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30-11-2008, 15.27.38 | #162 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
D'accordo. Voglio riflettere per formulare il nuovo topic in maniera appropriata. Ciao |
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30-11-2008, 15.49.23 | #163 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Originariamente postato da Epicurus. Detto questo, ho una proposta. Dato che stiamo andando off-topic, potresti aprire un nuovo topic dove in apertura dai la tua definizione della parola 'dio' (e spieghi il significato di alcuni attributi non banali) e chiedi cosa ne pensiamo di un tale ente. Che ne dici? Carissimo Epicurus, secondo il mio modesto parere,Dio è una Entità di cui l'umanità ad un certo punto della sua evoluzione,ha ritenuto l'essenziale necessità di adottarsi al fine di dare armoniosità alla propria evoluzione,per poter tra l'altro dare una definizione ed un giusto valore al bene ed al male. A mio avviso tutto ciò non è stato fatto o detto dagli ultimi arrivati,bensì da pensatori forse un tantino più profondi di noi,distribuiti nella storia e con reciproca condivisione. Per cui io inviterei ad una sana e profonda riflessione prima di annullare tutto ciò.Spero di essere riuscito a rendere l'idea. Amichevolmente. espert37 |
01-12-2008, 09.14.12 | #164 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Per affrontare compiutamente e in modo asettico il tema del libero arbitrio nella sua relazione con la congetturata onniscienza o prescienza divina, dobbiamo prescindere necessariamente dalle innegabili interferenze psicologiche e impulsive cui sottostà l’agire di qualsiasi creatura vivente. Intendo dire che il discorso può (o deve) essere condotto senza travalicare il campo della speculazione pura, priva quindi delle interferenze attinenti a branche del sapere che s’interessano dello studio del comportamento umano, mantenendoci, pertanto, il più possibile all’interno dell’alveo tracciato dal puro pensiero (mi rendo ben conto che un pensiero puro, non interferito dal pensatore, sia pressoché impossibile, ma siamo nell’ambito di un caso accademico). Solo in questo modo è possibile stabilire, in base alla pura logica, se e quanto l’onniscienza e il libero arbitrio siano compatibili. Immaginiamo, quindi, un individuo privo d’alcuna determinazione esogena ed endogena, cioè, quindi, che basi le proprie scelte solo sulla propria libera volontà. Situazione irreale, ma siamo o non siamo nel campo della speculazione pura? A questo punto, sgombrato il campo da ogni interferenza, è possibile immaginare il creato a forma d’ampolla di vetro o di un enorme cono, il cui interno sia cavo, con il vertice orientato verso il basso e le cui spesse pareti rappresentino il limite estremo dell’agire umano. All’interno del cono si esprime il massimo della libertà umana, d’autodeterminazione dell’uomo, di possibilità di scelta. Possibilità quindi ampissima, indefinita ma pur sempre costretta entro limiti, quelli tipici e precipui dell’esperienza umana. In questa area, ribollente e magmatica anziché no, l’uomo determina se stesso, opera delle scelte assolutamente libere, non condizionate da alcunché (ammesso che la complessità dei meccanismi sociali permetta una simile condizione), se non solo ed esclusivamente dalla complessa rete di interrelazioni che si vengono a determinare in dipendenza dell’interazione umana. Nessun intervento esterno, tanto meno di derivazione trascendente, o perlomeno che non sia d’origine umana, e che dal coacervo dell’insieme delle libere e autonome scelte si determini (il nostro è un caso di scuola, non realistico). I limiti estremi sono rappresentati dall’impossibilità di agire oltre quel che è consentito ad un essere finito e limitato quale è l’uomo. All’interno del cono esistenziale impera il disordine più completo e il caos più variegato, i cui ingredienti ed elementi costitutivi sono le diverse libere scelte di ciascun essere vivente. Quindi, all’interno di questa area esistenziale, vero e proprio ed esclusivo crogiolo dell’esperienza, la libertà di operare delle scelte è totale, ma solo entro i limiti naturalmente inscritti nella finitudine umana. Le possibilità sono indefinite, ma mai infinite. L’immagine del caos e del disordine è assai congenere a quella del caso, quindi della casualità del verificarsi degli eventi implicati e che implicano l’agire umano, poiché, infatti, il caos verrebbe a determinarsi in dipendenza dell’imprevedibilità e dell’indeterminatezza del movente umano. Quindi, massima libertà di scelta entro i limiti dell’umanamente possibile, avuto riguardo per la limitatezza umana; Massimo disordine conseguente all’indeterminatezza e imprevedibilità delle scelte umane; Massima espressione di casualità nel verificarsi degli eventi; Massima espressione di libertà. Al di fuori del cono esistenziale umano, oltre questo spazio indefinito ma finito, c’è l’infinito che conchiude e comprende la nostra, per quanto indefinita, pur sempre finita dimensione. L’Infinito rivolge il suo sguardo al finito. Essendo infinito non ha un limite spaziale, né temporale (diversamente non sarebbe infinito, e tutto cadrebbe). E’ oltre lo spazio, pur essendo in ogni luogo, ed è oltre e aldilà d’ogni tempo, pur essendo in ogni tempo. Lo sguardo Infinito che coglie il finito, non può che inglobare nella sua vista l’intero segmento esistenziale di ciascuno di noi. Non solo ciascun singolo segmento. Trattandosi di dimensioni finite, seppure indefinite, anche la loro somma (ancor più estesa, ma pur sempre limitata e finita) è necessariamente inclusa nell’Infinito. Questo ultimo, come già detto, è ente (pensiero, idea, noumeno) a-spaziale e a-temporale. Da questa dimensione a-dimensionale, il noumeno può benissimo osservare l’intero sviluppo d’ogni nostra azione, abbracciando col suo sguardo a-dimensionale l’intero arco dell’esistenza complessiva concernente il finito: passato, attimo presente e futuro. Può osservare senza interferire (già questo concetto abbozza l’immagine del Dio indifferente). Credo che questa ipotesi – assolutamente speculativa – sia sufficiente per giustificare la coesistenza di onniscienza (o prescienza) e libero arbitrio. Il cuneo con il vertice rivolto verso il basso, presenta all’apice un foro. Questo non è altro che la soglia della necessità, ovverosia ciò che preclude la possibilità al caso d’essere totale anche nell’ultra dimensione. E’ il setaccio posto a guardia dell’intangibilità della necessità, affinché questa non sottostia o non sia inquinata dall’assenza di norme, situazione tipica di una dimensione casuale. La soglia è ciò che separa la Vita (dimensione umana ove il libero arbitrio e il caso imperano) dalla Morte, ovvero dall’ultra dimensione (ove è la necessità a dettare le sue regole). L’immagine complessiva così ottenuta, ricorda molto quella della clessidra, osservata, però, in uno solo dei due settori che la compongono. I granelli di sabbia si muovono, scontrandosi, superandosi, prevaricandosi a vicenda, e rispondono ad un’unica legge, quella di gravità. La priorità del passaggio di ciascun granello di sabbia nell’angusta strettoia che separa l’una parte dall’altra della clessidra, è stabilita dalla norma della necessità, quindi dell’onniscienza gravitazionale. Mi sembra che l’esempio possa calzare, in caso diverso le cose, solo a livello speculativo, non dovrebbero essere minimamente inficiate o depotenziate dall’utilizzo di una metafora non appropriata (mi auguro che nessuno confuti sulla base della metafora, scordando strumentalmente il resto). |
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01-12-2008, 09.15.12 | #165 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Infatti, io ho suggerito un approccio affatto diverso. Non dovremmo attribuire qualificazioni morali a questo ente, poiché le attribuzioni morali sarebbero esclusivamente di nostra pertinenza e provenienza. Accollare moralità all’essere in quanto tale, in una certa e buona misura, lo definisce, quindi lo delimita entro le qualificazioni che gli attribuiamo. Si tratta, tra l’altro, di qualificazioni tipicamente umane e che solo in tale ambito acquisiscono senso, poiché le norme morali sono elementi relazionali, ed assumono senso solo esclusivamente in rapporto all’uomo. Per assurdo, OOPB dovrebbe appellarsi e indicarsi (che è già una limitazione) con uno spazio vuoto, perché ricondurlo ad un’infinita e perfetta bontà lo antropoformizza, estromettendolo ipse facto dalla sua dimensione a-morale. E’ l’angolo di visuale che deve mutare, ruotando di 180 gradi. Non si può vedere OOPB con gli occhi dell’uomo, ma solo con i suoi occhi, e i suoi occhi non possono avere moralità. Il Bene e il Male sono ammennicoli umani, che emergono dalla nostra relazione con la Natura, che noi appiccichiamo all’ente. Citazione:
Infinito nell’accezione più ampia possibile: a-temporale e a-spaziale. Ente infinito che è e non è in ogni spazio e in ogni luogo, al tempo stesso. Egli è il convergere d’ogni possibilità, ed anche d’ogni impossibile. Perciò è limitante, quindi speculativamente contraddittorio, ipotizzare l’esclusiva sua perfetta bontà, senza congetturare anche la sua infinita e perfetta malvagità, che, ripeto, in OOPB i due termini non assumono alcun significato morale. Citazione:
Concordo in pieno. Il concetto di OOPB (ovviamente è un acronimo che a questo punto per me non assume più il significato originario) è antinomico, è in sé un non-sense. Così pure quelli d’Infinito e di perfezione. Le capacità speculative umane, seppur enormi, non arrivano a com-prendere (nel senso semantico del termine di prendere in sé) il concetto di Infinito e di perfezione. La mente naufraga e si sperde nell’oceano dell’Infinito (e il naufragar m’è dolce in questo mar). In ogni caso, basta ruotare di 180 gradi la concezione di OOPB per trovaci di fronte non più ad uno svuotamento totale, ma ad un suo completo riempimento (che in ultima analisi è anche lo svuotamento totale). Se, infatti, solo volessimo provare ad immaginarlo non privo di ogni attributo, ma pieno di ogni attributo, sia pensabile che impensabile, sia possibile che impossibile, anche se in questo caso non cammineremmo troppo a lungo senza imbatterci in uno dei più macroscopici paradossi della speculazione: Dio può essere talmente onnipotente da poter non esistere ed esistere al tempo stesso? Per affrontare questo paradosso, è però necessario muoverci su diverse dimensioni e ambiti speculativi. Sarebbe necessario, per sondare questo ascoso terreno, muoverci nell’ambito della manifestazione e della non manifestazione. Nel caso si potrebbe provare a dimostrare la contemporaneità dell’esistenza e della non esistenza di OOPB. Citazione:
La differenza di posizioni è determinata da un fatto di cui io non ho voluto tener conto. Il Dio cristiano non può logicamente essere dimostrato in alcun modo. Quel che teorizzo io in questa, forse eccentrica, speculazione è altra cosa dal Dio provvidente, perché è proprio la provvidenza a collidere antinomicamente e senza possibilità di ricomposizione sintetica con ogni attributo che il cristianesimo affibbia a Dio Padre. Non parlo, dunque, del Dio Padre caro al cristianesimo… il discorso non potrebbe avere alcun seguito. OOPB può al tempo stesso essere infinitamente buono e malvagio solo se depuri i due termini di ogni contenuto morale e li consideri alla stregua di un segno di riconoscimento utile perché l’uomo sappia di che cosa sta parlando. Mi chiedo, però, se OOPB possa essere un ente senziente e razionale, senza con ciò dover rinunciare, di necessità, alla sua perfezione e infinità, soprattutto in rapporto al male. Potremmo provarci. |
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01-12-2008, 14.30.02 | #166 | |||
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Prenditi tutto il tempo che ti serve. Grazie Citazione:
Questa non è ancora una definizione della parola 'dio'. Comunque su questo tema ne parleremo nel topic che in futuro aprirà Giorgiosan. Citazione:
Il principio di autorità, che sembri qui tarare in ballo, credo sia l'antitesi della filosofia. Siamo qui sul forum per capire, anche, se chi ci ha preceduto abbia detto cose corrette o meno. D'altro canto, ci sono e ci sono stati pensatori molto profondi anche tra i non credente. |
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01-12-2008, 14.53.07 | #167 | |||||||
Moderatore
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Per evitare l'off-topic, sulla questione sulla compatibilità logica o meno del libero arbitrio e della preveggenza, c'è un topic appositamente aperto da me: https://www.riflessioni.it/forum/filo...-arbitrio.html Citazione:
E' vero che un Dio buono ha un grado alto di antropomorfizzazione, ma con questo? Perché non potrebbe esistere? D'altro canto, se lui ci ha fatto a sua immagine e somiglianza... Citazione:
Ripeto quanto detto nella mia precedente risposta a te, ma perché OOPB non dovrebbe essere definibile linguisticamente? OOPB è per definizione un ente onnisciente, onnipotente e perfettamente buono. Se tu vuoi parlare di ND ("ente non definibile"), allora stai cambiando discorso, senza contare, come ti ho già mostrato, che ND è nel miglior dei casi una contraddizione in termine, e nel peggiore un nonsense. Citazione:
Ma perché OOPB non dovrebbe essere buono, dato che lo abbiamo definito così? Mi ripeto: stai semplicemente cambiando oggetto della discussione. Se vuoi cambiare la tua interpretazione del termine 'dio', ben venga (a patto che questo atto di cambiare interpretazione sia preso come atto linguistico), anche se non so che cosa ce se ne possa fare di un ente così confusamente contraddittorio che scade nel nonsese. Citazione:
Infatti, un ente con tutti gli attributi soffrirebbe degli stessi problemi di un ente senza attributi. Questo, quindi, ci dice che è assurdo parlare di queste due parole, non per un nostro limite, bensì perché tali parole non hanno un referente. Citazione:
Ok, quindi non parli di OOPB, perciò neppure del Dio della tradizione giudaico-cristiana, tanto che questo è ritenuto onnipotente, onnisciente e perfettamente buono. Però tieni conto che in questa discussione si vuole parlare proprio di OOPB (ente onnipotente, onnisciente e perfettamente buono). Citazione:
Di quale infinità e peferzione parli? Potresti spiegarti meglio a riguardo? Ciao e grazie |
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01-12-2008, 15.37.00 | #168 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Semplicemente perché un Dio esclusivamente buono, che sia pure il Dio abramitico del Pentateuco o della tradizione neotestamentaria, quindi anche onnipotente e provvidente, è senza dubbio un nonsense, una vera contraddizione e difficilmente potrebbe coesistere con il Male, che alla sua bontà (esclusiva) e alla sua esistenza si oppone in termini immediatamente logici. Non capisco, invece, perché un ente non definibile, con tutte le qualificazioni assolute e infinite (quelle possibili ed anche impossibili), sia una contraddizione in termini o un nonsense? Forse perché si scontrerebbe con la necessità di dimostrare la sua contemporanea esistenza e non esistenza? Se ci spostiamo nel campo della manifestazione (quindi anche in quello della non-manifestazione), le due situazioni possono, invece, sussistere contemporaneamente senza creare un’antinomia insanabile… ma non possiamo fare questo esercizio se prima non si accetta la possibilità di almeno due diverse dimensioni e diversi gradi di manifestazione: quella umana e quella divina, e se non proviamo a spostarci in quella divina (capisco quanto possa essere pretenziosa questa operazione… ma credo che il gioco regga).
Se vogliamo definire Dio buono (esclusivamente buono), e non anche malvagio, Genesi è da riscrivere completamente (considerato che stai parlando del Dio di Genesi), perché è proprio Genesi che ci racconta che Dio non è esclusiva bontà… è anche bontà, ma non solo. Leopardi, prima d’ogni altro, ha svelato questo lato terrifico di Dio, e anche il concetto di sacro denuncia questo lato numinoso del Dio di Genesi. Capisco che si voglia discutere del Dio onnipotente, onnisciente e perfettamente buono, ma il mio post precedente, quello sul libero arbitrio, inferisce circa la possibilità che quantomeno onniscienza e libertà umana possano coesistere. Mentre, invece, non do’ alcuna possibilità alla sussistenza contemporanea di Perfetta bontà (esclusiva) e prescienza, proprio per via delle note confutazioni più che sensate di Epicuro. In termini assai sintetici: Infinità è la necessità che l’ente non patisca alcun limite in ogni sua attribuzione (neppure quella di essere inesistente… se per tale intendiamo la non-manifestazione). Perfezione è la necessità che l’ente sia sufficiente a se stesso, senza ricevere da altri la ragione sufficiente al suo essere se stesso. |
01-12-2008, 16.17.09 | #169 | |||
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Perfetto, quindi, dato che il topic parlar proprio di OOPB, allora condividiamo la stessa idea a riguardo. Citazione:
Perché dici che è non definibile, se subito dopo dici che lo definiamo con tutte le proprietà? Per non confonderci, chiamerò X l'essere che stai cercando di definire. Non ho capito tra le due proposte qual è la tua: 1) Prendiamo le proprietà come intervallo di valori, quindi, per esempio, "conoscere" può assumere il valore 0 se si vuole esprimere il concetto che non si conosca niente, oppure il valore infinito se si conosce al massimo grado. In quest'accezione vale "X ha tutte le proprietà al massimo grado" e questo implica, per esempio, "X conosce al massimo grado", ma non vale che "X non conosce niente". 2) Le proprietà sono come normalmente le intendiamo, quindi "conoscere" è una diversa proprietà di "non-conoscere". In quest'accezione vale contemporaneamente che "X conosce al massimo grado", "X non conosce niente", "X sa che ora Roma è la capitale d'Italia", "X non sa che ora Roma è la capitale d'Italia", etc. La posizione (2) è evidentemente contraddittoria, mentre la (1) potrebbe avere qualche problema... ma prima vorrei sapere quale delle due stai proponendo. Inoltre X diviene sicuramente contraddittorio se, come hai scritto tra parentesi, gli attribuisci anche proprietà impossibili, cioè contraddittorie. Citazione:
Ma cosa sarebbe "la dimensione divina", o meglio "la definizione x-ina" se stiamo ancora definendo X? Comunque, è meglio continuare questa discussione sul topic che aprirà in futuro Giorgiosan, per evitare l'off-topic. |
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01-12-2008, 17.09.38 | #170 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Capisco quanto l’OT sia in agguato, per cui attendiamo il nuovo thread.
Mi limito solo a chiarire un passaggio. Possibile e impossibile sono altre due definizioni limitative, giacché implicano che l’ente assoluto debba sottostare a qualcosa d’esogeno, ovverosia alla possibilità (concetto contiguo a quello della necessità). La limitazione è essenzialmente dovuta al linguaggio e alla connessa difficoltà di smarcarsi dalle ferree maglie della sintassi e della semantica. Forse il concetto è più accessibile spostandosi sul piano della manifestazione. La nozione d’infinito implica un’estensione (termine sicuramente improprio) temporale e spaziale non limitata da nulla, quindi illimitata. Non solo per quanto attiene alla dimensione spazio temporale, bensì anche per quel che concerne la possibilità, che deve essere infinita e illimitata anch’essa, fino a giungere a negare se stessa… cioè negare la possibilità. Affermare equivale a negare, almeno per quel che nell’affermazione non è contenuto, cioè per quanto e quel che resta fuori dall’affermazione. Quindi ogni attributo equivale a negare quel che non è ricompreso nell’attributo stesso. La Bontà, implicitamente, nega la malvagità, e viceversa. Parimenti dicasi per ogni altra attribuzione divina (onniscienza, nega l’ignoranza, onnipotenza, l’impotenza e così via). Le implicazioni sono immediate e logiche. L’ente assoluto perde la sua assolutezza, trasformandosi in ente non più infinito, ma indefinito. Solo la negazione di ogni negazione si presenta con le caratteristiche dell’affermazione pura. Diversamente non sarebbe possibile uscite dal giogo dell’antinomia. Il concetto di manifestazione, forse, fa giustizia di questa limitazione implicita nelle attribuzioni divine. La manifestazione è tutto quel che è possibile, ma non è tutto ciò che pertiene all’ente assoluto. Questi, essendo assoluto, quindi non limitato dalla manifestazione, è espressione anche di quanto non è manifesto e mai sarà neppure tale, ovverosia dell'impossibilità, poiché è l'impossibilità la caratteristica precipua del non manifesto. Quindi l’ente è insieme manifestazione e non-manifestazione, cioè quel che è manifestato e quel che non è e mai sarà manifestato. Per il pensiero occidentale è essere solo quel che esiste, quel che non appartiene o che ancora non appartiene alla dimensione (termine sicuramente improprio) della manifestazione, non è esistente… di fatto non esiste. Ma la possibilità di non-manifestazione è anch’essa prerogativa dell’ente. Allora è anche conseguente e logico sostenere che quel che non esiste per l’uomo, e di fatto non esiste, esista invece per l’ente assoluto in rapporto a se stesso, diversamente, come dicevo prima, l’assoluto sarebbe limitato dalla manifestazione. Così è l’ente, che ingloba in sé tanto la manifestazione, quanto la non-manifestazione, essendo così, per il pensiero logico, esistente e non esistente al tempo stesso, ma ciò solo se repentinamente muti l’angolo della visuale, cioè se ti poni rispettivamente nell’ottica del finito (umanità) o dell’infinito (ente assoluto). Ma la nostra dimensione, quella finita, non permette questo continuo mutar d’orizzonti, poiché l’unico orizzonte che ci si para di fronte è quello del finito, cioè dell’esistenza umana. La restante parte dell’orizzonte è solo speculazione intellettiva, che nulla aggiunge alla nostra esperienza. |