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Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali.
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Vecchio 07-09-2005, 14.53.23   #71
Yam
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Indossa la maschera dello scettico senza credenze ne' speranze.
E' una forma di narcisismo intellettuale, una identita' presa a prestito da Cioran fatta ovviamente dei sillogismi dell'amarezza, delle tentazioni di esistere e dei legami con lo gnosticismo.....e il demiurgo cattivo.
Un po' come altri qui che hanno messo un qualche guru sull'altarino.......credo che gli piacerebbe U.G......


Ultima modifica di Yam : 07-09-2005 alle ore 14.55.46.
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Vecchio 07-09-2005, 15.26.38   #72
Mistico
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Messaggio originale inviato da Yam
...dello scettico senza credenze ne' speranze....
Quando uno crede qualcosa, può dire che sia perchè il discorso gli quadra, ma quando non crede potrebbe anche dire come mai no...

Uno scettico che ha argomenti dovrebbe dire come mai una qualcosa non può essere in un certo modo, dire, cioè, dove i conti non tornano... altrimenti il discorso intero è una prefazione ad un opera mai più iniziata.
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Vecchio 07-09-2005, 16.18.28   #73
paperapersa
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Messaggio originale inviato da Estragone
stessa.
Parli dell’arte, ma è proprio lì, in questa produzione intimistica che si esalta il ruolo del sommerso, del profondo che è in ciascuno di noi, dell’anima apofatica, ribollente di significatività e rigurgitante significato espressi e tradotto in afasia. L’arte è la rappresentazione essoterica di quell’eco che avvertiamo come un tenue o rabbioso sussurrio che tracima, che lacera le recinzioni edificate ed erette dall’azione ordinativa e decisionale della coscienza. L’arte è la sintesi di quanto gorgoglia nel nostro intimo profondo, mai compiutamente esprimibile, e quanto recepiamo dall’esterno. Sintesi realizzata dal sentimento, dalle emozioni e dalla fantasia/immaginazione che si esprime in versi, in armonie, in tratteggi di pennello. Anche l’utilizzo delle note, dei soli colori, delle parole, o delle proposizioni, a prescindere dal dipinto, dall’armonia e dal contenuto dello scritto, esprimono quell’eco in forma sempre velata, mai compiutamente espressa. L’arte, sgorgando dall’anima, parla il linguaggio dei simboli, un linguaggio che non sottostà al principio di non contraddizione, che rappresenta il questo ed anche il quello dell’animo dell’artista, a cui solo la presunzione e la protervia della critica letteraria, figurativa e musicale cerca di dar voce imponendo una interpretazione unidirezionale. L’arte non ha una voce grafica o vocale, tale da poterla riordinare e ricondurre entro il trcciato segnato dalla coscienza. Essa si esprime senza voce, perché è un urlo o un sussurro silenzioso che definisce il senso, che dischiude un orizzonte a più visioni, a più ordini ove l’entropia è la regola e la ‘decisione’ e l’ordine sono un obbrobrio, un’aberrazione che scolora il tratto di penna, di pennello e del lieve o furente suono delle note. L’arte è la rappresentazione delle emozioni, dei sentimenti aggrovigliati, è la vibrazione della nostra anima, che rifugge l’estetismo fine a se stesso, ma che di esso si serve come di un involucro che l’abbellisca per la fruizione di quanti hanno l’estro e la malia di nutrirsi di essa. Ma l’arte è e sempre sarà l’apofasia del sentimento e dell’anima.


Sì! La vita in sé non contiene alcun senso trascendente.
Forse alcun senso materiale, ma trascendente........occorre trovarlo. In ogni caso anche i materialisti tendono a dare un senso alla vita, sia esso il progresso, la ricerca scientifica,
il piacere fine a se stesso.






Non si trascina appresso alcuna significatività. E’ l’uomo che attribuisce ad essa un senso.

Verissimo! E' l'uomo che attribuisce un senso alla vita vivendola al meglio delle sue possibilità

Attingendo dal proprio solipsistico non sense, alchemicamente lo trasmuta, intridendo la vita, la propria esistenza di ciò che egli costruisce con i propri pensieri, le proprie idee e desideri, con la propria brama di vivere e di essere compartecipe di un processo che lo possiede quasi interamente. Non si tratta di depressione psicologica,

su questo da ex depressa mi permetto di obiettare. C'è molta depressione psicologica....... mi risento, e rivedo ........



ma di uno sguardo disincantato rivolto ad un orizzonte che non dischiude visioni estatiche, solo artefatto sentire precostruito come progetto. I mattoncini dell’edificio che man mano edifichiamo sono la nostra bramosia, la nostra cupidigia, l’avidità di vivere, che fungono da contraltare e contrappunto al basamento su cui tutto poggia, che tutto permea: la paura del nulla, del vuoto, in definitiva, come rumors di sottofondo inestinguibile, della morte stessa. Evento che paventiamo, che rifuggiamo anche come concetto, anche come dizione (è scomparso, è venuto meno, mai è morto) a cui contrapponiamo sofisticherie atte a quietare l’ansia e l’angoscia che questa indelicatezza biologica instilla nel nostro animo. In aderenza a questa isteria che desertifica il nostro cuore, costruiamo teologie, teleologie, cosmogonie, filosofie e spiritualità che lo occupano ed abitano impunemente, per cui, così rasserenati, la morte diviene un evento sempre estraneo a noi, non ci appartiene più, è sempre un evento che coinvolge gli altri, fintanto che inclemente non ci si para di fronte mostrandoci il proprio volto arcigno. Solo allora ne avvertiamo l’urlo furente, che è poi l’urlo della nostra anima per la sconfitta subita, per l’inganno perpetuato a suo danno. Non è depressione la mia, è solo un voler guardare negli occhi quel mostro che informa la nostra vita, quell’appuntamento che tutto scolora, che tutto offusca, per rendergli alfine giustizia, per elevarla a vero unico evento che è la fine del non sense, perché raccorda in sé, nel proprio nucleo di assenza, l’immanente non sense della vita, di questo breve segmento che separa le due assenze: quella che precede il suo fiorire, definita nascita, e quello che conclude il tutto, definita morte.


" caspiterina se non è depressione questa!!!!
scrive Gibran

Ma l'eterno che è in te
conosce l'eternità della vita
e sa che ieri
è il ricordare di oggi
e domani
è il sognare di ora
e ciò che in te canta e contempla
è ancora racchiuso
in quell'attimo
che ha disseminato il cileo
di stelle.

Ti consiglio di leggere un libro molto interessante di Deepak Chopra
Corpo senza età
mente senza tempo.
della Sperling Paperback

E' un libro molto scientifico oltre che spirituale
e parla di vecchiaia, di vita e di morte
e di deprogrammazione del nostro cervallo da certe strutture
fisse.

Un saluto
paperapersa is offline  
Vecchio 07-09-2005, 16.53.04   #74
Estragone
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Non mi curo della claque, tantomeno di palafrenieri, giannizzeri, portatori d’acqua, paggi di corte, sfegatati tifosi, improvvidi mentori o discepoli sagaci, tutti assiepati sugli spalti della spiritualità. Non odo i giudizi moraleggianti altrui. Non seguo maestri ed ammaestramenti di sorta. Non vedo e non scruto dal buco della serratura i sentimenti di chi incontro per strada. Non impartisco lezioni a nessuno, non prendo lezioni da nessuno…. Il tempo della scuola e dell’ora di religione sono spirati. Non ambisco a sorrisini ipocriti. Mon mi preoccupano minimamente gli strali lanciati stando celati dietro il muretto a secco che delimita l’orticello così ‘S’apientemente e scipitamente zappato e coltivato da chi confonde gli erti percorsi, con comode discese. Non mi tange l’irriverenza altrui – so fare di peggio, se solo volessi -. Non cerco contraddittori con chi suona strumenti monocorde o con chi non è disposto al confronto, contrapponendo ad esso propri grugniti o giudizi gratuiti che non lasciano tracce. Non m’incanto all’oscillazione delle suadenti campane di una spiritualità mal attinta, mal letta, mal digerita che promana da una mente angusta e vomitata con superbia negli ancor più angusti meandri di forre e gore dissecate per causa di un sole che arde troppo, producendo luce che annebbia.
Per contro so discutere con chiunque sappia farlo con serenità e nel rispetto reciproco…


Citazione:
Ti consiglio di leggere un libro molto interessante di Deepak Chopra
Corpo senza età
mente senza tempo.
della Sperling Paperback

E' un libro molto scientifico oltre che spirituale
e parla di vecchiaia, di vita e di morte
e di deprogrammazione del nostro cervallo da certe strutture
fisse.

Ti ringrazio per il consiglio… davvero gentile… hai solo voluto leggere in me quel che di parziale hanno trasmesso le mie parole. Ma esse non sono strumento di conoscenza interiore…. Tu vedi solo l’epidermide… ti assicuro, non vi è depressione… comunque grazie per l’interessamento… cercherò di seguire il tuo consiglio. Ti lascio poche righe che nella loro laconicità condensano l’essenza del dirsi fra umani. A te, se ti va, l’interpretazione… così come la senti. Sono di Giorgio Caproni.


Dialogo mancato

"Uno parla ed un altro tace.
Ma chi parla prima ha taciuto.
Il tacere è l'orizzonte del parlare:
Parlare è tacere.
Dunque una tace e l'altro pure."

Ultima modifica di Estragone : 07-09-2005 alle ore 16.54.57.
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Vecchio 07-09-2005, 17.29.05   #75
Yam
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Messaggio originale inviato da Estragone
Non mi curo della claque, tantomeno di palafrenieri, giannizzeri, portatori d’acqua, paggi di corte, sfegatati tifosi, improvvidi mentori o discepoli sagaci, tutti assiepati sugli spalti della spiritualità. Non odo i giudizi moraleggianti altrui. Non seguo maestri ed ammaestramenti di sorta. Non vedo e non scruto dal buco della serratura i sentimenti di chi incontro per strada. Non impartisco lezioni a nessuno, non prendo lezioni da nessuno…. ............................





Bellissimo....anche la poesia di Giorgio Caproni.
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Vecchio 07-09-2005, 18.14.04   #76
paperapersa
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rispetto la tua libertà di spirito, il tuo "dolore" e la profondità del tuo pensiero......... nel silenzio ti mando ogni bene.....
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Vecchio 07-09-2005, 20.16.26   #77
Yam
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I lamenti

"Il mare brucia le maschere"

Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
Avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
Nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
Nascondi l'arte d'esistere.

Giorgio Caproni -
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Vecchio 08-09-2005, 08.26.42   #78
sunday01
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Messaggio originale inviato da Estragone

L’uomo ha a sua disposizione uno spazio di libertà piuttosto angusto, i cui confini, che delimitano e marcano il suo agire e scegliere, sono fissati da quanto lo agisce senza che lui ne sia compiutamente consapevole e da quanto trascende le sue possibilità di conoscenza e discernimento.

Qual'è per te il concetto di libertà???
Essere forse onnipotetenti e immortali?

Ti dirò il mio concetto di libertà: consiste nel liberarsi da quelle catene di cui l'uomo stesso si è incatenato: tutto il male consiste nella lontananza da Dio.
Non è Dio che è lontano, è l'uomo che escludendolo dal suo cuore e dal suo essere si esilia e si incatena da solo… e così si condanna…
Perché se partiamo dal presupposto che Dio esiste, dovrebbe essere sottinteso che ci crediamo, se no il discorso non ha senso.
Se il mondo fosse creato dal caso non ci sarebbe niente da discutere.
In questo caso (scusa il bisticcio di parole) l'uomo che ruolo avrebbe rispetto al male???
Ma se crediamo in Dio, e ci fidiamo di lui (fede) il male e la morte non fanno più paura… partendo dal fatto che sono subentrati nel mondo dalla mancanza di fiducia in lui...
Il male è assenza di bene.


Un saluto

sunday01 is offline  
Vecchio 08-09-2005, 10.13.13   #79
Estragone
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D’accordo, effettuiamo una virata a 90 gradi ed andiamo ad occupare con i nostri ragionamenti altre lande. Lande appena sfiorate con volo radente. Ora soffermiamoci qualche attimo in più
Mi domandi quale sia il mio concetto di libertà. Qualcosa l’ho accennato, ma forse è il caso di scendere un po’ più in profondità
La libertà è un concetto, non uno stato dell’essere. E’ un archetipo concettuale ripieno di qualificazioni a cui tendiamo. Ma non esiste una vera assoluta libertà.

<Gesù vi renderà liberi>. Parto da qui per non discostarmi troppo dal indirizzo cui dovrebbero tendere i thread in questa sezione del forum, più in là mi allontanerò pian piano.
Conoscere Gesù dovrebbe significare conoscere la Verità. La verità dischiude alla conoscenza qualsiasi porta, un perfetto discernimento del bene e del male. Conoscere Gesù, quindi Dio, dovrebbe implicare la cognizione assoluta di ogni percorso che di Bene sia intriso e che al Bene ultimo conduca. La conoscenza di Gesù è anche una vita condotta in Gesù, sommo bene, somma verità, somma conoscenza. Impossibile dunque, per chi dovesse conoscere Gesù e sapientemente volesse anche seguirlo (mi domanderei perché no?), intraprendere azioni che si discostino dal Bene supremo. Così lasciano intendere le scritture, così lasciano intendere i Padri della Chiesa, così lasciano intendere i maggiori teologici della storia, ovviamente non quelli apofatici. Mi domando: se la libertà si concreta nella possibilità di scelta, se questa possibilità di scelta comporta, come sua essenza, la possibilità di optare fra due o più diverse opportunità, desumendo che in queste diverse opportunità vi sia una differente graduazione di bene e, assumendo come concetto di base il teorema di Agostino: < il male è assenza di Bene>, anche un conseguente diverso dosaggio di male, dovendosi effettuare comunque una scelta fra due o più opportunità, ne consegue che la conoscenza perfetta, quella di Dio, imporrebbe sempre e comunque la scelta più consona, quella in cui non vi è alcun male, ma solo bene. In caso contrario non si tratterebbe di una conoscenza perfetta di Dio (potrà mai essere? Alcuni, anche qui, troppi e con un eccesso di sicurezza, teorizzano di sì!). Penso così che la libertà sia unidirezionata dalla conoscenza di Dio. Due diversi soggetti, entrambi ‘in Dio’, al cospetto della medesima situazione di vita concreta, non di speculazione filosofica o teologica, dovrebbero sempre optare per la medesima strada, lasciando inoptate le altre intrise di male. Espandendo il concetto all’intera umanità, tutta ‘in Dio’, la strada che si parerebbe di fronte a noi sarebbe univoca, senza alcun’altra direttrice, senza alcun’altra possibilità che quella unica deprivata dal male. Insomma, un’omogeneizzazione totale. In questo ambito non vi sarebbe alcuna possibilità di scelta se non quella di intraprendere l’unica strada possibile, l’unica strada visibile agli occhi intrisi dell’immagine divina. In questo ambito non vi sarebbe alcuna libertà se non quella di trasgredire: trasgressione demoniaca. Quindi la libertà è, in questa ottica, solo trasgressione, diversamente non vi sarebbe libertà.
Mi darai atto che in questa tediosa evenienza non vi sarebbe alcuna ragione che possa giustificare l’esistenza del variegato mondo che conosciamo oggi, così come non vi sarebbe alcunissima necessità dell’umanità, saremmo già tutti in Dio e tutti Dio, tutti in un’unica direttrice. Ma così non è!

Non è possibile negare la finitudine dell’uomo: mai sarà onnipotente, mai sarà immortale, mai sarà perfetto, mai sarà Dio.
Esistono due concetti assai affascinanti, spesso posti in antitesi: il caso e la necessità. Là dove vi è il caso non vi può essere la necessità. Sarebbero due fattori o forze confliggenti. Il caso sarebbe l’antitesi di Dio rappresentato dalla necessità. Operare una sintesi di queste due forze appare quantomai complesso, ma se tu provassi a vederle agire come all’interno di un enorme imbuto, forse il compito potrebbe essere agevolato. Sì, proprio così. Il caso agisce e dispiega la propria azione entro l’area delimitata dalle pareti dell’imbuto. Si muove disordinatamente, senza alcuna regola interna prefissata e senza che sia possibile opporgli una resistenza tale da incanalarlo compiutamente entro un binario pre-determinato o totalmente determinato da chi in esso si trova coinvolto. Ma tutto, l’intero processo che osservi (potresti pensare alla vita), pur nella sua intima indeterminatezza, rotola pian piano verso la strozzatura dell’imbuto che lo determina nel suo complesso, facendo in modo che in quella strettoia s’incanali e da essa passino solo le cose volute, utili e vantaggiose per la necessità che in definitiva lo informa, riempiendolo così di sue qualificazioni e caratteristiche: quelle e non altre. Ciò che non è coerente con detta necessità, determinata a priori, si disperde, evapora e non si compie… sono le ridondanze. L’area compresa fra le due pareti dell’imbuto è l’area d’influenza e d’azione del caso; le pareti che delimitano e danno forma all’imbuto contenitore e la strozzatura che incanala il caso, sono la necessità. Così il caso agisce liberamente e senza alcuna regola interna solo nell’ambito della propria area d’azione, ma sottostà alle regole esogene stabilite dalla necessità, perché dalla strozzatura passano solo gli elementi determinati e voluti dalla questa.
Questo strano e particolarissimo paradigma, credo abbastanza coerente, lo potresti adattare sia alla metafisica o trascendenza, oppure, volendola espungere, utilizzarlo per un concetto di vita che prescinda da Dio. Credo possa funzionare in entrambi i casi.
Ora se tu volessi provare a sospendere per un solo attimo qualsiasi connotazione metafisica, e attenerti esclusivamente a ciò che è riscontrabile in Natura, potresti ravvisare delle consonanze fra quanto io scrissi in precedenza in ordine alla libertà umana e quanto pedestremente riportato or ora.
Le pareti dell’imbuto sarebbero rappresentate dal profondo di ciascuno di noi, dall’inconscio o anima, sarebbero quindi la necessità che coarta il caso; lo spazio entrostante e delimitato da dette pareti, sarebbe l’area d’azione nel cui ambito il caso, il nostro agire e le forze della Natura che interferiscono la nostra attività cosciente operano con indeterminatezza ed in assenza di regole interne determinate a priori, entro cui si dipana la grande matassa chiamata vita.

Noi agiamo mossi dalla nostra volontà cosciente. Quando lo facciamo operiamo delle scelte che vanno ad intersecare e sono intersecate dalle scelte altrui, di chi ci vive affianco. Ma non solo. Sono fortemente interferite dalla casualità (un masso che cade all’improvviso determina una reazione), ed influenzate fortissimamente dall’azione della Natura. La nostra volontà cosciente è fortemente suggestionata ed ispirata anche da quanto staziona nel profondo di ciascuno di noi… dal nostro inconscio, dalla nostra anima. Il tutto, come un coagulo di cui non è nota la composizione e il corretto dosaggio, determina l’esperienza, determina la nostra vita. Per quello affermo che noi non viviamo la vita, ma è essa che vive noi, e la nostra libertà si concreta in quell’eterno oscillare o bordeggiare fra un limite e l’altro, fra un confine e l’altro, producendo questo nostro eterno vagolare fra forre e gore ove l’ombra sovrasta la luce. L’abnorme che è in ciascuno di noi è ciò che, in ultima analisi, determina il nostro moto oscillatorio. Che sia privo di senso o denso di significato, quindi necessario, non so, ma propenderei per la prima delle due ipotesi.
Un saluto

Estragone is offline  
Vecchio 08-09-2005, 10.31.17   #80
Mirror
Perfettamente imperfetto
 
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Perfetta imperfezione

Come vedi é l’ imperfezione che da armonia all’universo.
Pensa un pò: se io non fossi stolto, tu non saresti saggio...
se non ci fosse il duro, non sentiresti il tenero...
vera fortuna i difetti: fanno lodare i pregi... tutto é così polare...

I magici opposti dell’esistere danno terrore e meraviglia,
calma regale e agitazione in luminoso fascino infinito
per suo eterno mistero.

Tutto cambia, trasformandosi in immenso gioco spettacoloso
che solo così può essere ... nudo, ardente e vivo...
necessario di complementi.

Soltanto osservando questo nostro vivere,
da un centro di fuoco sempre presente,
si può amare e godere l’ incarnazione dovuta
e che ci é dato avere, liberamente trascendendoci,
pur immersi nel mondo, con piena e umana dignità.

Solo la Coscienza intangibile, Una e onnipervadente é Perfetta.
Ogni forma esposta all’essere è una temporale pennellata
di vibrante e diverso colore che, come un passo di danza,
trova valore, ludico senso, nella relazione interdipendente
della sacra e intera scena di cosmica rappresentazione.

Questa, per qualcuno, é Perfetta imperfezione.

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