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01-09-2007, 15.00.42 | #102 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: Credi o no?
Sì, perché il forse equivale al dubbio e il dubbio è il seme della filosofia e, se filosofia vuol dire scoperta della verità, è il seme della verità. Questo è ciò che ho detto, poco fa, rispondendo a Bige sul tema: “Onnipotente è il desiderio”. Un intervento che può essere riassunto così: il desiderio è al principio di ogni superstizione, di ogni falsa verità, di ogni nevrosi o delirio dell’uomo – ma è anche lo stimolo a cercare la verità – e solo in questo caso è irreprensibile e giusto. (Aggiungo però qui un ultimo dubbio: irreprensibile anche se non ti lascia un istante di pace? Anche se diventa ossessione?)
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01-12-2007, 17.26.46 | #103 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 01-12-2007
Messaggi: 1
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Riferimento: Credi o no?
Ciao,
mi sono appena iscritto al forum e come primo messaggio vorrei proprio parlare dell'argomento che mi ha "filosoficamente" coinvolto per alcuni anni. Ho impiegato 3 anni a diventare ateo completamente, 3 anni in cui mi sono fatto praticamente tutte le domande riguardo alla religione ed ho provato a rispondere a tutte. Mi sono interrogato sul perchè ci sono le religioni. Ho analizzato come si sono sviluppate nei vari periodi della storia dell'uomo (dalle religioni primitive, a quelle più recenti). E mille altre domande. Mi sono soffermato sull’origine della religione e sul perché ogni civiltà (russi a parte) eriga sopra di sé uno o più dei, che come satelliti militari dell’ultima generazione sono in grado di vedere tutto in ogni luogo a tutte le ore. Innanzi tutto penso che sia interessante andare molto indietro nel tempo e pensare agli uomini primitivi. Penso alla paura che potevano avere del temporale, del terremoto, della notte. Ogni entità naturale che si manifestava loro, veniva associata ad un dio, un essere superiore da temere e venerare. Il Sole, portatore del giorno, della vita; l’Acqua, bene preziosissimo; la Luna, che illuminava la notte; e così via. Penso quindi che inizialmente sia nato il concetto di essere superiore, la divinità, associata agli eventi naturali (tuono, sole) o ai beni più importanti per sopravvivere (acqua, selvaggina). Con il concetto di divinità nasce anche la religione, ovvero la venerazione della divinità. L’uomo temeva la siccità, per cui pregava il dio della pioggia (o dell’acqua) di non fargli mai mancare questo preziosissimo bene; adorava il dio del sole perché questo sorgesse ogni mattina; e così via. Da notare che per agli avvenimenti sgradevoli o negativi viene spesso associato non un dio, ma un demone. Quindi la religione e le divinità sarebbero nate dalla necessità di sopravvivenza degli uomini: essi vedevano un dio immanente negli eventi naturali e per propiziarselo lo veneravano, lo pregavano, facevano sacrifici per ingraziarselo. Questo lo si può ancora vedere bene nelle tribù attuali e nei popoli che per lo più vivono ancora in stretto contatto con la natura. Così è nata la religione ed il concetto di divinità. Il passo successivo lo si ha con l’aumento di complessità della struttura sociale. Il capo, il re, il faraone, per farsi rispettare dal popolo sfrutta la religione che lo stesso popolo ha creato. Si proclama figlio di un dio, oppure portatore della verità del dio, o qualcosa del genere. Si mette quindi più vicino alla divinità di qualsiasi altro uomo del popolo. Lui è il capo, è vicinissimo a dio, e per entrambi i motivi il popolo lo deve rispettare ed obbedire. Così si ha la strumentalizzazione della religione. Le divinità non servono solo per propiziarsi la natura, avere buoni raccolti, avere figli, ma anche come strumento di controllo della popolazione. Il capo viene quindi rispettato e venerato come un dio, ed a volte prende il posto della divinità. Il capo comunque agisce in nome della divinità, quindi implicitamente “fa la cosa giusta”. In questo modo è nato il connubio potere temporale e potere spirituale. Chi ha l’uno, ha anche l’altro, o per lo meno ne ha l’appoggio. L’uomo si è quindi abituato da solo, ad avere uno o più dei che lo aiutino, che lo proteggano dal male. Questo in sostanza è lo scopo delle religioni, l’uomo si sente debole e cerca di schierarsi dalla parte dell’alleato più forte: la divinità. Senza ha paura, si sente indifeso, perduto. Il dio quindi è il parallelo adulto del pupazzetto che il bambino si porta nel letto per scacciare i mostri. La presenza della divinità, se da un lato serve a dare forza all’uomo, a combattere le paure, dall’altro lo imprigiona in un mondo fittizio, fatto di usanze assurde, credenze stupide, superstizione. L’uomo diventa schiavo della religione, non è più un essere libero. La religione mette un vincolo alle sue azioni ed ai suoi pensieri. L’uomo diventa un mulo con i paraocchi ed il padrone sulla schiena. L’uomo assume un dio come protezione e come fonte di speranze, ma poi ne diviene lo schiavo. Schiavo della sua stessa creazione. D’altro canto, accetta la schiavitù, perché questo dio è in grado di fornirgli una risposta alla domanda più angosciante che l’uomo si pone: e quando sarò morto? La risposta della religione è ovvia: sarai con dio. Per quanto mi riguarda la realtà è invece ben diversa: non sarai. (E da qui deriva anche il nome che mi sono dato) |
02-12-2007, 01.27.36 | #104 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-11-2007
Messaggi: 192
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Riferimento: Credi o no?
Citazione:
Prima di passare definitivamente all'accettazione del nulla hai anche scartato la soluzione di Severino che respinge quell'ideale di divinità che tu giustamente hai svelato nel suo carattere di pura utilità psicologica fondata su una debolezza, pur non sconfinando nel nulla e anzi, respingendolo nella maniera più profonda? |
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02-12-2007, 22.59.17 | #105 |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-05-2007
Messaggi: 107
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Riferimento: Credi o no?
Ciao,
mi sono appena iscritto al forum e come primo messaggio vorrei proprio parlare dell'argomento che mi ha "filosoficamente" coinvolto per alcuni anni. Ho impiegato 3 anni a diventare ateo completamente, 3 anni in cui mi sono fatto praticamente tutte le domande riguardo alla religione ed ho provato a rispondere a tutte. Mi sono interrogato sul perchè ci sono le religioni. Ho analizzato come si sono sviluppate nei vari periodi della storia dell'uomo (dalle religioni primitive, a quelle più recenti). E mille altre domande. Mi sono soffermato sull’origine della religione e sul perché ogni civiltà (russi a parte) eriga sopra di sé uno o più dei, che come satelliti militari dell’ultima generazione sono in grado di vedere tutto in ogni luogo a tutte le ore. Innanzi tutto penso che sia interessante andare molto indietro nel tempo e pensare agli uomini primitivi. Penso alla paura che potevano avere del temporale, del terremoto, della notte. Ogni entità naturale che si manifestava loro, veniva associata ad un dio, un essere superiore da temere e venerare. Il Sole, portatore del giorno, della vita; l’Acqua, bene preziosissimo; la Luna, che illuminava la notte; e così via. Penso quindi che inizialmente sia nato il concetto di essere superiore, la divinità, associata agli eventi naturali (tuono, sole) o ai beni più importanti per sopravvivere (acqua, selvaggina). Con il concetto di divinità nasce anche la religione, ovvero la venerazione della divinità. L’uomo temeva la siccità, per cui pregava il dio della pioggia (o dell’acqua) di non fargli mai mancare questo preziosissimo bene; adorava il dio del sole perché questo sorgesse ogni mattina; e così via. Da notare che per agli avvenimenti sgradevoli o negativi viene spesso associato non un dio, ma un demone. Quindi la religione e le divinità sarebbero nate dalla necessità di sopravvivenza degli uomini: essi vedevano un dio immanente negli eventi naturali e per propiziarselo lo veneravano, lo pregavano, facevano sacrifici per ingraziarselo. Questo lo si può ancora vedere bene nelle tribù attuali e nei popoli che per lo più vivono ancora in stretto contatto con la natura. Così è nata la religione ed il concetto di divinità. Il passo successivo lo si ha con l’aumento di complessità della struttura sociale. Il capo, il re, il faraone, per farsi rispettare dal popolo sfrutta la religione che lo stesso popolo ha creato. Si proclama figlio di un dio, oppure portatore della verità del dio, o qualcosa del genere. Si mette quindi più vicino alla divinità di qualsiasi altro uomo del popolo. Lui è il capo, è vicinissimo a dio, e per entrambi i motivi il popolo lo deve rispettare ed obbedire. Così si ha la strumentalizzazione della religione. Le divinità non servono solo per propiziarsi la natura, avere buoni raccolti, avere figli, ma anche come strumento di controllo della popolazione. Il capo viene quindi rispettato e venerato come un dio, ed a volte prende il posto della divinità. Il capo comunque agisce in nome della divinità, quindi implicitamente “fa la cosa giusta”. In questo modo è nato il connubio potere temporale e potere spirituale. Chi ha l’uno, ha anche l’altro, o per lo meno ne ha l’appoggio. L’uomo si è quindi abituato da solo, ad avere uno o più dei che lo aiutino, che lo proteggano dal male. Questo in sostanza è lo scopo delle religioni, l’uomo si sente debole e cerca di schierarsi dalla parte dell’alleato più forte: la divinità. Senza ha paura, si sente indifeso, perduto. Il dio quindi è il parallelo adulto del pupazzetto che il bambino si porta nel letto per scacciare i mostri. La presenza della divinità, se da un lato serve a dare forza all’uomo, a combattere le paure, dall’altro lo imprigiona in un mondo fittizio, fatto di usanze assurde, credenze stupide, superstizione. L’uomo diventa schiavo della religione, non è più un essere libero. La religione mette un vincolo alle sue azioni ed ai suoi pensieri. L’uomo diventa un mulo con i paraocchi ed il padrone sulla schiena. L’uomo assume un dio come protezione e come fonte di speranze, ma poi ne diviene lo schiavo. Schiavo della sua stessa creazione. D’altro canto, accetta la schiavitù, perché questo dio è in grado di fornirgli una risposta alla domanda più angosciante che l’uomo si pone: e quando sarò morto? La risposta della religione è ovvia: sarai con dio. Per quanto mi riguarda la realtà è invece ben diversa: non sarai. (E da qui deriva anche il nome che mi sono dato) Il tuo pensiero è per me completamente sbagliato e non fa altro che riprendere le antiche tesi del materialismo ateo secondo cui la religione è solo una schiavitù ed una debolezza da superare. Sai che ti dico:io resterei credente anche se, per ipotesi, dovessi diventare onnipotente ed immortale! semplicemente perchè ritengo che vi sia un Dio, il mondo non si è fatto da solo, mica sei stato tu a crearlo, nè io nè tu siamo eterni.Inoltre come fai a dire che dopo la morte fisica non c'è niente? Sei forse un redivivo? Pensaci bene prima di sentenziare su realtà che non conosci. Si può benissimo credere in Dio senza per questo servirsene per strumentalizzarlo in vista dei nostri desideri. |
03-12-2007, 00.31.59 | #106 |
Ospite abituale
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Riferimento: Credi o no?
Che la religione sia fondamentalmente un rimedio e un bisogno penso non sia in discussione, a meno di non essere onesti con sè stessi.
Dicendo che il mondo non si è creato da solo stai ammettendo che il mondo è stato creato, quindi è uscito fuori dal nulla, e se ammettiamo che dal nulla non si può generare nulla questa è una contraddizione insanabile. INoltre, se Dio ha creato il mondo, ed è onnipotente, allora non gli può essere estraneo nemmeno il male, a meno di non voler rinnegare l'onnipotenza. |
03-12-2007, 01.13.19 | #107 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Credi o no?
Citazione:
Pur essendo atea non condivido fino in fondo.. molti credenti non sono schiavi della religione,semplicemente la scelgono.Nessuno più oggi ci mette sulla graticola se non siamo credenti. Proprio perchè la vita è così misteriosa,non si può fare uno schema di venti righe per riassumere lo sviluppo dell'uomo.E del suo pensiero.Ovviamento la religione è diventata (sempre di più) uno strumento,ma io non me la sento di dare dei paurosi ai credenti. E soprattutto non condivido neanche molto l'atteggiamento: siccome ci ho riflettuto,ho scoperto che la religione è una grande bufala. Può essere che altri abbiano riflettuto,proprio come te,e abbiano invece trovato un'altra strada.Non tutti quelli che credono hanno semplicemente creduto alla favola.Molti prima di te hanno fatto quello che hai fatto tu... Magari sentono cose diverse da quelle che senti tu. Il problema è che ,secondo me,il credere o non credere è,in grandissima parte, determinato dall'ambiente in cui si vive, ed è questo che a me fa riflettere tanto, e mi fa pensare che credere o non credere,cambia poco: l'importante è come si vive. Allora forse per molti,e soprattutto per gli ignoranti(nei tempi passati) la religione era più che necessaria,era una sorta di istruzioni per l'uso alla vita, e forse per alcuni aspetti tanto sbagliata non era.Se porta cose buone,perchè marcarla a priori strumento di potere? E' quando porta cose non buone, che si deve cominciare a riflettere... Io sono atea,ma non mi metto a discutere sull'inutilità della religione,per molti è utile e lo è stata.Il problema è che adesso la cultura si è diffusa,e per essere veramente credenti si deve essere anche acculturati, altrimenti si è solo bigotti. Ma bisogna anche stare attenti a non essere degli atei bigotti. Nel senso non disprezzare qualcosa che per altri è sacro. |
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03-12-2007, 08.39.15 | #108 |
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Riferimento: Credi o no?
Quello che dici, Socrate78, è perfettamente in linea con quello che ho cercato di esprimere nell’argomento “Onnipotente è il desiderio”. Non è infatti un’inverosimile ipotesi o una tentazione da superare che tu possa diventare, come dici, onnipotente e immortale: lo sei, nel momento che credi. Perché è questo il meccanismo intimo della fede, non l’aver bisogno di un consolatore che ci sostenga davanti al pericolo e ci faccia andare incontro alla morte con la certezza dell’immortalità e la speranza di essere degni del paradiso, ma una vera e propria divinizzazione di sé, considerando Dio la realtà vera dell’uomo: qualcosa di ben più potente del superuomo nietzschiano (tanto che può essere questo il paradossale motivo che ha spinto Nietzsche a proclamare la morte di Dio – una suprema fede in ciò che era in lui stesso divino). Infatti, come altrimenti il fedele di questa o quell’altra chiesa immagina Dio se non come un sé elevato alla perfezione di una superiore potenza? Dirai che non è vero, che l’uomo si crede indegno di essere accolto fra le angeliche schiere, e qui sta il sottile veleno di Satana: suggerire umiltà perché è il modo più sicuro per vincere le resistenze di Dio, cioè per glorificarsi. Dunque sarebbe meglio non equivocare sulla propria fede: l’uomo crede in Dio perché vuol credersi Dio. La prova è che immagina Dio non come l’altro da sé, ma come un super-io, al quale attribuisce caratteri umani nel bene e nel male (visto che Dio è immaginato non solo come misericordioso ma sterminatore dei suoi nemici – soprattutto come un supremo monarca, in sintesi un doppio dell’uomo nelle sue più scatenate ambizioni). E sta proprio qui il vizio originario delle religioni: in questa maschera applicata a un essere che dovrebbe essere – come dicono le religioni – assoluto ed è una maschera d’uomo e alla fine un idolo. Ma quello che ci spinge nonostante tutto – nihil85 - a credere, non è quello che ci raccontano le religioni, ma quell’ombra d’assoluto che rimane nel cuore o nel subconscio di ogni fedele, spoglio di tratti umani e superumani: e che è il solo Dio che non ha bisogno di prove e non sarà mai ucciso.
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03-12-2007, 10.17.29 | #109 | |
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Riferimento: Credi o no?
Citazione:
io credo e credo anche che non esistano differenze tra le religioni e che se una persona si comporta bene e fa opere buone alla fine otterrà la salvezza... |
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03-12-2007, 15.22.35 | #110 | |
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Riferimento: Credi o no?
Citazione:
Io personalmente non appartengo a nessuna religione perché non s'addice al mio stile. Io voglio ragionare con la mia testa, usare la mia intelligenza. Questo è quanto, sulla questione prettamente della religione. Facile, eh Veniamo ad un problema più sostanzioso: dio. Odos, molti post fa, diceva: "Nel senso che la questione circa esistenza o non esistenza di Dio non riesce a sfiorami minimamente e non riesco in nessun modo ad interessarmene". In qualche grado mi identifico con quanto detto, infatti mi sono sempre professato teoricamente agnostico, praticamente ateo. Innanzitutto il problema di capire che cosa significa la parola "dio", a cosa vogliamo riferirci. E questa, non confondiamoci, non è il problema che cosa sia dio (che già presuppone che in qualche modo si sia fissato il riferimento del termine), ma proprio che significa la parola: questo è un problema smaccatamente linguistico. Contrariamente a parole comuni come "penna", "albero" e "sedia", la parola "dio" è sempre stata ambigua, in base alle credenze di varie persone. Chiarisco: non c'è una definizione migliore o peggiore, ognuno può usare tale termine come meglio crede (ma con un po' di intelligenza, ovviamente, non inziamo a dire che "dio" significa palazzo o nuvola!), basterà esplicitare il suo significato se qualcuno ce lo chiede. E' un po' come quando qualcuno ci dice "Loro sniffano coca". Io posso aver capito a cosa si riferisce "loro", oppure no, però basta che il mio interlocutore, su richiesta, ci spieghi a cosa si voleva riferire. Detto questo, è chiaro che dovrò scegliere una particolare interpretazione del termine "dio", e sceglierò la più classica, per la nostra tradizione occidentale. Considererò la questione quando "dio" si riferisce ad un essere personale infinitamente potente, creatore dell'universo, infinitamente sapiente e eterno (non nato e che mai morirà). Poco più su dicevo di essere teoricamente agnostico e praticamente ateo. Teoricamente agnostico perché riconosco che la faccenda sia, almeno al momento, indecidibile: non ho basi per poter decidere se un tale dio esista o meno. Praticamente ateo, e qui mi ricollego un po' al discorso di odos, perché la questione non mi interessa "emotivamente". Mentre intellettualmente posso discutere su i vari significati degli attributi divini (esempio: "ha veramente senso dire che qualcuno può fare tutto?, e ciò che significa?"), su dio e la relazione col mondo (esempio: "come si relaziona dio con le sciagure del nostro mondo?"), e di altre questioni teologiche/filosofiche, però il mio piacere è solamente e prettamente intellettuale. Dal punto di vista emotivo/esistenziale, infatti, la questione non mi tocca affatto. Se uno mi dicesse "se arrivassi ad una dimostrazione decisiva sull'esistenza di dio, oppure ci apparisse davanti a tutti, che faresti, che proveresti?", io risponderei che proverei molto stupore (la stessa qualità di stupore che avrei se avessi difronte a me Superman o Galactus, anche se forse di quantità superiore). Il mio senso del mondo, diciamo, non sarebbe minimamente modificato; l'unica cosa che cambierebbe sarebbe la mia conoscenza, e quindi avrei una curiosità intellettuale in meno. Sono praticamente ateo anche per una questione etico-morale: come si capisce dal mio nick, io credo che la condotta degli uomini sia una faccenda ad uso e consumo dell'essere umano. Se scoprissi che esistesse un dio, le mie convinzioni morali non cambierebbero di una virgola: lui (dio) avrebbe le sue convinzioni, mentre io le mie... ed entrambe sarebbero equilegittime... Anche perché se il dio che ho scoperto fosse molto lontano dalla mia morale, potrei sempre dire che è un demone. |
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