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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-06-2013, 17.58.01   #121
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Aggressor:
Veramente mi pareva di aver risposto..///// in ogni caso il discorso è questo, che potrai anche ammettere una opposizione tra fenomeni e noumeno però non è che questa opposizione sussiste a priori perché hai deciso di dare significato opposto a due parole.
Se andiamo a vedere cosa ognuna delle due parole denota, secondo me, questa opposizione si perde (la mia modesta opinione). Uno dei motivi per cui questo può accadere è anche una riflessione sul principio di identità.

Sgiombo:
E invece mi sembra evidente di sì: poiché il noumeno non l’ ha mai visto nessuno né mai potrà essere visto da alcuno per definizione, il suo significato ha una sicura connotazione (consistente nella sua definizione arbitraria; che comprende una relazione di diversità/negazione rispetto ai fenomeni) ma non è certo che connoti qualcosa di realmente esistente; e questa ipotesi (di esistenza reale del noumeno; o meno) non può essere né verificata/falsficata né dimostrata/confutata logicamente. Dunque la contrapposizione fra fenomeni e noumeno esiste sicuramente a priori fra due concetti (oggetti di pensiero) in quanto ho deciso di dare significato opposto a due parole (se esista anche una sua connotazione nei fatti reali si può credere fideisticamente ma non provare).



Aggressor:
Sarò pazzo ma adesso, all'interno di questo tread, mi pare che l'accento si stia spostando su questo punto, che ha ripercussioni forti anche sulla natura ontologica dell'Io. Per esempio tu sei portato a identificare un oggetto con quello che io chiamo "stato formale", con il suo modo di essere particolare (preciso subito che, e anche questo però te lo avevo detto nei post precedenti, la parola "forma" non la uso per designare una connotazione spaziale, ma una connotazione qualsiasi; qualsiasi proprietà o contenuto di un corpo, di una parola, di una entità, ecc.; mi dispiace che la cosa abbia creato non poche confusioni nel nostro dialogo -però io avevo precisato- ma sono abituato a intendere così quella parola per la lettura di certi testi), infatti non ti identificheresti con la tavoletta non scritta (-o col non essere scritta della tavoletta- per dirla alla Aristotele) ma con i contenuti di quella. Il ché è molto sensato da una parte, molto opinabile dall'altra (se hanno senso le mie critiche).

Sgiombo:
Ma cosa può mai essere un oggetto (comunque venga definito, “ritagliato nello spazio e nel tempo del divenire del reale", con almeno qualche insuperabile elemento di soggettiva arbitrarietà) se non questo suo “stato formale” per usare le tue parole, cioè il suo modo di essere particolare?



Sgiombo:
“Indeterminatezza del noumeno rispetto alle nostre facoltà”: che significa

Aggressor:
Che per noi che vogliamo coglierlo (non riuscendovi) è indeterminato, senza contenuto, mentre in sé un senso ce l'ha.

Sgiombo:
Ti chiedo per capire: Che in sé un senso ce l’ abbia significa che è (diviene) non indefinitamente ma in certi determinati modi, con certi determinati aspetti o caratteristiche (non percepibili e inimmaginabili; ma ipotizzabili essere corrispondenti ai modi o caratteristiche sensibili e immaginabili dei fenomeni)?
Se è così sono perfettamente d’ accordo.



Sgiombo:
Mi sono ripetutamente (e faticosamente) preoccupato di spiegarti che il noumeno (se reale) non può essere immaginato, non ha forma, che se ne può dire ben poco (che diviene in determinati modi parte dei quali sono puntualmente ed univocamente corrispondenti al divenire dei fenomeni, e dunque che non è uniforme o indeterminato); non aspettarti che ti dica di più in proposito perché di più non si può sensatamente dire (del noumeno non parlo quando mi fa comodo -???-) bensì quando interrogato in proposito e come se ne può parlare, cioè pochissimo).
Pretendere che dica di più del noumeno sarebbe come pretendere che parli di un sapore blu o del profumo o della consistenza tattile di un brano musicale!

Aggressor:
Mi spiace di aver detto quella cosa sull'onestà intellettuale, è che volevo mettere l'accento sulla possibilità di poter parlare di qualcosa che qualche connotazione specifica ce l'ha; per esempio diviene.
Ora, in questa citazione dici che il noumeno non ha forma (perché intendi questa parola in modo diverso dal mio), ma ti sei anche sforzato spesso di dire che non è indeterminato, da questo e da altre considerazioni traggo l'importante conclusione che il noumeno abbia una modalità di essere (che muta tra l'altro) o una forma.

Sgiombo:
Fin qui sono perfettamente d’accordo (forma = modo di essere determinato).

Aggressor:
Il parallelismo che lancio tra noumeno e fenomeno è che entrambi sono nella contrapposizione, perché questo è un "principio a priori" delle modalità di essere (si è così e cosà in contrapposizione a qualcos'altro).
Ora, poiché i fenomeni e la coscienza non sono che manifestazioni di un rapporto tra l'Io e l'"esterno", mi pare che il noumeno non sia che un altro fenomeno (essendo sempre qualcosa che ha un contenuto e che si realizza nella relazione con l'altro). Se ti ricordi, infatti, avevo detto che la realtà, in un certo senso, è fatta di fenomeni (secondo me).

Sgiombo:
Ma (qui purtroppo mi sembra che torniamo di nuovo all’ inizio della discussione, come se non ci fossimo intesi per niente) i fenomeni sono contenuti sensibili, mentre il noumeno, se c’ è, è quel “qualcosa” che esiste anche allorché i contenuti sensibili non ci sono (ergo: non è un fenomeno ma ben altro: una cosa di tipo “A” che c’ è anche quando non c’ è nessuna cosa di tipo “B” non può essere una cosa di tipo “B”, cioè “A” e “B” non si identificano, bensì sono due tipi di cose reciprocamente diversi: qualsiasi cosa se è di tipo “A” non è di tipo “B” e viceversa).
Ciò vale anche se i fenomeni ci sono e sono come sono solo allorché nel noumeno accadono determinati “eventi”; per esempio determinati “rapporti intrinseci” a un determinato ente noumenico allorché nella mia coscienza accadono i fenomeni (mentali) costituiti dai miei pensieri e nella tua (di solito solo potenzialmente e indirettamente, tramite l’ imaging neurologico funzionale; ma in teoria e raramente di fatto anche attualmente e direttamente) accadono i fenomeni (materiali) costituiti dal mio cervello funzionante in determinati modi (costituiti da determinati processi neurofisiologici nel mio cervello).
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Vecchio 10-06-2013, 18.24.24   #122
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PRIMA PARTE

ulysse:
Caro amico sgiombo, innanzi tutto ti ringrazio di
avermi corretto l’ortografia:: eccezzziunale veramente!

Per il resto confesso di rendermi solo ora conto di essermi messo in un buco da cui dubito di poterne uscire indenne: tutto d’un colpo mi trovo subissato di discorsi che mi portano in un altro mondo …che, allibito, guardo strabiliato!

Con un Hume che, improvvisamente, assume il ruolo di profeta massimo…un portatore di una saggezza empirica che può prescindere dai più che duecento anni di studi, ricerche e risultanze che dopo di lui ad oggi si sono perseguite e sono emerse a questo mondo…e ulteriormente emergeranno.

Sgiombo
:
No, guarda, i “profeti massimi” li seguirai e venererai casomai tu (da irrazionalista).

Io Hume mi limito (in accordo con il suo grande insegnamento) a considerarlo un grandissimo filosofo, insuperato a più di due secoli dalla morte nelle sue più importanti teorie.



Ulysse:
Ma puo’ essere?
....Niente sarebbe vero poichè niente sarebbe dimostrato nel suo esistere ed essere vero?..tutto dell’umano scientifico sapere sarebbe fideistico…pura credenza!
A me pare questo tuo un ben strano pensamento…un pò fuori dai coppi!...ma tu reclami la tua assoluta razionalità!

Sgiombo:

Anche qui distorci completamente le mie affermazioni e pretendi di farmi dire il contrario di quanto da ma sempre chiarissimamente affermato (e questo è un modo decisamente scorretto di discutere, tipico di chi non ha argomenti validi da opporre e non vuole pregiudizialmente, irrazionalmente, “fondamentalisticamente” ammettere di avere sbagliato).

Ti sfido a citare dove avrei affermato che della conoscenza scientifica "Niente sarebbe vero poichè niente sarebbe dimostrato nel suo esistere ed essere vero".
Dire che la conoscenza scientifica necessita di determinati assunti indimostrabili (e dunque credibili solo "per fede") é un conto; dire che "niente sarebbe vero" é ben altra cosa che io non ho mai detto (anzi, "per la cronaca" ho ripetutamente scritto che li credo; solo che, da razionalista conseguente, mi rendo anche conto dell' indimostratezza e indimostrabilità di queste credenze).

Io ho solo, con Hume, evidenziato alcuni assunti indimostrabili (=credibili o meno fiseisticamente) che sono conditiones sine qua non della conoscenza scientifica.
D’ altra parte confondere la critica razionalistica della scienza con la negazione irrazionalistica della scienza stessa è qualcosa di tipicissimo dello scientismo (irrazionalistico).

Io non reclamo affatto la mia “assoluta razionalità”, bensì rivendico il mio razionalismo conseguente (relativamente allo scientismo).



Ulysse:
Eppure, ben oltre altri umani saperi, tutto il ricercare ed esplicarsi scientifico è tendenzialmente fatto di sperimentazioni, dimostrazioni e calcoli…col supporto di strumentazione oltre l’immaginabile…come può essere solo fideistico?

Sgiombo:
Te l’ ho già detto l’altra volta (nel precedente invio).



Ukysse:
Che poi, se anche fosse, che importa?
Mi pare assai più importante considerare che, dalla loro discesa dagli alberi, di strada gli umani ne hanno fatta parecchia…sia pure, a volte, fidando in saperi fideistici...magari approssimati, ma per lo più efficaci relativamente al momento…visto che qui siamo.

Sgiombo:
E questo che ci azzecca?!?!?!
Non è certo un argomento in favore dello scientismo!



Ulysse:
A me pare tuttavia che, a confronto di ogni altro spere o religione, la parte fideistica della scienza sia assai più ridotta e sempre più si riduca.

Sgiombo:
Perché io “invece” cos’ avei sostenuto?!?!?!



Ulysse
:
Certo che chi crede e pretende un dimostrare assoluto è destinato ad esserne deluso: siamo sempre nel relativo ed a monte di ogni dimostrazione c’è sempre un indimostrato: postulati, assiomi, ipotesi…fino all’origine della materia, dello spazio e del tempo.

Lo stesso emergere dell'universo nostro è "in ipotesi"...senza alcuno scandalo!

Sgiombo:
Questo è ciò che ho sempre affermato io: "copione"!



Ulysse
:
Il ricercare consiste nel risalire sempre più a monte…sempre più indietro… ed ogni teoria o enunciato è dimostrato per il necessario e sufficiente …quanto serve per ora a costituire piattaforma per il procedere oltre: direi che è una questione di tattica…anzi di strategia!

Sgiombo:
E’ “dimostrato per il necessario e sufficiente” in pratica (o anche per continuare a progredire nella conoscenza scientifica) …ma la teoria (filosofica) è un’ altra cosa; e fra l’ altro si interroga sui limiti delle dimostrazioni scientifiche “praticamente necessarie e sufficienti” e sulle condizioni (che in certi casi si dimostrano di fatto indimostrabili) della loro validità.

Tu sei ovviamente liberissimo di limitare i tuoi interessi alle dimostrazioni scientifiche necessarie e sufficienti in pratica (e nel procedere della scinza). Ma la tua pretesa di confutarne la critica teorica razionalistica non coglie minimamente nel segno (è una pretesa per nulla argomentata, arbitraria; per quanto legittima, per carità!).



Ulysse:
In definitiva, che lo sia o meno, credo che accusare in toto il sapere scientifico di fideismo, dato che, per lo più, un tal sapere funziona, mi parrebbe ininfluente: che sia fideismo o meno, non fa fatto, purchè funzioni...in congruenza coi fenomeni in studio!

Sgiombo:
Vedi sopra.



Ulysse
:
Comunque, tornando a bomba, secondo te, tutto il cercare e sbattersi di scienziati illustri e meno illustri…di ieri e di oggi, ma, perchè no, anche di filosofi, e persino di Hume che ci ha messo del suo, fino a costruire un conoscere che esplica l’universo nel suo emergere, essere e funzionare..ecc…sarebbe da buttare…nulla più di un teologico, acritico credere!

Sgiombo
:
E smetttila di distorcere e stravolgere completamente le mie affermazioni che non sai confutare e di attribuirmi ciò che non ho mai detto (e che per lo meno in gran parte è contrario a ciò che penso e che ho sempre scritto, anche in questo forum): non è un comportamento intellettualmente onesto!



Ulysse:
…Solo l’ipotetico “IO” nel suo attualistico percepire ed agire sarebbe in sé vero e percepito come esistente…nonostante la pur labile e soggettiva capacità percettiva di noi umani.

A me parrebbe un tal ragionare, o sragionare, semplice pazzia…forse attribuibile ai non addetti ai lavori!


Sgiombo:
Ti informo che (come si comprendeva benissimo dal mio intervento precedente) tra “creduto vero” (anche da parte mia, come più volte chiarissimamente affermato) e “dimostrato” esiste una differenza …nemmeno troppo sottile.



Ulysse:
Chi è addetto (o almeno conscio degli..) agli innumeri lavori, ricerche, progetti e teorie che la scienza conduce, sa bene di che si tratta…e ne valuta l’affidabilità…nel senso di corrispondere all’esplicarsi del fenomeno sotto studio!...e per lo più corrisponde…try and error!

Sgiombo:
E chi è razionalista conseguente, oltre a ciò, lo critica razionalisticamente (non lo “beve” acriticamente ma casomai lo accetta a ragion veduta; e nella piena consapevolezza che ciò che di creduto arbitrariamente inevitabilmente implica ).
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Vecchio 10-06-2013, 18.42.23   #123
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SECONDA PARTE

Ulysse:
Per quanto è vero che, fra i non addetti ai lavori, il sapere scientifico, o non è accettato, o non può essere accettato che acriticamente per fede, data la comune insufficiente cultura e conoscenza: a tale accettazione acritica o meno, comunque, concorre la vastità e numerosità delle applicazioni.

Chi salisse in aereo, esempio banale, non lo può fare che per fede nel pilota o nella compagnia… o, al limite, fidando nelle statistiche…assai di rado per fede nei principi scientifici del volo o nella robustezza della struttura, ecc….

Ma chi volesse un poco approfondire nei meandri dei saperi scientifici troverebbe pane per i suoi denti ed assai più che labili indizi di un reale universo.

D’altra parte è vero che chi credesse che chi sa e persegue un minimo di scienza, creda ciecamente che tutto questo sapere che diciamo scientifico (non certo scientista) sia finitamente compiuto, assolutamente incontrovertibile e di razionalità perfetta come tu sembri credere, sarebbe ben ingenuo.

Sgiombo:
Sembrerà casomai a te, ma anche in questo caso a torto.

Le mie critiche dello scientismo (proprio anche di molti eminenti scienziati) non riguardano affatto la completezza e "definitività" delle conoscenze scientifiche (la cui inevitabile limitatezza e relatività per me è scontata), ma il fatto che esse poggiano su fondamenti indimostrabili (e che “per la cronaca” ho ripetutamente affermato di credere personalmente veri “per fede”), e inoltre che hanno oggetti fenomenici, dei quali l’ ”esse est percipi” (Berkeley) e non cose in sé, esistenti anche indipendentemente dall’ essere percepite (il che non ne impedisce necessariamente l’ intersoggettività; che pure credo senza che possa essere dimostrata, per la cronaca), come ho chiarito in precedenti interventi in questa e in altre discussioni nel forum.



Ulysse
:
In realtà il percorso scientifico che si va attuando costituisce sempre una conoscenza ipotetica e solo di inizio …dato che non sappiamo dove possiamo arrivare e quanto resti da fare:…ad libitum…direi!
E’ comunque vero che se avremo fede nel perseguire il percorso, magari correggendo in opera, esso porterà alla salvezza… diversamente…sarà la fine.
Invero...diversamente sarà la fine anche in assenza di fede nel percorso scintifico….quindi tanto vale.

Sgiombo:
In assenza di (fede nel) processo scientifico, che non può procedere "ad libitum (= soggettivamente, arbitrariamente) per la sua propria oggettività, per quanto indimostrabile, si rimarrebbe più o meno indietro nella storia umana (al limite all’ età della pietra) e dunque non si rischierebbe “la fine”, cioè l’ “estinzione prematura e di sua propria mano” del’ umanità (e di moltissime altre specie animali e vegetali), in cui rischiamo di fatto di incappare.

Per evitare questo, al punto in cui il progresso scientifico e tecnico é giunto, per molti aspetti irreversibilmente, occorrono scienza e senso critico, razionalismo conseguente (oltre che, secondo me -ma questo è un discorso lungo e complesso che preferirei non affrontare qui- un sovvertimento rivoluzionario dei rapporti sociali dominanti).



Ulysse:
In definitiva deve essere a tutti evidente che il sapere scientifico è uno strumento…ne più né meno del martello per piantar chiodi… se lo sai usare.
Ma se ti schiacci un dito sarebbe da stolti incolpare il martello.

Sgiombo:
Perché per caso qualche volta a te è capitato di schiacciarti il dito e incolpare il martello?!?!?!



Ulysse:
L’egoismo cui ho accennato nei passati post come grande motore del progredire umano, sia biologico che psichico e spirituale, non è ovviamente quello criminale dei meschini umani che rapinano, corrompono, opprimono e vessano il prossimo per un contingente immediato antistrategico tornaconto, ma è quello indispensabile che ha portato e porta i grandi ed i meno grandi del passato e del presente a persguire e realizzare le opere che, in ogni campo, costituiscono il vanto ed il supporto della umanità.

Sgiombo:
Interpretazione del tutto distorta e unilaterale (e anche alquanto caricaturale) della storia umana.



Ulysse:
Due esempi ovvi ed eclatanti: fu forse per altruismo che Dante scrisse la Divina Commedia? …oppure ancora… fu per altruismo che Michelangelo dipinse la Cappella Sistina?

Sgiombo:
Si, certo (fra l’ altro, ovviamente), per far godere gli (altri) uomini delle loro opere sublimi e insegnare loro qualcosa.

Dante in particolare se fosse stato un gretto e meschino egoista avrebbe tradito la sua parte Bianca per mettersi d’ accordo con i Guelfi Neri e godersi la vita a Firenze (non essendo però così nelle condizioni di scrivere la Commedia e di insegnare alcunché di nobile ed elevato perché sarebbe stato del tutto non credibile) anziché vivere, per altruismo, generosità, magnanimità un lungo, pesante esilio (“Tu proverai siccome sa di sale lo pane altrui”) fino alla fine dei suoi giorni.



Ulysse:
Ma nemmeno l’attuale Papa Francesco è esente dall’egoismo che lo spinge nella propria autorealizzante soddisfazione del rinnovare la chiesa…così come dicono sia il suo intento.

E’ l’egoismo che spinge a concorre e prevalere per propria soddisfazione ed autorealizzazione fino a realizzare opere sempre più eclatanti e ad essere comunque meglio nel fisico, nelle opere, nello spirito, ecc...

Sgiombo:
Sono propenso acredere che questo, lo pensino, nel loro pregiudizio irrazionalistico autoconsolatorio o autogiustificatorio, gli egoisti.

E comunque è falso e antiscientifico.

In realtà sia l’ egoismo che l’ altruismo, in quanto utili (o meglio: non eccessivamente dannosi) a conservare e diffondere le specie nelle quali sono comparsi per mutazioni genetiche casuali questi tratti comportamentali, sono presenti universalmente fra gli animali dal comportamento complesso e in particolare nell’ uomo.

(E chissenefrega del papa?!?!?!).



Ulysse:
Certo che c’è anche chi percorre il cammino inverso, ma in genere, in tempi normali, è ostracizzato.

Puoi anche vedere, in proposito, “I cinque livelli delle esigenze e motivazioni umane” (si potrebbe dire….esigenze e motivazioni dell’”IO”) di Abrham Maslow in Wikipedia.

Sgiombo:
Puoi anche leggere le opere di Stephen Jay Gould e di Telmo Pievani, molto istruttive in proposito (oltre che decisamente splendide letterariamente e per la grande cultura anche umanistica che offrono ai lettori, specialmente quelle del primo).
sgiombo is offline  
Vecchio 11-06-2013, 12.34.01   #124
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Sgiombo:
E invece mi sembra evidente di sì: poiché il noumeno non l’ ha mai visto nessuno né mai potrà essere visto da alcuno per definizione, il suo significato ha una sicura connotazione (consistente nella sua definizione arbitraria; che comprende una relazione di diversità/negazione rispetto ai fenomeni) ma non è certo che connoti qualcosa di realmente esistente; e questa ipotesi (di esistenza reale del noumeno; o meno) non può essere né verificata/falsficata né dimostrata/confutata logicamente. Dunque la contrapposizione fra fenomeni e noumeno esiste sicuramente a priori fra due concetti (oggetti di pensiero) in quanto ho deciso di dare significato opposto a due parole (se esista anche una sua connotazione nei fatti reali si può credere fideisticamente ma non provare).

Stando alle tue prime parole parlare di fenomeni e noumeno sarebbe come dire questo: esiste un X che è diverso da Y. Fermo restando a questo non si è detto granchè del reale. Invece con quelle parole tu non affermi solo questo (che vi sono due entità diverse), con fenomeno ti riferisci a ciò di cui puoi avere esperienza il che porta il nostro pensiero a cogliere certi contenuti per questa parola. Anche se pensi di non aver mai visto il noumeno, qualcosa devi aver visto se vuoi riferirti a simili entità, infatti hai visto il fenomeno e io sono qui a dirti che qualcosa di assolutamente diverso da quello è difficile che esista. Infatti siamo convenuti nell'additare al noumeno delle proprietà, seppure indeterminabili per noi (Sgiombo: Ti chiedo per capire: Che in sé un senso ce l’ abbia significa che è (diviene) non indefinitamente ma in certi determinati modi, con certi determinati aspetti o caratteristiche (non percepibili e inimmaginabili; ma ipotizzabili essere corrispondenti ai modi o caratteristiche sensibili e immaginabili dei fenomeni)?
Se è così sono perfettamente d’ accordo.
.



Sgiombo:
Ma (qui purtroppo mi sembra che torniamo di nuovo all’ inizio della discussione, come se non ci fossimo intesi per niente) i fenomeni sono contenuti sensibili, mentre il noumeno, se c’ è, è quel “qualcosa” che esiste anche allorché i contenuti sensibili non ci sono (ergo: non è un fenomeno ma ben altro: una cosa di tipo “A” che c’ è anche quando non c’ è nessuna cosa di tipo “B” non può essere una cosa di tipo “B”, cioè “A” e “B” non si identificano, bensì sono due tipi di cose reciprocamente diversi: qualsiasi cosa se è di tipo “A” non è di tipo “B” e viceversa).
Ciò vale anche se i fenomeni ci sono e sono come sono solo allorché nel noumeno accadono determinati “eventi”; per esempio determinati “rapporti intrinseci” a un determinato ente noumenico allorché nella mia coscienza accadono i fenomeni (mentali) costituiti dai miei pensieri e nella tua (di solito solo potenzialmente e indirettamente, tramite l’ imaging neurologico funzionale; ma in teoria e raramente di fatto anche attualmente e direttamente) accadono i fenomeni (materiali) costituiti dal mio cervello funzionante in determinati modi (costituiti da determinati processi neurofisiologici nel mio cervello).


In realtà ci stiamo intendendo bene, lascia solo che chiarisca ancora la mia veduta, dopotutto il motivo della mia ostinazione, come la tua probabilmente, è l'aver passato molto tempo a riflettere su queste cose. Anche se il noumeno dovesse esistere allorché non si verificasse alcun contenuto sensibile rimarrebbe questo fatto, che i contenuti sensibili esplicitano (=> che vuol dire questo?) delle modalità di essere, caratteristica propria anche degli enti noumenici (la modalità). Ma questo è ormai fin troppo chiaro. Eppure cosa cambierebbe se qualcuno fosse in grado di recepire il noumeno? Perché il fatto che sia l'unica forma a non poter essere osservata dovrebbe salvaguardare l'accordo delle soggettività?

Io credo che a sviare sia la presunta oggettività del contenuto noumenico, quando la relatività di un ente non è legata tanto alla percezione sensibile (coscienziale) della sua forma, ma è legata piuttosto al concetto stesso di forma (o modalità di essere), perché è la forma di un ente (non la sua relaizzazione sensibile) ad acquistare contenuto nel confronto con l'alterità. In vista di questo sono portato a escludere il noumeno come salvaguardia dell'oggettività (accordo delle soggettività) e ad ammettere la coscienza come proprietà intrinseca di ogni modalità di esistenza più che di alcune. Infatti trovo appropriato parlare della coscienza come lo spazio in cui la forma appare, l'ambito della sua realizzazione ontica. Dopotutto posso anche credere che esista una stella al di fuori della percezione che ho di essa, ma che possa ostentare una certa velocità se non relativamente ad altri oggetti non lo accetterò tanto facilmente. Puoi criticarmi dicendo che la velocità è un fenomeno, ma qualunque cosa ci sia sotto sarà qualcosa di determinato che, come la velocità, dipenderà dall'altro (non sarà per sé, ne ostenterà oggettivamente -cioè in ogni situazione possibile- lo stesso contenuto).

Per salvaguardare l'accordo delle soggettività (che tra l'altro non è che si accordino molto) mi basta ammettere il continuo intercambio e co-definizione delle forme, cioè delle cose che esistono; il loro vicendevole definirsi che ne vincola il contenuto, che impone l'adeguamento. Il concetto si soggettività è più universale di quello di "esperienze coscienziali umane". Se disegno una sfera su un foglio avrò la forma della sfera e quella del resto del foglio; posso anche colorare di nero tutto ciò che è oltre la sfera e dire che ci sono 2 oggetti: la sfera e il rettangolo col buco al centro. Ora le soggettività delle 2 forme soggiacciono ad una reciproca dipendenza, in questo senso trovo l'accordo delle cose particolari che esistono, recipete coscientemente e non. Che poi qualcuno osservi questo foglio cambia poco alla teoria, cambia solo che ci sarà un'altra forma anch'essa dipendente da quella del foglio e capace di delimitare il foglio stesso con la sua presenza (capace pure di esplicitare ad un Io ciò che deriva dal rapporto con l'alterità, ma la forma stessa dell'Io dipende dall'alterità altrimenti non ci sarebbe nessun contenuto e nessuna modalità di esistenza, nessun Io; allora non c'è nessun inganno, nessu noumeno mascherato, ciò che recepiamo è il rapporto dell'Io con l'altro, cioè la realizzazione immediata della sua forma, anche se colta da un certo punto di vista).




Ultima modifica di Aggressor : 12-06-2013 alle ore 00.56.22.
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Vecchio 12-06-2013, 21.10.12   #125
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Sgiombo:
E invece mi sembra evidente di sì: poiché il noumeno non l’ ha mai visto nessuno né mai potrà essere visto da alcuno per definizione, il suo significato ha una sicura connotazione (consistente nella sua definizione arbitraria; che comprende una relazione di diversità/negazione rispetto ai fenomeni) ma non è certo che connoti qualcosa di realmente esistente; e questa ipotesi (di esistenza reale del noumeno; o meno) non può essere né verificata/falsficata né dimostrata/confutata logicamente. Dunque la contrapposizione fra fenomeni e noumeno esiste sicuramente a priori fra due concetti (oggetti di pensiero) in quanto ho deciso di dare significato opposto a due parole (se esista anche una sua connotazione nei fatti reali si può credere fideisticamente ma non provare).

Aggressor:
Stando alle tue prime parole parlare di fenomeni e noumeno sarebbe come dire questo: esiste un X che è l'opposto di Y. Fermo restando a questo non si è detto granchè del reale. Invece con quelle parole tu non affermi solo questo (che vi sono due entità opposte), con fenomeno ti riferisci a ciò di cui puoi avere esperienza il che porta il nostro pensiero a cogliere certi contenuti per questa parola. Anche se pensi di non aver mai visto il noumeno, qualcosa devi aver visto se vuoi riferirti a simili entità, infatti hai visto il fenomeno e io sono qui a dirti che qualcosa di assolutamente opposto a quello è assurdo che esista. Infatti siamo convenuti nell'additare al noumeno delle proprietà, seppure indeterminabili per noi

Sgiombo:
Non si è detto gran che del noumeno (inevitabilmente), ma a mio avviso molto del reale.

Mi sembra ovvio che il noumeno non è qualcosa di assolutamente (puramente e semplicemente) opposto ai fenomeni, anche se si definisce attraverso una relazione di distinzione (non di pura e semplice contrarietà) rispetto ai fenomeni stessi.
Confermo che siamo convenuti nell'additare al noumeno delle proprietà, seppure indeterminabili per noi; ma da ciò non consegue la sua identificazione coi fenomeni, che mi pareva tu affermassi (se invece non lo fai siamo d’ accordo).

Mi scuso perché nel precedente intervento (qui sopra da te citato), rischiando di provocare non poca confusione, ho ripetutamente scritto erroneamente “connotare” per “denotare” (il concetto di noumeno potrebbe non denotare -anziché connotare- nulla di realmente esistente, cioè avere un significato arbitrariamente assegnatogli a priori ma non coincidente con nulla di realmente esistente, come il concetto di “fantasma”).

Sgiombo:
Ti chiedo per capire: Che in sé un senso ce l’ abbia significa che è (diviene) non indefinitamente ma in certi determinati modi, con certi determinati aspetti o caratteristiche (non percepibili e inimmaginabili; ma ipotizzabili essere corrispondenti ai modi o caratteristiche sensibili e immaginabili dei fenomeni)?
Se è così sono perfettamente d’ accordo..

Aggressor:
A questo punto ciò che differenzia i fenomeni dal noumeno è la dipendenza dei primi dal secondo (e questo modo di concepirne l'Essere non mi pare così "opposto", ma è inutile scannarsi su questo). Inoltre ciò che per me è indeterminabile è anche il contenuto fenomenico di chi ha diversi recettori sensitivi. Ora non dirò che quel contenuto è il noumeno solo perché abbiamo detto che tutti i fenomeni (cioè pure tutte le rappresentazioni mentali) hanno la caratteristica di dipendere dal noumeno ed in questo troviamo comunque la divergenza.

Sgiombo:
Non parlerei di dipendenza “unilaterale” dei fenomeni dal noumeno” (né viceversa) ma di “simmetrica” correlazione nel rispettivo divenire.

Non capisco la faccenda dei diversi recettori sensitivi e dell’ indeterminabilità: mi sembra facilissimo determinare un oggetto fenomenico (anche se ovviamente mediante una distinzione arbitraria dagli altri oggetti fenomenici considerabili) distinguendo fra le sensazioni che ad esso appartengano (si fanno appartenere) e quelle che appartengono (si attribuiscono) ad altri, diversi oggetti, nell’ ambito di ciascuna modalità sensoriale (al solito tavolo si attribuiscono forma estensione, colore nell’ ambito delle sensazioni visive, consistenza, maggior o minore levigatezza o rugosità e temperatura della superficie nell’ ambito di quelle tattili).



Sgiombo:
Ma (qui purtroppo mi sembra che torniamo di nuovo all’ inizio della discussione, come se non ci fossimo intesi per niente) i fenomeni sono contenuti sensibili, mentre il noumeno, se c’ è, è quel “qualcosa” che esiste anche allorché i contenuti sensibili non ci sono (ergo: non è un fenomeno ma ben altro: una cosa di tipo “A” che c’ è anche quando non c’ è nessuna cosa di tipo “B” non può essere una cosa di tipo “B”, cioè “A” e “B” non si identificano, bensì sono due tipi di cose reciprocamente diversi: qualsiasi cosa se è di tipo “A” non è di tipo “B” e viceversa).
Ciò vale anche se i fenomeni ci sono e sono come sono solo allorché nel noumeno accadono determinati “eventi”; per esempio determinati “rapporti intrinseci” a un determinato ente noumenico allorché nella mia coscienza accadono i fenomeni (mentali) costituiti dai miei pensieri e nella tua (di solito solo potenzialmente e indirettamente, tramite l’ imaging neurologico funzionale; ma in teoria e raramente di fatto anche attualmente e direttamente) accadono i fenomeni (materiali) costituiti dal mio cervello funzionante in determinati modi (costituiti da determinati processi neurofisiologici nel mio cervello).

Aggressor
:
In realtà ci stiamo intendendo bene, lascia solo che chiarisca ancora la mia veduta, dopotutto il motivo della mia ostinazione, come la tua probabilmente, è l'aver passato molto tempo a riflettere su queste cose. Anche se il noumeno dovesse esistere allorché non si verificasse alcun contenuto sensibile rimarrebbe questo fatto, che i contenuti sensibili esplicitano (=> che vuol dire questo?) delle modalità di essere, caratteristica propria anche degli enti noumenici (la modalità). Ma questo è ormai fin troppo chiaro. Eppure cosa cambierebbe se qualcuno fosse in grado di recepire il noumeno? Perché il fatto che sia l'unica forma a non poter essere osservata dovrebbe salvaguardare l'accordo delle soggettività?

Sgiombo:
I contenti fenomenici hanno determinate modalità di essere che sono le sensazioni che li costituiscono e (nell’ ipotesi ontologica che propongo) a queste corrispondono determinate modalità di essere del noumeno.

Nessuno potrebbe mai essere in grado di percepire (ma solo di pensarci, farci su congetture) il noumeno per definizione.

L’ accordo fra i contenuti fenomenici materiali (la loro intersoggettività) secondo me si può spiegare (se lo si crede; per forza indimostrabilmente) o ammettendo una sorta di armonia prestabilita fra i flussi di sensazioni fenomenici delle diverse esperienze decisa da un ente soprannaturale (Leibniz) o comunque accadente di fatto (e non le trovo spiegazioni soddisfacenti; anche se devo ammettere che sono altrettanto indimostrabili/inconfutabili dell’ altra che mi soddisfa di più), oppure proprio per la loro corrispondenza puntuale ed univoca (di tutte e ciascuna le esperienze fenomeniche nel loro divenire) all’ unica realtà nuomenica, per proprietà transitiva.
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Vecchio 12-06-2013, 21.27.09   #126
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

CONTINUAZIONE (mi scuso per la prolissità; le tue tesi, malgrado il parziale ma credo "sostanzioso" dissenso da parte mia, sono interessanti, e cerco di comprenderle)

Aggressor:
Io credo che a sviare sia la presunta oggettività del contenuto noumenico, quando la relatività di un ente non è legata tanto alla percezione sensibile (coscienziale) della sua forma, ma è legata piuttosto al concetto stesso di forma (o modalità di essere), perché è la forma di un ente (non la sua relaizzazione sensibile) ad acquistare contenuto nel confronto con l'alterità.

Sgiombo:
Ma le forme che percepiamo, fra le quali possiamo riconoscere relazioni fra diversi enti ed eventi, sono inevitabilmente soltanto quelle fenomeniche, appartenenti al fusso delle sensazioni.

Relatività è un concetto (che si contrappone ad “assolutezza”), “oggettività” è un altro concetto diverso (che si contrappone a “intersoggettività” e a “oggettività”).
La relatività la posso (anzi, la devo) attribuire sia ad enti ed eventi (“contenuti”) fenomenici che ad enti ed eventi moumenici, ma nel primo cao la percepisco, la immagibìno, so bene di cosa sto parlando, nel secondo caso non posso che oscuramente congetturarla (non mi rendo -o per lo meno non altrettanto- ben conto, e non potrei farlo in alcun modo, di cosa si tratti)

Aggressor:
In vista di questo sono portato a escludere il noumeno come salvaguardia dell'oggettività (accordo delle soggettività) e ad ammettere la coscienza come proprietà intrinseca di ogni modalità di esistenza più che di alcune. Infatti trovo appropriato parlare della coscienza come lo spazio in cui la forma appare, l'ambito della sua realizzazione ontica. Dopotutto posso anche credere che esista una stella al di fuori della percezione che ho di essa, ma che possa ostentare una certa velocità se non relativamente ad altri oggetti non lo accetterò tanto facilmente. Puoi criticarmi dicendo che la velocità è un fenomeno, ma qualunque cosa ci sia sotto sarà qualcosa di determinato che, come la velocità, dipenderà dall'altro (non sarà per sé, ne ostenterà oggettivamente -cioè in ogni situazione possibile- lo stesso contenuto).

Sgiombo:
Queste parole mi sono decisamente oscure, proprio non capisco che cosa significhino:
“la coscienza come proprietà intrinseca di ogni modalità di esistenza più che di alcune”;
“coscienza come lo spazio in cui la forma appare, l'ambito della sua realizzazione ontica”.

Non posso, per non cadere in contraddizione, credere che esista una stella al di fuori della percezione che ho di essa, (essa è le percezioni che la costituiscono), ma casomai qualcos’ altro di non fenomenico (non percezioni) che ad essa corrisponde.
Ciò vale anche ovviamente per la sua velocità e per ogni altra sua caratteristica.
Ciò che di noumenico corrisponde alla velocità di enti ed eventi fenomenici deve essere per forza “qualcosa di relativo” ad altri enti ed eventi noumenici: di più non si può dire.
Ma ovviamente sarà in sé (e non percepito) in questo suo essere relativo (e muterà “parallelamente” al mutare della velocità dei fenomeni cui corrisponde, dunque anche relativamente ad altri enti ed eventi moumenici corrispondenti a quelli fenomenici relativamente ai quali muta la velocità di quello di cui si parla).

Aggressor:
Per salvaguardare l'accordo delle soggettività (che tra l'altro non è che si accordino molto) mi basta ammettere il continuo intercambio e co-definizione delle forme, cioè delle cose che esistono; il loro vicendevole definirsi che ne vincola il contenuto, che impone l'adeguamento. Il concetto si soggettività è più universale di quello di "esperienze coscienziali umane". Se disegno una sfera su un foglio avrò la forma della sfera e quella del resto del foglio; posso anche colorare di nero tutto ciò che è oltre la sfera e dire che ci sono 2 oggetti: la sfera e il rettangolo col buco al centro. Ora le soggettività delle 2 forme soggiacciono ad una reciproca dipendenza, in questo senso trovo l'accordo delle cose particolari che esistono, recipete coscientemente e non. Che poi qualcuno osservi questo foglio cambia poco alla teoria, cambia solo che ci sarà un'altra forma anch'essa dipendente da quella del foglio e capace di delimitare il foglio stesso con la sua presenza (capace pure di esplicitare ad un Io ciò che deriva dal rapporto con l'alterità, ma la forma stessa dell'Io dipende dall'alterità altrimenti non ci sarebbe nessun contenuto e nessuna modalità di esistenza, nessun Io; allora non c'è nessun inganno, nessun noumeno mascherato, ciò che recepiamo è il rapporto dell'Io con l'altro, cioè la realizzazione immediata della sua forma, anche se colta da un certo punto di vista).

Sgiombo:
Atra espressione che non capisco:
“il continuo intercambio e co-definizione delle forme, cioè delle cose che esistono; il loro vicendevole definirsi che ne vincola il contenuto, che impone l'adeguamento” (Significa: “varietà “? Ma come ciò potrebbe mai salvaguardare l’ intersoggettività? La quale é indimostrabile ma postulabile secondo me “con forza”, “potentemente”, “molto”; almeno se la conoscenza scientifica, come credo senza poterlo dimostrare, è fondata, possibile, vera).

Sul fatto che “Il concetto di soggettività è più universale di quello di "esperienze coscienziali umane", spiegato con l’ esempio del disegno della sfera (o meglio un cerchio, credo), non sono invece d’ accordo.
La reciproca dipendenza (complementarità) di cerchio bianco e quadrato nero con buco è intersoggettiva (se è vera la conoscenza scientifica; anche se non la si può dimostrare); e la loro intersoggettività è cosa diversa dalla reciproca complementarità (potrebbe esserci anche solo un foglio bianco, vergine, anche esteso all' infinito senza nulla intorno, e sarebbe ugualmente intersoggettivo).

Che uno guardi il foglio o meno secondo me cambia tutto: per il forglio “esse est percipi”!

In realtà è la conoscenza dell’ io (o di qualsiasi altra cosa) che impone di distinguerlo dal non-io (o da qualsiasi cosa diversa). Se io ci sono e nessuno sa nulla di me, allora potrei anche essere l’ unica cosa al mondo e sarei ugualmente io, senza bisognio di alcuna alterità.
D’ altra parte l’ universo (in senso letterale, cioè tutto ciò che è reale” non è altro ad alcunché, perché oltre ad esso non esiste nulla. Eppure è realissimo.

Ciò che recipiamo sono i fenomeni, insiemi di sensazioni reciprocamente rapportate per i quali l’ “esse est percipi”; e l’ io se c’ è come loro soggetto è da esse diverso, è cosa in sé o noumeno.
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Vecchio 13-06-2013, 12.25.32   #127
paul11
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Scusate, entro nella discussione solo come …..un pic indolor…e me ne esco subitaneamente.
Ma mi preme puntualizzare alcune cose anche in risposta a Green…che appare e scompare come un solstizio o equinozio.
Un excursus molto sintetico:
nell’antichità valeva l’evidenza e si poneva l’essere al centro e fondamento.
Galileo è importante storicamente perché è il primo a separare nettamente il soggetto dall’oggetto, estromettendo il soggetto. Cartesio apre la modernità con i dualismo del cogitans e dell’extensia e inserisce l’Io psicologico che verrà rifiutato più tardi dalla fenomenologia di Husserl.
Ma intanto si è aperto il soggettivismo nella storia del pensiero e il noumeno per lo stesso Kant è indefinito tant’è che nella seconda edizione della “Critca dell a ragion pura” rispetto alla prima toglierà parecchio, lasciando quella “foschia” insondabile a chi vorrà …sondarla.
Gli idealisti attaccheranno Kant come lo stesso Heidegger per non aver avuto il coraggio di “andare fino in fondo” nel soggettivismo.Mentre Heidegger a sua volta criticherà la metafisica antica e gli stessi idealisti, tranne Schelling, per essersi dimenticati dell’Essere.
Ma rispetto all’antichità la modernità pone la Coscienza al posto dell’Essere.

Ma tagliamo corto….
Accade che Frege pone tre dimensioni che saranno importanti come punto di riferimento fino ai nostri giorni. In breve accade che l’ONTOLOGIA, la FENOMENOLOGIA, la EPISTEMOLOGIA,diventano discipline a sè stanti perché nonostante tutti gli sforzi e strategie per relazionare le tre dimensioni manca LA TEORIA DELLA MENTE.
Significa che ogni corrente e disciplina abolisce una o più dimensioni per esaltarne altre.
L’ontologia è la realtà esistente, la fenomenologia è quell’IO, l’epistemologia è la conoscenza oggettiva.
Tutte le varie scuole di pensiero si sono misurate sulle problematiche ed ha investito anche l’analitica con la costruzione,fra l’altro, dell’intensione e dell’estensione, come funzioni relazionate fra le tre dimensioni, costruendo sotto categorie all’interno delle dimensioni.
Da Putman, a Kaplan al cognitivismo contemporaneo che cerca di interdisciplinare una risposta.

Il problema è quell’IO fenomenologico che intrrefaccia l’ontologia della realtà e costruisce conoscenza oggettiva e in più elabora astrazioni.


Quindi rispondendo a Green, nno c’è una risposta definitiva mancando una Teoria della mente., ma soprattutto quel noumeno, quel modo di pensare prima della logica moderna è diventato…passato.
Il contendere ormai è fra scienza e filosofia, fra la posizione del radicalismo Edelman(esalta l’ontologico e abolisce il fenomenologico) o chi come Dennet e la sua invenzione dei ”qualia”esalata il fenomenologico diminuendo o abolendo la dimensione ontologica .
Sono solo due tipici esempi di strategia di aggiramento mancando una teoria della mente.
paul11 is offline  
Vecchio 13-06-2013, 13.02.05   #128
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Sgiombo:
Mi sembra ovvio che il noumeno non è qualcosa di assolutamente (puramente e semplicemente) opposto ai fenomeni, anche se si definisce attraverso una relazione di distinzione (non di pura e semplice contrarietà) rispetto ai fenomeni stessi.
Confermo che siamo convenuti nell'additare al noumeno delle proprietà, seppure indeterminabili per noi; ma da ciò non consegue la sua identificazione coi fenomeni, che mi pareva tu affermassi (se invece non lo fai siamo d’ accordo).


Si, se controllerai mi ero pure corretto, che siano cose opposte si esclude, che abbiano modalità diverse lo ammetto (pur non indicando con questa diversità formale una non coincidenza esistenziale, ma su questo punto possiamo ben sorvolare ora per soffermarci su cose più importanti e che secondo me possono anche portare a questa "oscura" specifica da me riportata).


Sgiombo:
Ti chiedo per capire: Che in sé un senso ce l’ abbia significa che è (diviene) non indefinitamente ma in certi determinati modi, con certi determinati aspetti o caratteristiche (non percepibili e inimmaginabili; ma ipotizzabili essere corrispondenti ai modi o caratteristiche sensibili e immaginabili dei fenomeni)?
Se è così sono perfettamente d’ accordo..


è esattamente questo che intendo, siamo dunque in accordo.



Sgiombo:
Non parlerei di dipendenza “unilaterale” dei fenomeni dal noumeno” (né viceversa) ma di “simmetrica” correlazione nel rispettivo divenire.

Qui la mia intuizione mi porta lontano da te. Avevo compreso sin dall'inizio il tuo parallelismo con Leibniz, ma se non c'è dipendenza tra fenomeni e noumeno non c'è motivo di ipotizzare queste diverse realtà per far quadrare i conti, non trovi? Nella concezione di Leibniz il contenuto delle monadi rispecchia la realtà effettiva dell'essere delle monadi stesse, non c'è un rimando a qualcosa di noumenico o che le trascenda (comunque il tuo pensiero non è quello di Leibniz, percui quest'ultima precisazione non ha alcuna pretesa particolare sul tuo discorso), tanto che egli non nega neppure la "percezione" agli elementi più infimi della realtà (se non forse a ciò che è assolutamente indifferenziato all'interno, i mattoni primi e indivisibili del reale -anche io escluderei a cose del genere la coscienza-, ammesso che esistano di per sé privi di differenziazione interna; un corrispettivo rispetto alla scienza attuale potrebbero essere le particelle elementari, se non fosse che la loro doppia natura di corpuscolo-onda può far immaginare che non siano così indifferenziate al loro interno, si dice che "interferiscano" con sé stesse durante certi spostamenti).



Sgiombo:
Non capisco la faccenda dei diversi recettori sensitivi e dell’ indeterminabilità: mi sembra facilissimo determinare un oggetto fenomenico (anche se ovviamente mediante una distinzione arbitraria dagli altri oggetti fenomenici considerabili) distinguendo fra le sensazioni che ad esso appartengano (si fanno appartenere) e quelle che appartengono (si attribuiscono) ad altri, diversi oggetti, nell’ ambito di ciascuna modalità sensoriale (al solito tavolo si attribuiscono forma estensione, colore nell’ ambito delle sensazioni visive, consistenza, maggior o minore levigatezza o rugosità e temperatura della superficie nell’ ambito di quelle tattili).

Mi riferivo a tipi di percezione a cui un uomo non può accostarsi mentre, per esempio, animali con specifiche conformazioni sensoriali si. Quei fenomeni a cui solo certe creature possono accostarsi sono per noi indeterminabili, allora sarebbero forme inconcepibili, simili, in questo, al noumeno (sebbene si possa ammettere che il noumeno è ciò che mai viene percepito e non solo ciò che un essere umano non può percepire).



Sgiombo:
Relatività è un concetto (che si contrappone ad “assolutezza”), “oggettività” è un altro concetto diverso (che si contrappone a “intersoggettività” e a “oggettività”).
La relatività la posso (anzi, la devo) attribuire sia ad enti ed eventi (“contenuti”) fenomenici che ad enti ed eventi moumenici, ma nel primo cao la percepisco, la immagibìno, so bene di cosa sto parlando, nel secondo caso non posso che oscuramente congetturarla (non mi rendo -o per lo meno non altrettanto- ben conto, e non potrei farlo in alcun modo, di cosa si tratti)


Siamo arrivati ad attribuire al noumeno un'altra caratteristica (che è per me una "conseguenza" del possedere un contenuto) che è la relatività del suo contenuto. Ma se il noumeno non è salvaguardia di assolutezza, come può esserlo della intersoggettività o "soggettività"? A me pare che il problema del disaccordo tra le soggettività sia semplicemente l'effetto della relatività, cioè il fatto che si possa osservare qualcosa da diversi punti di vista ci porta ad avere cognizioni diverse. Potresti, altrimenti, spiegare meglio quale sia il senso di quelle distinzioni che hai riportato?



Sgiombo:
Non posso, per non cadere in contraddizione, credere che esista una stella al di fuori della percezione che ho di essa, (essa è le percezioni che la costituiscono), ma casomai qualcos’ altro di non fenomenico (non percezioni) che ad essa corrisponde.

Io affermerei, invece, che è la forma ad essere diversa non l'essere della stella. Il problema stà nella tua identificazione di un ente con le proprietà o frome, o modi di essere, tramite cui appare (o non appare). Percui, effettivamente, puoi dire che la divergenza della forma noumenica da quella fenomenica comporta il non poterli identificare. Io, invece, non sento di poter identificare un oggetto con le caratteristiche contingenti tramite cui si presenta nell'esistenza (fenomenica o meno), percui identifico l'ente con il suo substrato esistenziale, slegato appunto dalla conformazione formale (infatti dico spesso di identificarmi con il tutto più che con una parte di esso, ma qui forse si può anche lasciar stare il discorso, non è poi così influente o importante rispetto ad altre cose che abbiamo da chiarire, sebbene sia invece complesso e lungo da esplicitare).



Sgiombo:
potrebbe esserci anche solo un foglio bianco, vergine, anche esteso all' infinito senza nulla intorno, e sarebbe ugualmente intersoggettivo

è qui sicuramente un punto di disaccordo forte tra noi. Come potrebbe il foglio ostentare una soggettività senza che il suo contenuto sia delimitato da qualcos'altro? Tu parli di un foglio bianco, in realtà così facendo stai già ammettendo che possiede un colore, il quale è già qualcosa di particolare che può avere senso solo allorché esistano altri colori (se esistessero solo cose bianche non si parlerebbe della bianchezza). Per quanto riguarda la connotazione geometrica, poniamo che si parli di un foglio incolore ma rettangolare, la questone è analoga. Se non ci fosse qualcosa a delimitare gli estrimi della sua forma allora l'essere rettangolare non si realizzerebbe. In questro trovo che le forme o modalità siano dipendenti una dall'altra. In questo trovo che "il foglio rettangolare" non possa essere identificato con qualcosa che non supponga già l'alterità. Se il foglio possedesse per sé la rettangolarità, allorché ogni altro ente sparisse dovrebbe mantenere quella caratteristica, invece esso la perde assieme ai suoi estremi "adiacenti" all'alterità, percui affermo che la "rettangolarità" non è caratteristica intrinseca del foglio o di un ente obbiettivo che si staglia dietro le relazioni (si trasporti pure il discorso alle relazioni tra le nostre facoltà trascendentali e il noumeno), non appartiene al foglio la sua coonotazione geometrica, essa deve "appartenere" piuttosto al substrato generale da cui emerge (l'insieme delle intersoggettività che contrapponendosi delimitano il "proprio" contenuto).

Io credo che la coscienza ci ponga di fronte la sintesi della relazione tra me e l'altro, come il contenuto di un foglio rettangolare che è effettivamente la sintesi di una relazione. Tu non vedi esattamente il tuo Io, o meglio, sei in grado di riconoscere l'Io fenomenico, ma cosa ci dovrebbe essere sotto questo io fenomenico che è il risultato di un rapporto (mettiamo pure tra le "nostre" -=> nostro Io noumenico?- facoltà e la natura numenica), se tutte le cose acquistano contenuto solo nel rapporto (reciproca delimitazione)?



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Vecchio 14-06-2013, 09.40.13   #129
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Aggressor:
se non c'è dipendenza tra fenomeni e noumeno non c'è motivo di ipotizzare queste diverse realtà per far quadrare i conti, non trovi?

Sgiombo:
No, su questo ancora -?- non ci intendiamo.
Secondo me il noumeno va ipotizzato (ma anche l’ alternativa leibniziana dell’ armonia prestabilita potrebbe forse bastare) per spiegare, col suo divenire “parallelo” il divenire “parallelo” fra loro delle componenti materiali e l’ intersoggettività dei loro “contenuti, che può essere creduta e necessariamente va creduta se si crede alla conoscenza scientifica.



Aggressor:
Mi riferivo a tipi di percezione a cui un uomo non può accostarsi mentre, per esempio, animali con specifiche conformazioni sensoriali si. Quei fenomeni a cui solo certe creature possono accostarsi sono per noi indeterminabili, allora sarebbero forme inconcepibili, simili, in questo, al noumeno (sebbene si possa ammettere che il noumeno è ciò che mai viene percepito e non solo ciò che un essere umano non può percepire).

Sgiombo:
In questo ti intendo perfettamente (per esempio le sensazioni ultrasonore -uditive “tridimensionali”- dei pipistrelli) e sono d’ accordo.



Aggressor:
Siamo arrivati ad attribuire al noumeno un'altra caratteristica (che è per me una "conseguenza" del possedere un contenuto) che è la relatività del suo contenuto. Ma se il noumeno non è salvaguardia di assolutezza, come può esserlo della intersoggettività o "soggettività"? A me pare che il problema del disaccordo tra le soggettività sia semplicemente l'effetto della relatività, cioè il fatto che si possa osservare qualcosa da diversi punti di vista ci porta ad avere cognizioni diverse. Potresti, altrimenti, spiegare meglio quale sia il senso di quelle distinzioni che hai riportato?

Sgiombo:
Mi sembra che tu pretendi sempre di parlare troppo del noumeno, dicendo di esso ciò che non si può dire.
Il noumeno può spiegare l’ intersoggettività dei fenomeni materiali perché è un'unica “cosa” in divenire che corrisponde al divenire di tutti e ciascuno i “contenuti materiali” delle varie e più o meno numerose esperienze fenomeniche (E per fare questo deve essere vario “istantaneamente” e variabile nel tempo).

Il problema -da spiegare- delle esperienze fenomeniche non è il loro disaccordo (relativo ai punti di vista), bensì il loro accordo
Non è il fatto che i fenomeni materiali possono essere percepiti da diversi punti di vista; è il fatto che ammettiamo (pur senza poterlo dimostrare) che i fenomeni materiali percepiti da chiunque (ciascuno dal suo punto di vista) sono intersoggettivi pur appartenendo ad “ambiti fenomenici” (esperienze coscienti) reciprocamente trascendenti, che divengono “parallelamente”, ciascuna indipendentemente dall’ altra; e io spiego questa intersoggettività col fatto che tutte corrispondono (con le ovvie differenze relative e determinate dovute ai diversi punti di vista) allo stesso divenire dell’ unico noumeno (e per la proprietà transitiva corrispondono anche fra loro).

Ultimamente ho apposto ai miei interventi la “firma" “esse est percipi” perché mi sto rendendo conto che capire questo è la difficoltà maggiore che comunemente si incontra per comprendere correttamente la realtà dell’ esperienza e dei suoi contenuti conoscibili.
Mentre sto scrivendo al computer se guardo attraverso la finestra vedo uno splendido, maestoso albero di cedro nel giardino dei vicini di casa.
Bene; questo magnifico albero (i qualia del verde delle sue foglie, del marrone scuro della sua corteccia, del frusciare al vento dei suoi rami ecc.) esite solo allorché lo guardo (in generale percepisco). Se e quando mi concentro sullo schermo e la tastiera del computer non esiste.
Ma appena rivolgo lo sguardo verso la finestra eccolo ricomparire in tutto il suo splendore!
E' un errore (un autocontraddizione) ritenere per questo che quel cedro (=i qualia del verde delle sue foglie, del marrone scuro della sua corteccia, del frusciare al vento dei suoi rami ecc.) continui ad esistere anche allorché non lo vedo (= che quei qualia = che quell’ albero c’ è, esiste se e anche quando non c’è, non esiste).
Se qualcosa continua ad esistere anche allorché non vedo quel magnifico, imponente cedro, è qualcos’ altro, di non costituito da sensazioni o qualia, non fenomenico (ribadisco: sarebbe autocontraddittorio pensarlo), bensì di congetturabile (vagamente, molto limitatamente, non immaginativamente), di noumenico.





Sgiombo:
Non posso, per non cadere in contraddizione, credere che esista una stella al di fuori della percezione che ho di essa, (essa è le percezioni che la costituiscono), ma casomai qualcos’ altro di non fenomenico (non percezioni) che ad essa corrisponde.

Aggressor:
Io affermerei, invece, che è la forma ad essere diversa non l'essere della stella.
Il problema stà nella tua identificazione di un ente con le proprietà o frome, o modi di essere, tramite cui appare (o non appare). Percui, effettivamente, puoi dire che la divergenza della forma noumenica da quella fenomenica comporta il non poterli identificare. Io, invece, non sento di poter identificare un oggetto con le caratteristiche contingenti tramite cui si presenta nell'esistenza (fenomenica o meno), per cui identifico l'ente con il suo substrato esistenziale, slegato appunto dalla conformazione formale (infatti dico spesso di identificarmi con il tutto più che con una parte di esso, ma qui forse si può anche lasciar stare il discorso, non è poi così influente o importante rispetto ad altre cose che abbiamo da chiarire, sebbene sia invece complesso e lungo da esplicitare).

Sgiombo:
Appunto: gli enti fenomenici semplicemente SONO le proprietà o forme, o modi di essere, tramite cui appaiono; e nient’ altro.

Gli enti fenomenici hanno solo le caratteristiche contingenti tramite cui si presentano nell'esistenza (fenomenica) e nient’ altro: esse est percipi!
La loro esistenza non può -pena una patente contraddizione- essere fenomenica o meno; può essere ed é unicamente fenomenica. E se c’ è un noumeno ad essi corrispondente non può identificarsi con essi o con le loro forme, pena la ricaduta in una patente contraddizione.
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Vecchio 14-06-2013, 09.46.24   #130
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CONTINUAZIONE

Sgiombo:
potrebbe esserci anche solo un foglio bianco, vergine, anche esteso all' infinito senza nulla intorno, e sarebbe ugualmente intersoggettivo

Aggressor:
è qui sicuramente un punto di disaccordo forte tra noi. Come potrebbe il foglio ostentare una soggettività senza che il suo contenuto sia delimitato da qualcos'altro? Tu parli di un foglio bianco, in realtà così facendo stai già ammettendo che possiede un colore, il quale è già qualcosa di particolare che può avere senso solo allorché esistano altri colori (se esistessero solo cose bianche non si parlerebbe della bianchezza). Per quanto riguarda la connotazione geometrica, poniamo che si parli di un foglio incolore ma rettangolare, la questone è analoga. Se non ci fosse qualcosa a delimitare gli estrimi della sua forma allora l'essere rettangolare non si realizzerebbe. In questro trovo che le forme o modalità siano dipendenti una dall'altra. In questo trovo che "il foglio rettangolare" non possa essere identificato con qualcosa che non supponga già l'alterità. Se il foglio possedesse per sé la rettangolarità, allorché ogni altro ente sparisse dovrebbe mantenere quella caratteristica, invece esso la perde assieme ai suoi estremi "adiacenti" all'alterità, percui affermo che la "rettangolarità" non è caratteristica intrinseca del foglio o di un ente obbiettivo che si staglia dietro le relazioni (si trasporti pure il discorso alle relazioni tra le nostre facoltà trascendentali e il noumeno), non appartiene al foglio la sua coonotazione geometrica, essa deve "appartenere" piuttosto al substrato generale da cui emerge (l'insieme delle intersoggettività che contrapponendosi delimitano il "proprio" contenuto).


Io credo che la coscienza ci ponga di fronte la sintesi della relazione tra me e l'altro, come il contenuto di un foglio rettangolare che è effettivamente la sintesi di una relazione. Tu non vedi esattamente il tuo Io, o meglio, sei in grado di riconoscere l'Io fenomenico, ma cosa ci dovrebbe essere sotto questo io fenomenico che è il risultato di un rapporto (mettiamo pure tra le "nostre" -=> nostro Io noumenico?- facoltà e la natura numenica), se tutte le cose acquistano contenuto solo nel rapporto (reciproca delimitazione)?

Sgiombo
:
Ancora con questa storia che secondo me non ci azzecca per nulla della relatività degli enti (fenomenici)!
Era un periodo ipotetico dell’ irrealtà per dire che assolutezza/relatività sono altre cose da intersoggettività/soggettività.
Leggi: “potrebbe esserci -PER ASSURDO- anche solo un foglio bianco, vergine, anche esteso all' infinito senza nulla intorno, e sarebbe ugualmente intersoggettivo”
Non ce la faccio più a seguirti in queste lunghe e dettagliate spiegazioni circa la relatività degli enti (fenomenici) che per me sono sempre state ovvie e del tutto irrilevanti.

Come fai a dire che la coscienza “ci pone di fronte la sintesi della relazione tra me e l'altro, come il contenuto di un foglio rettangolare che è effettivamente la sintesi di una relazione”, se ciò cui accedi immediatamente e che non puoi mettere in dubbio è unicamente la tua coscienza con i suoi contenuti fenomenici per i quali l’ esse est percipi?
Tu come soggetto di essa e da essa distinto (se esisti anche quando i suoi contenuti non ci sono) e i suoi oggetti (se esistono anche quando non esistono le sensazioni fenomeniche cui corrispondono) siete “cose” del tutto diverse dalle “tue” sensazioni fenomeniche coscienti, se non vogliamo cadere in una patente contraddizione per la quale certe cose (tu, soggetto ed enti noumenici oggetti delle tue sensazioni fenomeniche, essendo identiche, la stessa cosa delle sensazioni stesse) esistono anche allorché non esistono.
Solo tenendo presente questa distinzione, non confondendo autocontraddittoriamente fenomeni e noumeno, ha senso affermare che ogni fenomeno accade allorché vi è una certa relazione fra soggetto noumenico (per esempio tu) e oggetti noumenici (che se si identificano col soggetto, allora si tratta di fenomeni mentali o di pensiero, se non si identificano di fenomeni materiali); ma non so se questo è ciò che intendi con le parole “credo che la coscienza ci ponga di fronte la sintesi della relazione tra me e l'altro, come il contenuto di un foglio rettangolare che è effettivamente la sintesi di una relazione”.
Ho l' impressione che tu confonda le relazioni fra diversi enti/eventi (fenomenici; e per quel poco che se nepuò dire anche noumenici) e le relazioni fra (ipotetici) soggetti ed oggetti (in entrambi i casi noumenici) delle sensazioni fenomeniche.
sgiombo is offline  

 



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