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24-06-2013, 20.34.06 | #162 | |
Ospite
Data registrazione: 20-05-2013
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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Ciao jeangene, hai ragione, scusami, mi sono espresso male. La mia personalissima e ardita ipotesi, è che ogni sistema autoreferenziale non ha necessità di essere in quanto soggetto. Se ammettiamo che l'io sia autoreferente, allora non avrebbe senso ricercarlo nell'esperienza che lo investe perchè questa sarebbe un riflesso incondizionato dell'io. Se invece ammettiamo che l'io sia eteroreferente, allora non avrebbe lo stesso senso ricercarlo nell'esperienza che lo investe perchè questa sarebbe un riflesso condizionato dell'io. Per uscire da questa empasse, secondo me, si deve considerare l'io non autoreferente o eteroreferente, ma appartenente (essere parte) di un sistema autoreferenziale. Non avrebbe senso ritenerlo parte di un sistema eteroreferenziale perchè a questo punto il sistema stesso sarebbe trascendente l'io. Ma se invece lo consideriamo appartenente a un sistema autoreferenziale allora il suo riflesso, di qualunque natura esso sia, coinciderebbe con il sistema stesso. Ciò non significherebbe ricercare l'io all'interno di esso stesso, poichè esso stesso parte di un sistema autoreferenziale, e non significherebbe ricercarlo all'esterno di esso stesso, poichè esso stesso coincidente con tale sistema. Ma a questo punto, basterebbe ricercare il sistema. Ciao Ultima modifica di david strauss : 24-06-2013 alle ore 22.32.03. |
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24-06-2013, 22.46.20 | #163 |
Moderatore
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Ulysse ti è mai capitato di dedicarti a qualcosa non per il vantaggio che ne potresti trarre, ma semplicemente e solo per vedere realizzata quella cosa. Ovvio che poi vedendola realizzata, quella cosa ti dà piacere, ma mentre la fai non hai in mente quel piacere come fine, ma solo il farla, il dedicarti ad essa e portarla a compimento per se stessa. Se lo hai provato allora puoi capire che l'egoismo non è il motore unico ed essenziale del mondo, è solo un'esigenza per chi esige che lo sia.
Non credo proprio che quei Polacchi avessero aiutato gli Ebrei per fare dispetto agli odiati occupanti tedeschi, dunque per odio. Almeno non è questo che sembra trasparire dalle loro risposte e se fosse stato per odio avrebbero potuto benissimo trovare altri modi anche assai più efficaci per sabotare la macchina bellica del nemico. Loro dicono che non sapevano perché si esponessero a un tale rischio, ma affermano che non potevano non farlo. Perché diavolo dovremmo spiegarglielo noi perché lo facevano? Alla luce delle nostre teorie sul quanto mai necessario egoismo universale che pretende di spiegare tutto? O perché un divulgatore scientifico che ha annusato l'aria che tira quando ha pubblicato il suo suo libro divulgativo di maggior successo lo ha intitolato "Il gene egoista" salvo poi spiegare a posteriori lui stesso che quella parola "egoista" è messa lì solo per colpire il lettore a fini di marketing, perché è ovvio che i geni non possono essere né egoisti né altruisti, proprio come non può esserlo un sasso o una carota per i quali è ben difficile concepire un ego? Il rispetto della nostra individuale identità (e dell'identità eterna di ogni cosa a se stessa) non è egoismo, in quanto non riduce l'altro a strumento della realizzazione di un io illusoriamente separato a scapito del mondo che gli permette di vivere e lo determina per come è, ma è fondato al contrario sulla pari valenza tra me e il mondo, perché io sono l'altro e l'altro è me, dunque realizzando l'apparente mio vantaggio a svantaggio dell'altro, ciò che effettivamente realizzo è il mio completo svantaggio, quell'isolamento di un vuoto ipertrofico concepito come io che continuamente si contrappone al mondo che lo fa esistere e che si gonfia a dismisura fino ad auto annientarsi nel tripudio follemente idiota della sua volontà demiurgica che tutto vuole potere. Quelle grandi opere che tu citi costruite dalle antiche "egoistiche" civiltà dimostrano al contrario che l'egoismo da solo, anche addomesticato dalla civiltà, non sarebbe mai bastato a costruirle ai costruttori stessi, il cui vero vantaggio che ne ricavavano era poter vedere realizzato qualcosa di grande e di bello, non per se stessi, per l'ebbrezza della loro potenza demiurgica, ma per la bellezza e il valore dell'opera in sé. E questo è l'esatto opposto dell'egoismo. Aggiungo che l'egoismo feroce primitivo che contrapponi all'egoismo costruttivo della civiltà non è affatto così primitivo visto che ormai è dimostrato dall'antropologia che i popoli di cacciatori e raccoglitori vivevano (e vivono) fin dai tempi più remoti in un comunitarismo sociale molto spinto e che solo in tempi storici moderni si è conosciuta come positiva quell'avidità diritto e dovere dell'individuo che porta a vedere l'altro come il competitor da sbranare. E' senza dubbio molto più egoisticamente feroce un operatore finanziario dei giorni nostri di un cacciatore di bisonti dell'età della pietra o di un boscimano che ancora vive in qualche zona isolata dell'Africa secondo i suoi costumi. E se è così allora sorge il sospetto che l'egoismo non sia uno stato naturale, ma uno stato del tutto culturale e di una cultura molto peculiare, tutt'altro che universale, anche se con una enorme volontà di esserlo, una cultura che anzi per millenni è stata del tutto minoritaria nel mondo, finché non ha trovato terreno fertile con l'affermarsi della visone del mondo di quella classe sociale che in essa trovava la propria fondamentale ragion d'essere. |
25-06-2013, 01.39.46 | #164 | |||
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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* a donare di un linguaggio |
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25-06-2013, 08.40.36 | #165 | |
Moderatore
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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Sono d' accordo con te, ma nel momento in cui realizzo che siamo tutti fratelli dovrei agire di conseguenza, dovrei superare l' egoismo, altrimenti sarei un incoerente, un ipocrita. Indipendentemente dal fatto che l' egoismo e l' altruismo siano incisi nei miei geni, indipendentemente dalla mia psicologia, dal mio gruppo sociale, dal mio contesto storico-geografico una volta realizzato che ogni individualità va rispettata io dovrei superare questi limiti ed agire rispecchiando il mio pensiero (almeno a grandi linee, non pretendo certo la coerenza assoluta). |
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25-06-2013, 14.44.00 | #166 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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Arguto, Davide Strauss . Se l’Io entra in sistema autoreferenziale potrebbe diventare ontologia parmanidea e severiniana. E lo strumento di analisi diventa la logica formale e l’ontologia formale non quella materiale. Ma implica anche il concetto oltre di esistenti (enti essenti) di una logica di identificazione dell’io, perché il rischio è che si vada in “contraddizione in termini”. Se accetti l’esperienza accetti il divenire oppure come sostengono Parmenide e Severino si entra” nell’ontologia degli eterni” senza il divenire dove gli essenti “vengono chiamati ad apparire” a quell’IO; ma sono sempre lì , essendo eterni. Francamente ho dei dubbi su questa ontologia, anche se è parecchio affascinante è non è assolutamente da sottovalutare e quindi da tenere in considerazione. Ma questo sistema autoreferenziale ha degli inviluppi dal punto di vista fenomenologico ed epistemologico. Che senso ha l’atto del conoscere(epistemologia), se tutto è già lì, negli eterni e quindi il presente l’adesso e il futuro sono solo uno sviluppo di fotogrammi di un film già esistente? L’aspetto fenomenologico dell’IO è, dal mio punto di vista: “ che senso ha il fatto di esistere, ha un significato”? Personalmente ritengo che un sistema autoreferenziale debba relazionare e informare osservatore(IO), osservato e l’atto dell’osservare: cioè tutti e tre i domini. Forse (perché il “dubbio” per me è fondamentale) sarebbe necessario pensare che un evento chiama tutti e tre i domini simultaneamente. Quando la causa fisica materiale costruisce un evento , quell’evento esiste se c’è l’IO e l’atto del conoscerlo. Un probabile errore è quello di sottilizzare sull’analisi di ciascun dominio senza relazionarli . Se l’umanità “sparisce” nno esiste più evento che tenga, perché manca l’osservatore(IO) e l’atto del conoscere. Quella realtà dell’evento informa e a sua volta è informato dall’IO che osserva e dall’atto del conoscere. Il risultato è che quell’IO diventa realtà nell’atto del conoscere. E questo è il motivo per cui l’uomo cambia i suoi elementi fondamentali dei paradigmi nella sua storicità, perché cambia il processo comunicativo e linguistico di capire e relazionare la realtà/IO e quindi quell’Io muta, cambiando la sua proiezione nella realtà. Il rischio è di cadere nell’autoreferenzialità (solipsismo) oppure nel riduzionismo (l’IO “sparisce”). Se hai in mente qualche altro "sistema" prova ad argomentarlo |
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25-06-2013, 16.05.08 | #167 | |
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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Ti devo dare ragione, se penso al mio percorso di crescita ( non molto lungo a dire il vero ) devo ammettere che è solamente in questi ultimi anni che sento così importante il rispetto delle individualità anche se ho sempre considerato tutti fratelli ( uso la parola "fratelli" perchè la considero la più adeguata, "uguali" non è altrettanto adatto perchè forse invita a pensare ad un appiattimento delle personalità ) . |
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25-06-2013, 16.53.58 | #168 | ||
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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david strauss stai mettendo a dura prova i miei neuroni! Questo sistema autoreferenziale di cui l' io fa parte potrebbe coincidere con l' essente trinitario descritto da maral? Citazione:
Ultima modifica di jeangene : 25-06-2013 alle ore 19.47.02. |
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25-06-2013, 22.53.39 | #169 | |
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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Non avere fretta. L'essente trinitario di maral in realtà è trascendente l'io, perchè è l'allenamento del legame di necessità tra senziente-sentire-sentito, e quindi non può essere autoreferenziale, ma prescinde da una possibilità (che ci sia questo legame). In altre parole l'io potrebbe soltanto farne parte, ma non potrebbe coincidergli, perchè è soltanto possibilità all'io di apparire. Invece per me, se consideriamo l'io appartenente a un sistema autoreferenziale, il suo riflesso (per usare le tue parole) ne è coincidente, necessariamente, ed è questa coincidenza che darebbe all'io fondamento ontologico. |
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25-06-2013, 23.38.45 | #170 | |
Ospite
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
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Ciao paul11, vedo che parliamo la stessa lingua. Effettivamente il rischio di "contraddizione in termini" l'avevo calcolato anch'io, ma ho colto lo spunto dal concetto di "riflessione" espresso da jeangene nella sua domanda. Io ho semplicemente pensato di "aggirare" questo ostacolo tautologico facendo coincidere soltanto il riflesso dell'io con tale sistema. Ed è vero che a questo punto restiamo solo sul piano formale e non materiale, ma questo stesso riflesso dell'io non è per definizione materiale. In altre parole, tutta la mia ipotesi è una identità epistemologica dell'io, e no che non sono matto, in realtà sto cercando, sto sforzandomi di trovare nel prodotto ontologico dell'io la sua giustificazione logica. Messa così capisco che, rimanendo sul piano formale, mi si potrebbe prendere per scemo, ma ho pensato di rendere ontologicamente giustificabile un prodotto logico proprio grazie all'autoreferenzialità della sintesi di sistema e riflesso. So che è molto difficile, perciò l'ho chiamata solo ipotesi. Ciao e grazie dei tuoi consigli |
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