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Vecchio 03-01-2013, 04.50.54   #111
acquario69
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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ma se io sono composto degli stessi elementi dell'universo (uni-verso/verso l'uno) e se dunque tutto fa parte del tutto perche dovrei avere la presunzione di ritenermi un entita separata?!
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Vecchio 03-01-2013, 09.17.35   #112
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Originalmente inviato da Giorgiosan
RLM l'ha colta formalmente, allo stesso modo che si distingue mente da cervello, anima da corpo, spirito da materia ed è estremamente significativo che una scienziata di tale livello e neurologa abbia fatto tale distinzione dando una dimensione ontologica alla mente.
Non si è neppure sognata di indagare scientificamente "dove finisse il cervello e dove cominciasse la mente".
Senza nulla togliere alla perspicacia e alla potenza del pensiero di Cartesio è ingenuo dire:
Articolo 31.
C'è nel cervello una piccola ghiandola in cui l'anima esercita le sue funzioni più specificamente che non nelle altre parti.
Occorre pur sapere che, per quanto l'anima sia congiunta a tutto il corpo, c'è tuttavia in questo qualche parte in cui essa esercita le sue funzioni in modo più specifico che in tutte le altre; e si crede comunemente che tale parte sia il cervello, o forse il cuore: il cervello, perché con esso sono collegati gli organi di senso; il cuore perché ci sembra di sentire in esso le passioni. Ma esaminando la cosa con cura, mi sembra di aver stabilito con evidenza che la parte del corpo in cui l'anima esercita immediatamente le sue funzioni non è affatto il cuore, e nemmeno tutto il cervello, ma solo la parte più interna di esso, che è una certa ghiandola molto piccola, situata in mezzo alla sua sostanza, e sospesa sopra il condotto attraverso cui gli spiriti delle cavità anteriori comunicano con quelli delle posteriori, in modo tale che i suoi più lievi movimenti possono mutare molto il corso degli spiriti, mentre inversamente, i minimi mutamenti nel corso degli spiriti possono portare grandi cambiamenti nei movimenti di questa ghiandola.
Articolo 32.
Come si vede che questa ghiandola è la principale sede dell'anima.
Mi sono convinto che l'anima non può avere in tutto il corpo altra localizzazione all'infuori di questa ghiandola, in cui esercita immediatamente le sue funzioni, perché ho osservato che tutte le altre parti del nostro cervello sono doppie, a quel modo stesso che abbiamo due occhi, due mani, due orecchi, come, infine, sono doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni. Ora, poiché abbiamo d'una cosa, in un certo momento, un solo e semplice pensiero, bisogna di necessità che ci sia qualche luogo in cui le due immagini provenienti dai due occhi, o altre duplici impressioni provenienti dallo stesso oggetto attraverso gli organi duplici degli altri sensi, si possano unificare prima di giungere all'anima, in modo che non le siano rappresentati due oggetti invece di uno: e si può agevolmente concepire che queste immagini, o altre impressioni, si riuniscano in questa ghiandola per mezzo degli spiriti che riempiono le cavità del cervello; non c'è infatti nessun altro luogo del corpo dove esse possano esser così riunite, se la riunione non è avvenuta in questa ghiandola.
R. Descartes, Le passioni dell'anima

RLM non avrebbe mai potuto ricercare la frontiera fra corpo ed anima, cervello e mente, non avrebbe potuto essere tanto ingenua. Ho usato il vocabolo frontiera perché è una linea netta di demarcazione.

Credo che nessuno cercherà più di individuarla, filosofo o scienziato che sia.
La ghiandola pineale non è l'unica ingenuità della metafisica di Cartesio, ci sono anche la negazione dell'esistenza del vuoto, l'affermazione dell'esistenza dell'etere e la teoria dei vortici.
La suddivisione della realtà nei due mondi della materia e del pensiero come entità separate rende più agevole il progresso della conoscenza, se non fosse avvenuta questa separazione probabilmente il metodo sperimentale scientifico avrebbe dovuto continuamente subire gli intralci dei pregiudizi metafisici, come nel caso di Galilei costretto ad abiurare da chi negava l'evidenza dei fatti fisici basandosi su presupposti metafisici derivati dalle sacre scritture.
Rimane il problema di spiegare come queste due diverse realtà possano interagire, Cartesio ha tirato in ballo la ghiandola pineale.
Ovvio che scientificamente non si può distinguere il limite fra corpo e anima, per la scienza non esiste l'anima anzi come disse Pavlov per la scienza l'anima è solo un intralcio in quanto scientificamente indefinibile. Del resto in che modo si misura l'anima? In secondi? In metri? In chilogrammi? In quanti? In particelle?
Se non mi sbaglio troppo il concetto di anima è stato introdotto da Socrate e poi esplicitato da Platone. Sempre se non mi sbaglio troppo per Socrate l'anima era intesa più che altro come coscienza, questo dovrebbe essere il senso del 'sapere di non sapere', ossia non parlare di cose di cui non si è realmente consapevoli. Infatti Socrate non fornisce una precisa destinazione all'anima dopo la morte: 'la morte o è una vita migliore o è un sonno senza sogni'.
Invece Platone ha dato una sua metafisica dell'anima col mondo delle idee, dove in pratica la materia viene svalutata e subordinata al mondo delle idee che rappresenta l'anima. La materia per Platone non è creata ma rappresenta il disordine, la rozzezza, i sensi ingannano, solo il Demiurgo può mettere ordine nelle cose vivificando la materia attraverso un'anima che conosce quando ricorda il precedente stato di perfezione.
E questa subordinazione della materia all'anima attraverso il Cristianesimo ha poi influenzato il nostro modo di pensare: ciò che viene dal corpo e dalla materia è vile e meschino, ciò che viene dall'anima è puro e divino.
La conoscenza credo abbia tratto enorme giovamento separando queste due categorie. Io lascerei da parte ghiandola pineale e Demiurgo che servirebbero ad unire queste due categorie, anche perchè preferisco parlare di coscienza che a differenza dell' anima non implica incerti significati metafisici.
Preferisco procedere parallelamente, non sta a me dirimere il mistero di questa relazione, trovo più agevole esaminare separatamente tanto l'una quanto l'altra realtà. Invece di dirimere la questione è meglio affidarsi alla ragione, seguendo essa non c'è pericolo di confondersi fra ciò che è nella sfera della materia e quello che invece appartiene a quella della coscienza. Tanto più un uomo diventa razionale è tanto più queste due realtà evitano di entrare in conflitto. La ragione (virtù) basta a se stessa, non ha bisogno di promesse metafisiche.
Sbaglierò ma per me la Levi Montalcini è stata con quella frase un perfetto esempio di stoicismo.
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Vecchio 03-01-2013, 09.23.16   #113
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ CVC
No, non direi che i termini "campo di senso" e "coscienza" abbiano identico significato, tutt'altro.
Io credo che il termine "coscienza" indichi un qualcosa di interno all'"io"; una relazione intrinseca all'uomo
in quanto individuo (direi persino con accenni piuttosto espliciti alla spiritualità; all'anima).
Il "campo di senso" ha tutt'altro significato, ed esso coincide con quello che in semiotica viene chiamato
"segno linguistico", o "segno" senza specificazione alcuna.
Tanto per fare un esempio e restare nell'ambito del nostro discorso, quella che entro un campo di senso (nota
che questa definizione è uscita fuori nell'ambito della discussione sul Nuovo Realismo, ed appartiene al filosofo
tedesco Markus Gabriel - personalmente preferisco la declinazione semiotica, ma mi par di capire che le due
coincidono) viene chiamata "luna", in un altro campo di senso viene chiamata "oggetto".
Dunque la questione non è soggettiva, come il termine "coscienza" sembrerebbe suggerire, ma riguarda quella
che in certi ambiti (cioè in certi campi di senso; in certi segni) viene definita "cultura" (più corretto
sarebbe parlare di "insiemi").
Tanto per fare un altro esempio (in realtà la cosa è di elementare comprensione): se per la cultura islamica
l'infibulazione è pratica non solo lecita, ma addirittura morale, non così è per la nostra.
Naturalmente la cosa non può fermarsi qui, a queste elementari e banali considerazioni. Perchè una volta
ammessa la "realtà" del campo di senso (posso chiamarlo anche, heideggerianamente, "esserci") si apre tutto
il discorso sul "fatto"; che altro non è se non il discorso sulla "verità" (sarebbe interessante analizzare come
un grande semiologo come Umberto Eco definisce la verità - lo farò in un apposito post).
ciao
Io credo che ci stiamo complicando di molto le cose. Eravamo partiti dal cercare di determinare se la luna è o non è un fatto oggettivo indipendentemente che la si guardi o no. Lasciamo perdere per un attimo i pareri dei grandi intellettuali, cerchiamo di ragionare con la nostra testa, il principio del terzo escluso deve essere sufficiente per dirimere la questione. Se la luna è un fatto oggettivo allora lo è indipendentemente che la si guardi o meno. Se non lo è allora deve essere un fatto interpretativo.
Ma poichè la luna ha una precisa ubicazione spazio temporale il fatto che noi la interpretiamo ha una rilevanza secondaria.
Non mi soddisfa il concetto di campo di senso perchè noi non percepiamo solamente, ma pensiamo anche di percepire nel tempo stesso in cui percepiamo. C'è quel 'io penso' che si infila più o meno occultamente in ogni nostro pensiero e che non è, credo, un fatto puramente sensoriale. Quando un individuo si organizza muta il suo modo di percepire, e questo suo organizzarsi è un qualcosa che va oltre il semplice sentire. Quindi per come la vedo io il campo di senso è
A un qualcosa in continuo mutamento
B un qualcosa che contribuiamo a crearci noi stessi

Concludendo, la luna è un fatto oggettivo, il nostro campo di senso non è un fatto oggettivo, l'avere un campo di senso invece è un fatto oggettivo
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Vecchio 03-01-2013, 12.10.57   #114
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

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Originalmente inviato da acquario69
Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

ma se io sono composto degli stessi elementi dell'universo (uni-verso/verso l'uno) e se dunque tutto fa parte del tutto perche dovrei avere la presunzione di ritenermi un entita separata?!
Infatti ci si riferisce sempre ad un tutto, l'insieme universo (U), ma quel tutto cambia sempre di volta in volta e non rimane sempre lo stesso.
Se io sto parlando di pere, mele e cigliege, allora l'universo cui mi riferisco è quello della frutta o, più in generale, del cibo. Se parlo di auto, moto, treni, l'universo è quello dei mezzi di trasporto.
Se parlo di pensieri, idee, sentimenti, l'universo è la coscienza. Se parlo di fenomeni, materia, energia, l'universo è il mondo fisico. Godel ha dimostrato che parlare di un insieme che sia l'insieme di tutti gli insiemi non ha senso.
Ciononostante si continua a credere nella possibilità di una teoria del tutto.

Il fatto stesso di rivendicare la propria identità è un atto di guerra contro ciò che è non-io, finchè si rimane nell'indistinto non c'è guerra ma nemmeno identità. Avere un'identità significa avere una volontà, ed avendo una volontà ci si scontra per forza contro chi necessariamente si oppone alla nostra volontà. Solo con la ragione si possono conciliare io e mondo in questa guerra cui siamo immersi a causa del fatto di avere una volontà.
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Vecchio 03-01-2013, 14.03.40   #115
Giorgiosan
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Frammento il tuo post per mia comodità.
Citazione:
Originalmente inviato da CVC
La ghiandola pineale non è l'unica ingenuità della metafisica di Cartesio, ci sono anche la negazione dell'esistenza del vuoto, l'affermazione dell'esistenza dell'etere e la teoria dei vortici.

Ghiandola pineale è emblematica di tutte le ingenuità anatomiche e fisiche di Cartesio, che non costituiscono ingenuità metafisiche, perché non riguardano la sua metafisica. Al contrario a Cartesio è riconosciuta la paternità della moderna metafisica, stesso titolo per la filosofia. Egli traccia una nuova partenza per il pensiero metafisico, abbandona quella tracciata dalla metafisica cristiana che si fondava sui grandi metafisici greci.

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Ovvio che scientificamente non si può distinguere il limite fra corpo e anima, per la scienza non esiste l'anima anzi come disse Pavlov per la scienza l'anima è solo un intralcio in quanto scientificamente indefinibile. Del resto in che modo si misura l'anima? In secondi? In metri? In chilogrammi? In quanti? In particelle?
Per Pavlov e per il suo fallimentare programma, l'anima e con essa lo spirito non esistono. Il suo orizzonte è dimezzato come quello di coloro che, ironicamente o meno, si domandano in che modi si misura l'anima e trovano che col metro da muratore non la si misura.
Per questi è assurdo porsi la domanda riguardo alla frontiera fra spirito e materia. Per coloro, coma la Montalcini, che credono in qualche modo ad una sussistenza della mente il porsi la domanda della frontiera, da un punto di vista scientifico è domanda impraticabile. In questo consistette l'ingenuità di Cartesio nel quale, forse, prese il sopravvento per un momento la mentalità scientifica.
Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Se non mi sbaglio troppo il concetto di anima è stato introdotto da Socrate e poi esplicitato da Platone. Sempre se non mi sbaglio troppo per Socrate l'anima era intesa più che altro come coscienza, questo dovrebbe essere il senso del 'sapere di non sapere', ossia non parlare di cose di cui non si è realmente consapevoli. Infatti Socrate non fornisce una precisa destinazione all'anima dopo la morte: 'la morte o è una vita migliore o è un sonno senza sogni'.
Invece Platone ha dato una sua metafisica dell'anima col mondo delle idee, dove in pratica la materia viene svalutata e subordinata al mondo delle idee che rappresenta l'anima. La materia per Platone non è creata ma rappresenta il disordine, la rozzezza, i sensi ingannano, solo il Demiurgo può mettere ordine nelle cose vivificando la materia attraverso un'anima che conosce quando ricorda il precedente stato di perfezione.
E questa subordinazione della materia all'anima attraverso il Cristianesimo ha poi influenzato il nostro modo di pensare: ciò che viene dal corpo e dalla materia è vile e meschino, ciò che viene dall'anima è puro e divino.
La conoscenza credo abbia tratto enorme giovamento separando queste due categorie. Io lascerei da parte ghiandola pineale e Demiurgo che servirebbero ad unire queste due categorie, anche perché preferisco parlare di coscienza che a differenza dell' anima non implica incerti significati metafisici.
Preferisco procedere parallelamente, non sta a me dirimere il mistero di questa relazione, trovo più agevole esaminare separatamente tanto l'una quanto l'altra realtà. Invece di dirimere la questione è meglio affidarsi alla ragione, seguendo essa non c'è pericolo di confondersi fra ciò che è nella sfera della materia e quello che invece appartiene a quella della coscienza. Tanto più un uomo diventa razionale è tanto più queste due realtà evitano di entrare in conflitto. La ragione (virtù) basta a se stessa, non ha bisogno di promesse metafisiche.

Se ho afferrato bene il senso generale di questo discorso sono d'accordo con te.
Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Sbaglierò ma per me la Levi Montalcini è stata con quella frase un perfetto esempio di stoicismo.
Questo è senz'altro molto probabile anche se a dir la verità non ci ho riflettuto.

Ultima modifica di Giorgiosan : 03-01-2013 alle ore 18.48.53.
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Vecchio 03-01-2013, 17.09.34   #116
Giorgiosan
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Il campo è un luogo fisico o figurato in cui compare l’oggetto d’indagine e con il quale l’ambiente totale in cui l’oggetto si presenta costituisce una totalità di fenomeni coesistenti che interagiscono.

Che le parole non siano isolate nella mente di chi parla o scrive ma raggruppate in campi, al cui interno ciascuna parola è legata semanticamente (per il significato) alle altre, mi sembra chiaro o perlomeno intuitivo.

Ogni campo è costituito dalle relazioni semantiche tra parole. Il valore semantico è il significato.
Nessuna parola significa qualcosa, indipendentemente dalla rete di relazioni che ha con gli altri elementi del campo.

Ogni essere pensante essendo calato nella storia e nell’esistenza (esperienze mai coincidenti) raggruppa le relazioni semantiche in modo personale, tuttavia questi costrutti personali non sono mai di fatto costrutti psicologici del tutto soggettivi ma sono condivisi o del tutto (quasi mai), o certamente in parte, dalla collettività dei parlanti e degli ascoltatori.

Per valore semantico, personalmente, intendo il significato e nulla di più.

Per campo di consapevolezza si intende l’insieme dei contenuti di coscienza che una persona possiede in un certo momento.

Ora mi sembra che in vari post sia stata condivisa l’esigenza di chiarire i termini e anche a me sembra necessario perché se i significati non sono condivisi o sono condivisi in misura minima, allora quel campo di senso nel quale abitano coloro che dialogano non è lo stesso e la inter-comunicazione risulta “babilonica”.

Sia chiaro che non intendo imporre queste definizioni, né che non le possa sostituire con altre che riterrò più chiare e perspicaci.

Ognuno dovrebbe specificare cosa intende quando utilizza (campo di ) senso, coscienza, ecc. ecc.

La linguistica è ormai un campo sterminato e non credo che ci si possa entrare facilmente … o approssimativamente, per me è così.

Ultima modifica di Giorgiosan : 03-01-2013 alle ore 22.58.44.
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Vecchio 03-01-2013, 17.51.04   #117
ulysse
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Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Ulysse
Però, come dire...gradirei che all'ammissione mia di una possibile totale irrilevanza della filosofia corrispondesse
un atteggiamento, da parte tua, meno pieno di certezze, e questo perchè Einstein (non dico dunque né Kant né Hegel...) avrebbe dovuto insegnarti la "relatività" delle cose.
Amico Mauro, se mi permetti, non nego affatto la relatività delle cose…del tempo, dello spazio e del moto: la relatività di Einstein è legata alla velocità della luce in relazione a tali entità, ma noi qui parliamo di un fenomeno sub luminale quale è un satellite orbitante intorno alla terra: che esso esista è un fatto lampante…come per tutto l’universo del resto…anche quando non lo osservassimo direttamente.

Scientificamente dovrei dimostrare una tale esistenza, Ma credo sia sufficiente (oltre al calcolo) la rilevazione strumentale e sensoriale…che è certo prevalente su complesse elucubrazioni dialettiche...prive di concreto riferimento.

Lo stesso Bacone, fondatore, con Galileo, della metodologia scientifica, accusò di ciarlatanesimo quei filosofi e teologi che non si attenessero alle esplicazioni della scienza….,ma forse esagerava.
Comunque anche noi non dovremmo esagerare con fantastiche iperboli anche se appassionano: in fondo basta attenersi ad un semplice “Principio di Cautela” che dovrebbe sempre guidarci: scelgo il probabilmente possibile quando il probabile impossibile non porta da nessuna parte!

Quanto alla “relatività” delle affermazioni pensavo fosse la filosofia a perseguire le “intrinseche essenze” e le “assolute verità”…ma che, più recentemente, sembra giocare a rimpiattino con la luna.

Per la scienza la verità manco esiste: solo contingenti realtà esistono..sia che esse durino un giorno che mille anni: è solo questione di ricerca, intuito, pensiero laterale ed anche di investimenti: chi più dispone più lontano arriva.

Per i miei discorsi in relazione a leggi, teorie e trovati, oggi in auge, interpretanti l’universo, ho sempre affermato più volte, ed è idea generalmente accettata, che si tratta di ipotesi di lavoro valide finchè non si dimostrerà il contrario: uno dei compiti della ricerca è appunto questo: invalidare le teorie correnti…ma dimostrando con metodo scientifico, non con fantasiose abilità dialettiche.

Una tale modalità concorrenziale è estremamente innovante e incentivante verso il futuro, contrariamente alla filosofia che sempre cita i filosofi del passato.
Mi viene spontanea una espressione consuntivante: la fisica scrive il libro del futuro, la filosofia intanto, continua a chiosare il libro del passato.

In conseguenza Stephen Hawking afferma che oramai la torcia del sapere è passata di mano…dalla filosofia alla scienza…non se ne lamentino i filosofi!

D’altra parte, non porrei a contrasto filosofia e scienza: pur con metodi diversi le due discipline perseguono (o dovrebbero perseguire) lo stesso sapere: alla fine le risultanze relative alla medesima entità (medesimo campo di senso) non possono contrastare: la verità non può contraddire la verità…disse un vecchio Papa.
Citazione:
Quanto al "buon senso logico", agli "usuali e correnti paradigmi che la nostra cultura riconosce", dai quali affermi di non volerti discostare, ti ricordo che la scienza non sarebbe "divenuta" di un passo se avesse perseguito il tuo stesso atteggiamento (pensa solo al cruciale periodo del 1600).
Insomma: se Galileo fosse stato agli "usuali e correnti paradigmi che la nostra cultura riconosce" avrebbe senz'altro avuto molti meno problemucci "pratici"...
Ho solo voluto puntualizzare (del resto è logico) che per scostarsi troppo dai paradigmi correnti della scienza occorrono buone carte (dimostrazioni)….di cui la fisica galileiana dispone e tiene conto…la filosofia immaterialista no!
Citazione:
se si fosse attenuto al "buon senso logico" avrebbe
sostenuto che la terra sta ferma (senza divagare su Copernico, che è in questo discorso irrilevante).
Come per tutto si tratta di interpretare con equilibrio!
Che la terra fosse il centro piuttosto che il sole non era questione di buon senso logico…era solo una scelta dogmatica!
Infatti già Aristarco da Samo (310/230 a.c.) ipotizzava un sistema eliocentrico (!)...e fu comdannato per empietà!!!
Comunque, del resto, nemmeno il sole è il centro fisso.

Rivendico che, a quei tempi, pur con pericolo di rogo, tenevo per di Galileo!

In realtà era stato Copernico a rivendicare, nel suo libro “De Revolutionibus orbium coelestium”, l’ipotesi del “sistema eliocentrico” piuttosto che “geocentrico”.
Galileo si limitò a concordare e a dare il supporto strumentale del cannocchiale.

Fu comunque condannato nel famoso processo e costretto all’abiura: nessuno si preoccupò di guardare nel cannocchiale!

E’ questa la differenza fra filosofia e scienza: i filosofi pensano di non dover gurdare nel cannocchiale e dalle loro elucubrazioni, insieme con cose eccelse, possono uscire le affermazioni più strampalate…in specie se trattano di Universo!...di fisica, cosmologia, ecc...
Citazione:
Il problema, ti ripeto, non è di stabilire se un "oggetto" come quello che chiamiamo "luna" ex-sista (cioè stia fuori dal soggetto che la osserva). Anche per me ex-siste, visto che anch'io sono lontano anni luce da posizioni come quella di Berkeley.
Il problema "per me" è quello di inquadrare questo oggetto che chiamiamo
"luna" in un discorso filosofico, cioè un discorso che ambisce (illusoriamente?) ad uscire dai buon sensi logici e dagli usuali e correnti paradigmi. Se "per te" questo non è un problema non fa nulla; ognuno abbiamo diverse passioni ed interessi (in realtà non vi è, nei nostri discorsi, nessuna contrapposizione).
Infatti non è un problema: il dannato oggetto orbita per i fatti suoi sia che lo si osservi che non lo si osservi…e credo che poco a che fare abbia con la filosofia..
Io solo lo faccio per te e per esercizio dialettico: cerco di chiarire che, oggettivamente, l’osservare nostro non c’entra, ma se per te il problema/non problema è questione affettivo-emozionale fai pure.
Citazione:
Non mi dire però che la nostra interpretazione è relativa e riguarda solo chi interpreta, mentre il reale universo là fuori non ne è toccato. Perchè con una tale affermazione commetti un gravissimo errore di prospettiva.
E non parlo di una prospettiva filosofica o umanistica, ma scientifica.
Errore di prospettiva...non saprei!?
Veramente con l’espressione “Universo là fuori” intendo il vero universo reale di cui anche facciamo parte, ma non ancora interpretato e che solo in parte conosciamo.
Insomma c’è, un universo là fuori come "fatto in sè" oltre noi e indipendentemente da noi.
Da esso, magari, il nostro io trae anche cognizione e sensazione: senza universo il nostro io non esisterebbe …mentre, senza il nostro io, l’universo, con luna stelle e tutto il contorno che gli è proprio, esisterebbe benissimo.

L’Universo là fuori e l'oggetto di studio e ricerca della scienza che per esplicarlo elabora teorie, interpretazioni, leggi, sperimentazioni, ecc…
Quindi una cosa è l’universo là fuori, per ora, in parte, sconosciuto, altra cosa è l’universo nostro che la scienza interpreta e ci mostra e di cui noi stessi abbiano il modello in coscienza…non quale è, ovviamente, ma quale, per il momento, crediamo che sia…certamente anche l’un modello diverso dall’altro...pur entro certo range.

I nostri discorsi, argomentazioni leggi e teorie non possono, ovviamente influenzare l’universo là fuori (il macro-universo) che è, appunto, fuori della nostra portata, ma possono influenzare solo l’interpretazione che di esso facciamo (il nostro modello) o che ne fa la scienza che sempre più si sforza di rendere l’interpretazione conforme e sovrapponibile all’universo vero e reale là fuori…su cui appunto non possiamo influire.

Per quanto, in relazione al microuniverso (le sub particelle) sembra che qualcosa si possa fare…osservando o non osservando: interviene una questione statistica!?
…infatti il latte, se lo guardi ...non bolle mai…sembra!!!!
Forse è questo che ti induce in confusione…comunque resta che la luna (la macro-luna) non scompare!
Citazione:
Se, infatti, per la fisica detta "classica" le leggi sono sempre le stesse in ogni sistema di riferimento, nella fisica einsteiniana non è così, perchè esse dipendono dal sistema di riferimento scelto (viene fatto un esempio piuttosto comune, che è quello della relatività dello spazio e del tempo in riferimento a due osservatori che si muovono a velocità diverse).
Ma, invero, la Relatività di Einstein dice il contrario!
Le leggi della fisica, infatti, sono sempre le stesse (universali) qualunque sia il "relativo" sistema di riferimento:
è appunto questa la relatività!

Citazione:
Questo può solo voler dire che l'interpretazione non riguarda solo CHI interpreta, ma riguarda anche l'oggetto interpretato (quello che definisci "universo là fuori" ne è toccato eccome, visto che è "relativo" a chi interpreta).
La consequenzialità non esiste e non solo per questo scambio della fisica classica con la Relatività.
Ma non sarebbe questo il punto.

Per “Universo là fuori” s’intende l’universo vero, ancora non “pensato”, al di fuori di ogni interpretazione e campo di senso e di cui “vediamo” e “sentiamo” la luna, il sole, la terra... (e non solo)… far parte.

Se mai può mutare l’interpretazione con l’avanzare della ricerca scintifica…ma la luna non può mutare o scomparire quando guardiamo altrove…purchè non impatti in un meteorite abbastanza grosso …ed allora anche per noi sarebbe uno sconquasso!
ulysse is offline  
Vecchio 04-01-2013, 00.03.57   #118
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Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Io credo che ci stiamo complicando di molto le cose. Eravamo partiti dal cercare di determinare se la luna è o non è un fatto oggettivo indipendentemente che la si guardi o no. Lasciamo perdere per un attimo i pareri dei grandi intellettuali, cerchiamo di ragionare con la nostra testa, il principio del terzo escluso deve essere sufficiente per dirimere la questione. Se la luna è un fatto oggettivo allora lo è indipendentemente che la si guardi o meno. Se non lo è allora deve essere un fatto interpretativo.
Ma poichè la luna ha una precisa ubicazione spazio temporale il fatto che noi la interpretiamo ha una rilevanza secondaria.
Non mi soddisfa il concetto di campo di senso perchè noi non percepiamo solamente, ma pensiamo anche di percepire nel tempo stesso in cui percepiamo. C'è quel 'io penso' che si infila più o meno occultamente in ogni nostro pensiero e che non è, credo, un fatto puramente sensoriale. Quando un individuo si organizza muta il suo modo di percepire, e questo suo organizzarsi è un qualcosa che va oltre il semplice sentire. Quindi per come la vedo io il campo di senso è
A un qualcosa in continuo mutamento
B un qualcosa che contribuiamo a crearci noi stessi

Concludendo, la luna è un fatto oggettivo, il nostro campo di senso non è un fatto oggettivo, l'avere un campo di senso invece è un fatto oggettivo
@ CVC
L'oggetto che all'interno del segno linguistico (o campo di senso) italiano viene chiamato "luna" ex-siste.
E perciò ex-siste sia quando la guardiamo sia quando non la guardiamo.
Esso non ha una precisa ubicazione spazio-temporale, perchè l'ubicazione spazio-temporale dipende dal sistema
di riferimento scelto (o "interpretante", detto in termini semiotici piuttosto che fisici).
Tale dipendenza non trovo sia un elemento secondario, perchè se da un lato nulla toglie alla ex-sistentia dell'
oggetto, dall'altro molto incide sulla sua conoscenza (credo che qui, in questo preciso "punto" del discorso,
molto avremmo da dire circa i concetti di "noumeno" e di "fenomeno").
Per ciò che riguarda il "campo di senso" (cui, ripeto, preferisco "segno", perchè per quel che mi riguarda
è termine filosoficamente più proficuo e specifico), esso è una estensione di quel concetto di "campo" di cui
parlano la fisica e la psicologia (in fisica è la distribuzione di una condizione prevalente, mentre in
psicologia è la totalità degli eventi possibili).
L'"io penso" non solo si infila "più o meno occultamente in ogni nostro pensiero"; ma, essendo l'origine dell'
appercezione, rappresenta chiaramente e manifestamente la necessaria condizione di tutto ciò che possiamo pensare
(d'altronde non penso che l'"io penso" sia in contraddizione con il campo di senso, visto che il campo di senso,
come il segno, può teoricamente ridursi ad un solo soggetto come abbracciare ogni soggetto).
E dunque concludendo (anch'io...): la luna non è un fatto oggettivo; tu pensi lo sia, e quindi è un fatto
oggettivo all'interno del tuo campo di senso (non solo del tuo, ovviamente, ma di tutti coloro che pensano
che la luna sia un fatto oggettivo, visto che la condizione prevalente, in questo campo di senso, è pensare
che la luna sia un fatto oggettivo).
ciao
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Vecchio 04-01-2013, 00.11.59   #119
0xdeadbeef
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Originalmente inviato da Giorgiosan
Il campo è un luogo fisico o figurato in cui compare l’oggetto d’indagine e con il quale l’ambiente totale in cui l’oggetto si presenta costituisce una totalità di fenomeni coesistenti che interagiscono.

Che le parole non siano isolate nella mente di chi parla o scrive ma raggruppate in campi, al cui interno ciascuna parola è legata semanticamente (per il significato) alle altre, mi sembra chiaro o perlomeno intuitivo.

Ogni campo è costituito dalle relazioni semantiche tra parole. Il valore semantico è il significato.
Nessuna parola significa qualcosa, indipendentemente dalla rete di relazioni che ha con gli altri elementi del campo.

Ogni essere pensante essendo calato nella storia e nell’esistenza (esperienze mai coincidenti) raggruppa le relazioni semantiche in modo personale, tuttavia questi costrutti personali non sono mai di fatto costrutti psicologici del tutto soggettivi ma sono condivisi o del tutto (quasi mai), o certamente in parte, dalla collettività dei parlanti e degli ascoltatori.

Per valore semantico, personalmente, intendo il significato e nulla di più.

Per campo di consapevolezza si intende l’insieme dei contenuti di coscienza che una persona possiede in un certo momento.

Ora mi sembra che in vari post sia stata condivisa l’esigenza di chiarire i termini e anche a me sembra necessario perché se i significati non sono condivisi o sono condivisi in misura minima, allora quel campo di senso nel quale abitano coloro che dialogano non è lo stesso e la inter-comunicazione risulta “babilonica”.

Sia chiaro che non intendo imporre queste definizioni, né che non le possa sostituire con altre che riterrò più chiare e perspicaci.

Ognuno dovrebbe specificare cosa intende quando utilizza (campo di ) senso, coscienza, ecc. ecc.

La linguistica è ormai un campo sterminato e non credo che ci si possa entrare facilmente … o approssimativamente, per me è così.
@ Giorgiosan
Come potrei non essere d'accordo?
Però, qualche volta, può sfuggire di specificare qualcosa; non credo sia questo gran problema: basta chiedere un chiarimento (esattamente come hai fatto tu su quella che ho erroneamente definito "trascendentalità").
Non credo, d'altronde, sia molto proficuo mettersi a specificare ogni termine (personalmente faccio un uso esagerato delle virgolette proprio per dare ad intendere che dovrei specificare l'esatto significato del termine).
ciao
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Vecchio 04-01-2013, 07.23.21   #120
CVC
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Riferimento: Esiste qualcosa al di fuori dell'io?

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Frammento il tuo post per mia comodità.


Ghiandola pineale è emblematica di tutte le ingenuità anatomiche e fisiche di Cartesio, che non costituiscono ingenuità metafisiche, perché non riguardano la sua metafisica. Al contrario a Cartesio è riconosciuta la paternità della moderna metafisica, stesso titolo per la filosofia. Egli traccia una nuova partenza per il pensiero metafisico, abbandona quella tracciata dalla metafisica cristiana che si fondava sui grandi metafisici greci.


Per Pavlov e per il suo fallimentare programma, l'anima e con essa lo spirito non esistono. Il suo orizzonte è dimezzato come quello di coloro che, ironicamente o meno, si domandano in che modi si misura l'anima e trovano che col metro da muratore non la si misura.
Per questi è assurdo porsi la domanda riguardo alla frontiera fra spirito e materia. Per coloro, coma la Montalcini, che credono in qualche modo ad una sussistenza della mente il porsi la domanda della frontiera, da un punto di vista scientifico è domanda impraticabile. In questo consistette l'ingenuità di Cartesio nel quale, forse, prese il sopravvento per un momento la mentalità scientifica.


Si l'opera di Cartesio viene suddivisa in fisica, metafisica, morale... Ma la fisica di Cartesio come quella di Aristotele non è la fisica che si intende oggi basata sul metodo sperimentale, era una fisica che operava con lo stesso metodo della metafisica, non induttivo ed esclusivamente deduttivo.
Non so se il programma di Pavlov sia fallimentare, a me pare che questo autore venga ancora oggi studiato in psicologia e fisiologia.
CVC is offline  

 



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