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30-12-2012, 20.02.58 | #13 | |
Ospite
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
In italia il problema di distribuzione della ricchezza è particolarmente grave (come in Spagna, Grecia, Portogallo....) nel senso che la politica “non” la distribuisce sotto forma di servizi ma crea un sbarramento trattenendosene la parte che eccede le sue necessità.
Questa ricchezza serve a gestire una massa di collusi che si chiamano, oltre che province, enti statali, regionali, provinciali, partecipate, camere di commercio, ACI ....... oltre, naturalmente al drenaggio della corruzione e della compartecipazione con “società” criminali. Non dirlo a me quanto le imprese siano strozzate dal carico fiscale e burocratico. Non bastasse, ogni “semplificazione” comporta ulteriori oneri in termini di tempo e spese. La delocalizzazione non è, in sé, un grande problema in quanto la gestione commerciale resta, per lo più, in Italia. Si crea inoltre un livellamento dei costi dovuti all’interscambio. Già oggi la differenza di prezzi con i paesi dell’Est si è molto ridotta e non è più molto competitiva. Il debito pubblico è la conseguenza di quanto sopra: risorse che vengono incamerate dalla politica anziché distribuite. Non avercela troppo con gli operatori finanziari: a parte i “top”, gli “executive”, gli altri sono poveri cristi che cercano solo di mettere assieme pranzo e cena. ;o))))) Citazione:
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01-01-2013, 23.14.33 | #14 |
Ospite abituale
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
@ Freedom e 253647
La differenza fra la finanza antica e moderna è, essenzialmente, che allora le transazioni avevano, come dire, vita limitata, e venivano "chiuse" in un tempo relativamente breve (in genere in quelle che venivano chiamate "fiere di cambio"). Oggi la transazione non viene di fatto mai chiusa (è questo che spiega il proliferare incontrollato del "moltiplico", fino alle cifre assurde e spaventose che cita Freedom. In generale, io trovo che l'Italia soffra di molti e gravi problemi (come dite), ma io vorrei aggiungerne uno che a me pare il più grave in assoluto: la nostra economia non è in grado di reggere la competizione internazionale come si è venuta a formare all'indomani del crollo del "socialismo reale". I nostri imprenditori è inutile che, come gli struzzi, ficchino la testa sotto la sabbia per non vedere: sono stati praticamente allevati a pane ed aiuti di stato, e non hanno la benchè minima idea di cosa significhi muoversi in un mercato "vero" (cioè "libero"). L'Italia ha perso da un pezzo quelle che erano le sue "eccellenze" (chimica, metallurgia, elettronica etc), e la sola risposta che abbiamo saputo dare è stata quella di puntare su due straccetti e due bottiglie di vino (il "made in Italy"). Ma c'è ben altro... Abbiamo brillantemente (...) pensato che il "valore aggiunto" fosse un concetto arcaico, ed abbiamo puntato sulla manodopera a basso costo (da ottenersi in maniera duplice: delocalizzando ben più di altri ed abbassando i salari nel paese). Il risultato è eccellente, ed è quello che abbiamo sotto gli occhi. Non capisco perchè tutti si dannino a distribuire colpe a destra e a manca (il più delle volte giustamente, intendiamoci), ma nessuno pensi di darne alla classe imprenditoriale. Un altro problema di enorme portata è quello di questa moneta, l'euro: bisognerebbe cominciare quantomeno a parlarne, non credete? un saluto ed un augurio mauro |
03-01-2013, 00.27.53 | #15 | ||
Moderatore
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
Citazione:
Oggi la competizione è diventata pazzesca perchè i cinesi, compiendo un'operazione che francamente ha dell'incredibile, sono riusciti a ridurre in schiavitù qualcosa come un miliardo di persone. Diventa difficile competere con una mano d'opera pagata meno di 1 € all'ora. Dico incredibile perchè un Paese che, ancora oggi, ha la sfacciataggine di chiamarsi comunista, è riuscito a fare qualcosa che nessun capitalismo era mai arrivato nemmeno ad immaginare. Nemmeno i padroni delle ferriere dell'ottocento con cappello a tuba in testa! Ah i paradossi della storia............ Sono (siamo) tutti con il sedere a terra tranne chi, come la Germania, ha una qualità produttiva (quasi) irraggiungibile. E difficilmente imitabile perchè i cinesi sono anche dei gran copioni ed hanno riprodotto quasi tutto. O chi riesce a sopperire con le ricchezze delle materie prime. Finchè dura. Ma il futuro (salvo rivoluzioni che mi paiono assai improbabili) è loro. Mi pare fatale. Citazione:
In altre parole come fai a non favorire l'integrazione tra popoli e pretendere che essi si integrino da soli, per magia? Come fai a partire dalla fine cioè dalla moneta? Siccome cretini non sono c'è senz'altro qualcosa che ci sfugge. Oppure sono davvero cretini? Forse resi stupidi dall'avidità |
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03-01-2013, 10.01.30 | #16 | |
Ospite
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
Gli imprenditori fanno il loro mestiere. Quelli allevati a “pane e stato”, finito il pane, cambiano stato ma furono i politici ad offrire per primi il pane.
In italia funziona così: se vuoi le commesse allora, in qualche modo devi pagare la politica. Questo, alla fine, costa più di quanto rende per cui te ne vai all’estero. Investire in italia oggi conviene solo se sei colluso ed hai un buon programma per gestire il fallimento dell’iniziativa prendendo i soldi ed investendoli da un'altra parte. Leggi che cambiano continuamente, burocrazia, corruzione, ricatti politici, costi elevati, tasse stratosferiche, normativa assurda ed ingestibile .... sono alcuni dei fattori che scoraggiano non solo chi vuole investire in italia ma gli italiani stessi ad aprire una qualsiasi attività. Tutti gli imprenditori che delocalizzano sanno benissimo cosa significa il mercato libero, solo che qui non esiste. Per il resto ci sono ancora eccellenze, ditte che operano “nonostante” i costi della politica italiana ma non se ne parla perchè, appunto, politicamente ininfluenti. Euro e delocalizzazione sono delle opportunità, non dei problemi. ;o)))) Citazione:
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03-01-2013, 14.05.05 | #17 |
Ospite abituale
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
@ Freedom
Fai una distinzione importante, quella fra grande e piccola e media industria, che mi consente di introdurre un altro concetto che trovo fondamentale: quello di "piano industriale". Quanto tempo è che in Italia non abbiamo un piano industriale? Io francamente ho perso il conto. Si è seguito, acriticamente, il dogma liberista (io preferisco comunque parlare di "liberalismo economico"). E si è pensato che lo stato meno interveniva nelle faccende economiche meglio era. Senonchè, si è colpevolmente dimenticato che se la grande industria ha, o dovrebbe avere, i mezzi per fare ricerca e innovazione, non così è per la piccola e media. Nel momento del declino della grande industria (che, fra l'altro, dava lavoro a molte medie e piccole), abbiamo assistito ad una autentica "de-razionalizzazione" del nostro tessuto produttivo, con molte medie e piccole aziende che si sono messe a fare concorrenza ai paesi emergenti sugli stessi prodotti: una scelta catastrofica. Sull'euro concordo in larga parte con ciò che affermi, anche se estenderei il discorso alle economie in genere (troppo, troppo diverse per avere la stessa moneta). In realtà P.Krugman avvertiva già nel 2008 delle possibili incongruenze dell'avere una moneta unica per contesti economici così diversi fra loro. E' evidente, infatti, che paesi con economie ad alto valore aggiunto (un concetto che in Italia mi sembra semplicemente dimenticato - vedi anche l'inconcludente bla-bla che si fa sulla produttività) hanno interesse a mantenere il rigore monetario. Mentre economie, come la nostra, che si basano ormai su prodotti a basso valore aggiunto avrebbero interesse a politiche monetarie più "lasche". Ma poni una domanda molto intelligente: come mai si è iniziato dalla fine, cioè dalla moneta? No, i "padroni del vapore" non sono cretini: sono semplicemente imbevuti di ideologia. La stessa ideologia che indica nel sistema dei prezzi la sola realtà in grado di fare evolvere spontaneamente società che sono tali solo in quanto composte di individui (vedi i miei precedenti accenni alle teorie di Von Hayek; un discorso che si è un pò perso - noto poco interesse a queste cose - ma del quale rimarco la fondamentale importanza nel comprendere le dinamiche non solo economiche, ma politiche e sociali della contemporaneità). Insomma: per chi crede nelle teorie hayekiane la moneta non è la fine di un discorso, ma tutto il discorso. ciao |
04-01-2013, 11.30.57 | #18 |
Ospite abituale
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
Ciao Mauro,
la stima è reciproca. Rispondo a spot ad alcune considerazioni. Von Hajek fa ideologia, le sue premesse teoriche si fondano sul “riduzionismo” umano ad un poco più che animale evoluto . La sua teoria è storicamente obsoleta e lo dimostrerò con due esempi fondamentali che toccano alcune considerazioni che appaiono sui vari post. L’organizzazione del lavoro è passata dal “fordismo” ai tempi e metodi dove la persona umana era considerata animale e macchina per lavori “stupidi”. La storia ha dimostrato che se i lavoratori solidarizzano su consapevolezze di sfruttamento e motivazionali aprono la conflittualità. Negli anni Sessanta sono scaturiti nei moti studenteschi del”1968” e nell’”autunno caldo” nelle fabbriche del ‘1969. Da allora nel mondo i modelli che ho sopra citato diventano obsoleti e si passa a sistemi dove l’operatore viene coinvolto e motivato su obiettivi produttivi e dove il capo sovraintende e organizza e non è più il “guardiano schiavista”. Il secondo è proprio il ruolo del marketing. Questa fondamentale funzione nell’ organizzazione dell’impresa che decide le strategie del marchio e del portafoglio dei prodotti compie analisi di banchmarking, per migliorare e innovare, per restare competivo,ma soprattutto studia e asseconda (non crea bisogni) il comportamento decisivo del consumatore . I sistemi produttivi passano dall’orientamento alla produzione a quelli orientati al prodotto e al mercato e intanto appaiono studi sul management della qualità totale (il total quality) le tecniche del “just in time”(bassi stock di magazzino) , sulla fiducia del consumatore al marchio. Il sistema produttivo diventa a ciclo integrato, e la fabbrica diventa elastica e flessibile in funzione delle richieste del mercato ( mi fermo qui per ora su questo argomento, perché la conseguenza fondamentale è che l’occupazione diventa “precaria” proprio perché funzionale al mercato della domanda del prodotto. Il bene prodotto deve “arrivare” al consumatore con un marchio che identifica : fisicità(design), qualità, immagine, servizio. Il consumatore non è lo “stupido animale” e leggevo studi su come il consumatore evolve la sua strategia in tempo di crisi e come sarà nel dopo crisi. Capisci allora che le certificazioni di qualità ,le spinte delle associazioni dei consumatori, hanno evoluto le strategie di acquisto, il rapporto qualità prezzo è decisivo e il passa parola fra persone del come si sono trovati bene o male sull’acquisto di un bene o servizio lo è altrettanto. Insisto dicendo che la custumerizzazione del prodotto(i servizi al consumatore) è ormai una scelta obbligata. La tracciabilità del prodotto e la gestione della filiera dalla materia prima al consumatore( persino le carni macellate) sono fondamentali ai fini della qualità del prodotto o eventuale blocco e ritiro dal mercato :sicurezza del prodotto certificato e marchi di garanzia e affidabilità. Allora significa che questo “strano animale” delle teorie riduzionistiche ha invece enorme peso sia nel mondo produttivo che come consumatore in quanto ha un cervello e non un orpello solo istintivo. L’economia è una disciplina tecnica quando ne studi gli elementi che la compongono , quando si relazionano fattori produttivi ad esempio o la produzione e la redistribuzione della ricchezza diventa gestione e scelte implicite delle combinazioni dei fattori e delle priorità in quanto finalizzate ad uno scopo e quindi diventa economia politica e/o politica economica. Le teorie neo contrattualistiche ( le prime furono dei giusnaturalisti) o dette anche neo corporitaristiche hanno inciso enormemente nei sindacati non “classisti”. Hanno tolto la responsabilità alla politica di entrare nel merito del”patto sociale” delegando alle parti sociali e hanno inciso sulle normative e sulla giurisprudenza del lavoro. Nel contrattualismo vige il “rapporto di forza”( in assenza di normative e quindi di priorità giuridiche) e la negoziazione avviene su tematiche storicamente negli oggetti del contendere mutati: informazione sulla strategia industriale e piano industriale(prime parti contrattuali), meritocrazia della scala retributiva in funzione dei ruoli legati a livelli di responsabilità e autonomia decisionale,ecc. organizzazione degli orari di lavoro e turnazioni,ecc sarebbe interessante rapportare il modello tedesco che è la cogestione o codecisione con quello italiano (personalmente propendo per il primo). Finisco con una provocazione.L’ontologia fisica è mutata fra il modello di rappresentazione dei fenomeni termodinamici e quelli della meccanica quantistica. L’ontologia economica ( non so nemmeno se esista, la sto inventando) ha i medesimi parallelismi. Se si tratta di discutere di beni e servizi fisici(il mondo produttivo) con causa effetto sappiamo controllarne e ricostruirne le logiche, c’ è un controllo del processo. Se si parla della finanza non si comincia più a capirne le cause (chi ha prodotto cosa), gli effetti li vediamo in quanto impattano sulla realtà, non conosciamo nemmeno le localizzazioni(dove si decide e dove avranno effetto con quali intensità) e il fenomeno delle transazioni finanziarie non si qualificano e nemmeno si quantificano se non in termini stocastici. |
05-01-2013, 14.21.26 | #19 |
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
@ Paul11 e 253647
Io credo che punto fondamentale per comprendere la contemporaneità economica (ma non solo) sia il passaggio di paradigma che è avvenuto nella considerazione del "valore economico". Se per la scuola detta "classica" questo era determinato dal lavoro necessario a produrre un certo bene (Marx, o era Ricardo, adesso non ricordo, fa l'esempio di 19 passaggi necessari a produrre uno spillo), dopo le analisi della Scuola Marginalista il valore di un bene economico è "diventato" il valore che ad esso attribuiscono gli attori economici: il valore cioè di scambio. E', io trovo, in questo passaggio di paradigma che "passa" il fordismo e si ha l'avvento del marketing. Il personaggio più significativo della Scuola Marginalista è "lui": Von Hayek, il quale (da mente brillante, quale è indubbiamente) non si limita a elaborare teorie economiche, ma costruisce un impianto socio-filosofico di grandissima coerenza intellettuale. La concezione di individuo, che Von Hayek ritiene unica realtà, lo porta a porre in posizione di assoluta centralità il "contratto", ovvero la stipula di un rapporto fra parti private. E' dall'intenzionalità del "contratto" che, secondo Von Hayek, si sviluppano quelle conseguenze inintenzionali che formano la collettività in tutti i suoi aspetti sociali ed istituzionali. La critica di Von Hayek alla "pianificazione" economica è quanto di più radicale si possa immaginare: un sistema "pianificato" non è in grado di valutare l'entità economica di un bene (teoria del valore di scambio fra parti private), e quindi non è in grado di indicare il prezzo di quel bene. Quindi è il sistema dei prezzi (un prezzo, se ben ci pensiamo, null'altro è se non una "proposta di contratto") a creare la miglior società possibile. Così come il consumatore non ha bisogno di conoscere a fondo le caratteristiche del prodotto che intende acquistare -perchè gli basta seguire il suggerimento che gli viene dal prezzo- così al cittadino basta seguire il suo interesse personale per creare "spontaneamente" la miglior società possibile. Ecco qui servita la trasformazione del cittadino in consumatore... Da questo punto di vista, io non trovo che Von Hayek abbia fatto del "riduzionismo"; diciamo piuttosto che ha "compreso" certi meccanismi che portano il consumatore ad una sempre maggior consapevolezza nella teoria dei prezzi (la qualità di un prodotto si paga, ed un prodotto che non si vende inevitabilmente scende di prezzo), e di conseguenza nella teoria del contratto fra parti private come "motore del mondo". Ieri sera seguivo un programma a LA7, e c'era Marco Simoni, docente alla London School of Economics e, credo, impegnato in politica per la "Lista Monti". Beh, era impressionante sentire come sullo sfondo di tutto quel che affermasse con (presunto, cioè che lui presumeva) rigore scientifico facesse capolino Von Hayek. Va beh, tanto per concludere anticipo un attimo quello che per me è l'aspetto ideologico della teoria hayekiana (poi, naturalmente, ne possiamo parlare in maniera più analitica). Von Hayek parla di "ordine spontaneo"; di "migliore dei mondi possibili". E in queste affermazioni riecheggia una teoria che il cambio di paradigma sul valore economico di un bene non ha minimamente scalfito: quella della "mano invisibile" del reverendo (...) Adam Smith. Per quel che riguarda euro e delocalizzazione io sono molto scettico sul fatto che essi siano opportunità e non problemi. Che in Italia vi sia un grosso problema di burocrazia è un fatto su cui non posso non essere d'accordo, ma la delocalizzazione (che, ricordo, prende il via all'indomani della firma Reagan-Thatcher sulla libera circolazione dei capitali) altro non è se non lo spostamento di capitali là dove vi è maggiore interesse ad andare. Ed è tutto da dimostrare che l'interesse del detentore di capitale che delocalizza coincida con quello del paese d'origine (a meno di non essere d'accordo con Von Hayek...). L'euro non solo è un problema, ma è un grandissimo problema nel momento in cui non si decidano delle politiche economiche e tributarie comuni. un saluto ad entrambi |
17-01-2013, 23.52.52 | #20 |
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Riferimento: Economia: cos'è e cos'è diventata
Potrebbe servire a chiarire.
La prima rivoluzione industriale avviene fra il 1760 e il 1830 circa. In questo periodo accade la Rivoluzione Francese del 1789 e poco più tardi Admam Smith scrive sul principio della ricchezza delle nazioni.. La seconda rivoluzione industriale arriva fino al 1970 La terza è dal 1970 ed è ancora in corso. Il pensiero di Von Hayek si sviluppa subito dopo la grande crisi del 1929 con scritti del 1931 ecc. La sua è una risposta culturale per il fatto che Von Hayek era contro l’interventismo statale , la pianificazione economica di Keynes e in quel periodo storico c’erano altrettanti stati gestiti centralmente: nazismo, fascismo, stalinismo. Veniamo tecnicamente al concetto di ciclo economico secondo la teoria classica della scuola austriaca marginalista e dello svedese Wicksell sul sistema monetario. Le fluttuazioni cicliche dell’economia sono attribuite a fenomeni monetari che si inseriscono su una struttura teorica di base costituita dalla tradizionale teoria marginalista de valore basato su un concetto di “periodo medio di produzione” La teoria di Von Bawerk dice che i valore di un bene è dato dalla quantità di lavoro e al tempo della produzione media. Questo tempo di attesa è un sacrificio per il soggetto economico che ha investito dei capitali, ed è remunerato dal tasso d’interesse che comprende questo tempo in cui fra l’altro l’imprenditore rende più efficiente la sua produzione di beni aumentandone la produttività . Quindi il tasso d’interesse porta in equilibrio la disponibilità ad aspettare con l’utilità dell’attesa data dalla maggior produttività:significa portare in equilibrio i risparmi e gli investimenti così come la domanda e l’offerta di lavoro. Von Hayek dice che la teoria di Von Bawerk riguarda il lungo periodo in quanto ci sono dei disturbi monetari che portano fuori dall’equilibrio. Già Wicksell l’aveva dichiarato che nel breve periodo il tasso d’interesse corrente può risultare inferiore a quello naturale in equilibrio. Se il tasso d’interesse monetario è diverso da quello naturale si mettono in moto dei processi cumulativi. Ad esempio, se il tasso monetario è inferiore a quello naturale, all’imprenditore conviene prendere a prestito il denaro e investirlo , accade che i beni prodotti avranno prezzi più alti spingendo l’inflazione mentre la manodopera e i redditi fissi acquisteranno meno beni, ma allo stesso tempo per produrre più beni il salario dei lavoratori cresce e fa allungare il tempo medio di produzione che rende conveniente utilizzare processi produttivi a maggior intensità di capitale e quindi maggiori investimenti. Questa è la fase ascendente del ciclo. Ma i prezzi dei beni che sono cresciuti hanno ridotto il potere reale di acquisto dei salariati e redditi fissi che ha come conseguenza la riduzione del periodo medio di produzione e quindi si passa ai disinvestimenti: siamo alla fase discendente del ciclo. Keynes che era stato attaccato da Von Heyek in quanto spingeva la domanda aggregata del consumo e quindi spingeva a produrre farà dichiarare da Sraffa una critica distruttiva sulla teoria di Von Hayek, nel 1932. Sraffa sostanzialmente dice che non esiste un saggio naturale d’interesse in un mondo in cui cambia la struttura produttiva,le tecniche, ecc. Il sistema dei prezzi relativi non può non cambiare nel corso del tempo e ci sono tanti tassi naturali quante sono le merci presenti sui mercati. Per cui i rapporto tasso d’interesse monetario e quello naturale non esiste. Stiamo parlando degli anni Trenta del secolo scorso. Mi limito a dire che nei primi anni Settanta cioè quando inizia la terza fase della rivoluzione industriale salta con il Bretton Wood la parità monetaria con l’oro; da quel momento esistono i mercati delle valute che i singoli Stati coniano o stampano. E’ in questo periodo che nasce strutturalmente nelle organizzazioni aziendali il marketing .In Italia il grande processo di ristrutturazione , riconversione e riorganizzazione industriale alla fine del periodo della crisi petrolifera e di alta inflazione, arriverà nei primi anni Ottanta che con sistemi produttivi integrati e analisi finanziarie molto più accurate. Prenderà sempre più peso il potere delle Banche Centrali, le quali diverranno sempre più staccate e quindi autonome dal potere di controllo statale. Hanno un enorme peso economico in quanto decidono di fatto attraverso il tasso monetario, la quantità di liquidità di un sistema e le leve che decidono i rapporto con i tassi di profitto e il rapporto risparmio/investimento, la convenienza a investire o disinvestire produttivamente.. Lo scenario è quindi completamente mutato . Le teorie economiche non si sono affatto evolute, il pensiero e le leggi di mercato sono ancora quelle di un secolo fa e sono inadeguate al nuovo scenario in cui il progresso delle tecniche e tecnologia e del sistema sociale e politico incidono e perturbano i mercati. Sraffa vinse la contesa con Von Hayek sul piano strettamente tecnicistico delle scienze economiche,ma paradossalmente Von Hayek vince la sfida storica, nel senso che tutti i sistemi statalisti pianificati sono falliti. Vedremo adesso il piano di implementazione di comunismo/capitalismo in Cina che riguarda 1,2 miliardi di persone e che fra qualche anno dovrebbe superare gli USA in ricchezza prodotta. |