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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 07-06-2013, 08.37.12   #101
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Sgiombo:
Ho l’ impressione che a questo proposito tu faccia dei semplici giochi di parole (suicidarmi perché cambierò, magari in meglio?!?!?!).

Aggressor:
Macché giochi di parole! Ci mancherebbe! Io dico sul serio e tu infatti non hai risposto alla mia domanda, non mi hai detto su cosa basi il tuo principio di identità (ed è la seconda volta che te lo chiedo). Se dici che il chiamare un oggetto con lo stesso nome per somiglianza non ha rilevanza per una cosa del genere, allora mi pare che non identifichi un oggetto con ciò che gli somiglia. Forse credi che esistano degli istanti temporali in cui la materia è disposta in un certo modo (il noumeno) e che, cambiando aspetto, ogni parte dell'universo non è mai ciò che era l'istante prima? Magari poi ammettendo che però tu rimani te stesso in virtù della coscienza o di qualcosa di animoso.

Sgiombo:
Ma cosa mai sarebbe il “mio principio di identità” (del quale non ho mai parlato)?

Ovviamente un oggetto non è (non si identifica con) qualcosa che semplicemente gli somiglia (vi sono vari formaggi che assomigliano più o meno al Parmigiano-Reggiano ma un solo formaggio Parmigiano-Reggiano).

Il noumeno non è materia (della quale l’ “esse est percipi”: ergo è fenomeni), in qualsiasi modo sia disposta in qualsiasi istante temporale.

Ma che c’ entra tutto ciò (come pure le ovvie considerazioni che continui ad oppormi -vanamente perché non le ho mai negate- sul divenire -mutamento continuo degli enti- e sul carattere insuperabilmente arbitrario delle definizioni che stabiliamo per ogni ente particolare concreto di cui parliamo, cioè delle connotazioni degli concetti) con la natura ontologica dell’ io e con quella dell’ esperienza fenomenica?
Questa è una domanda che io ho rivolto a te ripetutamente e alla quale tu non hai mai risposto.



Aggressor:
Dici sempre che il noumeno non ha una forma, ma se questa parola designa il possesso di una modalità di essere (come ho sempre specificato) non puoi negargliela. Infatti tu stesso dici che il noumeno "diviene", ma se non fosse in alcun modo, non potrebbe nemmeno modificarsi. Ancora se non fosse in alcun modo non potrebbe derivare puntualmente ciò che traiamo da esso, e nemmeno potrebbe esistere una struttura ordinata che permetta il mio "sentire", ovvero ciò che creerebbe i fenomeni.

Sgiombo:
Dire che il noumeno ha una certa forma è una cosa (autocontraddittoria), dire che il noumeno è (diviene) in un certo modo è ben altra cosa (sensata). Io ho sempre negato la prima e affermato la seconda di esse.
(Anche l’ umore o lo stato d’ animo di ciascuno in ogni istante è in un certo modo, ma non si può sensatamente dire che abbia alcuna forma: quadrata? Sferica? Elicoidale? Casomai felice, malinconico, sereno, ecc).



Aggressor:
Nemmeno ti sei preoccupato di commentare un'altro punto centrale della mia questione, il fatto che chiami il noumeno "casa in sé". Se ogni ente noumenico ha un modo di essere (sei stato tu stesso a dire che non ammetti la sua indeterminatezza intrinseca -con questo intendo una indistinzione interna, nessun contenuto-, ammetterai, immagino, una sua indeterminatezza rispetto alle nostre facoltà) allora deve trarre la sua apecificità in relazione a quella di un'altro (non potrà dunque essere alcunché di sensato nell'assoluta solitudine, nell'autoreferenzialità, nell'in-sé). Quale senso avrebbe dire che una cosa è particolare se non ci fosse niente di diverso a fondare questa specificità? Dopotutto è un discorso che si capisce bene se non ha senso dire, per esempio, che sono alto, al di fuori di un metro di paragone (questi sistemi di paragone li chiamo pure contesti). Potrai pure dire, quando ne hai voglia, che non si può parlare del noumeno e così chiudere il discorso, ma poi, quando ti fa comodono ne parli, dicendo che non è una sorta di Uno plotiniano, ad esempio (hai ammesso che è diversificato al suo interno), e che diviene; ma allora permettimi di discorrere sulle cose che derivano da queste caratteristiche che gli additi, altrimenti mi pare che non ci sia onestà intellettuale.

Sgiombo:
“Indeterminatezza del noumeno rispetto alle nostre facoltà”: che significa? Se significa che ne possiamo dire ben poco non lo ammetto affatto: è anzi quello che continuo a ripetere!
Mi sono ripetutamente (e faticosamente) preoccupato di spiegarti che il noumeno (se reale) non può essere immaginato, non ha forma, che se ne può dire ben poco (che diviene in determinati modi parte dei quali sono puntualmente ed univocamente corrispondenti al divenire dei fenomeni, e dunque che non è uniforme o indeterminato); non aspettarti che ti dica di più in proposito perché di più non si può sensatamente dire (del noumeno non parlo quando mi fa comodo -???-) bensì quando interrogato in proposito e come se ne può parlare, cioè pochissimo).
Pretendere che dica di più del noumeno sarebbe come pretendere che parli di un sapore blu o del profumo o della consistenza tattile di un brano musicale!

Infatti il concetto di noumeno ha senso in quanto contrapposto al (in relazione di alterità con) quello dei fenomeni; e degli enti ed eventi fenomenici, che sentiamo e possiamo definire concettualmente, sappiamo quel che sappiamo in quanto li consideriamo in relazione reciproca (e qualcosa di "analogo" possiamo elucubrare o vagheggiare caratterizzi enti ed eventi noumenici: nulla di più): “Omnis determinatio est negatio” (l’ avrò scritto quattro volte? Cinque volte? Sei volte? Ho perso il conto!).

Continui ad affibbiarmi indebitamente “ammissioni” di cose che non ho affatto ammesso ma sempre autonomamente affermato (non lo considero disonestà intellettuale ma incomprensione).

Che c’ entra l’ onestà intellettuale?
Ovviamente puoi fare tutte le affermazioni autocontraddittorie che vuoi (senza però che esse divengano coerenti e sensate)!
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Vecchio 07-06-2013, 08.42.21   #102
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Citazione:
Originalmente inviato da jeangene
Io penso che al momento della mia morte questa mia specifica "forma", questo pensare, questo ricordare esperienze di cui ho momoria alle quali solitamente associamo la nostra identità si dissolverà.
Resta comunque la possibilità che io "nasca" nuovamente in una nuova "forma" (anche completamente differente) con nuove esperienze sia "fisiche" che "mentali" che possono essere completamente diverse da quelle che esperisco ora.
Quello che voglio dire è che resta comunque la possibilità di "rinascere" come IO avente esperienza.

Credo che la metempsicosi, implicando l’ oblio delle esperienze vissute precedentemente, non sia una “rimedio” o una “consolazione” efficace per la perdita di ciascuna vita cosciente (perdita che peraltro si può accettare serenamente): la mia eventuale prossima vita sta con la mia vita attuale (che perderò) esattamente come le vite presenti, passate e future degli altri: si tratta di un’ altra cosa e non della sua continuazione-persistenza (altri “io” e non “il mio io”).

Che esistano altri "io", altre vite da sempre e per sempre é comunque una considerazione confortante, specie se alcune di esse possono conoscere qualcosa di me (del "mio io") e ricordarlo dopo la cessazione (inesorabile e definitiva) della sua esistenza.
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Vecchio 07-06-2013, 13.10.33   #103
ulysse
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
L’ “io” se c’è (oltre il fluire dei contenuti di coscienza) esiste anche allorché dormo senza sognare.
Dunque non è “una parte dei fenomeni" (che non esistono allorché esso esiste).
L'"io" se c'è!?
In effetti credo sia solo invenzione dela psicanalisi per riferirsi alla entità costante e continua, eppur evolvente, che ciascuno di noi impersona: in ogni caso bisognerebbe definire concretamente che questo "IO" non è nulla di diverso da ciò che è nel complesso il nostro senso di esserci come consuntivo e somma di un nostro passato e presente con speranze future...il tutto assommantensi nella nostra Vision e Weltanshauung: visione di noi cosciente in presenza e interazione col vasto mondo.

In realtà sono quasi certo che io (fenomeno) ci sono anche quando dormo...anche i miei pensieri e memorie, ci sono, anche se durante il sonno non sono per me coscienti…se non confusamente, a volte.
Ma forse la cosa è ovvia anche per te e non a questo ti riferivi.

Forse dormendo non si attua in un completo esplicarsi la complessa dinamica del "pensare" in corso.

Per quanto sembra assodato che nel sonno REM, il cervello, a nostra insaputa, rumina e riordina memorie e pensieri trascorsi durante la giornata.
Ne consegue che è necessaria per tutti una sufficiente quantità di sonno REM se non si vuole perdere certa parte del nostro sentire, esperire e memorizzare realizzati in veglia.
Citazione:
La questione del terzo escluso e della biologia purtroppo non l’ ho capita (va beh l’ esigenza di brevità, ma qui mi sembri decisamente ellittico).
In particolare non capisco cosa sia questa inferenza “biologica” (e anche cosa differisca dall’ inferenza in generale).
Il terzo escluso?...chi sarebbe escluso?
In effetti è difficile da capire e non vedo cosa c'entri: forse un filosofo dovrebbe tener conto che anche i non filosofi vorrebbero capire.
Citazione:
Anche su rapporti fra Hume e Darwin (due scrittori che trovo affascinantissimi; Hume per me personalmente è uno dei tre o quattro grandissimi, ma non vedo come possa ritenersi un precursore di Darwin) ti trovo decisamente ellittico e non ti capisco.
Hume precedeva Darwin di oltre un secolo e non è noto che fosse apparsa in tale periodo alcuna idea adombrante le intuizioni di Darwin

Infatti le intuizioni (teoria) di Darwin sono decisamente originali: non ci sono precursori!

Col meccanismo evolutivo di Darwin, oramai generalmente accolto dalla scienza ed ulteriormente evoluto nel neodarwinismo, tutta la storia del vivente con relativa modalità evolutiva è stata rovesciata rispetto alle idee correnti in precedenza.

Sarei curioso di sentire dal tuo interlocutore cosa Hume abbia detto in proposito indipendentemente da Darwin…o come lo abbia anticipato.
Citazione:
Secondo me l’ energia è qualcosa che è sempre esistita (non creata da alcun dio) che da sempre e per sempre si trasforma (in altra energia e/o in massa, comunque materia) secondo proporzioni definite, universali e costanti.
Ammesso che l'universo sia un sistema chiuso la somma dei vari livelli di energia dovrebbe essere costante...e finire a entropia massima....ma è un sistema chiuso?
Citazione:
Appoggerei senza battere ciglio sistemi scientisti se li ritenessi veri (o almeno mi sforzerei di farlo; ma li ritengo tutti falsi; e irrazionalistici, o per lo meno non conseguentemente razionalistici).
Perché lo scientismo dovrebbero essere “proprio questo relegare la posizione dell'io in una soglia sconnessa con il fenomeno”?
Veramente per la scienza (“io” o non “io”) il vivente semplicemente è uno dei tanti fenomeni dell’universo...non relegato nè esaltato

Ma cosa intendi con scientismo?
La filosofia o religione detta “scientista” non è scienza!...nella generale accezzione!

Se poi vuoi dire che la "scienza", nelle sue modalità teorie ed enunciati è irrazionale...vorrei sapere cosa, in sua vece, ritieni vero, reale e razionale!?
Per quanto concordo che "l'assolutamente razionale" non esiste...ma mi pare che fra i vari saperi quello scientifico (proprio per qustione di metodo) dia, alla fine, le maggiori garanzie di veridicità circa l'essere e lo strutturarsi dell'universo.
Citazione:
E perché “se l'io è confuso come un fenomeno orizzontale e deduttivo, allora qualsiasi potere politico pre-ordinato definirà i suoi parametri non in gloria di dio, della scienza o degli uomini ma solo dei potenti”. Non capisco.
In effetti è vero: non solo ogni sistema socio/politico, ma ogni sistema messo in atto dal vivente si autodefinisce non certo in gloria di Dio, ma del proprio interesse sia esso contingente che di sopravvivenza.
Esso opera per strategie ad hoc: del resto l'egoismo è il grande motore.
Quale entità,infatti, sia essa semplice o complessa, può permettersi, pena la morte, di perseguire scopi che esulino sensibilmente dal proprio essere costituito?
Oppure sono io che non capisco!?
Citazione:
Cerco di essere un medico empatico e per quanto possibile ferrato, ma anch’ io in un medico (e non solo) preferirei la preparazione all’ empatia, se dovessi per forza scegliere (solo in una donna “mia”, forse, preferirei l’ empatia).
Evidentemente pensi che il perseguire l'empatia (oltre l'essere ferrato) ti porterebbe ad essere un medico migliore e ti soddisferebbe come persona: alla fine costituirebbe comunque vantaggio e quindi potere.

C'è chi trae soddisfazione dal semplice potere e c'è chi la trae dall'empatia:Comunque sia ognuno vi cerca vantaggio con egoismo.
Eticamente potremmo dire che il secondo caso vale di più...ma può essere che solo il primo sopravvive nel tempo...per cui se voliamo perseguire l'empatia efficacemente a lungo, dobbiamo coltivare il potere!
Citazione:
Si, ce l’ ho, oltre che con gli scientisti, anche con gli antiscientisti “a tutti i costi” (irrazionalistici pure loro).
Mi pare concetto di origine emotiva...contradditorio e irrazionale.
Ripeto comunque che "scientismo" è significante riduttivo e inesatto.
Citazione:
Se intendi dire (non sono sicuro di comprenderti bene) che c’ è troppo sapere scientifico acriticamente accettato (e solo in quanto tale eccessivo) e troppo poco sapere critico-filosofico, sono proprio d’ accordo.
Ma nessuna enunciazione relativa all'essere dell'universo è tanto sottoposta a controlli e critiche come quella scientifica: un trovato scientifico (scienza di primo livello) prima di essere oggettivamente validato, fa il giro delle migliaia di laboratori e università sparse sul pianeta.

Il sapere filosofico praticamente non soggiace ad alcuna critica sistematica. In un certo senso si va per alzata di mano!:
La cosa è di sempre e per sopperirvi Galileo diede origine alla rivoluzione scientifica.

Certo che se parliamo di scienza o ricerca applicata, finanziata dalle varie industrie e case farmaceutiche, allora è un'altra cosa: in tal caso l'elaborato deve passare al vaglio di enti statali e commerciali: anche in questo caso, tuttavia, la concorrenza non scherza ed il nuovo elaborato non ha vita facile. anche se l'esigenza del prevalere (guadagno) può essere distorcente.

Niente di questo esiste per la filosofia: chi garantisce per essa?..quale concorrenza?...o la concorrenza è di per se un male?

D’altra parte, che costituiscano un bene o un male, oggi non si fa che parlare della esigenza di nuovi trovati tecnologici per dare lavoro alle masse...e credo che se si lavora convenga anche alla filosofia.
Citazione:
Per me fenomeni e noumeno sono su due paini distinti, separati, trascendenti; e l’ io (soggetto di esperienza fenomenica cosciente; e possibile oggetto nell’ ambito di altre coscienze fenomeniche coscienti -come cervello- e della propria -come pensiero-) fa parte del noumeno. La relazione fra noumeno e fenomeni è di corrispondenza “puntuale ed univoca”.

L’ unica realtà di cui c’è certezza è quella che viviamo, la nostra esperienza fenomenica; questo non ci impedisce di credere all’ esistenza di altre esperienze fenomeniche e di una realtà in sé (ma dovremmo essere consapevoli dell’ infondatezza o ”arbitrio fideistico” di queste credenze; almeno se vogliamo essere -come io personalmente voglio essere- razionalisti conseguenti); le quali però non possono non essere su piani ontologici diversi (correlati da una corrispondenza fra i rispettivi divenire -o dovrei dire “diveniri”?-).
E’ un discorso strano...comunque una realtà indipendente da noi certamente esiste: la cosa è molto più semplice.
Il vivente è un fenomeno che si è evoluto nell'universo (che già c’era) alla pari, in concorrenza ed in concomitanza di innumeri altri fenomeni esistenti e interferenti o meno reciprocamente.
Si tratta di innumeri fenomeni semplici o complessi fra loro interferenti...così come il fenomeno "vivente" interferisce con l'ambiente in cui si trova a vivere: lo modifica e ne viene modificato per cui evolve.

Il vivente umano ha avuto ed ha la strana idea e mania di studiare e voler capire come è fatto e come funziona il mondo in cui vive...e ci riesce anche, col procedere delle ricerche e con l'evolvere dei mezzi d'indagine, a capirci qualcosa e sempre più...magari, col try and error (prova e riprova) qualche volta sbaglia e prende lucciole per lanterne, ma, vista la coerenza degli enunciati coi fenomeni in essere, per lo più ci azzecca...elabora teorie, ecc…: vorrei sapere cosa c'è di fideistico in questo?

Concedo che tutto è relativo, ma chiedo: è forse meno fideistica la filosofia che procede senza alcun controllo col solo riferimento delle fantasia e degli antichi maestri…pure loro fantasiosi assai?...tanto da inventarsi una metafisica?

In effetti molti filosofi antichi e moderni pongono le cose in modo diverso.
Ma forse, a quei filosofi, sono sconosciute molte teorie e progetti che la scienza elabora fin dall’antico Galileo e proprio da qualche decennio a questa parte e anche meno… in un crescendo esponenziale!
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Vecchio 07-06-2013, 13.58.19   #104
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

jeangene:
Io penso che al momento della mia morte questa mia specifica "forma", questo pensare, questo ricordare esperienze di cui ho momoria alle quali solitamente associamo la nostra identità si dissolverà.

E certamente lo credo anche io, o almeno è ciò che mi pare più sensato. Ma se si ammette, per esempio, che una persona che abbia perso memoria, o che sia di molto cambiata è ancora la stessa persona, o se, più in generale, si identifica il proprio Io con il "tutto", allora direi che con la morte non è l'Io a sparire (e poi a tornare), ma certe affezioni dell'Io, certe contingenze di una forma che ha posseduto e che è semplicemente mutata.

In questa prospettiva più che rinascere, non si nasce né si muore, semplicemente ci si trasforma, anche radicalmente. Per questo trovo importante dover chiarire il senso del principio di identità. Non è questa una stupidagine visto che in generale non è chiaro, neanche agli studiosi del settore, quale sia la definizione di identità, quale sia il principio di identità. Ce n'è uno, che è il principio di identità degli indiscernibili, sul quale molto si stà discutendo perché afferma: se X e Y hanno le stesse proprietà (connotazioni spaziotemporali ecc.) allora X e Y sono lo stesso oggetto. Il che però, come cerco di mostrare, non rende conto della mutevolezza delle cose che siamo abituati a chiamare con lo stesso nome (foss'anche l'oggetto noumenico, che non può non trasformarsi se si deve render conto dei fenomeni). è vero che si potrebbe riportare come illecita (almeno in senso ontologico) questa operazione, ma nel caso dell'Io coscienziale, per esempio, non lo ammetteremmo (Io mi sento "Me stesso" anche se cambio, non è una questione di nomi dati per comodità). Inoltre non è chiaro cosa significhi che un oggetto possiede delle proprietà se quelle, come facevo notare, sono sempre il risultato di un rapporto e non qualcosa di intriseco agli oggetti.
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Vecchio 07-06-2013, 19.03.53   #105
jeangene
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Citazione:
jeangene:
Io penso che al momento della mia morte questa mia specifica "forma", questo pensare, questo ricordare esperienze di cui ho momoria alle quali solitamente associamo la nostra identità si dissolverà.
Resta comunque la possibilità che io "nasca" nuovamente in una nuova "forma" (anche completamente differente) con nuove esperienze sia "fisiche" che "mentali" che possono essere completamente diverse da quelle che esperisco ora.
Quello che voglio dire è che resta comunque la possibilità di "rinascere" come IO avente esperienza.


Aggressor:
E certamente lo credo anche io, o almeno è ciò che mi pare più sensato. Ma se si ammette, per esempio, che una persona che abbia perso memoria, o che sia di molto cambiata è ancora la stessa persona, o se, più in generale, si identifica il proprio Io con il "tutto", allora direi che con la morte non è l'Io a sparire (e poi a tornare), ma certe affezioni dell'Io, certe contingenze di una forma che ha posseduto e che è semplicemente mutata.

In questa prospettiva più che rinascere, non si nasce né si muore, semplicemente ci si trasforma, anche radicalmente. Per questo trovo importante dover chiarire il senso del principio di identità. Non è questa una stupidagine visto che in generale non è chiaro, neanche agli studiosi del settore, quale sia la definizione di identità, quale sia il principio di identità. Ce n'è uno, che è il principio di identità degli indiscernibili, sul quale molto si stà discutendo perché afferma: se X e Y hanno le stesse proprietà (connotazioni spaziotemporali ecc.) allora X e Y sono lo stesso oggetto. Il che però, come cerco di mostrare, non rende conto della mutevolezza delle cose che siamo abituati a chiamare con lo stesso nome (foss'anche l'oggetto noumenico, che non può non trasformarsi se si deve render conto dei fenomeni). è vero che si potrebbe riportare come illecita (almeno in senso ontologico) questa operazione, ma nel caso dell'Io coscienziale, per esempio, non lo ammetteremmo (Io mi sento "Me stesso" anche se cambio, non è una questione di nomi dati per comodità). Inoltre non è chiaro cosa significhi che un oggetto possiede delle proprietà se quelle, come facevo notare, sono sempre il risultato di un rapporto e non qualcosa di intriseco agli oggetti.

sgiombo:
Credo che la metempsicosi, implicando l’ oblio delle esperienze vissute precedentemente, non sia una “rimedio” o una “consolazione” efficace per la perdita di ciascuna vita cosciente (perdita che peraltro si può accettare serenamente): la mia eventuale prossima vita sta con la mia vita attuale (che perderò) esattamente come le vite presenti, passate e future degli altri: si tratta di un’ altra cosa e non della sua continuazione-persistenza (altri “io” e non “il mio io”).

Che esistano altri "io", altre vite da sempre e per sempre é comunque una considerazione confortante, specie se alcune di esse possono conoscere qualcosa di me (del "mio io") e ricordarlo dopo la cessazione (inesorabile e definitiva) della sua esistenza.


Direi che la questione è un tantino complessa.
Ci si può porre la seguente domanda (che fa un po' sorridere): Perchè io sono io e tu sei tu?
Perchè io sono costretto a questo sentire, a questo flusso di esperienza e tu sei costretto al tuo? Non potrebbe essere il contrario?
Penso di no, in questa domanda si attua una distinzione fra io e il rispettivo sentire quando in reltà l' io è un derivato del proprio sentire.

Citazione:
Originalmente inviato da maral
L'io in fondo appare solo quando insieme al sentire, all'agire, al pensare appare una possibilità di scelta sul modo di quel sentire, di quell'agire, di quel pensare, resa possibile dalla consapevolezza di quello stesso sentire. E' il sentire consapevole di se stesso che apre alla possibilità di un diverso sentire e l'io è ciò che vuole attuare questa scelta.

Quindi l' io deriva dal prorpio sentire che anch' esso forse deriva da qualcos' altro.
Sarà forse ad un eventuale riverificarsi di questo qualcos' altro e quindi del rispettivo sentire derivato che sarò "di nuovo" io?
jeangene is offline  
Vecchio 07-06-2013, 21.16.28   #106
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

PRIMA PARTE

Sgiombo
L’ “io” se c’è (oltre il fluire dei contenuti di coscienza) esiste anche allorché dormo senza sognare.
Dunque non è “una parte dei fenomeni" (che non esistono allorché esso esiste).

Ulysse:
L'"io" se c'è!?
In effetti credo sia solo invenzione dela psicanalisi per riferirsi alla entità costante e continua, eppur evolvente, che ciascuno di noi impersona: in ogni caso bisognerebbe definire concretamente che questo "IO" non è nulla di diverso da ciò che è nel complesso il nostro senso di esserci come consuntivo e somma di un nostro passato e presente con speranze future...il tutto assommantensi nella nostra Vision e Weltanshauung: visione di noi cosciente in presenza e interazione col vasto mondo.

Sgiombo:
Evidentemente mentre vi sono filosofi che conoscono benissimo le scoperte scientifiche anche recentissime, chi non é filosofo ignora molte cose.
Fra le quali che l’ unica cosa di cui può esserci certezza perché direttamente constatabile è l’ esperienza cosciente fenomenica che si vive.
Che esista inoltre anche un soggetto (oltre che degli oggetti) di tale esperienza si può credere fideisticamente (e per la cronaca io lo credo), ma né dimostrare, né tantomeno constatare (la realtà potrebbe benissimo esaurirsi interamente nel flusso delle sensazioni fenomeniche, senza alcunché d’ altro di reale.

Ulysse:
In realtà sono quasi certo che io (fenomeno) ci sono anche quando dormo...anche i miei pensieri e memorie, ci sono, anche se durante il sonno non sono per me coscienti…se non confusamente, a volte.
Ma forse la cosa è ovvia anche per te e non a questo ti riferivi.

Sgiombo:
Per me la cosa non è affatto ovvia. La credo vera, ma da razionalista conseguente sono anche consapevole che di una credenza infondata, indimostrata (e indimostrabile) si tratta.



Ulysse:
forse un filosofo dovrebbe tener conto che anche i non filosofi vorrebbero capire.

Sgiombo:
Vero; ma anche i non filosofi dovrebbero sforzarsi di capire e informarsi adeguatamente (se vogliono discutere di filosofia).



Ulysse:
Ma cosa intendi con scientismo?
La filosofia o religione detta “scientista” non è scienza!...nella generale accezzione!
Se poi vuoi dire che la "scienza", nelle sue modalità teorie ed enunciati è irrazionale...vorrei sapere cosa, in sua vece, ritieni vero, reale e razionale!?
Per quanto concordo che "l'assolutamente razionale" non esiste...ma mi pare che fra i vari saperi quello scientifico (proprio per qustione di metodo) dia, alla fine, le maggiori garanzie di veridicità circa l'essere e lo strutturarsi dell'universo.

Sgiombo:
Esatto, lo scientismo non è scienza, bensì pessima filosofia irrazionalistica; spesso di fatto condivisa (più o meno esplicitamente) da scienziati anche grandi (in quanto tali) ma non filosoficamente ferrati; secondo me, fra gli altri, tutti quelli che (stra-)parlano di “principio antropico”.
(“accezione e derivati” si scrivono con una zeta).



Ulysse:
In effetti è vero: non solo ogni sistema socio/politico, ma ogni sistema messo in atto dal vivente si autodefinisce non certo in gloria di Dio, ma del proprio interesse sia esso contingente che di sopravvivenza.
Esso opera per strategie ad hoc: del resto l'egoismo è il grande motore.

Sgiombo
:
Balle!
L’ altruismo è un motore per lo meno altrettanto grande e potente!

Ulysse:
Quale entità,infatti, sia essa semplice o complessa, può permettersi, pena la morte, di perseguire scopi che esulino sensibilmente dal proprio essere costituito?

Sgiombo:
Fra i tanti altri esempi che si potrebbero fare, molti cani e molti uomini.
E la morte non è necessariamente una pena: dipende dai casi (la morte di uno che viene preso mentre scappa verso la Svizzera travestito da soldato tedesco con l’ amante per salvare la pellaccia dopo aver proclamato “meglio un giorno da leone che cent’ anni da pecora” è una pena; quella di uno che cade per una causa giusta è un mattone portante nell’ edificio della civiltà umana).



Sgiombo:
Cerco di essere un medico empatico e per quanto possibile ferrato, ma anch’ io in un medico (e non solo) preferirei la preparazione all’ empatia, se dovessi per forza scegliere (solo in una donna “mia”, forse, preferirei l’ empatia).

Ulysse:
Evidentemente pensi che il perseguire l'empatia (oltre l'essere ferrato) ti porterebbe ad essere un medico migliore e ti soddisferebbe come persona: alla fine costituirebbe comunque vantaggio e quindi potere.
C'è chi trae soddisfazione dal semplice potere e c'è chi la trae dall'empatia:Comunque sia ognuno vi cerca vantaggio con egoismo
Eticamente potremmo dire che il secondo caso vale di più...ma può essere che solo il primo sopravvive nel tempo...per cui se voliamo perseguire l'empatia efficacemente a lungo, dobbiamo coltivare il potere!

Sgiombo
:
Evidentemente non hai capito un accidente: il perseguire l'empatia (oltre l'essere ferrato) mi porterebbe ad essere un medico migliore e mi soddisferebbe come persona perché, come sostenevano gli antichi stoici, “la virtù è premio a se stessa” (e poche cose mi sono più aliene della ricerca del potere …naturalmente sei liberissimo di non crederci, se sei convinto, come sembrerebbe, che l’ uomo non possa essere che gretto e meschino, mentre io credo che possa anche essere e in molti casi sia magnanimo e generoso).

Casomai solo chi non è troppo egoista può sopravvivere (e infatti l’ umanità si estinguerà di certo prematuramente e di sua propria mano se non verrà superata per tempo l’ organizzazione sociale dominante -capitalistica- caratterizzata da egoismo, grettezza e meschinità: la distruzione delle condizioni ambientali della sopravvivenza umana, oltre che di molte altre specie animali e vegetali, procede “allegramente” sospinta dalla concorrenza nella ricerca del massimo profitto individuale di impresa ad ogni costo e a breve termine).

Solo dei rozzi scientisti possono (pericolosissimamente ed irresponsabilmente) non accorgersene
sgiombo is offline  
Vecchio 07-06-2013, 21.29.32   #107
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

SECONDA PARTE


Sgiombo:
Si, ce l’ ho, oltre che con gli scientisti, anche con gli antiscientisti “a tutti i costi” (irrazionalistici pure loro).

Ulysse:
Mi pare concetto di origine emotiva...contradditorio e irrazionale.
Ripeto comunque che "scientismo" è significante riduttivo e inesatto.

Sgiombo:
“avercela con qualcuno” è ovviamente un atteggiamento emotivo.

“Scientismo” è molto esattamente e precisamente l’ atteggiamento di chi crede acriticamente nella conoscenza scientifica ignorandone significato, limiti, condizioni di verità, e di chi crede che tutto ciò che la scienza consente di fare vada fatto (bombe a idrogeno e distruzione dell’ ambiente vitale per la specie umana compresi).



Sgiombo:
Se intendi dire (non sono sicuro di comprenderti bene) che c’ è troppo sapere scientifico acriticamente accettato (e solo in quanto tale eccessivo) e troppo poco sapere critico-filosofico, sono proprio d’ accordo.

Ulysse:
Ma nessuna enunciazione relativa all'essere dell'universo è tanto sottoposta a controlli e critiche come quella scientifica: un trovato scientifico (scienza di primo livello) prima di essere oggettivamente validato, fa il giro delle migliaia di laboratori e università sparse sul pianeta.

Sgiombo:
…E non per questo è razionalistico accettarlo acriticamente (domani potrebbe benissimo essere dimostrato falso; e comunque è vero solo alla condizione che siano veri determinati assunti indimostrabili; fra gli altri, come genialmente mostratoci dal grandissimo filosofo David Hume, quello del divenire naturale secondo modalità o leggi universali e costanti, ovvero “causalmente”).

Ulysse:
Il sapere filosofico praticamente non soggiace ad alcuna critica sistematica. In un certo senso si va per alzata di mano!
La cosa è di sempre e per sopperirvi Galileo diede origine alla rivoluzione scientifica.
Certo che se parliamo di scienza o ricerca applicata, finanziata dalle varie industrie e case farmaceutiche, allora è un'altra cosa: in tal caso l'elaborato deve passare al vaglio di enti statali e commerciali: anche in questo caso, tuttavia, la concorrenza non scherza ed il nuovo elaborato non ha vita facile. anche se l'esigenza del prevalere (guadagno) può essere distorcente.

Niente di questo esiste per la filosofia: chi garantisce per essa?..quale concorrenza?...o la concorrenza è di per se un male?

Sgiombo:
Balle!
Vi sono filosofie irrazionalistiche (come per esempio lo scientismo) e filosofie razionalistiche che criticano tutto sistematicamente (ovviamente anche la scienza, contrariamente all’ irrazionalistico scientismo).

Il vero razionalista non riconosce alcun “garante” insindacabile ma critica tutto e sempre.

Si, per me la concorrenza è un male, anche se qualche volta in limitata misura necessario.



Ulysse:
D’altra parte, che costituiscano un bene o un male, oggi non si fa che parlare della esigenza di nuovi trovati tecnologici per dare lavoro alle masse...e credo che se si lavora convenga anche alla filosofia.

Sgiombo:
Tutti i politicanti sproloquiano di “nuovi ritrovati tecnologici”; i quali, per come è organizzata oggi l’ economia, lungi da creare lavoro tendono piuttosto a creare disoccupazione (ma per comprenderne le cause bisogna essere almeno un po’ filosofi e non sposare acriticamente tutto ciò che scienza e tecnologia dicono e fanno).



Sgiombo:
Per me fenomeni e noumeno sono su due piani distinti, separati, trascendenti; e l’ io (soggetto di esperienza fenomenica cosciente; e possibile oggetto nell’ ambito di altre coscienze fenomeniche coscienti -come cervello- e della propria -come pensiero-) fa parte del noumeno. La relazione fra noumeno e fenomeni è di corrispondenza “puntuale ed univoca”.

L’ unica realtà di cui c’è certezza è quella che viviamo, la nostra esperienza fenomenica; questo non ci impedisce di credere all’ esistenza di altre esperienze fenomeniche e di una realtà in sé (ma dovremmo essere consapevoli dell’ infondatezza o ”arbitrio fideistico” di queste credenze; almeno se vogliamo essere -come io personalmente voglio essere- razionalisti conseguenti); le quali però non possono non essere su piani ontologici diversi (correlati da una corrispondenza fra i rispettivi divenire -o dovrei dire “diveniri”?-).

Ulysse:
E’ un discorso strano...comunque una realtà indipendente da noi certamente esiste: la cosa è molto più semplice.

Sgiombo:
A si? E allora dimostramelo!

Ulysse:
Il vivente è un fenomeno che si è evoluto nell'universo (che già c’era) alla pari, in concorrenza ed in concomitanza di innumeri altri fenomeni esistenti e interferenti o meno reciprocamente.
Si tratta di innumeri fenomeni semplici o complessi fra loro interferenti...così come il fenomeno "vivente" interferisce con l'ambiente in cui si trova a vivere: lo modifica e ne viene modificato per cui evolve.

Il vivente umano ha avuto ed ha la strana idea e mania di studiare e voler capire come è fatto e come funziona il mondo in cui vive...e ci riesce anche, col procedere delle ricerche e con l'evolvere dei mezzi d'indagine, a capirci qualcosa e sempre più...magari, col try and error (prova e riprova) qualche volta sbaglia e prende lucciole per lanterne, ma, vista la coerenza degli enunciati coi fenomeni in essere, per lo più ci azzecca...elabora teorie, ecc…: vorrei sapere cosa c'è di fideistico in questo?

Concedo che tutto è relativo, ma chiedo: è forse meno fideistica la filosofia che procede senza alcun controllo col solo riferimento delle fantasia e degli antichi maestri…pure loro fantasiosi assai?...tanto da inventarsi una metafisica?

In effetti molti filosofi antichi e moderni pongono le cose in modo diverso.
Ma forse, a quei filosofi, sono sconosciute molte teorie e progetti che la scienza elabora fin dall’antico Galileo e proprio da qualche decennio a questa parte e anche meno… in un crescendo esponenziale!

Sgiombo:
Tutti i fenomeni sono insiemi di percezioni (“esse est percipi”) la cui esistenza è limitata al loro accadere nell’ ambito della coscienza.
E ciò che la scienza ci dice del passato della natura è una descrizione di potenziali sensazioni fenomeniche coscienti che sarebbero potute accadere in determinate condizione purché determinati assunti indimostrabili siano veri.

In quel che dici di fideistico ci sono molte cose.
Per esempio la credenza che la natura divenga secondo leggi universali e costanti che non può essere dimostrata (Hume): puoi verificare che nel cento per cento dei casi finora osservati è stata in vigore la legge di gravità (einsteiniana), ma che così sarà anche la prossima volta è puramente e semplicemente un atto di fede (che personalmente compio, per la cronaca), non può essere affatto dimostrato, per quanti siano i casi precedenti verificati.
E se si vuole essere razionalisti conseguenti ce se ne deve rendere conto (come ci insegnano i grandi filosofi come David Hume), non cadendo nell' errore (per me molto ridicolo) di credere che sì tratti di un fatto provato, dimostrato.

Quello di cui parli alla fine non é la filosofia ma una sua caricatura (come se uno dicesse che la scienza é imbroglio per carpire finanziamenti statali; che effettivamente c' é stato e c'é, ma ridurre a ciò la ricerca scientifica serebbe appunto farne una caricatura).
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Vecchio 07-06-2013, 21.37.56   #108
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Originalmente inviato da jeangene
Direi che la questione è un tantino complessa.
Ci si può porre la seguente domanda (che fa un po' sorridere): Perchè io sono io e tu sei tu?
Perchè io sono costretto a questo sentire, a questo flusso di esperienza e tu sei costretto al tuo? Non potrebbe essere il contrario?
Penso di no, in questa domanda si attua una distinzione fra io e il rispettivo sentire quando in reltà l' io è un derivato del proprio sentire.



Quindi l' io deriva dal prorpio sentire che anch' esso forse deriva da qualcos' altro.
Sarà forse ad un eventuale riverificarsi di questo qualcos' altro e quindi del rispettivo sentire derivato che sarò "di nuovo" io?


Ma per essere quello che intendo come "io" (e credo intenda ogni persona ragionevole) é necessaria tutta la memoria che ho del mio passato; e allora se si riverificasse (ed é tutto da dimostare che sia possibile) ciò (che credo tu intenda di moumenico) che fa sì che accada nuovamente il mio sentire (fenomenico) senza la memoria del mio passato, allora di un "altro io" si tratterebbe (ed erroneamente si impiegherebbe qui la locuzione "il MIO sentire").
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Vecchio 08-06-2013, 10.10.21   #109
maral
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Originalmente inviato da Aggressor
Una differenza che trovo fondamentale è questa: nel sogno lucido ricordo ciò che ho fatto e ciò che ero da sveglio, invece nella condizione di veglia i ricordi si fanno sempre più sfumati mano a mano che mi avvicino alla mia nascita (lo studio della storia e i racconti degli altri possono però far luce sul passato, al che, se volessi identificarmi col "tutto" e non con una porzione di esso come si fa abitualmente, potrei anche sopprimere la differenza appena evidenziata; effettivamente ricorderei ciò che ero).

Se la differenza è questa dovremmo a concludere che lo stato di veglia è uno stato meno lucido del sogno lucido. Vi è però chi afferma anche dallo stato di veglia è possibile accedere alla memoria della catena degli stati prenatali
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Però vorrei sottolineare questo, e si tratta di un discorso inerente a quello che ho tentato con jeangene: ciò che vedo nel sogno sono sempre io a crearlo, anche se non è un sogno lucido, perché è il mio subconscio (una parte importante di me) a far emergere il contenuto onirico. Allora che senso ha dire che nel sogno Io ero il protagonista (quello che viveva l'esperienza in prima persona)? Ovviamente stò proponendo un parallelismo con la condizione di veglia, in quanto da un punto di vista fenomenico appare analoga. Io non sarei voi, ma da un certo punto di vista voi potreste essere la parte incoscia di me (non è tutto frutto della mia fantasia, ho solo adattato l'esempio del sogno ad una parte della teoria di Fichte).
Non sono molto d'accordo con la considerazione che le immagini oniriche sono io a crearle in quanto traggono origine da un subconscio personale, materia nascosta dell'io. Credo piuttosto che sia le immagini oniriche che le immagini oggettuali che mi appaiono come realtà esterna abbiano una comune origine più profonda che da un lato mi trascende, dall'altro mi comprende in un'unità originaria con il mondo (io-altro). Forse è questa unità originaria che potremmo definire noumeno (senza poter altro aggiungere) e di cui l'io è solo una polarità rappresentativa che appare in funzione relazionale con l'altro in una sorta di sogno sognato dal noumeno. Un sogno peraltro sempre cangiante in modo molteplice in cui è però presente una volontà di identità il cui nucleo è l'io stesso. Proprio per questo, come nel tema di questa domanda, ci è impossibile fissare l'io, essendo esso proprio questa volontà che non può mai trovare compimento definitivo se non in se stessa, nel suo perenne cercarsi.
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Vecchio 08-06-2013, 11.38.12   #110
jeangene
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Originalmente inviato da sgiombo
Ma per essere quello che intendo come "io" (e credo intenda ogni persona ragionevole) é necessaria tutta la memoria che ho del mio passato; e allora se si riverificasse (ed é tutto da dimostare che sia possibile) ciò (che credo tu intenda di moumenico) che fa sì che accada nuovamente il mio sentire (fenomenico) senza la memoria del mio passato, allora di un "altro io" si tratterebbe (ed erroneamente si impiegherebbe qui la locuzione "il MIO sentire").

No, con IO intendo il soggetto a cui il sentire è rivolto, quell' IO intangibile oggetto delle domande con cui ho aperto questa discussione.
E' evidente che se perdessi la memoria non sarei più "ciò con cui mi identificavo", ma continuerei a sentire. Io continuerei a sentire, non un altro.
jeangene is offline  

 



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