherebbe necessariamente negare un'oggettività, e quindi una conoscenza della realtà oggettiva che di fatto è possibile. Cosa vi viene in mente? Un saluto |
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02-04-2013, 17.44.46 | #277 | |||
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Il cosiddetto “metodo scientifico”, ovvero la ricerca e la sperimentazione, è messo in atto da esseri umani e sta alla loro intelligenza critica ritenerlo come parte del processo di conoscenza e non come risposta totale al problema della conoscenza. L’indagine volta al particolare è un distinguere, un separare in virtù di un unire ovvero di una comprensione dove le intuizioni, le sperimentazioni, i dati delle ricerche vengono poi tendenzialmente disposti in un corpo unico capace di spiegare attraverso l’interconnessione fra i particolari esaminati. Credo che in ambito scientifico siano sempre meno gli studiosi ed i ricercatori che manchino della coscienza che in quell’interconnessione l’osservatore e gli strumenti utilizzati siano parte integrante considerevole del processo di conoscenza. Citazione:
Se prendiamo in considerazione le teorie della multidimensionionalità mi pare azzardato ipotizzare si possa giungere a qualcosa di vicino al considerarla come esplorabile tangibilmente.. Altro è se ci riferiamo all’esplorazione come capacità concettuale della mente matematica-simbolica lontana però dalla possibilità di rilevare attraverso i nostri sensi una forma spaziale geometrica tangibile della natura in questione.. i nostri sensi ‘tarati’ alle quattro ne restano in un certo senso una sorta di limite esperienziale se ci riferiamo esclusivamente ai sensi escludendo la facoltà concettuale procedente a simboli associativi. La capacità della mente di estrarsi quasi del tutto dal contesto sensoriale attraverso le rappresentazioni simboliche tra cui il linguaggio matematico fa parte dell’esplorazione di inevidenze sensoriali ma evidenti nel campo delle possibili intuizioni concettuali e non esenti da un determinato campo –seppure inusuale- di percezione in ambito di esperienze mistiche e di stati ‘alterati’ (> o potremmo intendere ‘altri’ ?) di coscienza. Allora anche il concetto di io e/o altro dall’io non resta che un parametro al quale attenersi o meno durante un processo di indagine, al pari della coscienza base verso gli strumenti usati in una determinata indagine. Citazione:
altro non è che ciò di cui abbiamo conoscenza immediata attraverso i sensi. Si indaga semplicemente se su questa presunta conoscenza tangibile ed immediata delle cose e di sé non ci si sia scordati che ogni rappresentazione ed esperienza non è che risultato (e filtrata) della nostra capacità mentale sensoriale a cui diamo sinteticamente il nome di “io”, spesso scordandoci completamente che è in seno a quel “io” che avviene la distinzione fra reale ed irreale, fra materia e non materia. Non si parla di anima ma di comprendere che se ci sono distinzioni queste sono pura risultanza della nostra esperienza dimensionale a 6sensi, 5+la mente, e ci si chiede cosa sia questa “mente” se risultanza dei cinque sensi, visto che i cinque sensi risultano da questa! La realtà che sperimentiamo è da chi sperimentata? Chi è questo “io”, questo si cerca di comprendere. Ed allora ciò che sperimentiamo è questo “io” o anche qualcosa al di fuori di questo? |
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02-04-2013, 20.36.53 | #278 | |
Moderatore
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Bella domanda.. Provo a risponderti con quanto ho letto su Husserl su Filosofico.net: La coscienza é dunque il risultato ultimo e indubitabile della riduzione, non ulteriormente riducibile ad altro: Husserl la chiama residuo fenomenologico . Non si tratta però della coscienza empirica dei singoli individui: anche questa, infatti, é sottoponibile ad una riduzione, che la liberi dai suoi caratteri meramente empirici. Il residuo fenomenologico é invece la coscienza pura o trascendentale , che non necessita di altre condizioni antecedenti per esistere: tutto é neutralizzabile e riducibile a riduzione, il mondo e Dio, le scienze e la teologia, ad eccezione dell'io puro, che però non é una sostanza ma é la funzione originaria e universale della coscienza che costituisce il mondo. Rispetto ad essa, il mondo naturale é trascendente, ma esiste e ha senso solo tramite gli atti della coscienza: quest'ultima infatti é intenzionalità, cioè é sempre coscienza di qualcosa. La fenomenologia, avendo il suo fondamento nell'evidenza dell'io trascendentale, é definita da Husserl come idealismo trascendentale , differente dall'idealismo psicologico alla Berkeley , ma anche da quello kantiano, il quale persevera nel mantenere un mondo di cose in sè come concetto limite. A differenza dell'idealismo tradizionale, quello trascendentale non nega l'esistenza del mondo, ma ha come unico fine il chiarimento del senso di questo mondo . Su questa base, Husserl può asserire che la filosofia può solo rivelare il senso del mondo, non mutarlo. Il rischio del primato accordato all'io può consistere in una forma di solipsismo, che rinchiuda il soggetto in se stesso e lo renda irraggiungibile agli altri e incapace di accedere lui ad essi. Sempre nelle Meditazioni cartesiane Husserl si prende la briga di mostrare che l' intersoggettività é costitutiva della soggettività trascendentale; per il pensatore ebreo, infatti, io originariamente ho esperienza del mondo come intersoggettivo, cioè come ' un mondo che é per tutti ed i cui oggetti sono disponibili a tutti '. Entro questa sfera comune io tento di delimitare la sfera specifica di quel che é 'mio proprio', ma questo presuppone il concetto di 'altro'. In questo modo, si dirada l'apparenza di solipsismo, pur continuando a valere il principoio secondo cui tutto quel che é per me, compresi gli altri soggetti, possono attingere il loro senso esclusivamente dalla mia sfera di coscienza. Un saluto |
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02-04-2013, 21.21.57 | #279 | ||||||
Ospite abituale
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
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Quello che la scienza propone di perseguire è solo un “metodo” espresso su base generale e per sommi capi: che abbia limiti o meno non interessa gran chè…vuol dire che si migliorerà, ma ciò che veramente importa è che sia efficace…e, da quanto constatiamo, efficace lo è! Potrebbe esserlo di più…efficace?...ma senz’altro!...vuol dire che si cercherà di migliorarlo…come già è accaduto in questi ultimi quattro secoli con trend prevalente in miglioramento sia di metodo che di risultanze. Del resto per una sperimentazione è sempre elaborato un protocollo ad hoc! L’idea del metodo è dovuta a Galileo, stufo delle vuote elucubrazioni degli aristotelici del tempo che non approdavano a niente e per giunta davano una idea distorta dei fenomeni dell’universo: la meccanica del moto di Aristotele era fasulla!...e tanto valeva per la cosmologia tolemaico/aristotelica! Galileo, nelle sue ricerche e sperimentazioni, perseguì un suo metodo che poi ha esplicato e giustificato come universale. Esso fu la base del metodo della scienza per cui Galileo stesso è definito e celebrato come il padre della scienza moderna. Soprattutto a Galileo importava che le risultanze e le elucubrazioni “filosofiche” concernenti i fenomeni dell’universo fossero frutto garantito di sperimentazione (almeno di percezione strumentale) ed esplicati matematicamente. Galileo concordava con Bacone che, come filosofo della natura, sosteneva le stesse cose, ma mentre Bacone, in relazione al “metodo”, si attardava (giustamente del resto) a polemizzare con Aristotele circa la questione della induzione/deduzione, Galileo, essendo un matematico, intuì l’esigenza prevalente della sperimentazione e della matematizzazione...ed ebbe ragione. La cosa, da allora, si è rivelata della massima efficacia e garanzia in specie per i fenomeni intrinseci dell’universo: scienza di primo livello. La risultanza matematica esclude automaticamnte la possibile influenza pregiudiziale del ricercatore/sperimentatore. Che poi si attui comunque una interazione di ordine metafisico…certamente la scienza non lo mette in conto. Citazione:
Che poi non siamo in filosofia ove è effettivamente vero che il soggetto elucubrante è tutto: unica garanzia che può offrire, oltre al proprio intelletto, capacità intuitiva e cultura del passato, è la sua abilità dialettica con logicismi, paradossi, non contraddizione ecc… Niente di dimostrabile comunque! Tuttavia anche nella ricerca scientifica, il pericolo che il ricercatore introduca del suo (pregiudizi ideologici, preferenze, sentimenti, ecc…) esiste senz’altro, ma non è che la strategia del metodo se ne dimentichi, anzi il neutralizzare l’influenza del ricercatore (del team di ricerca) è implicito nel metodo stesso:….infatti è proprio per questo che fin da Galileo si è resa necessaria la sperimentazione e la matematizzazione…ed oggi, sempre più, i controlli incrociati fra le migliaia di laboratori del pianeta per mezzo della rete Internet. Con Galileo, la filosofia naturale, così come Galileo continuava a chiamare la scienza ai suoi primi vagiti, si fa da “qualitativa” a “quantitativa” e diventa, appunto, scienza. La grande intuizione di Galileo, forse anche non corrispondente al vero, ma che ci ha comunque portati fuori dal pantano aristotelico in cui il sapere umano circa l’universo era rimasto invischiato per 1500 anni…è quella che presento di seguito come pensiero che Galileo: “Dio, nelle sua immensa bontà, ha creato l’universo su basi matematiche proprio perche noi, che comprendiamo la matematica, lo possiamo capire!...quindi non ci resta altro da fare che cercare le modalità matematiche per esprimere e rappresentare ciò che via via disveliamo del mondo e dell’universo.” La cosa è valida anche oggi: forse non tutti gli scienziati credono e fidano nella bontà di Dio, ma che l’universo sia matematico lo credono! Citazione:
Tuttavia, per lo più, noi osserviamo particolari fenomeni dell’universo e li rappresentiamo matematicamente con successo: sappiamo che non tutto l’universo è rappresentato…molto resta ancora da disvelare…ed è per questo che la ricerca continua…supponendo appunto che l’universo sia in linea (per estrapolazione) con quanto andiamo cercando e disvelando…fino ad ora! Il “fino ad ora” significa che sappiamo, tuttavia, che molte rivoluzioni del pensiero e del conoscere sono avvenute in passato, alcune sono oggi in corso, e che, certamente ancora altre ne avverranno in futuro…appunto per effetto, suppongo, della stessa ricerca scientifica: quindi l'enunciato vero oggi ...puo' non essere più vero, o completmente vero, domani...o fra 10 o 100 anni ecc... ...ma è questo il modo di avanzare del sapere scientifico...un sapere fisso e costantemente vero non esiste per la scienza! Poichè tutto quanto ci circonda, quanto a manufatti e strumentazione, è un derivato efficace delle ipotesi della scienza e della esplicazione matematica, mi chiedo e chiedo perché dovremmo abbandonare e aderire ad altri paradigmi che, dopo tutto, nemmeno, sappiamo quali?...Se non paradigmi di una fenomenologia utopica che nemmeno ha avuto successo in passato? Dopo tutto lo scopo della scienza non è quello di cercare una astratta verità nascosta e sfuggente, ma una utile, pragmatica rappresentazione della realtà dell’universo da cui trarre le nostre tecnologie. Citazione:
Noi, invece dipendiamo dall’universo: anzi è l’universo…l’ambiente in cui ci troviamo dai primordi, che ci ha creati e ci ha portati evolutivamente ad essere ciò che siamo…per quanto niente di noi, della nostra coscienza, sia disperso per l’universo…sia che siamo in vita sia che non lo siamo. Citazione:
Comunque ritengo che la strategia del pensiero scientifico sia essenzialmente pragmatica: le ipotesi da perseguire come vere sono quelle che portano al successo…ed il successo è la conformità alla realtà dell’universo che l’intuizione, la ricerca e l’applicazione, vanno continuante disvelando come previsto, pensato, ipotizzato e quindi anche sperimentato e matematizzato: il ricercatore resta sempre autore, ma solo come spettatore inerte della sperimentazione e matematizzazione. Ovviamente non tutte le ipotesi sono giuste…quelle che danno luogo a sperimentazioni negative e incongruenti...non servono…sono deleterie come deleterio sarebbe pensare che ciò che la scienza disvela sia solamente immaginario e illusorio…pallida e inefficace rappresentazione d’una realtà superiore ma ignota: una tale realtà sarebbbe decisamente inutile..quindi esclusa...per ora...a meno che non si evidenzi un qualche indizio. Per quanto, per assurdo, se l’illusione noumenica ci portasse al successo, a costruire più efficacemente ponti sullo stretto, grattacieli, ciclotroni, navi spaziali, ecc……perché escluderla? Ma così non è!...Infatti, proprio la sperimentazione e la matematizzazione ci garantiscono che così non è…al momento! |
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02-04-2013, 22.26.03 | #280 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?
Citazione:
Non mi è chiaro come il trascendentalismo non risolva il problema dell'intersoggettività. A mio parere non sostiene che l'unico soggetto esistente è il mio io, ma che l'unico soggetto che la mia mente può comprendere come soggetto è il mio io. E c'è una bella differenza, poichè non nega l'esistenza di altri io, anzi secondo me la presuppone come necessaria perchè appartenenti alla stessa natura del mio io. Ossia l'io non è concepito come un fatto isolato, ma come l'unica possibile fonte della certezza della realtà. |
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