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15-09-2005, 19.11.32 | #202 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 07-05-2003
Messaggi: 1,952
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Citazione:
ma non è stato proprio Gesù Cristo quello che ha cacciato dal tempio i farisei che ci facevano mercato dentro? forse è lo stesso spirito che produce le parole di papera persa... e poi non mi sembra si riferisse alle persone direttamente interessate...bensì a coloro che 'liberano le loro anime' con una procedura (che è l'annullamento religioso) che costa un sacco di soldi... |
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15-09-2005, 19.27.02 | #203 | |
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
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Citazione:
La Sacra Rota ANNULLA i matrimoni... ne consegue che si ha di colpo separazione e divorzio, ovvero non si è stati mai sposati. E poi non è vero affatto che costa più della procedura civile, anzi, data la sicuramente più rapida conclusione (in bene o in male) alla fine costa quasi sempre meno già della sola separazione... |
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15-09-2005, 20.02.38 | #204 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 07-05-2003
Messaggi: 1,952
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Citazione:
mi stai dicendo che la sacra rota ha il potere di cancellare anche il matrimonio civile? e il tribunale civile non ha il potere di cancellare il matrimonio religioso? p.s.: forse ho sbagliato qualcosa nella procedura ma per la separazione il tribunale non mi ha fatto spendere nulla... eppure il giudice mi è sembrato vero... |
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15-09-2005, 21.05.10 | #205 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-07-2005
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Citazione:
Questo è vero. Dove ci sono di mezzo i soldi e si fa mercato, lì non c'è Gesù... Le anime non si comprano e non si vendono... Ci sono certi casi in cui il matrimonio può essere annullato, mi sembra, forse quando non è "consumato" o si è impossibilitati a "consumarlo"... Ma i farisei sono tutti quelli, che stanno anche dentro la Chiesa, che non sono coerenti con l'immagine che devono dare al mondo... O mamma, non pensavo che le mie parole provocassero un vespaio!!! Comunque sulla Chiesa c'è un altro Thread, qui siamo fuori tema... altirmenti dovremmo chiamarlo "Le colpe dell'uomo che agisce in nome di Dio..." Ciao |
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15-09-2005, 21.23.42 | #206 | |
Utente bannato
Data registrazione: 05-11-2002
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Citazione:
Per il resto è proprio così, se ci si sposa in chiesa il matrimonio diventa anche civile e se viene annullato il primo anche il secondo è annullato. Ma se ti sposi davanti a Dio, prima di tutto è Dio che ti scioglie dal nodo. Ultima modifica di Mistico : 15-09-2005 alle ore 21.25.23. |
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15-09-2005, 23.36.52 | #207 | |
iscrizione annullata
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Citazione:
vedi giusto per la consensuale civile... però nel caso religioso anche se consezienti si deve passare attraverso una costosa procedura economica... non c'è dubbio per me sull'ultima frase e Dio è sempre più semplice di come gli esseri umani lo recepiscono... la mia era solo una riflessione tra quanta differenza c'è tra la sostanza e la forma e su come il carrozzone in questi suoi aspetti contraddica se stesso... forse in questo punto il concordato fa un po' acqua...consente al coniuge più forte, usando i soldi, di non assumersi responsabilità nei confronti del più debole...bella mossa caritatevole...veramente bella! |
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16-09-2005, 08.49.58 | #208 |
Ospite abituale
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Le differenze tra matrimonio civile e religioso sono che se uno è sposato in Chiesa,
automaticamente risulta sposato anche civilmente, se vuole divorziare lo può fare civilmente e risposarsi civilmente, ma non può più contrarre matrimonio in Chiesa. Io vorrei dire però che sposarsi in Chiesa significa farlo davanti a Dio e aderire a un Sacramento che rende sacro il matrimonio. La formula della chiesa è "Io ti prendo come mio/a sposo/a per amarti e onorarti tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, finchè morte non ci separi". Chi non se la sente di prendere questo impegno davanti a Dio, può benissimo contrarre soltanto matrimonio civile…valido a tutti gli effetti. Io mi chiedo perché la gente vuole sposarsi in Chiesa se non ha la preparazione spirituale per farlo... |
16-09-2005, 10.00.55 | #209 | |
Utente bannato
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Citazione:
In genere ci si sposa in chiesa per tradizione, Sunday, il più delle volte. |
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16-09-2005, 11.06.23 | #210 | |
Utente bannato
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(D)Io
Citazione:
Già, talvolta si va oltre l’indelicatezza di porre Dio al di sopra di tutto e si scantona nell’indecenza di porre l’Io davanti a tutto, costituendosi all’interno di un orizzonte ancor più sconsolante ed assente. Affidarsi alle parole è affidarsi ad un equivoco, perché si confida sul fatto che l’interlocutore percepisca nel dovuto modo, comprendendo pienamente, il significato ed il portato delle parole. Evento di per sé improponibile. Le parole, strumento principe della comunicazione (anche se sempre parziale, sempre vacua), sono il mezzo che espone all’esterno questo mastodontico Io, che lo essoterizzano. Ma il portato della parola è solo e sempre superficie, epidermide che avvolge, nel dire, nel dirsi, il vero corpus interiore mai dicibile, mai compiutamente esprimibile in grafia e dizione fonetica. L’Anima non parla, urla nel silenzio, non si esprime in vocaboli, ma in motti di spirito, in simboli non in vocalizzi. Anche la parola Dio è in sé un equivoco, il proliferare delle religioni e dei tanti ‘Dio’ personali è appunto l’essoterizzazione di questo equivoco. C’è chi di questa religione – quella dell’Io – fa il proprio orizzonte e il proprio fine. C’è chi il pronome Io lo scrive a caratteri cubitali e lo pronuncia con enfasi, senza avvedersi che l’unico orizzonte che esso dischiude è quello di relazione con le assenze, con le mancanze altrui, rimbalzando ed echeggiando fra un vuoto sé ed un sé costruito. L’orizzonte che dischiude l’Io grammaticale, l’Io sociale, che si affida ai vocalizzi, è quello di relazione con altri Io grammaticali, altri Io sociali. In una società oramai depauperata di stelle fisse, che sempre più si affida alla grammatica dell’Io, gli ingredienti di questa relazione sono dati dall’autoaffermazione, dall’affermazione del proprio unico (D)Io, a cui, nell’ambito di una metodologia e sistematica autoreferenziale, si attribuisce una volontà di potenza che tende a travalicare gli altrui ‘(D)Io’, in un rapporto di forza che si concreta attraverso la prevaricazione e l’imposizione, alimentandolo con nutrienti attinti dall’autoreferenzialità e dal proprio colloquiare con se stesso. La riflessione, cioè la flessione in se stessi, quando ci si avvinghia al proprio ‘(D)Io’, precludendo così la strada ad una comprensione più profonda dell’insondabilità del proprio intimo – che già in sé è un’aporia, un ossimoro -, produce mostri vanagloriosi, che, per autogerminazione, inculcano nel proprio profondo germi patogeni che lo ammorbano, ammorbando così anche l’aria circostante. In questo ambito di relazione, dove il (D)Io autoreferenziato è feticcio e totem, quel che emerge è la prevaricazione e la vacuità dell’essere… ci si elegge a DIO, esponendo il proprio ME come baluardo intangibile agli altri ‘me’, stimati sempre come soccombenti. Ci si sturba nel rilevare che quell’orizzonte personale, che è l’unico sguardo e visuale che il (D)Io dischiude alla vista, si sfalda allo sfaldarsi degli orizzonti altrui. Il nostro famosissimo Io personale è come un sipario chiuso, oltre il quale la rappresentazione scenica prosegue nella totale assenza di partecipazione attenta dell’attore che impersona il personaggio. Ma-sturbarsi è però sintomo dell’indeffettibilità del profondo che reclama il rispetto del proprio ruolo e della propria significanza: urla al (D)Io che siamo quel che non siamo, non essendo quel che (D)Io rappresenta di noi. Un saluto |
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