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27-11-2008, 11.20.45 | #152 | |||
Moderatore
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Ciao Arsenio, sia l'argomento del libero arbitrio sia quello dei valori è stato affrontato in questo topic, dove sostengo che entrambi non sono sufficienti per salvare OOPB. Qui trovi una sintesi di ciò che ho detto in svariati post: https://www.riflessioni.it/forum/225591-post121.html Citazione:
Come ho ripetuto più volte in questo topic, dato che non posso prendere in considerazione infinite morali e dato che OOPB è praticamente identificabile con il dio del cristianesimo, si può assumere la morale cristiana come base per discutere. Citazione:
Esatto, non c'è differenza tra una fonte ed un'altra, l'importante è che la tesi sia giustificata, quindi abbia delle forti motivazioni a favore (e delle forti motivazioni a sfavore delle tesi avverse). Comunque mi pare che attributi quali "onnipotenza", "immutabilità", "creatore dell'Universo e dell'Aldilà", "immutabile", "perfettamente buono", etc. siano tutti attributi che il cristianesimo riconosce a Dio. Inoltre, tali attributi sono quelli attribuiti in generale dalla tradizione occidentale a Dio. Detto questo, di nuovo, non mi interessa se questo sia la "giusta" interpretazione della Bibbia o la "giusta" interpretazione del cristianesimo. Questa idea del "teismo classico" è stata dominante (ed è dominante tuttora) in occidente, così mi pareva interessante mostrare la sua inconsistenza. Sono ancora in attesa della tua proposta. Ciao e grazie |
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27-11-2008, 18.53.10 | #153 |
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Rispondo.
“Siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,48). Questa è la fonte da cui ho tratto l'attributo "perfetto". In che cosa consiste questa perfezione? Perfezione nell'amore, per cui Dio è stato definito Amore. Ed è l'amore che rende ragione di tutte le obiezioni che si possono fare all'operato di Dio. Con amore o bontà si rivela il senso alla sofferenza, dell'ingiustizia, del peccato e della morte. Mi fermo qui, perché aspetto le tue eventuali considerazioni. Ciao |
28-11-2008, 01.05.21 | #154 | |
Moderatore
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Innanzitutto definire la perfezione tramite l'amore mi pare un nonsense. Comunque sorvolerò su questo e sulla perfezione, dato che il punto centrale è che Dio è stato definito come amore. Dato che la proposizione "Dio è amore" mi pare ambigua, forse è meglio disambiguarla. Per quando mi riguarda, posso vedere due possibili interpretazioni: 1) Dio è quell'ente personale che ama al massimo grado. 2) Dio è identificabile col sentimento dell'amore. Non credo che tu intendessi la seconda interpretazione, quindi mi concentrerò sulla prima. Che posso dire su questo dio così definito? Be', se la cosa che dovrei discutere è la possibile esistenza di un essere che ama al massimo grado, non ho molto da dire, se non che mi pare l'espressione 'amare al massimo grado'. Detto questo mi preme evidenziare l'ovvio: definito così dio, dio è semplicemente ciò che hai definito, un qualunque ente personale che soddisfa la condizione di amare al massimo grado. Quindi non ha necessariamente creato l'universo e l'aldilà, non fa necessariamente miracoli, non ha necessariamente né una particolare potenza né una particolare conoscenza, inoltre non è necessariamente fuori dallo spaziotempo, immutabile, intelligente e disincarnato. Ho un'ultima cosa da aggiungere: sei liberissimo di usare il termine 'dio' in quest'accezione, anche se mi pare che così si stravolga troppo il termine originale, o almeno si restituisca qualcosa di religiosamente ed esistenzialmente poco importante. |
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28-11-2008, 12.06.34 | #155 | |
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Riferimento: Sintesi e nuovo argomento
Citazione:
Ho recuperato il post scritto da Epicurus numero 121 di questa discussione. Quel che sostiene è vero, ma solo se analizzato nella prospettiva in cui si pone lui. Se OOPB (non capisco perché OOPT) fosse esclusivamente perfettamente buono, e a questa esclusiva perfezione dovessimo anche aggiungervi l’onnipotenza e l’onniscienza, l’esistere del Male escluderebbe a priori la possibilità che OOPB esistesse. Ma la questione può essere vista anche da un’altra prospettiva. Come primo elemento di riflessione rilevo che i verbi ‘vuole’, ‘sa’ e ‘ha’ stringono l’assoluta libertà (che non possiamo evitare di attribuirgli) di OOPB entro maglie eccessivamente costringenti, tanto da limitarne l’assolutezza. Ciò non in relazione ai verbi coniugati alla terza persona singolare e al loro significato semantico, ma in quanto la loro successione prelude ad un dovere, che risulta implicito e incluso nella scansione del suo volere, potere e sapere; quindi un volere/dovere che diviene il metronomo di una necessità. Il suo ‘volere’ è implicato e reso necessario dal suo ‘sapere’ e dal suo ‘essere infinitamente buono’, quindi non si tratta di un ‘volere’ assoluto, ma di una vera e propria necessità, ciò depotenzia la sua onnipotenza. Un OOPB che sottostà ad una necessità non è più assolutamente libero. Non essendo più assolutamente libero, con buone ragioni si potrebbe anche opinare che non sia perfettamente onnipotente, fatta salva la sua infinita bontà e la sua onniscienza… ma scavando in fondo, credo si potrebbe anche arrivare a mettere in dubbio anche le altre due qualificazioni. |
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28-11-2008, 12.11.07 | #156 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Altro elemento da prendere in considerazione, credo più consistente, è il suo essere perfettamente buono.
Se OOPB è Infinito (credo non debba essere scordato), non può ammettere alcun limite, ma postulare la sua esclusiva perfetta bontà, significa che il suo essere è limitato proprio dall’essere esclusivamente perfettamente buono. D’altra parte, ammettere che sia tanto Buono quanto Malvagio, non fa altro che aggiungere un altro limite a quello già postulato in precedenza. Esclusa la possibilità dei limiti, non resta che concepire OOPB nella sua qualità onnicomprensiva di ‘essere se stesso’, né perfettamente buono, né perfettamente malvagio. Egli, in quanto ente, semplicemente ‘è’, nella sua ineffabile complessità. Il Male e il Bene scaturiscono nell’incontro fra accadimenti o eventi e l’uomo. Solo l’uomo, infatti, annette una valenza morale ai fatti che direttamente o indirettamente lo coinvolgono. La Natura, nel manifestarsi in forma di fenomeni anche violenti, non è mai malvagia, neppure benigna. Gli eventi naturali sono di per sé neutri, in quanto a connotazioni morali. I fenomeni sono il respiro della Natura, questo respiro diventa caldo e confortevole, oppure miasmatico e putrescente solo quando intercetta la vita degli uomini. Un incendio che distrugge la foresta amazzonica è di per sé neutro, lo diventa quando a questo avvampare delle fiamme si collega il pensiero morale e/o pratico dell’uomo per tutto quanto quelle fiamme si portano dietro (distruzione e morte), ma se quello stesso incendio si propagasse in un mondo troppo distante perché noi ne avvertissimo le conseguenze, pur potendo assistervi in qualche modo, non sarebbe per noi un male. Una supernova che si forma nell’universo, senza che le sue radiazioni siano tali da influenzare minimamente la vita sulla terra, benché ammirata attraverso un telescopio, non è Male, eppure quanta materia è distrutta in quell’immane esplosione. Il Male è allora una circostanza che scaturisce solo nella relazione che l’evento ha con l’uomo, qualificandosi nelle sue implicazioni sempre e solo in rapporto a chi è in condizione di pensarlo. Così è pure per quel che riguarda la malattia o la corruzione (alludendo con ciò alla corruzione fisica). La Natura, per poter essere tale e perpetuarsi come tale, implica tanto la Vita quanto la necessità della Morte e della dissoluzione. Entrambe, Vita e Morte, sono congeneri e confacenti alla Natura, ad essa con-vengono. Senza la vita o la morte non sarebbe possibile il mutamento delle forme che l’essere Natura comporta e rende necessario. Non sarebbe possibile il divenire, dimensione imprescindibile dell’esistenza umana. Non sono tanto il male, la morte, il divenire, la corruzione a rendere inutile l’ente perfetto, o ad insinuare il dubbio che l’ente perfettamente perfetto, perfettamente onnisciente, perfettamente onnipotente e perfettamente infinito ed eterno esista veramente, quanto piuttosto un eccesso naturale che si collega al male e alla necessità della morte, e che di essi è strettamente dipendente. Alludo al dolore, alla sofferenza, soprattutto quando sono gratuiti. La necessità della Morte, essenziale per la Vita, entrambe elementi della Natura, non implica la necessità del dolore e della sofferenza. La Morte, per essere se stessa, potrebbe benissimo fare a meno del dolore, che, proprio per questo, si colloca in una dimensione non più consona alla Natura, ma ne rappresenta un’aberrazione, un eccesso gratuito e non necessario. La giustificazione pedagogica del dolore è inconsistente, proprio per le ragioni da Epicurus evidenziate. Se fosse necessario istruire l’umanità sulla moralità e la virtù, OOPB avrebbe potuto attingere alle sue infinite possibilità di creazione; avrebbe, presumibilmente, potuto optare per una natura umana più incline alla retta conoscenza morale. Il dolore, fra l’altro, non sempre è un buon pedagogo in tal senso. Che il dolore serva a discernere il bene dal male? Anche questa è una congettura piuttosto debole. Il Male di mostra nell’animo dell’uomo in mille diversissimi modi, senza che abbia sempre bisogno di accompagnarsi con la sofferenza. E’, infatti, ritenuto male di per sé la Morte, e le sue diverse gradazioni, perché già il pensiero della Morte è presagio del Nulla. Per aver cognizione del Bene e del Male, declinato nella sua forma meontologica, non è indispensabile che la morte si faccia precedere e accompagnare dai miasmi del dolore. La morte sarebbe potuta essere sufficiente. La teoria della retribuzione appare subito contraddittoria. OOPB avrebbe creato l’uomo per un libero atto d’amore. Successivamente, a causa di un evento traumatico che avrebbe determinato la ‘caduta’, affinché alla fine del breve segmento dell’esistenza (rispetto all’eternità) ciascuno di noi possa ricongiungersi al suo amore e con il suo amore, avrebbe disposto un percorso ad ostacoli… mi sa davvero tanto di giostra con i cricetini, che farebbe a pugni con il concetto di <cosa molto buona>, presente in Genesi e ritenuta vera da tantissimi. Ci stacchiamo dal suo amore, affrontiamo pene e dolore per poi ritornare all’amore originario da cui siamo stati in origine (della nostra vita) distaccati, ma solo se ce lo meritiamo, nel frattempo OOPB avrebbe predisposto per noi un cammino irto d’ostacoli. Una vera crudeltà! Mi pare più che altro un ente burattinaio. D’altra parte, il dolore non si lega necessariamente e inscindibilmente con il concetto di ‘libero arbitrio’, poiché è ben presente anche negli eventi che non sono minimamente interferiti dall’agire umano, essendo spesso l’uomo solo un elemento passivo dell’accadere delle cose, senza che la sua volontà, le sue determinazioni di scelta, il suo libero arbitrio siano espressi. Non è dunque il Male in sé a dichiarare irrealistica l’esistenza dell’ente perfettamente buono, onnisciente e onnipotente, bensì il dolore, che è un di più non necessario. Senza di esso, onnipotenza e bontà divina potrebbero stare insieme senza auto elidersi a vicenda. |
28-11-2008, 12.51.07 | #157 | |
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
ciao epicurus, ho letto tutto, ma mi sembra che si stia creando un po' di confusione. Partirò dal “libero arbitrio arrivando fino dilemma dell' onniscienza e bontà divina. Le due cose si possono pure associare per miglior chiarezza e anche per rendere più accessibile tale argomento. Parlando di “libero arbitrio” sarebbe opportuno far qualche accenno al linguaggio, sia filosofico che teologico. Infatti riguarda entrambe le discipline, e se vogliamo, c'è pure una libertà psicologica e politica, che tralasciamo. Nella prospettiva cristiana, come conciliare il libero arbitrio delle creature con l'onnipotenza del creatore, la sua prescienza e la sua provvidenza oltre che con dottrine come quella della predestinazione e della grazia? E' questo che intendevi, nel tuo 3d iniziale che trovo non molto esauriente forse perchè formalizzato in maniera non usuale per tali argomenti? Questo storicamente è uno dei più grandi conflitti religiosi iniziato con Pelagio e Agostino, tra determinismo, razionalità e antecedenti causali. Poi la disputa fu intrapresa da Hobbes, Spinoza, Kant, oggi è ancora un tema della filosofia analitica anglosassone. In che senso ogni scelta è conosciuta da Dio? E' “congettura” che concede un margine d'azione pure al credente? E' d'obbligo premettere che ci si riferisce al Dio giudaico-cristiano, perchè molti equivocano pure in altri topic, con altri “assoluti”, confondendo L'Assoluto delle discipline transpersonali e addirittura lo “spirito” hegeliano che nemmeno ha caratteristiche di trascendenza. Il discorso sul libero arbitrio rientra in quello più ampio più della libertà. Si ammette che agire gratuitamente è illusorio: ci sono sempre moventi che determinano la nostra azione. La libertà come indeterminismo è un'invenzione della filosofia e della religione? Con alterna fortuna: il destino degli stoici oppure l'uomo sociale libero, come per gli epicurei.. Ma libertà sarebbe sempre osservare una proprio “legge”. Sono molti che pensano al determinismo religioso: “tutto è predeterminato dalla divina provvidenza, Dio è onnisciente, onnipotente onniveggente, ha tutto previsto. Nulla avviene che non sia stato preconcepito, preimmaginato e preregolato dall'Intelligenza divina. Concetto contrastato da altri. Se Dio non esistesse? Allora tutto diventerebbe possibile. Analogie con il fatalismo maomettano: “' tutto è scritto, non si può far nulla. La nostra libertà “esiste” ma è un'illusione psicologica.: questa è la tesi pure degli atei, ma ovviamente con premesse diverse. Perchè il loro “Dio” sta nella tendenza della natura umana che desidera il conforto di un pensiero irrazionale, che è anche una recente ricerca neuroscientifica. Infatti in filosofia si distingue tra “è” ed “esiste”. Quindi Dio “é”, ma in quanto a esistere finora è dubbio. Le prove a suo favore sono confutabili da chi non è credente. In teoria anche la scienza è deterministica o non è scienza. Conoscendo tutte le condizioni di un problema non esisterebbe né il caso né l libertà, perchè si conoscerebbero le conseguenze a partire dalla cause: “le stesse cause producono gli stessi effetti, o fatti : è pure la libertà della microfisica a livello subatomico. Cartesio, Spinoza, Leibniz sono filosofi della libertà. Per Kant la libertà doveva dar senso all'azione umana. Ma secondo biologi e psicologi,alla radice delle nostre azioni si trovano cause genetiche e fisiologiche (impulsi) se agiamo in conformità con la nostra personalità profonda siamo “liberi” (Platone) Se non ci riconosciamo in un atto, non abbiamo agito con la libertà creduta. Ma la libertà se esiste è difficile. Perchè se è libertà agire per la sola necessità della nostra natura,è anche vero che siamo “liberi” in quanto non conosciamo le ragioni profonde delle nostre azioni (Spinoza). La domanda iniziale era: si può conciliare un Dio buono oltre che onnisciente, onnipotente, ecc.? Secondo Leibniz Dio può toglier i mali ma non può; può e non vuole;non vuole né può; vuole e può: allora perchè non lo fa? Le risposte per cui un credente può tenere insieme le cose io le ho fornite (vedi sopra). E' perchè il male di Dio è un “male” ( ma siamo sicuri che il”male” appartenga a Dio?) è a fin di bene, e le prove le ho elencate. La domanda finora senza risposta è ; sempre che qui ci sia qualche credente, si possono accettare tali proposti moventi divini? E se no, perchè? |
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28-11-2008, 15.54.18 | #158 | ||||||||
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Riferimento: Sintesi e nuovo argomento
Citazione:
Infatti mi ero sbagliato, poi ho precisato in qualche intervento successivo. Citazione:
Ma se intendiamo il suo essere perfettamente buono come una scelta allora OOPB può anche essere assolutamente libero. Comunque non vedo come il tuo discorso metta in discussione il mio, anzi. Ammesso e non concetto che la perfetta bontà sia incompatibile con l'assoluta libertà, ci ritroviamo ancora una volta con un'argomentazione contro l'esistenza di OOPB (o di OOPBAL). Citazione:
Non condivido questo passo, e per due motivi. Il primo è che dire 'OOPB è infinito' è troppo vago per essere dotato di significato, infatti bisogna spiegare rispetto a cosa è infinito, rispetto a quali aspetti. In questo caso OOPB è infinito rispetto alla potenza, alla conoscenza e alla bontà. Il secondo è che dire 'X è perfettamente/infinitamente buono' non comporta una limitazione di X, infatti 'perfettamente/infinitamente buono' già presuppone una non-limitazione. Non confondiamo il definire linguistico con il delimitare concreto. Citazione:
Come ho già detto, definire OOPB non implica limitarlo negli aspetti che possiede in grado infinito. Comunque prendiamo la strada, proposta anche da Emmeci, di definire 'OOPB' come senza attributi, non descrivibile e quindi totalmente non conoscibile. (Tra l'altro, in passato, io e te abbiamo già affrontato la questione e mi pare di ricordare che condividemmo le stesse conclusioni.) Prima obiezione. Come si può ben capire, questa appena data non è la definizione di OOPB perché OOPB ha gli attributi di onnipotenza, onniscienza e perfetta bontà. Semplicemente hai cambiato discorso. Seconda obiezione. Se X non è in nessun modo descrivibile e non gli si applicano attributo significa che non gli si applicano neppure i seguenti attributi "X non è descrivibile" o "Ad X non si applica nessun attributo". Quindi ci contraddiciamo! Inoltre ad X non si applica neppure "Gli uomini si possono riferire ad X", quindi ci troviamo in un nonsense. Citazione:
Condivido che la connotazione morale emerge solo in presenza di esseri senzienti e razionali. Il fatto è che, per ipotesi, anche OOPB è un ente senziente e razionale, anzi si definisce OOPB come perfettamente buono. Quindi, come un uomo che usa un'arma batteriologica per sterminare mezzo mondo è un malvagio, così anche OOPB lo è dato che ha permesso l'esistenza delle malattie (compresa la malattia che io creo per uccidere mezzo mondo). Ma se OOPB è malvagio non può essere perfettamente buono, quindi non può esistere. Citazione:
Condivido a pieno tutto quello che hai scritto in questo passo quotato. Citazione:
Parlare qui nel dettaglio di cosa sia il libero arbitrio ci allontanerebbe troppo dalla discussione, d'altro canto non mi sembra neppure necessario. Possiamo semplicemente assumere che l'uomo disponga del libero arbitrio (definito come nella mia discussione sul libero arbitrio e preveggenza). Citazione:
Ho capito la tua risposta (cioè la risposta di un ipotetico credente), ma mi pare di averla confutata durante questo topic. D'altro canto, è banale osservare che se OOPB è onnipotente e creatore dell'universo, avrebbe potuto evitare di far sì che ci siano mali strumentali a beni superiori. Inoltre si può vedere come alcuni mali siano assolutamente fini a se stessi, gratuiti. |
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29-11-2008, 11.23.49 | #159 | |||
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Riferimento: Onnipotenza e Bontà divina:due attributi inconciliabili?
Citazione:
Perfezione indica il grado qualitativo più elevato, tale da escludere qualsiasi difetto e spesso identificabile con l'assolutezza o la massima compiutezza. Dunque, chi nella sua volontà ed azione pratica l'amore al suo grado qualitativo più elevato o in modo massimamente compiuto, costui è perfetto nell'amore. Questo è il senso. Perché non sense? Di conseguenza ha senso anche la prima accezzione che proponi, : Dio è quell'ente personale che ama al massimo grado. Hai lasciato in sospeso la frase; "....se non che mi pare l'espressione 'amare al massimo grado'..." Per quanto riguarda questa conclusione: Citazione:
Sono elementi eterogenei che non possono avere una unica risposta. Faccio una premessa fondamentale con la quale rendo anche ragione del mio rifiuto del Dio dei teisti e dei filosofi, ed anche di un discorso su Dio (teologia) che si è costituito con categorie filosofiche superate e difficilmente comprensibili: di Dio sappiamo soltanto ciò che ha compiuto nella storia salvifica o se vuoi, semplicemente, nella storia. Alla luce di questo si può parlare della sua potenza, dei miracoli, della conoscenza, dell'immutabilità, della intelligenza, della incarnazione. Ti pregherei di voler chiarire perché non ho capito: Citazione:
Ciao Ultima modifica di Giorgiosan : 29-11-2008 alle ore 12.02.26. |
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29-11-2008, 15.14.41 | #160 | |
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Riferimento: Sintesi e nuovo argomento
Citazione:
Non ho alcuna idea né intuizione che in qualsiasi modo mi permetta di dare significato all'espressione "fuori del tempo". Non si può essere fuori dal tempo, inteso come successione di "eventi" di qualsiasi ordine e grandezza. E' evidente che la materia biologica non può essere fuori dal tempo, ma anche la realtà spirituale non è mai immobile. Il Dio a cui mi riferisco non è neppure fuori dalla storia, al contrario è sempre nella storia. Quando la teologia utilizzò le categorie aristoteliche di atto e potenza assunse che tutto ciò che in una maniera qualunque si muta, in qualche modo era in potenza mentre l'amore e tutte gli attributi di Dio sono sempre in atto, Dio è Atto Puro come si espresse Tommaso d'Aquino. Se si usano le categorie aristoteliche, Dio è immutabile perché la mutabilità è legata al dinamismo potenza-atto. Ogni attributo di Dio può essere solo in atto. La sua immutabilità pertanto riguarda la volontà di bene cioè il progetto di Dio, ma riguarda anche il tempo che comunque lo si concepisca implica un mutamento. L'uomo ed ogni altra creatura non essendo "compiute", non avendo trasformato in atto tutte le potenzialità e non avendo raggiunto quindi la loro perfezione sono soggette alla mutabilità. Ho cercato di essere il più sintetico possibile per semplificare ed esemplificare che qualora si analizzino determinati asserti della teologia non lo si può fare al di fuori delle categorie filosofiche utilizzate. Di conseguenza riflessioni teologiche ormai superate, se si fa questo lavoro di decrittazione, acquistano un loro validità. Trasportare quegli asserti teologici in modo decontestualizzato è come, che so, giudicare la società romana con le attuali categorie sociologiche. Tale approccio acritico non può che originare incomprensione e fraintendimento. In ogni tempo ogni asserto significativo ha avuto bisogno per essere organizzato e comunicato di "plasmarsi" su un tessuto concettuale comprensibile, che, di solito, significa anche attuale. La teologia, oggi, si esprime con le categorie mutuate dalle filosofie che hanno saputo catalizzare l'interesse dell'uomo di oggi. Poi risponderò sulla creazione, sui miracoli ecc. ecc. Ciao |
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