Forum di Riflessioni.it
ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura
Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS

Torna indietro   Forum di Riflessioni.it > Forum > Filosofia

Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
>>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Filosofiche



Vecchio 30-01-2016, 20.13.13   #141
maral
Moderatore
 
L'avatar di maral
 
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
In generale potrei essere d'accordo con l'essenza del tuo post, ma ci sono contraddizioni:
1) L'uomo senza conoscenza non è nemmeno umano, o ci rendiamo conto che il come e gli scopi che si pone storicamente possono portare a risultati tangibili, oppure oggi stiamo sputando nel piatto dove mangiamo
2) Ho letto e studiato abbastanza per essermi accorto che molti autori,pensatori, hanno forme narcisistiche e megalomani,spesso snobistiche e Heidegger è uno di questi.
Tralascierei le forme narcisitiche e megalomani con cui si esprimono certi pensatori (primo fra tutti Nietzsche, ma in quanto a megalomania Hegel non è certo da meno con le sue pretese di avere espresso il massimo compendio filosofico) limitandomi a considerare che non è perché la megalomania dei suddetti ci sta oltremodo antipatica che possiamo contestare la rilevanza di quanto ci vengono dicendo.
Trovo invece giusta la considerazione che l'uomo senza conoscenza (e senza la tecnica) non è nemmeno umano, ma forse anche qui, dovremmo intenderci su quale forma di conoscenza. Anche un lombrico che scava il terreno mostra di avere una grande conoscenza, sa come e dove scavare. La differenza che ci appare fondamentale tra noi e il lombrico è che il lombrico non sa di sapere, non ha coscienza di sapere ciò che sa, noi invece sappiamo di sapere e a volte riusciamo pure a sapere di non sapere, come auspicava il Socrate raccontato da Platone.
E' la nostra consapevolezza di sapere o di non sapere il piatto dove mangiamo: è una benedizione o una maledizione? A volte ci sembra una benedizione e ci sentiamo gli assoluti privilegiati del cosmo intero per decreto del Creatore, altre ci tormenta al punto da trovare preferibile essere come il lombrico (o come il gregge in una famosa frase di Nietzsche) ed è allora che malediciamo la nostra essenza umana proprio come il demone Sileno nicciano che dice al re Mida: "meglio sarebbe stato per te (uomo) non essere mai nato".

Heidegger, nella frase che ho citato, non ci sta dicendo che la materia per il nuovo materialista (a partire da Marx con le sue tesi su Feuerbach) è spirituale perché creata da Dio o dalla metafisica, ma che lo è in quanto è intrinsecamente e in primo luogo continua relazione trasformativa e non è più necessario pensare ad alcun ente trasformatore supremo o umano per porla in atto, poiché ogni soggetto trasformatore e ogni oggetto che viene trasformato è da essa stessa posto in atto per cui tutto è materia in un senso del tutto immateriale e automatico (tutto è materia viene a significare che tutto è pura prassi senza progetto). Nella frase di Heidegger c'è tuttavia ancora il riconoscimento di un progetto umano nel materialismo inteso come trasformazione continua, riconoscimento che però viene a cadere nel nuovo materialismo pragmatico contemporaneo che assolutizza il divenire nel suo aspetto del tutto tecnico, completamente fine a se stesso oltre ogni umano, un nuovo mostruoso e affascinante assoluto metafisico appunto, l'assoluto di una tecnica che sovrasta inglobandolo nella sua perfetta aprogettualità afinalistica (ancora umana, troppo umana) ogni residua traccia dell'umano. E' questo il vero Oltreuomo che Nietzsche nell'800 ancora incarnava nella volontà finalistica di un soggetto? Quello che lui stesso aveva intravisto prima di impazzire nell'eterno meccanicistico e umanamente del tutto insensato ritorno dell'identico?
L'Oltreuomo è comunque la fine dell'uomo e giustamente ci ribelliamo all'idea, noi come esseri umani, l'idea di finire. E umanamente chiedi che si può fare che non sia solo mettersi su una montagna e contemplare il tramonto dell'uomo? Quella tecnica che viene sovrastando ogni uomo non è forse la capacità tecnica di ogni uomo (compreso Heidegger che spera in un Dio che ci venga a salvare, Marx e chiunque) che esso può usarla a sua volontà per i suoi fini migliori o peggiori come effettivamente fa? Non è forse l'uomo il padrone e la tecnica ciò di cui si serve grazie alle conoscenze che matura?
Io solo constato la nostra radicale impotenza e dipendenza rispetto a questo servo a cui siamo resi servi e forse proprio questo constatare è il prendere atto di una nuova consapevolezza, una consapevolezza che va esplorata, è questo tutto quanto possiamo umanamente fare rivendicando l'essenza della nostra umanità che, a differenza del lombrico che non sa di sapere, sa anche di non sapere, quando è in stato di grazia.
Il divenire è la contraddizione radicale dell'essere, ma è anche l'esistenza dell'essenza che come ogni esistenza comporta il suo oltrepassare, il suo apparire per poi scomparire testimoniando l'essenza che sempre è rispetto a un nulla che non è. Ciò che sappiamo di non sapere è appunto l'essenza, la sua invariabile e sicura eternità, non la sappiamo proprio perché esistiamo e possiamo esistere solo nel limite finito che l'uno all'altro ci mostra e di riflesso a noi stessi.
maral is offline  
Vecchio 30-01-2016, 22.13.37   #142
maral
Moderatore
 
L'avatar di maral
 
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
In linea puramente teorica, di principio (cioé prescindendo dagli attuali assetti sciali che da marxista rtengo di fatto determinanti nel comportamento pratico e negli orientamente teorici umani, sia pure "in ultima analisi" e attraverso molteplici, complesse mediazioni) non vedo come non si dovrebbe poter accettare serenamente (alla maniera di Epicuro, per intenderci) l' assenza di provvidenza divina e la finitezza umana (sarebbe più bello vivere felicemente in eterno, ma poiché "a caval donato non si guarda in bocca" e la vita non ce la siamo data da noi, si può ben essere contenti di una vita finita e felice e morire sernamente, un po' come ci si addormenta dopo una proficua giornata di onesto lavoro e temperato, meritato svago).
Perfettamente d'accordo (a parte che "una vita eterna" è un paradosso che non so proprio quanto potrebbe essere felice se si avverasse. La vita è bella in quanto è finita), ma ciò che spaventa nel morire è quell'addormentarsi per mai più svegliarsi, mai più ritrovarsi. E' quella figura della consapevolezza che trova identificazione nell'io che vede la propria morte (nel morire di ogni altro) e viene angosciato dall'inevitabilità che tutto va perso e che quindi tutto è vano e insensato, pure se stessi.

Citazione:
Inoltre non credo siano la conosceza scientifica e le sue conseguenti possibili (non obbligatorie in inea di principio) applicazioni tecniche le cause determinanti dell' attuale produzione - consuno di merci, così disastrosa per l' etica e la giustizia (determinante iniquità, violenza e infelicità spaventose, disumane e diffusissime) e anche per la sopravvivenza stessa dell' umanità, bensì che lo sano i rapporti di produzione capitalistci dominanti sia pure -e tanto più in quanto- "in avanzato stato di putrefazione", cioé del tutto di gran lunga inadeguati allo sviluppo raggiunto dalle forze produttive, in primis la potenza trasformatrice (nel bene come nel male, costruttuiivamente come distruttivamente) della tecnica fondata sull' applicazione delle conoscenze scientifiche
.
Non penso sia solo una questione di capitalismo che mostra i suoi aspetti più abietti da quando è entrato in crisi. Anche il capitalismo è destinato a crollare, come ogni cosa e i segni del suo crollo sono già evidenti. Si tratta piuttosto della impossibilità di trovare un senso dell'umano nell'era in cui il modo di pensare tecnico (che è pur sempre un modo di pensare umano, anche se lo sovrasta) sta diventando l'unico modo di pensare ammesso. Ed è l'unico ammesso, perché è l'unico che funziona, o meglio, che perfettamente illude del suo saper funzionare a dare a ogni individuo ciò che desidera e ciò di cui ha bisogno. La tecnica ha ormai tutte le possibilità per promettere e mantenere il "Paese della Cuccagna" la cui immagine, qui e ora, ha ormai preso il posto degli antichi Paradisi ultramondani, o del Comunismo utopistico che finirà la storia e il travaglio delle lotte tra classi. La tecnica garantisce il godimento con nessuna fatica, premi un bottone e hai tutto ciò che ti manca, senza nemmeno il bisogno di sapere come funziona. Accendi il computer o lo smartphone e sei interconnesso con il mondo, è bellissimo, come avere una bacchetta magica! Per qualsiasi problema poi c'è lo specialista che, in virtù della sua competenza tecnica, può risolverlo per te che non hai che adeguarti a un foglietto di istruzioni elementare.
Il problema è che, come ogni "Paese della Cuccagna", anche quello della tecnica nasconde un inferno e quando questo inferno si rivela non c'è più altro paese in cui scappare, non c'è più nient'altro all'orizzonte ove poter sopravvivere, nient'altro a cui poter sensatamente pensare. Parafrasando Anders, abbiamo avuto la carrozza per spostarci con migliore tranquillità e sicurezza, ora non siamo più capaci di farne a meno e dunque la necessità di quella carrozza ci sovrasta al punto che tornare ad andare a piedi può solo essere un nostalgico sogno ingenuo o un momento di follia asociale.

Citazione:
Sono pessimista e temo che alla fine verrà persa, ma credo che la possibilità di lottare per il progresso e la civiltà (e innanzitutto la sua stessa sopravvivenza) non sia fatalmente negata all' umanità (e che, quale che sarà il suo esito, sia cosa buona e giusta e tale da contribuire potentemente alla felicità individuale combatterla nei limiti delle proprie capacità).
Combattere nonostante quanto si prefigura, perché ben consapevoli di quanto si prefigura, non c'è altro da fare, con tutta la nostra lucidità. Potrebbe essere il compito di un uomo che acquisisce il senso pieno della sua tragedia in quanto uomo e non funzionario, che gioisce della sua umana inadeguatezza alla perfezione della macchina. Nella tragedia greca per il protagonista non c'è scampo, non c'è lieto fine, perché il lieto fine è solo della cristianità e del pensiero utopistico laico e pure ateo da essa derivato, ma l'eroe tragico è tale proprio perché vive fino in fondo, consapevolmente, quel destino a cui non può opporsi né sottrarsi. Proprio questo lo sublima e gli restituisce il senso che la morte e la rovina vorrebbero togliergli.
maral is offline  
Vecchio 31-01-2016, 12.51.51   #143
sgiombo
Ospite abituale
 
L'avatar di sgiombo
 
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da maral
Non penso sia solo una questione di capitalismo che mostra i suoi aspetti più abietti da quando è entrato in crisi. Anche il capitalismo è destinato a crollare, come ogni cosa e i segni del suo crollo sono già evidenti. Si tratta piuttosto della impossibilità di trovare un senso dell'umano nell'era in cui il modo di pensare tecnico (che è pur sempre un modo di pensare umano, anche se lo sovrasta) sta diventando l'unico modo di pensare ammesso. Ed è l'unico ammesso, perché è l'unico che funziona, o meglio, che perfettamente illude del suo saper funzionare a dare a ogni individuo ciò che desidera e ciò di cui ha bisogno. La tecnica ha ormai tutte le possibilità per promettere e mantenere il "Paese della Cuccagna" la cui immagine, qui e ora, ha ormai preso il posto degli antichi Paradisi ultramondani, o del Comunismo utopistico che finirà la storia e il travaglio delle lotte tra classi. La tecnica garantisce il godimento con nessuna fatica, premi un bottone e hai tutto ciò che ti manca, senza nemmeno il bisogno di sapere come funziona. Accendi il computer o lo smartphone e sei interconnesso con il mondo, è bellissimo, come avere una bacchetta magica! Per qualsiasi problema poi c'è lo specialista che, in virtù della sua competenza tecnica, può risolverlo per te che non hai che adeguarti a un foglietto di istruzioni elementare.
Il problema è che, come ogni "Paese della Cuccagna", anche quello della tecnica nasconde un inferno e quando questo inferno si rivela non c'è più altro paese in cui scappare, non c'è più nient'altro all'orizzonte ove poter sopravvivere, nient'altro a cui poter sensatamente pensare. Parafrasando Anders, abbiamo avuto la carrozza per spostarci con migliore tranquillità e sicurezza, ora non siamo più capaci di farne a meno e dunque la necessità di quella carrozza ci sovrasta al punto che tornare ad andare a piedi può solo essere un nostalgico sogno ingenuo o un momento di follia asociale.


Combattere nonostante quanto si prefigura, perché ben consapevoli di quanto si prefigura, non c'è altro da fare, con tutta la nostra lucidità. Potrebbe essere il compito di un uomo che acquisisce il senso pieno della sua tragedia in quanto uomo e non funzionario, che gioisce della sua umana inadeguatezza alla perfezione della macchina. Nella tragedia greca per il protagonista non c'è scampo, non c'è lieto fine, perché il lieto fine è solo della cristianità e del pensiero utopistico laico e pure ateo da essa derivato, ma l'eroe tragico è tale proprio perché vive fino in fondo, consapevolmente, quel destino a cui non può opporsi né sottrarsi. Proprio questo lo sublima e gli restituisce il senso che la morte e la rovina vorrebbero togliergli.

Rimango profondamente dissenziente circa il ruolo causale della tecnica "in sé" e quello dell' organizzazione sociale capitalistica nelle applicazioni tecniche della scienza e negli impieghi di fatto della tecnica (o delle tecniche) per quanto riguarda le condizioni attuali e le tendenze verso il futuro propri della storia umana.
Questo dissenso é estremamente "profondo" e non si può certamente risolvere (tutt' al più credo si possa in varia misura chiarire) con una discussione nel forum, ragion per cui mi astengo dall' argomentare in proposito.


Altro mio dissenso, molto profondo in linea di principio assai meno in pratica, riguarda le caratteristiche generali della storia umana.
Per me, malgrado il mio pessimismo (o più probabilmente realismo) circa i prevedibili esiti di fatto, verosimilmente disastrosi e alquanto ignominiosi, della storia umana (che comunque non considero ancora del tutto inevitabili: qualche flebile speranza mi ostino a coltivarla), non si tratta comunque di ineluttabile "destino", ma di esiti non scontati a priori: se altre scelte in qualche misura soggettive (o comunque non integralmente condizionate oggettivamente) avessero prevalso, se "qualcosa", magari anche apparentemente di poco conto, fosse andato diversamente la "stretta capitalistica" sarebbe potuta essere stata già (e "per tempo") superata, o per lo meno in via di superamento verso un ulteriore progresso della civiltà umana, in alternativa alla profonda decadenza in atto e all' irrimediabile tragedia incombente (che peraltro mi ostino a sperare, anche "disperatamente" -per un fierissimo razionalista non é poco- reversibile ed evitabile rispettivamente).
Il “finale della storia” per me non è scontato, né in qualità di “cristiano o postcristiano lieto fine”, né in qualità di “tragico greco ineluttabile destino”.


E trovo inoltre decisamente confortante (un taglio “laico” -alternativa razionalistica, almeno in qualche misura o comunque relativamente più razionalistica, alla religione- di “stupefacente dei popoli”?) il pensiero che nell’ universo infinito vi sono infiniti pianeti più o meno simili al nostro nel quale compare -del tutto naturalisticamente, ça va sans dire- la vita.
E che, come in una percentuale di essi la vita non si evolve (estinguendosi poco dopo la loro comparsa) oltre gli organismi procarioti, in altri oltre gli eucarioti monocellulari, in altri oltre animali incapaci di linguaggio e autocoscienza (come sarebbe accaduto anche “qui da noi” se alcune estinzioni di massa, come quella “dei dinosauri” fossero state “un po’ più massive” o magari se non fossero accadute o fossero accadute in modo “un po’ meno massivo”), così in un’ altra percentuale di essi potrebbe venire superata la “stretta similcapitalistica” (o qualcosa di analogo mutatis mutandis) fino al raggiungimento di una società di liberi e uguali nella quale lo sviluppo e la autorealizzazione di ciascuno sia condizione dello sviluppo e della autorealizzazione di ciascun altro.
E probabilmente in quei remoti pianeti le persone “similumane mutatis mutandis” pensano con rispetto e ammirazione a noi che altrove ci siamo battuti per la “medesima causa mutatis mutandis” da loro stesse conseguita, ma venendo invece sconfitti, un po’ come noi pensiamo a Spartaco, a fra Dolcino, a Hus, a Babeuf, a Toussaint Louverture, a Salvador Allende, a Thomas Sankara e a tanti altri e a chi ha lottato con loro.
sgiombo is offline  
Vecchio 31-01-2016, 14.10.30   #144
paul11
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Francamente non ti (vi) capisco (sai la novità?, penserete ironicamente...).

In linea puramente teorica, di principio (cioé prescindendo dagli attuali assetti sciali che da marxista rtengo di fatto determinanti nel comportamento pratico e negli orientamente teorici umani, sia pure "in ultima analisi" e attraverso molteplici, complesse mediazioni) non vedo come non si dovrebbe poter accettare serenamente (alla maniera di Epicuro, per intenderci) l' assenza di provvidenza divina e la finitezza umana (sarebbe più bello vivere felicemente in eterno, ma poiché "a caval donato non si guarda in bocca" e la vita non ce la siamo data da noi, si può ben essere contenti di una vita finita e felice e morire sernamente, un po' come ci si addormenta dopo una proficua giornata di onesto lavoro e temperato, meritato svago).
.


Ma va!
Ma chi e cosa ti fa credere che un credente non faccia quello che tu pensi,perchè la penso esattamente così.Emerge un concetto bloccato del come essere e vivere la cristianità-
Prima di andare a dormire mi fustigo, faccio un "macumba" e spargo aglio intorno al letto.(Ovviamente scherzo)

Personalmente ritengo che qualunque persona deve essere onesta e rispettosa dei propri simili.Dio, la provvidenza e tutto ciò che ne comporta è il valore aggiunto, ma per me non è un fine, lo scopo è vivere in armonia e in amore quì sulla terra....il resto si vedrà.

Così come un agnosta, un non credente ritiene di essere più allineato ad Hume,invece che a Severino o Nietzsche o a chiunque altro pensatore non credente, così c'è una diversa interpretazione di come vivere la vita da credente o specifcatamente da cristiano.
A me pare evidente che ogni umano abbia una sua caratteristica.
Le categorizzazioni sono importanti per ordinare le conoscenze, ma attenzione a non ingessare il proprio pensiero in pregiudizi.

Ma ti dirò di più,ci sono pensatori non credenti che mi stimolano di più che credenti,dipende dalla loro profondità.Amo i pensatori in toto che fanno riflettere a prescindere dagli steccati categoriali.
Ad esempio ho ammirazione per Marx,Nietzsche mi sollecita dal punto di vista umano, ma ve ne sono molti altri.
Siamo tutti umani, se non vogliamo pensarci creati da Dio, siamo figli della terra e un pò vittime di questo mondo.Quindi la felicità cercarla è giusto,la gioia contagia positivamente, ma sempre nell'amore e rispetto.
paul11 is offline  
Vecchio 31-01-2016, 17.48.02   #145
Hegel89
Nuovo ospite
 
Data registrazione: 22-01-2016
Messaggi: 14
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Ma va!
Ma chi e cosa ti fa credere che un credente non faccia quello che tu pensi,perchè la penso esattamente così.Emerge un concetto bloccato del come essere e vivere la cristianità-
Prima di andare a dormire mi fustigo, faccio un "macumba" e spargo aglio intorno al letto.(Ovviamente scherzo)

Personalmente ritengo che qualunque persona deve essere onesta e rispettosa dei propri simili.Dio, la provvidenza e tutto ciò che ne comporta è il valore aggiunto, ma per me non è un fine, lo scopo è vivere in armonia e in amore quì sulla terra....il resto si vedrà.

Così come un agnosta, un non credente ritiene di essere più allineato ad Hume,invece che a Severino o Nietzsche o a chiunque altro pensatore non credente, così c'è una diversa interpretazione di come vivere la vita da credente o specifcatamente da cristiano.
A me pare evidente che ogni umano abbia una sua caratteristica.
Le categorizzazioni sono importanti per ordinare le conoscenze, ma attenzione a non ingessare il proprio pensiero in pregiudizi.

Ma ti dirò di più,ci sono pensatori non credenti che mi stimolano di più che credenti,dipende dalla loro profondità.Amo i pensatori in toto che fanno riflettere a prescindere dagli steccati categoriali.
Ad esempio ho ammirazione per Marx,Nietzsche mi sollecita dal punto di vista umano, ma ve ne sono molti altri.
Siamo tutti umani, se non vogliamo pensarci creati da Dio, siamo figli della terra e un pò vittime di questo mondo.Quindi la felicità cercarla è giusto,la gioia contagia positivamente, ma sempre nell'amore e rispetto.

Non sarà ora di cancellare questo falso dualismo "credente/non credente" ? E' davvero un obbrobbrio, non si può proprio sentire. E tutti lo dicono.

Prima di tutto credente in che cosa? e poi fa ridere l'idea che ci sia gente che non creda, come se qualcuno potesse prescindere dal credere, come dal pensare, che infatti sono la stessa cosa.

I cosiddetti atei e i cosiddetti credenti sono della stessa medesima pasta, in modo che addirittura si invertono: gli atei credono di avere solo il pensiero puro e rifiutano il credere, mentre in realtà è proprio una semplice fede in qualche principio ciò che li caratterizza come "scienziati".
E i credenti pensano di avere la verità al di là di ogni pensiero chiaro ed evidente, perché secondo loro basta l'oscuro sentimento dell'amore a giustificare l'universalità del valore, palesando invece proprio la necessità di una dimostrazione, una prova ontologica per l'esistenza di questo elemento ignoto in cui infatti sia atei che credenti si trovano a venerare la verità o Dio.

Nella riflessione ordinaria, se si dice che Dio non esiste, ciò viene fatto passare come un fatto plausibile; mentre se si ipotizza solo un momento che a non esistere piuttosto sia la realtà, si sobbalza indignati reputandolo impossibile.
Gli atei dunque credono nella "realtà", i credenti pensano a "Dio", ma appunto sono due nomi differenti che designano due lati della medesima cosa universale.
Hegel89 is offline  
Vecchio 31-01-2016, 19.33.24   #146
paul11
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da Hegel89
Non sarà ora di cancellare questo falso dualismo "credente/non credente" ? E' davvero un obbrobbrio, non si può proprio sentire. E tutti lo dicono.

Prima di tutto credente in che cosa? e poi fa ridere l'idea che ci sia gente che non creda, come se qualcuno potesse prescindere dal credere, come dal pensare, che infatti sono la stessa cosa.

I cosiddetti atei e i cosiddetti credenti sono della stessa medesima pasta, in modo che addirittura si invertono: gli atei credono di avere solo il pensiero puro e rifiutano il credere, mentre in realtà è proprio una semplice fede in qualche principio ciò che li caratterizza come "scienziati".
E i credenti pensano di avere la verità al di là di ogni pensiero chiaro ed evidente, perché secondo loro basta l'oscuro sentimento dell'amore a giustificare l'universalità del valore, palesando invece proprio la necessità di una dimostrazione, una prova ontologica per l'esistenza di questo elemento ignoto in cui infatti sia atei che credenti si trovano a venerare la verità o Dio.

Nella riflessione ordinaria, se si dice che Dio non esiste, ciò viene fatto passare come un fatto plausibile; mentre se si ipotizza solo un momento che a non esistere piuttosto sia la realtà, si sobbalza indignati reputandolo impossibile.
Gli atei dunque credono nella "realtà", i credenti pensano a "Dio", ma appunto sono due nomi differenti che designano due lati della medesima cosa universale.

Potrei anche essere d'accordo, ma non eludere il problema perchè esiste, ma soprattutto non fare estremismi di esempi di credenti e non credenti che non serve a nulla:entra in merito perchè quello che dici non supera comunque purtroppo il dualismo..
paul11 is offline  
Vecchio 31-01-2016, 20.05.00   #147
paul11
Ospite abituale
 
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da maral
Tralascierei le forme narcisitiche e megalomani con cui si esprimono certi pensatori (primo fra tutti Nietzsche, ma in quanto a megalomania Hegel non è certo da meno con le sue pretese di avere espresso il massimo compendio filosofico) limitandomi a considerare che non è perché la megalomania dei suddetti ci sta oltremodo antipatica che possiamo contestare la rilevanza di quanto ci vengono dicendo.
Trovo invece giusta la considerazione che l'uomo senza conoscenza (e senza la tecnica) non è nemmeno umano, ma forse anche qui, dovremmo intenderci su quale forma di conoscenza. Anche un lombrico che scava il terreno mostra di avere una grande conoscenza, sa come e dove scavare. La differenza che ci appare fondamentale tra noi e il lombrico è che il lombrico non sa di sapere, non ha coscienza di sapere ciò che sa, noi invece sappiamo di sapere e a volte riusciamo pure a sapere di non sapere, come auspicava il Socrate raccontato da Platone.
E' la nostra consapevolezza di sapere o di non sapere il piatto dove mangiamo: è una benedizione o una maledizione? A volte ci sembra una benedizione e ci sentiamo gli assoluti privilegiati del cosmo intero per decreto del Creatore, altre ci tormenta al punto da trovare preferibile essere come il lombrico (o come il gregge in una famosa frase di Nietzsche) ed è allora che malediciamo la nostra essenza umana proprio come il demone Sileno nicciano che dice al re Mida: "meglio sarebbe stato per te (uomo) non essere mai nato".

Heidegger, nella frase che ho citato, non ci sta dicendo che la materia per il nuovo materialista (a partire da Marx con le sue tesi su Feuerbach) è spirituale perché creata da Dio o dalla metafisica, ma che lo è in quanto è intrinsecamente e in primo luogo continua relazione trasformativa e non è più necessario pensare ad alcun ente trasformatore supremo o umano per porla in atto, poiché ogni soggetto trasformatore e ogni oggetto che viene trasformato è da essa stessa posto in atto per cui tutto è materia in un senso del tutto immateriale e automatico (tutto è materia viene a significare che tutto è pura prassi senza progetto). Nella frase di Heidegger c'è tuttavia ancora il riconoscimento di un progetto umano nel materialismo inteso come trasformazione continua, riconoscimento che però viene a cadere nel nuovo materialismo pragmatico contemporaneo che assolutizza il divenire nel suo aspetto del tutto tecnico, completamente fine a se stesso oltre ogni umano, un nuovo mostruoso e affascinante assoluto metafisico appunto, l'assoluto di una tecnica che sovrasta inglobandolo nella sua perfetta aprogettualità afinalistica (ancora umana, troppo umana) ogni residua traccia dell'umano. E' questo il vero Oltreuomo che Nietzsche nell'800 ancora incarnava nella volontà finalistica di un soggetto? Quello che lui stesso aveva intravisto prima di impazzire nell'eterno meccanicistico e umanamente del tutto insensato ritorno dell'identico?
L'Oltreuomo è comunque la fine dell'uomo e giustamente ci ribelliamo all'idea, noi come esseri umani, l'idea di finire. E umanamente chiedi che si può fare che non sia solo mettersi su una montagna e contemplare il tramonto dell'uomo? Quella tecnica che viene sovrastando ogni uomo non è forse la capacità tecnica di ogni uomo (compreso Heidegger che spera in un Dio che ci venga a salvare, Marx e chiunque) che esso può usarla a sua volontà per i suoi fini migliori o peggiori come effettivamente fa? Non è forse l'uomo il padrone e la tecnica ciò di cui si serve grazie alle conoscenze che matura?
Io solo constato la nostra radicale impotenza e dipendenza rispetto a questo servo a cui siamo resi servi e forse proprio questo constatare è il prendere atto di una nuova consapevolezza, una consapevolezza che va esplorata, è questo tutto quanto possiamo umanamente fare rivendicando l'essenza della nostra umanità che, a differenza del lombrico che non sa di sapere, sa anche di non sapere, quando è in stato di grazia.
Il divenire è la contraddizione radicale dell'essere, ma è anche l'esistenza dell'essenza che come ogni esistenza comporta il suo oltrepassare, il suo apparire per poi scomparire testimoniando l'essenza che sempre è rispetto a un nulla che non è. Ciò che sappiamo di non sapere è appunto l'essenza, la sua invariabile e sicura eternità, non la sappiamo proprio perché esistiamo e possiamo esistere solo nel limite finito che l'uno all'altro ci mostra e di riflesso a noi stessi.

Anche un gamete maschile che cerca un ovulo femminile è una forma di conoscenza per te?

Quello che alcuni filosfi adducono sulla tecnica e volontà di potenza è un concetto storicamente ovvio trasformato in filosofese,

Ben prima di Platone e della filosofai greca esisteva tecnica volontà di potenza.Quando si dice dell'età del ferro e del bronzo si indicano tecnologie e applicazioni non solo civili, ma armi .
Che poi il dispiegamento delle tecniche grazie a conoscenze e metodiche più affinate abbiano ulteriormente reso evidente il fenomeno significa che è piuttosto riconducibile alla natura umana e non alla tecnica a trasformare.Il soggetto storico è sempre l'uomo e non i suoi strumenti.
Il rischio è di fare di tutto un fascio fermandosi ai concetti di tecnica e volontà di potenza.
paul11 is offline  
Vecchio 31-01-2016, 22.27.11   #148
memento
Nuovo ospite
 
Data registrazione: 02-08-2015
Messaggi: 177
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Stai facendo un'apologia contraddittoria evidente,sia storicamente che logicamente.
Helena Blavatsky fondatrice della teosofia e precorritrice di tutta la spiritualità del Novecento che va sotto il nome di new age è contemporanea a Nietzsche. Se Schopenauer e altri esercitano argomentazioni filo-indiane è perchè in quel tempo ne erano al corrente ,direttamente o indirettamente.
Il probolema non è Dio, ma la conoscenza e interpretazione che le istituzionali chiese esercitano nella secolarizzazione(il compromesso fra origine del pensiero-dogma- sopravvivenza dell'istituzione nella storia) nelle masse,nelle culture.
Lo sapete quante chiese cristiane sono nate dopo il protestantesimo e il calvinismo solo nel Novecento? Chiedetevi perchè sono nate.

C'è una forte necessità spirituale, per qualcuno la motivazione può essere psicologia, ma sta di fatto che è la compensazione al malessere dell'esistenza.Negare la storia vorrebbe dire travisare le analisi.
Non mi pare di aver detto che nell'uomo contemporaneo sia completamente assente la fede religiosa,non vedo cosa c'entri.
Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Fammi un esempio concreto dell'Oltreuomo di Nietzsche.
Non esiste perchè essendo ideale è metafisico:questa è la contraddizione logica di Nietzsche.
Quale morale sussiste per natura nell'uomo?Nemmeno la scienza riesce a definirla e identificarla, se non per parvenze psicologiche di cui la stessa scienza ha storto il naso.
Il mito dell'Oltreuomo è si un ideale,ma non è metafisica. Nell'idea di Nietzsche l'Oltreuomo è un progetto (educativo per di più) che andava compiutamente sviluppato dai filosofi suoi successori,non un principio morale già dato e rivelato come il Cristo dei Vangeli (intendo la figura religiosa,non quella storica).
La morale non è un dato biologico ma un tratto comportamentale e culturale presente e rintracciabile in qualsiasi civiltà umana,per quanto eterogenea. La scienza che studia i comportamenti umani esiste e si chiama antropologia.
Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Possiamo andare all'infinito a contrapporre ragionamenti, non so a cosa possa servire, penso a poco.
Il problema semmai rifacendoci al titolo della discussione è cosa rimane dell'idea originaria di Dio, quanto influisce l'analisi di Nietzsche e se vi sono strumenti di analisi che ci permettono di leggere l'attuale realtà e proiettarla nel futuro,
Se accettiamo la provocazione che sia Dio e Nietzsche sono morti, significa che la morale è una vestigia da ridefinire nel nostro tempo se accettiamo che esiste ,come ho scritto nel post precedente, volontà di potenza e tecnica sono da definire meglio e non solo come principio metafisico privo di pratica.
Semplicemente perchè intanto la vita storica continua nelle pragmatiche,nelle scienze,nell'amorale. Il filosfo fa il contemplatore compiacente della sua idea e intanto il mondo va.Questo per me non è filosofare e infatti agonizza. Questa è la sfida vera.
Non credo che da questa discussione possa effettivamente decidersi il destino del mondo,tanto più che ognuno di noi esprime pareri differenti su identiche questioni.
I concetti di volontà di potenza e tecnica potrei anche definirli,ma non penso sarebbe il topic adatto.

Ultima modifica di memento : 01-02-2016 alle ore 07.31.34.
memento is offline  
Vecchio 31-01-2016, 22.42.12   #149
memento
Nuovo ospite
 
Data registrazione: 02-08-2015
Messaggi: 177
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da Hegel89
Non sarà ora di cancellare questo falso dualismo "credente/non credente" ? E' davvero un obbrobbrio, non si può proprio sentire. E tutti lo dicono.

Prima di tutto credente in che cosa? e poi fa ridere l'idea che ci sia gente che non creda, come se qualcuno potesse prescindere dal credere, come dal pensare, che infatti sono la stessa cosa.

I cosiddetti atei e i cosiddetti credenti sono della stessa medesima pasta, in modo che addirittura si invertono: gli atei credono di avere solo il pensiero puro e rifiutano il credere, mentre in realtà è proprio una semplice fede in qualche principio ciò che li caratterizza come "scienziati".
E i credenti pensano di avere la verità al di là di ogni pensiero chiaro ed evidente, perché secondo loro basta l'oscuro sentimento dell'amore a giustificare l'universalità del valore, palesando invece proprio la necessità di una dimostrazione, una prova ontologica per l'esistenza di questo elemento ignoto in cui infatti sia atei che credenti si trovano a venerare la verità o Dio.

Nella riflessione ordinaria, se si dice che Dio non esiste, ciò viene fatto passare come un fatto plausibile; mentre se si ipotizza solo un momento che a non esistere piuttosto sia la realtà, si sobbalza indignati reputandolo impossibile.
Gli atei dunque credono nella "realtà", i credenti pensano a "Dio", ma appunto sono due nomi differenti che designano due lati della medesima cosa universale.
Come al solito si confondono le nozioni di ateismo e scientismo. È una generalizzazione impropria,perché si può benissimo pensare che la scienza non possa spiegare tutto ciò che accade nel mondo,ed essere comunque non credenti. Credere nella realtà non significa nulla: la realtà non mi appare né si rivela tutta bella davanti a miei occhi. Si può credere nel sapere scientifico,che è un altro discorso.

Ultima modifica di memento : 01-02-2016 alle ore 00.20.04.
memento is offline  
Vecchio 01-02-2016, 08.42.05   #150
sgiombo
Ospite abituale
 
L'avatar di sgiombo
 
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
Riferimento: Dio è morto. Anche Nietzsche.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Ma va!
Ma chi e cosa ti fa credere che un credente non faccia quello che tu pensi,perchè la penso esattamente così.Emerge un concetto bloccato del come essere e vivere la cristianità-
Prima di andare a dormire mi fustigo, faccio un "macumba" e spargo aglio intorno al letto.(Ovviamente scherzo)

Personalmente ritengo che qualunque persona deve essere onesta e rispettosa dei propri simili.Dio, la provvidenza e tutto ciò che ne comporta è il valore aggiunto, ma per me non è un fine, lo scopo è vivere in armonia e in amore quì sulla terra....il resto si vedrà.

Così come un agnosta, un non credente ritiene di essere più allineato ad Hume,invece che a Severino o Nietzsche o a chiunque altro pensatore non credente, così c'è una diversa interpretazione di come vivere la vita da credente o specifcatamente da cristiano.
A me pare evidente che ogni umano abbia una sua caratteristica.
Le categorizzazioni sono importanti per ordinare le conoscenze, ma attenzione a non ingessare il proprio pensiero in pregiudizi.

Ma ti dirò di più,ci sono pensatori non credenti che mi stimolano di più che credenti,dipende dalla loro profondità.Amo i pensatori in toto che fanno riflettere a prescindere dagli steccati categoriali.
Ad esempio ho ammirazione per Marx,Nietzsche mi sollecita dal punto di vista umano, ma ve ne sono molti altri.
Siamo tutti umani, se non vogliamo pensarci creati da Dio, siamo figli della terra e un pò vittime di questo mondo.Quindi la felicità cercarla è giusto,la gioia contagia positivamente, ma sempre nell'amore e rispetto.

Scusa Paul, ma cosa ti farebbe mai pensare che io creda che nessun credente si comporti (almeno per molti aspetti) come me e tanti altri non credenti?
Non credo di aver mai dato adito nel forum al dubbio di pensare che ogni credente necessariamente prima di andare a dormire si fustighi, faccia un "macumba" (anche perché non so che cosa sia) e sparga aglio intorno al letto (questo fra l' altro lo fanno non pochi non credenti superstiziosi, contrariamente a me).

In polemica con altri credenti ho fra l' altro più volte menzionato nel forum Severino Boezio come dimostrazione che si può essere cristiani e comportarsi bene disinteressatamente e non in vista del premio o castigo divino (nella splendida Consolazione della filosofia afferma chiaramente che la "virtù" andrebbe perseguita in quanto premio a se stessa -alla maniera degli stoici- anche se per assurdo Dio non esistesse e la vita umana non fosse eterna).

@ Memento

Mi hai proprio rubato le parole di bocca (pardon: di tastiera) circa la confusione fra ateismo e scientismo (preferirei solo dire "fra razionalismo e scientismo"; che per me é un irrazionalismo, anche se diverso e un po' meno "smaccato" da quello delle religioni e e ancor più dalle superstizioni).
(Non mi stupisce comunque che da posizioni filosofiche distantissime e contrarissime si possa talvolta concordare su qualche questione: solo gli stupidi pensano pregiudizialmente di dover sempre e comunque dissentire in simili casi).

Ultima modifica di sgiombo : 01-02-2016 alle ore 19.06.50.
sgiombo is offline  

 



Note Legali - Diritti d'autore - Privacy e Cookies
Forum attivo dal 1 aprile 2002 al 29 febbraio 2016 - Per i contenuti Copyright © Riflessioni.it