ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
22-10-2013, 17.46.45 | #47 | |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
|
Riferimento: L'oblio della filosofia politica
Citazione:
Tu dici che nell'età post industriale sono le aziende a fallire e non le banche. In realtà falliscono sia aziende che banche, come ben sappiamo e falliscono perché non hanno applicato la tecnica migliore, non importa se per produrre cose o per gestire i capitali, falliscono perché risultano tecnicamente deficienti al fine tecnico del profitto, perché hanno funzionato male nel progetto tecnico che esige che produzione e consumo aumentino di continuo affinché si possa produrre sempre di più non importa cosa (soldi dal nulla, caramelle, petrolio, armi, tutto va bene), ma produrre di più affinché la macchina-treno corra sempre più potente e veloce verso la finale catastrofe, mostrando nelloa velocità tutta la potenza dei suoi motori spinti al massimo. |
|
23-10-2013, 13.54.39 | #48 |
Ospite abituale
Data registrazione: 14-12-2012
Messaggi: 381
|
Riferimento: L'oblio della filosofia politica
@ Paul11
Sono gli Inglesi però ad aver teorizzato quel concetto di libertà limitata che poi, politicamente, si esprimerà nella "costituzione" (mentre la rivoluzione francese partorirà la democrazia illimitata, o altrimenti detta "giacobina"). In realtà, a mio parere, nella cultura francese è presente un concetto che poco ha a che fare con la libertà politicamente intesa: quello di "volontà generale". E allora non è certo per un caso che da questo concetto, poi, sorgerà l'idea di una democrazia "assoluta" com'è appunto quella "giacobina". Perchè mai esprimere dei valori "costituenti" (cioè al riparo dalle delibere della maggioranza) quando si pensa che non esistano minoranze le cui idee contrastano con quelle della maggioranza? Quando appunto si pensa che esista solo una volontà generale che è la sintesi di ogni volontà particolare? Da questo punto di vista, io trovo che abbia ragione Von Hayek (ancora lui...), quando afferma una netta distinzione fra il liberalismo anglosassone (che è liberalismo autentico) e il "costruttivismo" europeo- continentale. Da quale "substrato" nasce tutto questo? Certo, il discorso è lungo (anche molto affascinante). Potremmo, davvero in maniera "scandalosamente sintetica", dire che la filosofia hegeliana permea in grande profondità la cultura continentale, ma non quella anglosassone. Probabilmente potremmo anche rifarci in certo qual modo a certi enunciati della Riforma protestante, che nel continente trovano argine nell'atteggiamento dei "prìncipi". Presumibilmente non estraneo a tutto questo è il cosiddetto "rasoio di Ockham", ma non divaghiamo eccessivamente. Resta, a mio avviso, il fatto che Von Hayek ha visto lungo quando ha visto una netta demarcazione fra la cultura anglosassone e le altre, e soprattutto quando ha individuato il liberalismo autentico nella prima. E non si tratta tanto di essere ultraconservatori o meno (lo stesso Von Hayek, sotto certi aspetti, non lo era): si tratta di esplicare un'analisi descrittiva, e perciò il più possibile scevra da giudizi di valore. Probabilmente nei paesi anglosassoni si è sempre avuto un basso grado di democraticità proprio perchè la democrazia è un sistema di governo che pre-suppone l'eguaglianza ("i voti si contano, non si pesano", viene comunemente detto). E l'eguaglianza mal si concilia con la libertà. Se guardiamo alle politiche di Pericle, vediamo come esse sono rivolte alla re-distribuzione della ricchezza; questo non avviene e non è mai avvenuto nei paesi anglosassoni (e questo è oggi il modello dappertutto, visto che il concetto anglosassone della libertà individuale è quello storicamente vincente). Probabilmente uno dei maggiori problemi per chi voglia seriamente fare della filosofia politica è proprio quello riguardante il rapporto che intercorre fra libertà ed eguaglianza. Da un certo punto di vista (poi naturalmente vi sono anche altre considerazioni), potremmo dire che l'oblio della filosofia politica è dovuto all'oblio del concetto di eguaglianza (in favore di quello di "merito" individuale, che però rimanda immediatamente alla libertà). ciao |
23-10-2013, 23.45.25 | #49 |
Ospite abituale
Data registrazione: 14-12-2012
Messaggi: 381
|
Riferimento: L'oblio della filosofia politica
@ Maral
Ma no, io non credo che l'uomo ponga la volontà di potenza come staccata da sè. Succede che l'uomo cerchi una potenza che lo trascende; ma che trascende non l'uomo, bensì la finitezza della sua vita. Ecco allora che egli cerca l'"immortalità" nelle grandi gesta, nelle grandi opere; financo nella "monumentalità" di un sepolcro. Ma la potenza è sempre "in lui": è sempre "lui", un preciso nome, che cerca di trascendere la morte. All'uomo non interessa "la" potenza, ma la "sua" potenza. Che gusto avrebbe il potente ad essere potente in un mondo in cui sono tutti potenti? La stessa potenza ne perderebbe di senso. Che senso avrebbe il monumento funebre se tutti i sepolcri avessero la medesima monumentalità? No, il potente vuole che neppure la morte sia quella "livella" il cui pensiero è spesso fonte di consolazione per gli im-potenti. Lo psicologo nietzschiano A.Adler afferma cose molto significative sul rapporto fra volontà di potenza e depressione. Nel depresso, dice Adler, la volontà di potenza propria di ogni uomo non riesce a "sublimarsi", e mostra quello che è forse il suo reale volto. La volontà di potenza del depresso, ove essa trovi terreno favorevole, diventa allora volontà di sopraffazione, ed assume gli aspetti tipici del sadismo. Ora, senza naturalmente voler approfondire la questione, mi sembra che Adler tocchi un tasto decisamente interessante anche per il contesto della nostra discussione. Perchè mostra chiaramente quell'antagonismo, quella competitività fra le varie volontà che il tuo ragionamento sembrerebbe negare, o quantomeno obliare. Ma più di tutto il tuo ragionamento mi sembra obliare proprio la volontà di potenza così come Nietzsche la descrive. Egli descrive infatti una volontà di potenza che è "spinta" originaria; che è la forza primordiale e "inconfessabile" che muove l'uomo. Deleuze afferma (a mio avviso acutamente) che la filosofia di Nietzsche rappresenta una vera e propria "genealogia dei valori". Che essa scava nel profondo per mostrarci da che cosa il valore, che chiamiamo "morale", si origina. Il tuo ragionamento invece mi pare equiparare la volontà di potenza al valore morale. E' il valore morale (qualsiasi valore morale, anche l'ideale politicamente inteso) infatti che l'uomo pone staccato da sè. Ed è ad esso, quando fortemente sentito, che egli dà la sua vita. A questo punto presumo tu possa dire: ma il valore morale, in quanto tecnica inconfessabilmente e forse inconsciamente volta ad accrescere la volontà di potenza, è riconducibile alla volontà di potenza. Certo, e questo è in fin dei conti anche quello che afferma Nietzsche. Ma Nietzsche dice anche che "Dio è morto", cioè che l'Inflessibile è stato flesso (Severino). Ovvero ancora che "il re è nudo". Questo significa che l'uomo non è più nella condizione di porre alcunchè di staccato da sè, perchè egli è il "tutto" che è tutto ciò che c'è da sapere. L'"ubermensch", l'oltreuomo, sa che non vi è nulla al di fuori di lui e della propria volontà di potenza. ciao (però io non ho visto nessuna banca fallire - se escludiamo Lehmann Brothers, cioè la prima) |
24-10-2013, 17.46.48 | #50 | ||
______
Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
|
Riferimento: L'oblio della filosofia politica
Citazione:
Citazione:
Significa sentire dentro questa realtà, esserne coscienti ed entrare ognuno secondo i propri tempi nell’attivismo, di una rivolta radicale di essere. L’ “io” è il creatore della cosiddetta realtà, fosse anche per il solo motivo che l’affermazione di migliaia di “io” la vanno a determinare. |
||