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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
12-08-2013, 18.24.08 | #1 |
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Etica senza frontiere
Etica
Perdonatemi la presunzione di riaprire una conversazione che tempo fa aveva iniziato Maral, su questo argomento: la relativizzazione dei valori e la tracotanza del pensiero unico, che si era conclusa in modo inconcludente, poiché io avevo espresso il bisogno di rifletterci un po’, dato che lo ritengo essenziale ed attualissimo, siccome concerne il modo con cui gli esseri umani vivono o dovrebbero vivere in questo mondo l’unica vita che hanno, che purtroppo per molti, troppi, è indecente o dolorante. La tesi sostenuta da Maral è questa: l’Occidente ha la pretesa di omologare tutto il mondo con quella funzione tecnica e produttiva che tutto riporta alla pura ratio economica; tesi largamente condivisibile: questo homo aeconomicus (altro che uebermensch, è un minusuomo) non piace. Infatti è stata condivisa, più o meno, da tutti gli intervenuti, me compreso. Sono state tuttavia aggiunte alcune specificazioni che qui riassumo (perdonatemi anche se il riassunto è mal fatto). 1. Specificazione antropologica: non è solo una questione di potenza e prepotenza, quella ratio economica si diffonde globalmente con il potere seduttivo del capitalismo, che è seducente perché s’accompagna alla forza corruttrice del consumismo (vedi il paradosso cinese) 2. Specificazione storica: se c’è una volontà di potenza all’opera essa c’è sempre stata, è propria dell’umanità (o quanto meno degli stati); si dà il caso, storico, che in questo momento il protagonista sia l’Occidente, ma in passato furono altri (che so, i Mongoli di Gengis Khan; anzi mi permetto di suggerire a chi è interessato la lettura del saggio “Il perno geografico della storia” – si può trovare anche in rete, perché è una prospettiva interessante su Occidente-Oriente) a manifestarla (e in futuro probabilmente saranno altri ancora) 3. Il giudizio storico, politico e morale sull’Occidente dovrebbe essere più complesso, perché se è vero che si è imposto al mondo conquistando, sterminando, conculcando diritti e producendo ingiustizia, è altrettanto vero che è proprio l’Occidente ad aver partorito una cultura morale e giuridica che aspira all’universalità, anche contro se stesso.(per inciso: parlo di Occidente perché l’ha fatto Maral, ma il termine, e il concetto, non mi piace, è vago, metaforico) E’ quest’ultimo punto che ha fatto slittare la conversazione sul piano etico, perché a. C’è veramente un’etica occidentale che può aspirare all’universalità, oppure tale aspirazione è mera retorica? b. Anzi è essa stessa lo strumento di una colonizzazione culturale, il grimaldello per imporre i valori occidentali ad altra gente straniera che vive in questo mondo spezzato tra giustizia e ingiustizia, ricchezza e povertà? c. E comunque a che serve un’etica dei diritti se non viene applicata? Queste osservazioni hanno stimolato la mia riflessione, la riflessione di un individuo (posso dire: un filosofo?) occidentale, situato qui ed ora, ciò nel momento storico in cui ci sarebbe bisogno di una morale e di una giustizia senza frontiere, una riflessione che ha partorito molti dubbi (fatto che ritengo positivo, poiché è del dubitare che si nutre il pensiero, solo gli stolti se ne vanno in giro col loro pacchetto preconfezionato di certezze). Ecco alcuni dei dubbi: A. Esiste una morale universale o non può esistere? B. L’etica dei diritti (che comunque io ritengo un eccezionale prodotto della civiltà occidentale, benché raggiunto per sfinimento di contendenti intolleranti) è una dimensione reale entro cui poter costruire una vita decente oppure è una mistificazione buona per giustificare l’apparenza di libertà? C. Può, pur volendo, se lo vuole, la moderna società disciplinare consentire ai suoi disciplinati membri la libertà personale, o è una contraddizione insanabile foriera di un nuovo dispotismo? Ho iniziato a riflettere sul primo punto, ecco qua (e spero di suscitare una bella e approfondita conversazione). Purtroppo devo cominciare con un postulato, una premessa che so debolissima: il fondamento etico è la libertà dell’individuo; ciò ovviamente implica la controvertibilissima decisione di considerarlo capace di libero arbitrio. Per il momento concedetemelo. L’essere umano è quindi (in teoria) libero di agire, quindi di compiere scelte e mettere in atto comportamenti che dovranno (dovrebbero) consentirgli una buona vita (non una vita buona, ché sarebbe un confondere il problema con la sua soluzione) nella società. Questa è la seconda premessa: l’etica è intersoggettiva, perché non c’è una morale per Robinson Crusoe, bensì per Robinson e Venerdì. E’ evidente che dunque rifiuto l’etica teleologica (alla Aristotele)in favore di una deontologica; ma soprattutto rifiuto l’etica razionale (alla Kant), perché non credo che si possa fondare una moralità sulla base di una presunta capacità di ragionare di un soggetto (quale ragione? La mia? La vostra? Di un Pigmeo o un Eschimese?). In questo modo tra altro evito di cadere nella trappola relativistica; anzi dichiaro subito che vorrei sostituire il relativismo col pluralismo, perché il primo conduce all’intolleranza o, nel migliore dei casi, all’indifferenza, mentre il secondo può disegnare un orizzonte contrattuale. Rifiutando l’etica razionalistica, deduttiva o induttiva che sia, devo ovviamente scegliere un’etica naturale. Sgombro subito il campo dall’equivoco: non mi riferisco ad un presunto stato di natura, al diritto naturale (che è un modo infine per far rientrare dalla finestra quel che è uscito dalla porta: il dio), mi riferisco invece propriamente alla dimensione biologica ed evolutiva della specie umana; ovvero: una dimensione etica originaria, frutto dell’evoluzione della specie Homo Sapiens Sapiens, quindi homo prima che diventi Romano o Persiano, cristiano o induista, comunista o fascista. Certamente, se c’è, è talmente generica da non dimostrare quasi nulla dei nostri complicati dilemmi (del tipo: un feto umano è o non è un essere umano?, è un animale portatore di diritti o no?, ecc.), tuttavia credo che sarebbe una buona base e uno spazio inclusivo per consentire un incontro tra esseri umani diversi e spesso avversi. Credo insomma – sulla base di ricerche etologiche e psicologiche - che ci sia un sostrato morale proprio dell’umanità. Non mi dilungo su queste ricerche, mi limito a citare Marc Hauser, i cui esperimenti possono provare che ci sono intuizioni morali specifiche, universali ed innate, che sono la base di giustificazioni morali dipendenti dalla cultura di appartenenza: una sorta di grammatica etica che genera dunque valutazioni e comportamenti morali; sul versante filosofico c’è corrispondenza con le idee di Hume e Smith. Un esempio: gli studi di Nichols rilevano che i bambini, nel secondo anno di vita, già manifestano una reazione negativa in presenza di una situazione di dispiacere o sofferenza di un’altra persona. Quindi – in breve – la grammatica morale universale si baserebbe su simpatia e altruismo, su cui poi si costruiscono comportamenti più complessi. Questo mi fa supporre che dunque, attraverso il dialogo e l’argomentazione, possa darsi la possibilità di un accordo tra individui appartenenti ad etnie diverse, se lo vogliono. Certamente è un enorme “se”, continuamente impedito dall’esperienza storica. Rifacendomi a quell’esperimento ideale scherzosamente proposto a Maral: come faccio a convincere un cannibale a non mangiarmi?, penso che se il cannibale mi consente di esprimermi alla fin fine potremmo raggiungere l’accordo che non sarebbe giusto mangiarmi (anche se è probabilissimo che non me ne dia né il tempo né il modo). “Così va il mondo”, direbbe Don Abbondio. Il problema è che il mondo ora più che mai va verso l’imprescindibile esigenza di edificare una giustizia senza frontiere, dunque ha bisogno di un’etica senza frontiere. Non possiamo limitarci – come mi pare abbia fatto Maral – a prendere atto dell’occidentalizzazione come di un deprecabile evento provocato dal trionfo del capitalismo alleato con la tecnologia. |
14-08-2013, 07.10.34 | #3 | ||
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Riferimento: Etica senza frontiere
Citazione:
l'argomento e' molto interessante e molto complesso,credo ci siano moltissime variabili che entrano in gioco simultaneamente e forse anche in apparente contraddizione tra loro. se ti accontenti del mio breve e limitato intervento ti diro' quello che penso ma in maniera un po sparsa.. mi sono venute in mente diverse cose e cioe' che la nostra società e' estremamente complessa e piu aumenta la complessità e piu il cittadino viene estraniato dalla possibilita di un intervento attivo (non credo che per nostra stessa natura siamo nati per vivere in giganteschi termitai)..quello che gli si para davanti e' un mostro invisibile (mi torna in mente la storia di frankstein,con l'aggiunta che manco lo vedi) senza piu punti di riferimento concreti..forse e' anche vero che l'autorità,vera o presunta che sia,di per se libera dal peso delle proprie responsabilità,resta il fatto che con queste premesse risulterebbe,a mio avviso,quasi scontato l'emergere di un dispotismo dalla apparente facciata "democratica" aggiungi pure gli interventi successivi che il potere (consolidato) adotta per mantenere se stesso,tipo la sostituzione dei valori incentrati sull'essere a quelli economici e consumistici dell'avere,l'incessante lavaggio del cervello prodotto dai mass media,il capovolgimento e la mistificazione del significato intrinseco delle parole (es: missioni di pace=guerra,in realtà) ecc..ecc, allora il cittadino oltre ad essere già una nullità in seno a una suddetta società,si trasformerà pure in uno zombi reso definitivamente inconsapevole e totalmente innocuo…anzi,diventa egli stesso ingranaggio attivo,nella sua passività.. Citazione:
..e se al pari di queste si manifestano anche i suoi contrari,antipatia ed egoismo?..in fondo non sono anche queste manifestazioni universali ed innate? in conclusione mi chiedo; può un etica o morale universale che sia,venir fuori da queste condizioni? |
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14-08-2013, 12.30.17 | #4 | |
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Riferimento: Etica senza frontiere
Citazione:
Distinguerei la legge dall'etica. La Roma antica è stata maestra per tutto l'occidente della legislazione che potesse tutelare per quanto possibile una giustizia umana. In questo l'occidente è stato il migliore. L'oriente, le società di tipo primitivo o quant'altro non hanno saputo fare di meglio, in quanto donne e bambini sono sempre le vittime della situazione. L'etica universale può essere solo la legge, che però è giusta in modo molto parziale e sa pure di esserlo. L'etica personale può essere quella appresa, quindi condizionata, o quella scoperta dentro di sè, che però non ha regole ma semplicemente riesce a capire di volta in volta chi ha di fronte. la questione a monte è che: in una società mentalista dove istinto e sentimenti sono staccati dalla ragione, l'umanità può essere solo ingiusta perchè totalmente insensibile. Non sentendoci vivi in quanto siamo tappati nella mente dobbiamo fare qualcosa per sentirci vivi e questo varia a seconda del carattere. Per una classe dirigente è predominare sulla massa acquisendo denaro e potere. Nessuno, in un mondo mentalista ama essere uno dei tanti, deve essere speciale, diverso dagli animali, diverso dagli altri uomini, fino al razzismo ecc. Il guaio è che l'uomo ha paura di riprendersi l'istinto perchè in esso c'è la verità della morte, e per chi sta nella mente (L'uroboro) la morte è una disintegrazione sadica. Per cui è un serpente che si morde la coda... |
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14-08-2013, 16.38.41 | #5 |
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antipatia ed egoismo
Per il momento attendo altri interventi prima di proseguire.
Mi limito a specificare qualcosa rispetti all'obiezione di Acquario69, che giustamente replica che accanto a simpatia ed altruismo ci sono anche antipatia ed egoismo. L'idea di fondo dell'etica naturalistica, o sentimentale, è che all'interno del gruppo l'evoluzione abbia favorito comportamenti simpatici ed altruisti (l'es. del grooming degli scimpanzé: io spulcio, te spulci me).D'altronde come sosteneva Fromm in quel bellissimo libro "Anatomia della distruttività umana" i comportamenti aggressivi sono il risultato della cultura di un gruppo, non della natura umana. Ovviamente la questione è controversa, basti ricordare invece l'altro bel libro di Lorenz, "Il cosiddetto male", dove si tratta dell'aggressività come risposta adattativa. Se la questione fosse semplice non staremmo qui a discuterne. Specificherei quanto ho già scritto: il sentimento è la base del giudizio morale ma poi la sua formazione dipende dalla cultura; ho scritto di "grammatica morale" non per caso, perché il processo corrisponderebbe - magari per analogia - alla grammatica generativa di Chomsky; ora come la grammatica generativa ha strutture profonde che generano innumerevoli enunciati così la grammatica morale può generare innumerevoli giudizi morali a partire da sentimenti basilari. Sostanzialmente (e molto genericamente) credo che il problema sta nella vita del gruppo sociale: mi pare che altruismo e simpatia agiscano all'interno di un "noi" socialmente costituitosi, che dunque possano non funzionare rispetto ad altri "noi" in qualche modo giudicati diversi od ostili. La storia soprattutto questo ci mostra. D'altronde è un fatto evidente: io cerca di essere giusto e buono con la mia famiglia, la mia squadra di calcetto, i miei studenti,ecc., più diminuisce la prossimità fisica, umana, sociale, economica più si costruisce una condizione identitaria che è ostacolo, talvolta insormontabile, a comportamenti giusti e buoni. Concludo: queste sono ipotesi, facilmente confutabili; non voglio convincere, voglio riflettere. |
15-08-2013, 05.37.21 | #6 | |
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Riferimento: antipatia ed egoismo
Citazione:
Idem da parte mia! Hai fatto bene a precisare e grazie per aver aggiunto altri spunti su cui rifletterci sopra..in effetti come era intuibile,le cose sono molto aggrovigliate. Non resta che attendere fiduciosi i prossimi interventi |
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15-08-2013, 13.51.20 | #7 | |||||||
Ospite abituale
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Riferimento: Etica senza frontiere
Citazione:
Poi le religioni si sono fatte depositarie dell'etica e dalla morale da cui ancora oggi attingiamo. Ma già i romani furono maestri nel diritto civile ed oggi sempre più le leggi laiche degli stati si estendono a coprire il campo del pensiero e del comportamento etico degli umani. Le aggregazioni di stati...come, ad esempio, l'Europa...oppure, a livello mondiale, l'ONU, tendono sempre più a generalizzare le leggi che definiscono e regolano il comportamento...dei vari popoli secondo etica...magari anche come ricaduta dell'etica espressa dai vari filosofi e dalle religioni, ecc... E' vero, tuttavia, che, al momento, le legislazioni laiche, ma anche quelle religiose, a livello continentale o mondiale arrancano parecchio, ma è questa la strada: i primitivi costumi dei primitivi umani che, via via, si evolvono in morale ed etica di un popolo o di una aggregazione di popoli si traducono via via in legislazione cogente organicamente ordinata, funzionale e ...democratica...che il popolo fa propria come legge morale: è il cane , appunto che si morde la coda...ma con trend evolutivo tendenzialmente crescente. Citazione:
Solo oggi tendono in questo ad emulare il deprecato occidente...pur con notevoli sommovimenti sociali. La guerra civile, ad esempio, che è oggi in corso in Egitto può essere vista sotto questo punto...di vista! In ogni caso è passato il tempo del colonialismo e non è l'occidente ad imporre il proprio punto di vista, la propria civiltà tecnologica, ma sono quei paesi, Cina ed India in primis, a ricorrervi...magari esagerando e storpiando...proprio per poter profittare anche loro dei creduti vantaggi della civiltà occidentale...tanto che ormai sono loro a condurre... ed invaderci! Citazione:
Certo che le leggi estese sono ancora largamente imperfette...ma esse saranno sempre più giuste se promulgate da cittadini civili, giusti e consapevoli...e viceversa. La cosa è comunque proporzionale all'impegno: se i cittadini si astengono o remano contro, magari localizzando, la legge universale certo non si realizza. In analogia si comporta anche l'etica religiosa...si estende la religione su più popoli e si estende anche la relativa etica: difficilmente, però, una sola religione potrà coprire il pianeta. Le religioni infatti tendono ad essere conservatrici...non possono che esaltare e coltivare la supposta saggezza del passato, mentre la legge civile, il sapere moderno, guarda al futuro...per lo meno dovrebbe! Citazione:
L'etica personale deriva dall'imprinting dell'ambiente in cui si forma. Se l'ambiente etico evolve anche l' imprinting formativo agente sui giovani umani evolve: una tale evoluzione a sua volta contribuirà a far evolvere l'ambiente che fornisce l'imprinting...e sempre più. Noi ci lamentiamo di questo attuale mondo incivile, ma dai tempi della civilissima Atene di Pericle certmnte c'è stato un progresso: ad esempio, nella nostra legislazione non è contemplata la condizione di schiavo...eppure ad Atene c'erano più schiavi che cittadini! Poi, magari, noi abbiamo di peggio! Si può sempre migliorare, però! ...Non possiamo sempre ricorrere alla scusa dei potenti famelici che lo impediscono...e così, con buona coscienza, possiamo sempre non fare niente. La libertà, la giustizia, la civiltà sono sempre una dura continua conquista...non possiamo sempre trovare scuse per rinunciare! Citazione:
D'altra parte le ragioni qui addotte per la trista situazione sono in certa parte vere ed altre solo basate su ipotesi arbitrarie. Abbiamo comunque costatato che il percorso civile di millenni, pur con alti e bassi, ha in buona parte smussato i famelici istinti primordiali...e così ancora evolverà in futuro....per lo meno speriamo ...se non scambiamo i criminali per perseguitati dalla giustizia. Citazione:
Citazione:
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15-08-2013, 14.47.23 | #8 |
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Riferimento: antipatia ed egoismo
I gruppi umani hanno favorito tanto determinate caratteristiche altruistiche nei suoi singoli, quanto caratteristiche aggressive e/o egoistiche. A volte le uno dipendono dalle altre o nelle une si possono trovare le altre. Non dimentichiamo anche che spesso l’empatia verso un soggetto è oltre che un elemento attivo anche uno passivo, ovvero il soggetto di fronte a noi è in grado di farci provare empatia e non è detto che quel “io” verso cui proviamo empatia debba essere percepito come parte di un noi, in alcuni casi l’identificazione di qualcuno come diverso ad esempio in termini di carisma ci porta ad avere ammirazione verso quello che si definisce “capo”. Pamela Anderson non era certo percepita come un noi dagli adolescenti che guardavano Bay Watch, ma quanti di loro vedendola per strada con qualche problema non l’avrebbero aiutata?
Non credo che il sentimento sia necessariamente l’unica base del giudizio morale. Si può esprimere un giudizio morale basandosi sulla razionalità e mirando al win-win. Considerando che la grammatica generativa di Chomsky cade nel confronto con un madrelingua, credo che la medesima fine farebbe una grammatica morale. |
15-08-2013, 17.20.24 | #9 |
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Riferimento: Etica senza frontiere
La filosofia scolastica aveva elaborato il concetto di ratio particularis, che identificava «un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano», come lo definì Vico. Questo concetto, elaborato in particolare da Tommaso d'Aquino, voleva individuare un determinato tipo di conoscenza determinata dai cosiddetti “sensi interni”, e a volte identificata con la coscienza intesa nella sua accezione di organo del giudizio morale. In sostanza si può definire come una facoltà intermedia fra i sensi e l’intelletto che svolge nell’uomo un compito analogo a quello che è svolto dall’istinto negli animali. Il senso comune istruisce la ragione, ad esempio, a non fidarsi talvolta dei sensi poiché li si percepisce ingannatori, e a riconoscere istintivamente, attraverso quella facoltà (a volte identificata con una parte dell’anima) chiamata sinderesi, ciò che è bene e ciò che è male.
Ma questo tipo di conoscenza, che si suole considerare innata, nei fatti non lo è affatto poichè anch'essa è frutto dell'educazione appresa fin dai primi anni di vita, e poi schematizzata e interiorizzata ad un punto tale che è poi difficile riconoscerla come parte dell'apprendimento e razionalizzarla, e tende inoltre ad educare anche la sensibilità. Un semplice esempio di come la sensibilità, che viene ritenuta caratteristica personale e soggettiva, sia invece essenzialmente frutto di una educazione ricevuta lo troviamo nella differenza di gusti gastronomici fra le varie popolazioni del mondo: cose di cui altre persone sono ghiottissime a noi provocano un senso di schifo, e viceversa. Lo stesso vale per la morale, che ognuno è educato ad assimilare secondo la propria cultura e le proprie tradizioni, con differenze superficiali all'interno di ogni cultura determinate principalmente dalla sensibilità dei ristretti gruppi sociali che si frequentano (famiglia, amici) e ovviamente anche in parte dalla propria predisposizione e quindi dalla propria sensibilità personale. Secoli fa, quando il Cristianesimo era già molto in crisi e la morale era rimasta in Europa l'unica tavola di valori condivisa, era ovviamente tenuta in enorme considerazione, e idolatrata a tal punto da portare un signore di nome Immanuel Kant ad affermare che se esiste la morale allora deve esistere anche Dio, ribaltando di 180 gradi i termini della questione. Partendo da questo falso assioma si svilupparono poi le idee sulla morale universale, guarda caso quella occidentale, che si cercò da allora di imporre in ogni parte del globo. La colonizzazione di tre quarti del mondo da parte dell'occidente, avvenuta successivamente, ha in qualche modo diffuso le idee morali occidentali sull'onda dell'esportazione del progresso e della civiltà, e quindi tutti gli studi più o meno seri (si citava prima Hauser) che vorrebbero oggi dimostrare che tutta la popolazione mondiale condivide le medesime idee morali di base è una mera truffa intellettuale, perché appunto non tiene conto del condizionamento culturale che è avvenuto negli ultimi quattro secoli. L'idea di una morale universale, guarda caso elaborata dagli occidentali partendo dalla proclamazione dei "diritti umani", è solo l'ennesimo tentativo che l'uomo bianco sta operando per mettere le mani su tutto il mondo e controllarlo. |
15-08-2013, 19.26.49 | #10 |
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Riferimento: Etica senza frontiere
Quando si è soli si è solitari ,quando si è in due…è già folla.
Io inizierei dalla cellula sociale e non dai massimi sistemi per discutere di etica. Certo esiste una etica personale che si estende nel sociale, si dice che persino la malavita abbia una sua etica. L’etica nasce da un principio utilitaristico molto pragmatico, innestato a volte sui valori che diciamo così non sono pratici ma astratti e dove la reciproca mutualità è accettabile in cambio di una perdita di libertà. Quindi il vincolo etico e la condivisione fa perdere parte della sfera del raggio di azione della libertà. La mutualità diventa una difesa del gruppo (ecco l’etica anche della malavita e certi comportamenti codificati) una condivisione solidaristica. A proposito, considereste etico un formicaio,un termitaio, un’alveare, in senso figurativo ovviamente, dove non conta più l’individuo in quanto ruolificato geneticamente e l’anima mundi risiederebbe non nell’individuo, bensì nell’insieme della colonia? Dove perde l’etica? Sul rapporto fiduciario, se non fosse così nno sarebbero nati i codici di Hammurabi e le normative delle leggi, con tanto di giudizio e sanzionabilità. Il comportamento etico di una popolazione è inversamente proporrzionale alle sua quantità di leggi e normative .Infatti l’italiano non è etico. Una persona che ha dentro di sé la legge morale ed è addirittura disposta a soprassedere a qualche tentativo di litigiosità pur di non rompere i legame sociale , non ha bisogno di leggi esterne a sé, o il minimo. L’utilitarismo è debole nel rapporto di fiducia, perché i rapporti sociali diventano un bluff pokeristico. Non si è ipocriti sempre, diversamene il gruppo sociale noterebbe l’anomalia: la bravura sta nella mimetizzazione sociale. Ogni tanto “frego il prossimo”, non sempre e non un gran quantità. L’etica non può bastare da sola a meno che si è numericamente in una tribù dove tutti sanno tutto di tutti: cioè esitse il controllo sociale che diventa il deterrente all’anomalia comportamentale dai vincoli etici. Ma esiste il possesso , esiste la proprietà, allora sorgono problemi di giustizia retributiva e distributiva tanto più si esce dai confini della comunità dove il pozzo era comune, dove il forno era comune, ecc. e si incontra l’”altruità”, la diversità. L’etica non basta più quando il popolo diventa nazione e poi Stato e Impero. Gli Occidentali hanno saputo costruire normative vincolative come i diritto romano e gli Imperi duravano secoli. Ciò che altre civiltà dalle centro americane a quelle asiatiche non potevano gestire. La regola ad esempio della elezione a maggioranza sembra essere nata storicamente nei monasteri cristiani per eleggere il loro capo. Non si esporta un’etica, la dimostrazione è quanto ha dovuto fare Mao Tse Tung con la sua rivoluzione culturale per abbattere il confucianesimo millenario, e parliamo di casa sua, la Cina. Si esportano modelli culturali e le etiche vengono plasmate da queste, basta guardare la vecchia URSS e gli Stati satelliti del blocco come siano usciti dal comunismo entrando nel libero mercato. Non confonderei i piani, sono strutturati diversamente anche se li lega un sottile filo, perché è altrettanto chiaro che in una cultura c’è una base di etica. L’etica è finita nel ripostiglio, in soffitta o in cantina perché al suo posto sono entrati i diritto e le leggi. Quando un magnate elargiva per puro spirito caritatevole del denaro per aiutare i poveri, questi ultimi dovevano solo sperare negli spiriti caritatevoli. Il diritto invece sancisce che per dignità della persona e tanto più se articolata giustificativamente da valori di giustizia sociale ed uguaglianza oltre alla libertà, non possa vivere al di sotto di un certo livello materiale di sopravvivenza. La sanità e la scuola sono aperte a tutta la popolazione e non sono più atti caritatevoli, elargizioni e munificienza di coloro che lo facevano per acquistare un pezzettino di Paradiso nell’ al di là. Il diritto è quindi un netto salto qualitativo nei rapporti sociali in termini civili. Le comunità più etiche sono quelle religiose, perché il valore che lega i singoli non è commerciabile, nno si compravende lo spirito. Tanto più ci si lega ad una astrazione e diventa un “faro” ,cioè fuori dal concetto materiale e fisico e tanto più il valore etico cresce. I rapporti materiali allora vengono visti in funzione di quel valore più alto, si forma una gerarchia di valori dove il pragmatismo vive dialetticamente con l’astrazione (diciamo così) E’ inutile cercare di costruire qualcosa di etico con un cannibale, devono sussistere delle compatibilità, noi violenteremmo la sua cultura e le sue credenze e chi dormirebbe sotto lo stesso tetto? Una universalità etica ispira già la Carta dei diritti fondamentali dell’uomo. Ma l’etica finisce con il tornaconto e la libertà dell’altrui diventa terreno di conquista per allagare la propria sete di dominio e il proprio potere. Il prepotente vince contro il pacifico e l’inerme . Ecco perché nonostante il diritto e le diverse normative e trattati internazionali esistenti si è perso l’origine da cui venivano, appunto l’etica. Mi trovo d’accordo con chi sottolinea l’impersonalità della nostra società che tende alla perdita di valori etici e comportamenti morali, perché l’uomo diventa cosa, suddito, ruolo sociale e lavorativo , ma mai umano nella sua sfera emotiva, logica, psichica, spirituale. Da qui, dalla forza del positivismo, contrastata già un secolo fa e più, proprio da filosofi, ma la battaglia è stata persa, l’uomo-macchina-automa sempre più spersonalizzato libero quanto un automa teleguidato. |