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30-05-2013, 11.28.32 | #64 |
Ospite abituale
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Sgiombo
I concetti delle cose (fenomeniche materiali) emergono dalle “delimitazioni” (definizioni) che arbitrariamente stabiliamo. Veramente quello che sto cercando di dirti è qualcosa di un pò più generale. Quello che hai detto qui è vero, nonostante poi ti chiedi perché il tuo nome non dovrebbe essere appropriato all'oggetto per sé, che invero per sé non si chiama da solo col nome che gli diamo noi e non c'è nessuna etichetta che stabilisce l'inizio e la fine della sua estenzione, nessuna giustificazione obbiettiva per dire che esiste una certa realtà separata dalle altre e che dunque gli uomini possono pure dargli un nome particolare. Quello che ti stò cercando di dire è che l'essere delimitati (immagina pure la cosa a livello fisico) è l'unico modo per contrarre proprietà; un cherchio disegnato su un foglio non sarebbe tale se non esistesse ciò che è fuori dal suo perimetro a delimitarlo. Se l'universo fosse composto da una singola sfera, vito che oltre di quella non ci sarebbe nulla, non avrebbe gli estremi, non ci sarebbero quei punti che devono essere tutti equidistanti dal centro; la sfera (in quanto ente con una specifica forma definita dalla tassonomia classica della matematica) non esisterebbe. Il che vuol dire che una sfera per se stessa non è proprio un bel nulla, essa acquista il suo contenuto, come tutte le altre cose che sei in grado di immaginare, solo quando è delimitata da qualcos'altro. Quando parli di ciò che un oggetto è per se stesso, ti riferisci semplicemente a ciò che esso non-è in relazioe con la tua soggettività (quindi al di fuori di un certo sistema di riferimento), ma non a ciò che, al di fuori di ogni contesto è. Se riesci a capire questo discrorso (forse un pò di marijuana può aprirti la mente, prova! ) allora forse capirai perché ti vengo a dire che un giudizio esistenziale su un ente non può essere influenzato dalla forma dell'ente, in quanto quella forma non appartiene a nessuno, ma scaturisce da un rapporto. Lo stesso oggetto "la sfera", messo all'interno di un sistema diverso (un contesto delimitate diverso) può benissimo diventare un cubo. Poi ho capito che ti vuoi avvalere del concetto di noumeno kantiano, ma dovrai renderti conto che quel concetto era stato messo alle strette già da Fichte, contemporaneo di Kant. Cioè tu dici: Mi dispiace, ma non posso esimermi dal ripetere che l’ ipotetico (indimostrabile e tantomeno mostrabile, constatabile, per definizione) noumeno è ben diverso dai fenomeni (fra l’ altro può benissimo essere reale anche quando i fenomeni non sono reali; e la stessa cosa non può allo stesso tempo essere reale e non essere reale). Ma il mio ragionamento è chiaro: se la realtà fenomenica deriva da quella noumenica allora quella noumenica deve essere multiforme (non si vede come potrebbe derivare una molteplicità di forme da qualcosa di informe, in questo caso, tra l'altro, saresti costretto ad ammettere che per sé tutti gli oggetti sono identici nella loro informità), di qui già trovo che le due realtà possiedono qualcosa in comune, apparte già l'esistenza, il che mi permette di dire che queste realtà sono "sostanzialmente" uguali (cioè identiche in ciò che è più basilare in loro). Allora dovresti provare ad applicare il discorso sulla delimitazione (soprattutto fisica) dei corpi -che ho esposto prima- alla realtà noumenica per vedere se, effettivamente, anche un fiore noumenico possa essere qualcosa al di fuori della delimitazione con l'altro. L'immagine del fiore-universo era un modo semplice per far capire che ciò che è oltre l'oggetto determina il contenuto dell'oggetto stesso. Se oltre ad un fiore non ci fosse nulla, esso sarebbe così diverso da sé che non lo chiameremmo più "fiore"; ma questo non vuol dire che, in senso ontologico, prima c'era una realtà che è poi sparita nel nulla dando spazio ad un altra realtà, semplicemente nessuno è qualcosa di stabile o definito, ognuno trae dal contesto in cui si trova la sua forma. |
30-05-2013, 13.57.12 | #65 | ||
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Citazione:
Questo implica che innanzitutto ci sia un sentire. In questo caso l' io non è indipendente dal sentire, ma deriva dal sentire. Senza sentire l' io svanirebbe. (Con "sentire" intendo "esperienza", "coscienza") Citazione:
Si, sono d' accordo, questa idea dell' io che vuole attuare la scelta di un diverso sentire mi piace. |
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30-05-2013, 18.25.23 | #66 | |
Moderatore
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Citazione:
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30-05-2013, 19.36.49 | #67 |
Ospite abituale
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Sgiombo
I concetti delle cose (fenomeniche materiali) emergono dalle “delimitazioni” (definizioni) che arbitrariamente stabiliamo. Aggressor: Veramente quello che sto cercando di dirti è qualcosa di un pò più generale. Quello che hai detto qui è vero, nonostante poi ti chiedi perché il tuo nome non dovrebbe essere appropriato all'oggetto per sé, che invero per sé non si chiama da solo col nome che gli diamo noi e non c'è nessuna etichetta che stabilisce l'inizio e la fine della sua estenzione, nessuna giustificazione obbiettiva per dire che esiste una certa realtà separata dalle altre e che dunque gli uomini possono pure dargli un nome particolare. Quello che ti stò cercando di dire è che l'essere delimitati (immagina pure la cosa a livello fisico) è l'unico modo per contrarre proprietà; un cherchio disegnato su un foglio non sarebbe tale se non esistesse ciò che è fuori dal suo perimetro a delimitarlo. Se l'universo fosse composto da una singola sfera, vito che oltre di quella non ci sarebbe nulla, non avrebbe gli estremi, non ci sarebbero quei punti che devono essere tutti equidistanti dal centro; la sfera (in quanto ente con una specifica forma definita dalla tassonomia classica della matematica) non esisterebbe. Il che vuol dire che una sfera per se stessa non è proprio un bel nulla, essa acquista il suo contenuto, come tutte le altre cose che sei in grado di immaginare, solo quando è delimitata da qualcos'altro. Quando parli di ciò che un oggetto è per se stesso, ti riferisci semplicemente a ciò che esso non-è in relazioe con la tua soggettività (quindi al di fuori di un certo sistema di riferimento), ma non a ciò che, al di fuori di ogni contesto è. Sgiombo: Fin qui sono credo di essere d’ accordo (se ho capito): tutto ciò che possiamo conoscere è relativo (anche se mi sembra alquanto ovvio e non è ciò che più mi interessa). Aggressor: Se riesci a capire questo discrorso (forse un pò di marijuana può aprirti la mente, prova! ) allora forse capirai perché ti vengo a dire che un giudizio esistenziale su un ente non può essere influenzato dalla forma dell'ente, in quanto quella forma non appartiene a nessuno, ma scaturisce da un rapporto. Lo stesso oggetto "la sfera", messo all'interno di un sistema diverso (un contesto delimitate diverso) può benissimo diventare un cubo. Sgiombo: Qui effettivamente mi sembra di riconoscere gli effetti della marijuana (o anche peggio). Se un concetto scaturisce da un rapporto (con altri concetti) il suo “contenuto” (credo che questo sia da intendere come “forma di un ente”: quello designato dal concetto) appartiene all’ ente (reale o meno) che il concetto stesso connota e non invece a niente (nessuno-?-). La sfera messa in vari contesti (circondata da coni piuttosto che da cubi, da altre sfere o da qualunque altra cosa) resta una sfera e non diviene un cubo (solo per il fatto di essere stata spostata da un’ altra parte o, per la relatività del moto, perché le cose che la circondavano prima sono state sostituite da altre, diverse cose). Aggressor: Poi ho capito che ti vuoi avvalere del concetto di noumeno kantiano, ma dovrai renderti conto che quel concetto era stato messo alle strette già da Fichte, contemporaneo di Kant. Cioè tu dici: Mi dispiace, ma non posso esimermi dal ripetere che l’ ipotetico (indimostrabile e tantomeno mostrabile, constatabile, per definizione) noumeno è ben diverso dai fenomeni (fra l’ altro può benissimo essere reale anche quando i fenomeni non sono reali; e la stessa cosa non può allo stesso tempo essere reale e non essere reale). Ma il mio ragionamento è chiaro: se la realtà fenomenica deriva da quella noumenica allora quella noumenica deve essere multiforme (non si vede come potrebbe derivare una molteplicità di forme da qualcosa di informe, in questo caso, tra l'altro, saresti costretto ad ammettere che per sé tutti gli oggetti sono identici nella loro informità), di qui già trovo che le due realtà possiedono qualcosa in comune, apparte già l'esistenza, il che mi permette di dire che queste realtà sono "sostanzialmente" uguali (cioè identiche in ciò che è più basilare in loro). Allora dovresti provare ad applicare il discorso sulla delimitazione (soprattutto fisica) dei corpi -che ho esposto prima- alla realtà noumenica per vedere se, effettivamente, anche un fiore noumenico possa essere qualcosa al di fuori della delimitazione con l'altro. Sgiombo: Beh, se basta avere in comune il fatto di esistere per essere la stessa cosa, allora il Giudizio universale di Michelangelo è “sostanzialmente”, “in ciò che gli è più basilare” la stessa cosa di una qualsiasi orrenda porcheria di Andy Wharol (esistono purtroppo anch’ esse, oltre ai capolavori dell’ arte). Non sono per niente d’ accordo! Del nuomeno (se reale) non si può parlare in termini di forma per definizione, essendo non-fenomenico, non apparente, e dunque non caratterizzato da una qualche forma (sarebbe un po’ come parlare della forma della gioia o della tristezza, che peraltro sono comunque fenomeniche, anche se mentali: le si sente). Aggressor: L'immagine del fiore-universo era un modo semplice per far capire che ciò che è oltre l'oggetto determina il contenuto dell'oggetto stesso. Se oltre ad un fiore non ci fosse nulla, esso sarebbe così diverso da sé che non lo chiameremmo più "fiore"; ma questo non vuol dire che, in senso ontologico, prima c'era una realtà che è poi sparita nel nulla dando spazio ad un altra realtà, semplicemente nessuno è qualcosa di stabile o definito, ognuno trae dal contesto in cui si trova la sua forma. Sgiombo: Ma puoi cambiare in contesto in cui è inserito un fiore (o qualsiasi altro oggetto), per esempio recidendolo dal ramo del cespuglo nel campo ove era sbocciato e mettendolo in un vaso, o magari appoggiandolo su un tavolo, o sul cruscotto di una macchina o dove cavolo ti pare, ma in seguito a questa traslazione (o a queste traslazioni) resterà comunque un fiore (al massimo un po’ più appassito). |
31-05-2013, 08.28.33 | #68 | |
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Citazione:
Si, rimane da capire anche (come si chiedevano anche Aggressor e sgiombo) se questo sentire è intrinseco alla Natura o se avviene solo in corrispondenza di particolari "configurazioni" di quest' ultima, come ad esempio ciò che intendiamo con sistema nervoso. |
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31-05-2013, 10.05.18 | #69 | |
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Citazione:
In altre parole il passaggio dall'immediato sentire fenomenologico di un soggetto che si conosce come io, ossia nucleo di un voler agire, all'attribuzione di questo sentire a un sistema nervoso che appartiene a molti soggetti io è il risultato di una costruzione rappresentativa complessa la cui causa risiede nell'originario sentire e non il contrario. Non è quindi il sistema nervoso di un certo numero di soggetti la causa del sentire, ma esso è uno degli effetti rappresentativi del sentire fenomenologico, derivante dal fenomeno necessario (e quindi del tutto naturale) che inevitabilmente si sente, ma si sente in modo che resti salvaguardata la possibilità di poter liberamente agire. |
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31-05-2013, 11.11.59 | #70 |
Ospite abituale
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO
Sgiombo
Ma puoi cambiare in contesto in cui è inserito un fiore (o qualsiasi altro oggetto), per esempio recidendolo dal ramo del cespuglo nel campo ove era sbocciato e mettendolo in un vaso, o magari appoggiandolo su un tavolo, o sul cruscotto di una macchina o dove cavolo ti pare, ma in seguito a questa traslazione (o a queste traslazioni) resterà comunque un fiore (al massimo un po’ più appassito). Si, certo, i contesti che hai utilizzato nei tuoi esempi sono tutti simili, per questo il fiore, pur cambiando leggermente, sembra sempre un fiore. Prova a metterlo, che so, nello spazio, o a 1000 metri sotto il mare. Qui effettivamente mi sembra di riconoscere gli effetti della marijuana (o anche peggio). => O anche peggio?! Qui mi offendo però. La sfera messa in vari contesti (circondata da coni piuttosto che da cubi, da altre sfere o da qualunque altra cosa) resta una sfera e non diviene un cubo (solo per il fatto di essere stata spostata da un’ altra parte o, per la relatività del moto, perché le cose che la circondavano prima sono state sostituite da altre, diverse cose) Invece mi pare che i corpi cambiano forma se spostati nei luoghi appropriati. Credo di non aver afferrato ciò che indenti perché se una sfera la infilo sotto un trattore, per esempio, quella diventa ben altro, mi sembra scontato. Cosa è cambiato da quando stava sopra un comodo tavolo a dopo? Semplicemente il contesto. Dici che il noumeno è informe, allora davvero non si vede alcun motivo per cui da qualcosa del genere si dovrebbero generare le forme. Capisci che se siamo prima di tutto noumeno ed esperiamo grazie alle relazioni che intercorrono tra vari pezzi di realtà (sicuramente non esperiamo per il tramite della staticità totale del nostro essere), allora è nel noumeno che devono porsi queste relazioni. Comunque Kant non ha mai detto come dobbiamo pensare il noumeno, esso è semplicemente ciò che le nostre categorie e intuizioni pure non possono farci vedere; non è detto che il noumeno non possegga una forma, anche se non è quella riportata dalle nostre strutture mentali. Il fatto che qualcosa non appaia non vuol dire necessariamente che non possieda delle proprietà, un modo di essere; anche perché la struttura che ne permetterebbe l'apparire una specificità sembra averla, ed essa precede la sensazione. |