Sgiombo:
Mi sembra ovvio che il noumeno non è qualcosa di assolutamente (puramente e semplicemente) opposto ai fenomeni, anche se si definisce attraverso una relazione di distinzione (non di pura e semplice contrarietà) rispetto ai fenomeni stessi.
Confermo che siamo convenuti nell'additare al noumeno delle proprietà, seppure indeterminabili per noi; ma da ciò non consegue la sua identificazione coi fenomeni, che mi pareva tu affermassi (se invece non lo fai siamo d’ accordo).
Si, se controllerai mi ero pure corretto, che siano cose opposte si esclude, che abbiano modalità diverse lo ammetto (pur non indicando con questa diversità formale una non coincidenza esistenziale, ma su questo punto possiamo ben sorvolare ora per soffermarci su cose più importanti e che secondo me possono anche portare a questa "oscura" specifica da me riportata).
Sgiombo:
Ti chiedo per capire: Che in sé un senso ce l’ abbia significa che è (diviene) non indefinitamente ma in certi determinati modi, con certi determinati aspetti o caratteristiche (non percepibili e inimmaginabili; ma ipotizzabili essere corrispondenti ai modi o caratteristiche sensibili e immaginabili dei fenomeni)?
Se è così sono perfettamente d’ accordo..
è esattamente questo che intendo, siamo dunque in accordo.
Sgiombo:
Non parlerei di dipendenza “unilaterale” dei fenomeni dal noumeno” (né viceversa) ma di “simmetrica” correlazione nel rispettivo divenire.
Qui la mia intuizione mi porta lontano da te. Avevo compreso sin dall'inizio il tuo parallelismo con Leibniz, ma se non c'è dipendenza tra fenomeni e noumeno non c'è motivo di ipotizzare queste diverse realtà per far quadrare i conti, non trovi? Nella concezione di Leibniz il contenuto delle monadi rispecchia la realtà effettiva dell'essere delle monadi stesse, non c'è un rimando a qualcosa di noumenico o che le trascenda (comunque il tuo pensiero non è quello di Leibniz, percui quest'ultima precisazione non ha alcuna pretesa particolare sul tuo discorso), tanto che egli non nega neppure la "percezione" agli elementi più infimi della realtà (se non forse a ciò che è assolutamente indifferenziato all'interno, i mattoni primi e indivisibili del reale -anche io escluderei a cose del genere la coscienza-, ammesso che esistano di per sé privi di differenziazione interna; un corrispettivo rispetto alla scienza attuale potrebbero essere le particelle elementari, se non fosse che la loro doppia natura di corpuscolo-onda può far immaginare che non siano così indifferenziate al loro interno, si dice che "interferiscano" con sé stesse durante certi spostamenti).
Sgiombo:
Non capisco la faccenda dei diversi recettori sensitivi e dell’ indeterminabilità: mi sembra facilissimo determinare un oggetto fenomenico (anche se ovviamente mediante una distinzione arbitraria dagli altri oggetti fenomenici considerabili) distinguendo fra le sensazioni che ad esso appartengano (si fanno appartenere) e quelle che appartengono (si attribuiscono) ad altri, diversi oggetti, nell’ ambito di ciascuna modalità sensoriale (al solito tavolo si attribuiscono forma estensione, colore nell’ ambito delle sensazioni visive, consistenza, maggior o minore levigatezza o rugosità e temperatura della superficie nell’ ambito di quelle tattili).
Mi riferivo a tipi di percezione a cui un uomo non può accostarsi mentre, per esempio, animali con specifiche conformazioni sensoriali si. Quei fenomeni a cui solo certe creature possono accostarsi sono per noi indeterminabili, allora sarebbero forme inconcepibili, simili, in questo, al noumeno (sebbene si possa ammettere che il noumeno è ciò che mai viene percepito e non solo ciò che un essere umano non può percepire).
Sgiombo:
Relatività è un concetto (che si contrappone ad “assolutezza”), “oggettività” è un altro concetto diverso (che si contrappone a “intersoggettività” e a “oggettività”).
La relatività la posso (anzi, la devo) attribuire sia ad enti ed eventi (“contenuti”) fenomenici che ad enti ed eventi moumenici, ma nel primo cao la percepisco, la immagibìno, so bene di cosa sto parlando, nel secondo caso non posso che oscuramente congetturarla (non mi rendo -o per lo meno non altrettanto- ben conto, e non potrei farlo in alcun modo, di cosa si tratti)
Siamo arrivati ad attribuire al noumeno un'altra caratteristica (che è per me una "conseguenza" del possedere un contenuto) che è la relatività del suo contenuto. Ma se il noumeno non è salvaguardia di assolutezza, come può esserlo della intersoggettività o "soggettività"? A me pare che il problema del disaccordo tra le soggettività sia semplicemente l'effetto della relatività, cioè il fatto che si possa osservare qualcosa da diversi punti di vista ci porta ad avere cognizioni diverse. Potresti, altrimenti, spiegare meglio quale sia il senso di quelle distinzioni che hai riportato?
Sgiombo:
Non posso, per non cadere in contraddizione, credere che esista una stella al di fuori della percezione che ho di essa, (essa è le percezioni che la costituiscono), ma casomai qualcos’ altro di non fenomenico (non percezioni) che ad essa corrisponde.
Io affermerei, invece, che è la forma ad essere diversa non l'essere della stella. Il problema stà nella tua identificazione di un ente con le proprietà o frome, o modi di essere, tramite cui appare (o non appare). Percui, effettivamente, puoi dire che la divergenza della forma noumenica da quella fenomenica comporta il non poterli identificare. Io, invece, non sento di poter identificare un oggetto con le caratteristiche contingenti tramite cui si presenta nell'esistenza (fenomenica o meno), percui identifico l'ente con il suo substrato esistenziale, slegato appunto dalla conformazione formale (infatti dico spesso di identificarmi con il tutto più che con una parte di esso, ma qui forse si può anche lasciar stare il discorso, non è poi così influente o importante rispetto ad altre cose che abbiamo da chiarire, sebbene sia invece complesso e lungo da esplicitare).
Sgiombo:
potrebbe esserci anche solo un foglio bianco, vergine, anche esteso all' infinito senza nulla intorno, e sarebbe ugualmente intersoggettivo
è qui sicuramente un punto di disaccordo forte tra noi. Come potrebbe il foglio ostentare una soggettività senza che il suo contenuto sia delimitato da qualcos'altro? Tu parli di un foglio bianco, in realtà così facendo stai già ammettendo che possiede un colore, il quale è già qualcosa di particolare che può avere senso solo allorché esistano altri colori (se esistessero solo cose bianche non si parlerebbe della bianchezza). Per quanto riguarda la connotazione geometrica, poniamo che si parli di un foglio incolore ma rettangolare, la questone è analoga. Se non ci fosse qualcosa a delimitare gli estrimi della sua forma allora l'essere rettangolare non si realizzerebbe. In questro trovo che le forme o modalità siano dipendenti una dall'altra. In questo trovo che "il foglio rettangolare" non possa essere identificato con qualcosa che non supponga già l'alterità. Se il foglio possedesse per sé la rettangolarità, allorché ogni altro ente sparisse dovrebbe mantenere quella caratteristica, invece esso la perde assieme ai suoi estremi "adiacenti" all'alterità, percui affermo che la "rettangolarità" non è caratteristica intrinseca del foglio o di un ente obbiettivo che si staglia dietro le relazioni (si trasporti pure il discorso alle relazioni tra le nostre facoltà trascendentali e il noumeno), non appartiene al foglio la sua coonotazione geometrica, essa deve "appartenere" piuttosto al substrato generale da cui emerge (l'insieme delle intersoggettività che contrapponendosi delimitano il "proprio" contenuto).
Io credo che la coscienza ci ponga di fronte la sintesi della relazione tra me e l'altro, come il contenuto di un foglio rettangolare che è effettivamente la sintesi di una relazione. Tu non vedi esattamente il tuo Io, o meglio, sei in grado di riconoscere l'Io fenomenico, ma cosa ci dovrebbe essere sotto questo io fenomenico che è il risultato di un rapporto (mettiamo pure tra le "nostre" -=> nostro Io noumenico?- facoltà e la natura numenica), se tutte le cose acquistano contenuto solo nel rapporto (reciproca delimitazione)?