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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 31-05-2013, 11.31.35   #71
Aggressor
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Diciamo che mi pare più sensata la posizione di Fichte; riporto, mio malgrado non avendo suoi scritti, una citazione del suo pensiero da wikipedia:

La concezione comune ci farebbe pensare che prima vengono gli oggetti e successivamente le funzioni compiute dagli stessi, ma Fichte è categorico nel rovesciare questa credenza. Ciò che viene comunemente chiamato "cosa", oggetto, non è altro che il risultato di un'attività. Nella metafisica classica si diceva: operari sequitur esse («l'azione consegue l'essere»), Fichte ora afferma: esse sequitur operari («l'essere consegue l'azione»).

In questo senso ti dico che un oggetto non è qualcosa prima dell'istaurazione di un rapporto con l'altro, e percò non è nulla di per sé. L'essere di un oggetto è qui inteso come il suo contenuto, se vuoi usare la parola Essere per designare un caratteristica universale che non cambia da oggetto a oggetto la questione è diversa. Ma qui stiamo parlando del contenuto degli oggetti che chiamo "forma"; la forma di un oggetto, non la sua Esistenza in senso generale, dipende dalla relazione e non appartiene all'oggetto prima che esso si presti ad essere delimitato (dalle nostre facoltà, dalla nostra forma materiale, da un contesto qualsiasi ecc.). Poi, allora, anche una volta che sia stato delimitato, dovremo capire che senso ha additare a lui quelle proprietà contingenti o se ha più senso ammettere che appartengono al contesto in generale, visto che da quello dipendono e non da una disposizione intrinseca dell'ente a cui diamo arbitrariamente un nome.
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Vecchio 31-05-2013, 20.10.57   #72
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Sgiombo:
Ma puoi cambiare in contesto in cui è inserito un fiore (o qualsiasi altro oggetto), per esempio recidendolo dal ramo del cespuglio nel campo ove era sbocciato e mettendolo in un vaso, o magari appoggiandolo su un tavolo, o sul cruscotto di una macchina o dove cavolo ti pare, ma in seguito a questa traslazione (o a queste traslazioni) resterà comunque un fiore (al massimo un po’ più appassito).

Agressor:
Si, certo, i contesti che hai utilizzato nei tuoi esempi sono tutti simili, per questo il fiore, pur cambiando leggermente, sembra sempre un fiore. Prova a metterlo, che so, nello spazio, o a 1000 metri sotto il mare.

Sgiombo:
Ma che se spiaccichi il fiore con un martello il fiore non esiste più é ovvio; tuttavia non dimostra certo che l’ esistenza del fiore (prima di essere spiaccicato) dipendeva dal contesto.



Sgiombo:
Qui effettivamente mi sembra di riconoscere gli effetti della marijuana (o anche peggio).

Aggressor:
O anche peggio?! Qui mi offendo però.

Sgiombo:
Scusami se ti ho offeso; proprio non volevo (non sono un esperto in sostanze psicotrope e per me è male anche fumare marijuana -infatti “peggio” è comparativo di “male”- e credevo -evidentemente a torto per quanto ti riguarda- che chi trova bene usare droghe leggere non si faccia troppi scrupoli anche per quelle più pesanti).



Sgiombo:
La sfera messa in vari contesti (circondata da coni piuttosto che da cubi, da altre sfere o da qualunque altra cosa) resta una sfera e non diviene un cubo (solo per il fatto di essere stata spostata da un’ altra parte o, per la relatività del moto, perché le cose che la circondavano prima sono state sostituite da altre, diverse cose)

Aggressor:
Invece mi pare che i corpi cambiano forma se spostati nei luoghi appropriati. Credo di non aver afferrato ciò che indenti perché se una sfera la infilo sotto un trattore, per esempio, quella diventa ben altro, mi sembra scontato. Cosa è cambiato da quando stava sopra un comodo tavolo a dopo? Semplicemente il contesto.

Sgiombo:
Altre che “semplicemente il contesto”! Hai cambiato ben altro! Hai esercitato un’ azione sulla sfera che ne ha modificato la forma (mi sembra che non si discutesse di divenire naturale -che non ho mai negato!- o fissità parmenidea, bensì di identità degli oggetti fenomenici e di –presunta- identità di fenomeni e noumeno)!



Aggressor:
Dici che il noumeno è informe, allora davvero non si vede alcun motivo per cui da qualcosa del genere si dovrebbero generare le forme. Capisci che se siamo prima di tutto noumeno ed esperiamo grazie alle relazioni che intercorrono tra vari pezzi di realtà (sicuramente non esperiamo per il tramite della staticità totale del nostro essere), allora è nel noumeno che devono porsi queste relazioni. Comunque Kant non ha mai detto come dobbiamo pensare il noumeno, esso è semplicemente ciò che le nostre categorie e intuizioni pure non possono farci vedere; non è detto che il noumeno non possegga una forma, anche se non è quella riportata dalle nostre strutture mentali. Il fatto che qualcosa non appaia non vuol dire necessariamente che non possieda delle proprietà, un modo di essere; anche perché la struttura che ne permetterebbe l'apparire una specificità sembra averla, ed essa precede la sensazione.

Sgiombo:
Dico semplicemente che per il nuomeno (se esiste) non ha alcun senso parlare di “forma” in quanto questa è una proprietà dei fenomeni materiali, la “res extensa”; ciò che non ha estensione non può avere forma (“una forma che non è quella riportata dalle nostre strutture mentali”, cioè che possiamo pensare, non so che cosa significhi, non la posso per l’ appunto pensare poiché non posso che pensare nei termini delle “nostre strutture mentali”).



Aggressor:
Diciamo che mi pare più sensata la posizione di Fichte; riporto, mio malgrado non avendo suoi scritti, una citazione del suo pensiero da wikipedia:

La concezione comune ci farebbe pensare che prima vengono gli oggetti e successivamente le funzioni compiute dagli stessi, ma Fichte è categorico nel rovesciare questa credenza. Ciò che viene comunemente chiamato "cosa", oggetto, non è altro che il risultato di un'attività. Nella metafisica classica si diceva: operari sequitur esse («l'azione consegue l'essere»), Fichte ora afferma: esse sequitur operari («l'essere consegue l'azione»).

In questo senso ti dico che un oggetto non è qualcosa prima dell'istaurazione di un rapporto con l'altro, e percò non è nulla di per sé. L'essere di un oggetto è qui inteso come il suo contenuto, se vuoi usare la parola Essere per designare un caratteristica universale che non cambia da oggetto a oggetto la questione è diversa. Ma qui stiamo parlando del contenuto degli oggetti che chiamo "forma"; la forma di un oggetto, non la sua Esistenza in senso generale, dipende dalla relazione e non appartiene all'oggetto prima che esso si presti ad essere delimitato (dalle nostre facoltà, dalla nostra forma materiale, da un contesto qualsiasi ecc.). Poi, allora, anche una volta che sia stato delimitato, dovremo capire che senso ha additare a lui quelle proprietà contingenti o se ha più senso ammettere che appartengono al contesto in generale, visto che da quello dipendono e non da una disposizione intrinseca dell'ente a cui diamo arbitrariamente un nome.

Sgiombo:
Per me gli “oggetti” che possiamo conoscere, di cui possiamo parlare sono innanzitutto i dati sensibili della nostra coscienza che ci appaiono immediatamente, indipendentemente da eventuali azioni, operazioni, soggetti, oggetti, “rapporti con l’ altro”, ecc.; quelli sono gli unici "oggetti" di cui possiamo avere certezza, e infatti eventuali azioni, operazioni, soggetti, oggetti, “rapporti con l’ altro”, ecc. potrebbero benissimo non esistere senza che i dati sensibili immediati (se accadono) vengano meno: pensarlo non è contraddittorio, dunque è possibile.

Se “delimitiamo un oggetto” (fenomenico) con “le nostre facoltà, la nostra forma materiale”, allora questo oggetto prima della delimitazione deve già esistere (indelimitato): non si può delimitare qualcosa che non c' è, il nulla; si può solo distinguere qualcosa che già c’era (indistinto) prima della distinzione da qualcos’ altro che pure già c’ era (in generale non ha senso un verbo transitivo usato transitivamente senza un complemento oggetto).
Che poi ogni ente arbitrariamente distinto dal resto sia comunque collocato nel contesto nell’ ambito del quale è stato soggettivamente distinto mi sembra un’ altra affermazione lapalissiana.
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Vecchio 31-05-2013, 20.45.22   #73
jeangene
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Originalmente inviato da maral
Il dato fenomenologico immediato è il sentire e il sentire questo sentire che viene via via rappresentato in un soggetto senziente, negli oggetti sentiti e nei modi e mezzi con cui questo sentire si attua. Se per natura intendiamo la necessità che fa da sfondo alla libertà di cui l'io rappresenta il nucleo originario di sentimento, questo sentire vi appartiene a pieno titolo in quanto tale e, a mio avviso, le particolari configurazioni attraverso le quali diciamo che il sentire si realizza fanno parte della costruzione rappresentativa derivante dal rapporto originario immediato senziente-sentito.
In altre parole il passaggio dall'immediato sentire fenomenologico di un soggetto che si conosce come io, ossia nucleo di un voler agire, all'attribuzione di questo sentire a un sistema nervoso che appartiene a molti soggetti io è il risultato di una costruzione rappresentativa complessa la cui causa risiede nell'originario sentire e non il contrario. Non è quindi il sistema nervoso di un certo numero di soggetti la causa del sentire, ma esso è uno degli effetti rappresentativi del sentire fenomenologico, derivante dal fenomeno necessario (e quindi del tutto naturale) che inevitabilmente si sente, ma si sente in modo che resti salvaguardata la possibilità di poter liberamente agire.

Forse sbaglio, ma a me sembra comunque evidente che per avere consapevolezza di questo sentire intrinseco alla natura necessito di un suo supporto che non è anch' esso sentire.

Ad esempio se mi tagliassero la testa io non sarei più consapevole del sentire oppure se assumessi droghe la mia consapevolezza del sentire ne risentirebbe.

Vero è che posso essere consapevole del sentire anche quando non ho esperienza del "mondo esterno", ad esempio nei sogni ed in particolare nei sogni lucidi dove la mia volontà ha piena libertà di esprimersi, di volere ed ottenere qualsiasi esperienza senza essere vincolata dalla necessità, ma credo che per avere questo tipo di esperienza sia comunque necessario un supporto che come ho già detto non può essere anch' esso sentire.

Azzardo un ipotesi.. Io penso che sia impossibile acquisire consapevolezza del sentire senza avere memoria di questo sentire, ecco, forse questo supporto è necessario proprio per avere memoria.
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Vecchio 01-06-2013, 06.40.50   #74
gyta
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Citazione:
nei sogni ed in particolare nei sogni lucidi dove la mia volontà ha piena libertà di esprimersi, di volere ed ottenere qualsiasi esperienza senza essere vincolata dalla necessità

(jeangene)
Non lo credo affatto.. Le esperienze interiori sono vincolate dalla necessità,
i sogni ad occhi aperti o chiusi, lucidi o meno, sono comunicazioni e risposte alle nostre necessità, a mio avviso.
Citazione:
Vero è che posso essere consapevole del sentire anche quando non ho esperienza del "mondo esterno"
Se discerniamo un mondo esterno da uno interno allora ogni esperienza è esperienza entro quella coscienza discriminante,
pertanto l’esperienza del “mondo esterno” è quella fondante e che a specchio si propone nell’apparente solitudine del sogno,
sempre secondo il mio parere.
Citazione:
Io penso che sia impossibile acquisire consapevolezza del sentire senza avere memoria di questo sentire[..]
Memoria (non automatismo!) e coscienza sono molto vicine;
senza coscienza la memoria non potrebbe avere una realtà sulla quale apparire..
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Vecchio 01-06-2013, 10.16.23   #75
maral
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Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
Forse sbaglio, ma a me sembra comunque evidente che per avere consapevolezza di questo sentire intrinseco alla natura necessito di un suo supporto che non è anch' esso sentire.

Ad esempio se mi tagliassero la testa io non sarei più consapevole del sentire oppure se assumessi droghe la mia consapevolezza del sentire ne risentirebbe.

Vero è che posso essere consapevole del sentire anche quando non ho esperienza del "mondo esterno", ad esempio nei sogni ed in particolare nei sogni lucidi dove la mia volontà ha piena libertà di esprimersi, di volere ed ottenere qualsiasi esperienza senza essere vincolata dalla necessità, ma credo che per avere questo tipo di esperienza sia comunque necessario un supporto che come ho già detto non può essere anch' esso sentire.

Azzardo un ipotesi.. Io penso che sia impossibile acquisire consapevolezza del sentire senza avere memoria di questo sentire, ecco, forse questo supporto è necessario proprio per avere memoria.

Ma certamente il sentire è sempre un sentire qualcosa (fosse pure il sentire stesso come oggetto) da parte di qualcuno. Non credo che si possa separare l'atto naturale e immediato del sentire dall'oggetto e dal soggetto di questo sentire, né tanto meno stabilire delle priorità di questi momenti, si tratta di un'inscindibile trinità e pertanto non mi trova d'accordo il Fichte citato da Aggressor che non fa che ribaltare la priorità gerarchica dei momenti (oggetti e rapporti che li determinano) che sono invece simultanei in quanto inscindibilmente implicati. Non c'è qualcosa che non sia sentito, né sentire che non senta qualcosa.
In realtà la domanda se può realmente accadere qualcosa se non la sento (ad esempio che mi taglino la testa in anestesia) non ha senso reale, ma non perché la realtà è posta dal mero sentire del soggetto, quanto perché è l'ipotesi a mostrarsi contraddittoria in quanto separa la possibilità della testa tagliata dal suo essere sentita come tale. Per essere più chiari Il "mi tagliano la testa in anestesia" è, nel momento in cui formulo l'ipotesi, già sentito proprio come "ipotesi del tagliarmi la testa in anestesia" e su questo sentire vado poi ragionando rappresentando la testa che viene tagliata in sé e per sé senza che io (soggetto) me ne accorga, quando in realtà lo so benissimo, essendo proprio questa la mia ipotesi.
Quanto a un puro sentire, anch'esso è impossibile. Di fatto nei sogni (e soprattutto nei sogni lucidi) io non godo di alcun libero voler sentire: non sono infatti io a scegliere i miei sogni, ancor meno di quando sono desto, nel sogno c'è una realtà oggettuale necessaria che ne determina forma e contenuto, tant'è che mentre sogno (nel contesto di senso del sogno) non ho la possibilità di distinguere ciò che da desto (nel contesto di senso dell'esser desti) definirò come reale da ciò che non lo è: la rappresentazione necessaria di quel sogno è strettamente reale e oggettiva come reali e oggettivi sono le immagini che in esso appaiono, per quanto essa sia diversamente rappresentata in una diversa modulazione del rapporto soggetto oggetto (senziente sentito).
Sicuramente infine la memoria è strutturalmente fondante per il rapporto senziente sentito, in quanto è ciò sulla base della quale l'io si riconosce nel suo sentirsi volontà compiuta che può ancora volere, è il punto di ancoraggio della libertà alla necessità, senza la quale la libertà che l'io esprime resta del tutto aleatoria e inconsistente.
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Vecchio 01-06-2013, 11.25.56   #76
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Ma un contesto è proprio ciò che agisce su un corpo, anche se non è schiacciato da un martello un fiore, per avere quella forma, subisce l'azione della pressione della nostra atmosfera. L'essere è ciò che patisce/agisce.


Per quanto riguarda il noumeno devo dire che il concetto di forma può essere anche astratto dalla intuizione spaziale, cioè, anche un odore ha una forma, nel senso di un modo d'essere. Poi se vuoi pensare lo spazio e il tempo nel senso generale introdotto da Kant, allora quello che ho detto è falso e dovrei dire che è la intuizione visiva che può anche non esserci a favore di una olfattiva, per esempio.

In ogni caso, se reputi che il concetto di modalità di esistenza non possa essere attribuito ad una realtà che soggiace quella sensibile dovrai ammettere che questa realtà non ha alcuna particolarità, con tutti i problemi che ne derivano. Ma se vuoi astenerti da questi ragionamenti (perché non si addicono al noumeno) mi pare che il discorso diventi troppo irrazionale per poterne discutere. Probabilmente si potrebbe fare un discorso circa i contenuti delle cose a cui ti riferisci, per mostrare che con la parola noumeno non indichi alcunché, per esempio non potresti utilizzarlo per dire che è il fondamento dell'accordo delle soggettività.



Sgiombo:
Scusami se ti ho offeso; proprio non volevo (non sono un esperto in sostanze psicotrope e per me è male anche fumare marijuana -infatti “peggio” è comparativo di “male”- e credevo -evidentemente a torto per quanto ti riguarda- che chi trova bene usare droghe leggere non si faccia troppi scrupoli anche per quelle più pesanti).

Su questo ci siamo capiti!



Per quanto riguarda il discorso sulla memoria, invece, non sarei così sicuro che essa sia alla base della coscienza. Cioè si può forse immaginare una coscienza il cui contenuto non sono ricordi, ma solo fenomeni immediati.


Maral:
si tratta di un'inscindibile trinità e pertanto non mi trova d'accordo il Fichte citato da Aggressor che non fa che ribaltare la priorità gerarchica dei momenti (oggetti e rapporti che li determinano) che sono invece simultanei in quanto inscindibilmente implicati.

Concordo con questa critica.



Per quanto riguarda i sogni lucidi so che in essi è la propria volontà a decidere cosa si vedrà, cosa accadrà (se si è abbastanza capaci da ottenere questi risultati). Pertanto, a meno di non fare un discorso che mini la stessa libertà decisionale, la libera volontà (magari in quanto il contenuto di una volontà può essere determinato da fattori meccanici a cui non si può afuggire), si può ammettere che in essi è il soggetto solo a creare il proprio mondo. Anche se si può subire, in parte, l'effetto di ciò che accade fuori; cioè se vengo colpito da qualcosa mentre dormo, probabilmente, anche nel sogno lucido quel fatto troverà la sua rappresentazione. Certamente, rispetto alla veglia, si è molto inibiti rispetto alla realtà esterna.
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Vecchio 01-06-2013, 14.27.56   #77
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Ciò che voglio evidenziare è che se io non sono altro che un derivato della consapevolezza del sentire, nient' altro che un derivato di questo inesauribile flusso di coscienza, perchè sono mortale? Perchè ho bisogno di nutrire e far riposare questo mio corpo?

Forse perchè questo sentire, questo flusso di coscienza è soltato una faccia di una medaglia il cui rovescio è inconoscibile.

Mangiare, bere, dormire, ecc.. sono rappresentazioni fenomeniche di processi che avvengono sull' altra faccia della medaglia ("processi in sè") che sono necessari per il mantenimento del mio corpo anch' esso rappresentazione fenomenica di "qualcosa in sè".

Non cercate falle nelle mie argomentazioni perchè sono innumerevoli.
Purtroppo non sono un esperto di filosofia e quindi spesso faccio uso di termini inappropriati.
Non è mia intenzione esporre teorie con la pretesa di avere ragione, espongo solo dubbi nella speranza di chiarirli grazie al vostro aiuto.

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Vecchio 01-06-2013, 19.24.05   #78
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Aggressor:
Ma un contesto è proprio ciò che agisce su un corpo, anche se non è schiacciato da un martello un fiore, per avere quella forma, subisce l'azione della pressione della nostra atmosfera. L'essere è ciò che patisce/agisce.

Sgiombo:
Si, ma sotto la semplice pressione atmosferica il fiore continua ad esistere (per una lasso di tempo ovviamente finito e con ovvie continue minime variazioni molecolari), sotto le martellate immediatamente non più (diventa poltiglia): mi sembra una bella differenza!



Aggressor:
Per quanto riguarda il noumeno devo dire che il concetto di forma può essere anche astratto dalla intuizione spaziale, cioè, anche un odore ha una forma, nel senso di un modo d'essere. Poi se vuoi pensare lo spazio e il tempo nel senso generale introdotto da Kant, allora quello che ho detto è falso e dovrei dire che è la intuizione visiva che può anche non esserci a favore di una olfattiva, per esempio.

Sgiombo:
non distinguere fra sensazioni visive o tattile (implicanti estensione e forma) e sensazioni olfattive (che non le implicano) per chiamarle tutte allo stesso modo (giacché tutte, a-ri-ovviamente come direbbero a Roma, se sono allora hanno un qualche “modo d’ essere” mi ricorda l’ hegeliana notte in cui tutte le vacche sembrano nere.



Aggressor:
In ogni caso, se reputi che il concetto di modalità di esistenza non possa essere attribuito ad una realtà che soggiace quella sensibile dovrai ammettere che questa realtà non ha alcuna particolarità, con tutti i problemi che ne derivano.

Sgiombo:
Semplicemente è alquanto ineffabile (se c’ è), cioè se ne può dire ben poco (con tutti i problemi che ne derivano, certo!).



Aggressor:
Ma se vuoi astenerti da questi ragionamenti (perché non si addicono al noumeno) mi pare che il discorso diventi troppo irrazionale per poterne discutere. Probabilmente si potrebbe fare un discorso circa i contenuti delle cose a cui ti riferisci, per mostrare che con la parola noumeno non indichi alcunché, per esempio non potresti utilizzarlo per dire che è il fondamento dell'accordo delle soggettività.

Sgiombo:
“Di ciò di cui non si può parlare bisogna tacere” (Wittgenstein).

E perché mai, per il fatto di non poterne parlare più di tanto e solo vagamente, “allusivamente”, non potrebbe (ipoteticamente, come vado sempre ripetendo) essere la spiegazione dell’ accordo fra le soggettività?
Basta dirne che vi è una corrispondenza puntuale ed univoca fra il suo divenire (di certi suoi aspetti in certe circostanze) e i fenomeni.



Sgiombo:
Scusami se ti ho offeso; proprio non volevo (non sono un esperto in sostanze psicotrope e per me è male anche fumare marijuana -infatti “peggio” è comparativo di “male”- e credevo -evidentemente a torto per quanto ti riguarda- che chi trova bene usare droghe leggere non si faccia troppi scrupoli anche per quelle più pesanti).

Aggressor:
Su questo ci siamo capiti!

Per quanto riguarda il discorso sulla memoria, invece, non sarei così sicuro che essa sia alla base della coscienza. Cioè si può forse immaginare una coscienza il cui contenuto non sono ricordi, ma solo fenomeni immediati.

Sgiombo
:
Sono d’ accordo con te anche su questo (mi devo preoccupare?); probabilmente la memoria é necessaria per l’ autocoscienza, perché ci sia riflessione sulla coscienza stessa (compresi i suoi aspetti passati nel tempo rispetto alla autoriflessione stessa).
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Vecchio 01-06-2013, 22.21.31   #79
maral
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Originalmente inviato da Aggressor
Per quanto riguarda i sogni lucidi so che in essi è la propria volontà a decidere cosa si vedrà, cosa accadrà (se si è abbastanza capaci da ottenere questi risultati). Pertanto, a meno di non fare un discorso che mini la stessa libertà decisionale, la libera volontà (magari in quanto il contenuto di una volontà può essere determinato da fattori meccanici a cui non si può afuggire), si può ammettere che in essi è il soggetto solo a creare il proprio mondo. Anche se si può subire, in parte, l'effetto di ciò che accade fuori; cioè se vengo colpito da qualcosa mentre dormo, probabilmente, anche nel sogno lucido quel fatto troverà la sua rappresentazione. Certamente, rispetto alla veglia, si è molto inibiti rispetto alla realtà esterna.
Sinceramente a me non è mai capitato di riuscire a programmare i sogni o di sceglierli prima di addormentarmi come se mi accingessi ad andare al cinema. Probabilmente non sarò abbastanza capace. Comunque c'è pure chi afferma, e forse a maggior ragione, che anche da desti sia possibile forzare quanto accade con la propria volontà a mezzo di qualche giusta tecnica. Dopotutto la volontà implica la piena coscienza di ciò che si vuole e la piena coscienza è più pertinente alla veglia che al dormire. Anche nel sogno comunque il soggetto non crea nulla, si limita a rappresentare ciò che emerge a lui come dato *interno o esterno dopotutto sono solo elementi rappresentativi), il risultato è diverso rispetto alla veglia, perché il contesto è diverso, ma il modello operativo resta del tutto analogo e forse, al contrario di quello che pensiamo, proprio nel sogno in cui l'io ha un minor potere manipolativo sul dato, la rappresentazione che emerge è più realistica (o quanto meno più necessaria).

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Originalmente inviato da jeangene
Ciò che voglio evidenziare è che se io non sono altro che un derivato della consapevolezza del sentire, nient' altro che un derivato di questo inesauribile flusso di coscienza, perchè sono mortale? Perchè ho bisogno di nutrire e far riposare questo mio corpo?

Forse perchè questo sentire, questo flusso di coscienza è soltato una faccia di una medaglia il cui rovescio è inconoscibile.

Mangiare, bere, dormire, ecc.. sono rappresentazioni fenomeniche di processi che avvengono sull' altra faccia della medaglia ("processi in sè") che sono necessari per il mantenimento del mio corpo anch' esso rappresentazione fenomenica di "qualcosa in sè".
La domanda non è facile, ma forse potremmo dire che se nell'Essere tutto è inevitabilmente immortale l'apparire dell'Essere implica un continuo sopraggiungere ed essere oltrepassati degli enti, compreso l'io, anzi l'io in primo luogo, che appare mortale a se stesso. Il morire in realtà l'io lo vede sempre e solo negli altri, mai in se stesso, lo vede solo nell'oggetto, non nel soggetto e lo evoca a se stesso raffigurandosi come oggetto per inderogabile necessità verso la quale la libera volontà soggettiva da cui è fondato è del tutto impotente e pertanto svanisce. La morte significa essere compenetrati dalla dimensione del radicalmente altro trovando in quel radicalmente altro la propria reale, necessaria, completa ed eterna essenza che ovviamente per logica non può certo essere il niente. Ma finché l'io permane nel proprio separato isolamento volitivo di soggetto, non vuole vedere nulla oltre nulla oltre il suo orizzonte volitivo e rappresenta questo non voler vedere nulla con la prospettiva di un inevitabile finale diventare nulla.
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Vecchio 02-06-2013, 13.02.37   #80
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Sgiombo:
Si, ma sotto la semplice pressione atmosferica il fiore continua ad esistere (per una lasso di tempo ovviamente finito e con ovvie continue minime variazioni molecolari), sotto le martellate immediatamente non più (diventa poltiglia): mi sembra una bella differenza!

Bene, detto questo capirai che nessun essere è sparito da prima a dopo la martellata, e che a seconda della condizione del fiore dopo il trauma tu deciderai arbitrariamente di affibiargli ancora il nome con cui lo indicavi prima o meno (e non può certo dipendere da questo, dal tuo negargli una denominazione, la sua sussistenza). In altre parole non è per una condizione intrinseca all'essere del fiore che ammetti la sua attuale inesistenza (dopo che si è trasformato in poltiglia), ma solo per una questione di "somiglianza" (anche se ad una analisi più attenta direi per utilità) il cui metro di paragone sei tu e non le cosa in sé.


Con la parola "forma" io indico, come ho detto altre volte, qualsiasi modo di essere delle cose. Un odore se lo percepisco deve essere diverso da un'altro odore, cioè pure possedere una soggettività, una modalità, cioè una forma. Ora non confinare la parola forma, per il solo fatto che i miei esempi sono stati questi, alle sole intuizioni spaziali e olfattive, vedi bene che qualsiasi cosa riconoscibile o che abbia un contenuto possiede una forma.



Maral
E perché mai, per il fatto di non poterne parlare più di tanto e solo vagamente, “allusivamente”, non potrebbe (ipoteticamente, come vado sempre ripetendo) essere la spiegazione dell’ accordo fra le soggettività?
Basta dirne che vi è una corrispondenza puntuale ed univoca fra il suo divenire (di certi suoi aspetti in certe circostanze) e i fenomeni.


Stai ammettendo che il noumeno diviene, il che pure vuol dire che possiede un contenuto mutevole, o una forma appunto..
In ogni caso trovo che il concetto di "essere in un certo modo" sia così generale che negandolo si possa ammettere poi solo il contrario. Come puoi dire che la forma divergente delle soggettività trova accordo nel noumeno, se a questo non puoi attribuire il concetto di forma? E se non puoi dire che il noumeno è in un certo modo, per lo stesso motivo non potriai dire che esso non-è in un certo modo, allora in qualche senso dovrebbe partecipare della modalità, anche se non nel senso pieno che questa paola ha per noi. In realtà credo che un dicorso del genere possa avere senso solo quando non si parla di cose così generali, ma già della forma particolare di un ente. Tipo a dire che il noumeno non è rosso, come pare a noi, ma in un altro modo (e comunque è in un certo modo).

Inoltre devi sempre tenere in conto che parli dei fenomeni come qualcosa che scaturisce dall'esperienza e che, come avevo già fatto notare, l'esperienza è già qualcosa di particolare, qualcosa che deriva da una struttura formale (altrimenti non sarebbe riconoscibile tale quale la identifichiamo), ed allora già prima dei contenuti di una esperienza la realtà doveva possedere una modalità tale da permetterne la manifestazione, e poiché dietro ai fenomeni vi è solo il noumeno, allora esso deve essere in un certo modo (anche se mai nel modo che pare a noi).



jeangene
Ciò che voglio evidenziare è che se io non sono altro che un derivato della consapevolezza del sentire, nient' altro che un derivato di questo inesauribile flusso di coscienza, perchè sono mortale?

La parola mortale che senso ha? Se quando "muori" tu ti trasformi e basta. Quello che fa paura è il fatto che alla disgregazione del corpo, si pensa, corrisponda un disgregarsi della coscienza, perché sarebbe legata a quel complesso ordinato in quel modo. Il punto su cui cerco di far chiarezza con sgiombo però è questo, che parli della disgiunzione di un corpo, come se quel corpo fosse effettivamente confinato da una dimenzione spaziale precisa, mentre sappiamo che milioni e milioni di particelle entrano e escono dal corpo creando la difficltà di poter definire in modo univoco il suo essere, e il tuo essere si trasforma ogni istante. In altre parole non è detto che la morte sia tale quale la pensi. (Appoggio poi il discorso di Maral).



jeangene
Mangiare, bere, dormire, ecc.. sono rappresentazioni fenomeniche di processi che avvengono sull' altra faccia della medaglia ("processi in sè") che sono necessari per il mantenimento del mio corpo anch' esso rappresentazione fenomenica di "qualcosa in sè".

Permettimi di riportare su un piano pratico ciò che stò cercando di evidenziare a livello teoretico (sempre dibattendo in maggior parte con siombo). Cosa pensi che sia "il tuo avere fame" al di fiori di ciò che risulta a te? Se guardi la descrizione fisica di quel fenomeno vedrai che essa sarà tale da non porre mai qualcosa che abbia effettivamente, in senso assoluto, di per sé un senso. Ogni descrizione riceve senso dalla relazione tra vari enti. Un ente non delimitato, riflettici, può avere un qualche contenuto? Se la risposta è no, dovrai ammettere che la tua fame è sensata e reale quanto le istanze chimiche nel nostro sangue, perché il fenomeno cosciente è il risultato del rapporto tra te e un mondo esterno (con tutta l'apporssimazione che questa frase deve concedere), come accade per tutte le altre raltà (una atomo è tale in quanto la sua modalità è delineata da ciò che è fuori da esso). è un modo per restituire valore (anche ontologico direi) al tuo vissuto. Non si tratta di una illusione, non è qualcosa che è meno reale di qualcos'altro, è semplicemente ciò che emerge da quel punto di vista, ciò che emerge da altri punti di vista (da altri rapporti) sarà diverso quanto altrettanto reale.



A questo si riduce la mia posizione.


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