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03-09-2011, 21.09.51 | #52 | |
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Riferimento: The Truman Show (l'idea Della Simulazione)
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Ok, allora facciamo fare lo stesso percorso formativo di un bambino che a dieci anni sa leggere e scrivere (e molto altro ancora) ad una scimmia (di qualsiasi specie) che vive sicuramente più di dieci anni, e vediamo se alla fine (prima di morire, forse a 30 o 40 anni) riesce almeno a scrivere un riassunto di una scena che ha vissuto (non c'è nemmeno bisogno che parli...). Dopo tutto le scimmie sono le più simili a noi quindi qualcosa debbono pur fare se aumentano le loro esperienze e si avvicinano, nel numero, a quelle che facciamo noi... basta mandarle a scuola e vedere cosa ne esce. |
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04-09-2011, 04.38.12 | #53 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: The Truman Show (l'idea Della Simulazione)
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04-09-2011, 14.31.50 | #54 | |
Ospite abituale
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Riferimento: The Truman Show (l'idea Della Simulazione)
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Dimentichi però un fatto importante, i dati devono essere letti. Solo con i dati ci fai la frittura mista. La lettura di un dato, che io chiamerei per brevità bit, l'unità di informazione, senza un programma di lettura non serve a nulla. Puoi aumentare all'infinito i bit (o le esperienze), ma se non hai chi li interpreta è lingua morta. Nei computer ci sono sicuramente i programmi che leggono i dati della memoria. Questi programmi però li mettiamo noi nel computer. Ovviamente ci sono "programmi" che noi non mettiamo, ma funzionano in automatico raggiunto un certo grado e livello di informazione. Queste sono leggi della natura. Non so...una caso culinario, l'acqua bolle a 100 gradi e diventa ghiaccio a zero gradi. Non comandiamo noi quando l'acqua deve bollire o quando deve diventare ghiaccio, quello è semmai un programma inserito nell'universo che già c'è. Se l'acqua si mantenesse a 30 gradi non evaporerebbe o non ghiaccerebbe. Un altro esempio è l'informazione del dna. Ammettiamo che noi volessimo far volare gli asini. Se gli asini potessero volare, il programma sarebbe già integrato nella natura. Solo se il programma non esistesse in natura, gli asini non potrebbe mai volare. Questo ovviamente potremmo non saperlo mai. Facciamo un esempio più generale, dell'universo e le leggi che contiene. Ora immaginiamo che la materia contenuta nell'universo siano i bit. Le leggi che regolano i bit sono i programmi. Questi già ci sono, noi possiamo solo scoprirli, mai inventarli. Quindi io non comprendo il motivo per cui tu giudichi l'intelligenza umana solo quantitativamente diversa dalle altre specie. Già il dna ci insegna invece che una certa informazione ci da una scimmia, un'altra un topolino... e molte altre nulla. Questi programmi inseriti nella natura stabiliscono che gli uccelli possano volare (e come ho detto, se in serbo alla natura, ci fosse la possibilità di far volare anche gli uomini, basterebbe conoscere l'informazione necessaria e il programma per leggerlo), mentre gli uomini sono intelligenti, anzi io dico dotati di coscienza (che rende l'intelligenza di qualità diversa). Il tuo discorso andrebbe bene se bastasse, faccio per dire, aumentare il numero di geni per rendere un animale sempre diverso. Ma non è l'aumento di "informazioni" che rende "leggibile" un dna. Ci vuole un programma che legga una tale informazione; un numero consistente di bit potrebbe infatti non significare nulla, mentre pochi geni, ma disposti in modo tale che possano essere letti dal programma, si ottiene un batterio. Come dico sempre, l'informazione per essere riconosciuta come tale deve significare qualcosa per colui il quale lo sta leggendo. Non è il suo numero però che è importante, ma la disposizione e il programma di lettura. |
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04-09-2011, 21.00.49 | #55 | |
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Per altro, confermo che quella che chiamiamo intelligenza, non è altro che la sommatoria di tutti i patrimoni che abbiamo a disposizione nella nostra memoria, sia fisica sia mnemonica. Patrimoni che sono letti da quel metodo veicolativo chiamato pensiero. Questa prassi, per la formazione di quella che chiamiamo intelligenza, la ripropongo, perché fino ad ora, secondo me, non è stata confutata da argomenti altrettanto logici. Per ritornare al paragone con l’intelligenza del computer, ho affermato che le esperienze o patrimoni che noi abbiamo dentro la nostra memoria, comprese le esperienze che facciamo quotidianamente, si possono paragonare ai programmi che noi mettiamo nella memoria dello stesso. |
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04-09-2011, 21.24.01 | #56 | ||
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Riferimento: The Truman Show (l'idea Della Simulazione)
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05-09-2011, 09.52.26 | #57 | |
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Lo stesso dicasi della nostra aspettativa circa la realtà. La realtà è per noi deludente o gratificante in base a ciò che ci aspettiamo da essa. Siamo noi con la nostra visione cosciente e strutturazione delle nostre conoscenze che ci creiamo un aspettativa ed influiamo sulla nostra percezione. Alla fine la realtà ci sorprende sempre perchè è sempre diversa da come ce l'aspettavamo. Per determinare la realtà non possiamo fidarci interamente della nostra percezione perchè è viziata dall'aspettativa. Dobbiamo servirci della nostra intelligenza, è la nostra intelligenza a dirci se qualcosa è coerente con la realtà. La finzione a sua volta per essere tale deve essere in qualche modo coerente. La finzione può essere una struttura che crea comunque un habitat vivibile per una persona o per intere comunità di persone. La nostra realtà dipende dal nostro stato di coscienza, lo stato di coscienza dipende dalla percezione, la percezione dipende dall'organizzazione. Prendiamo il classico test della Gestalt (prova a cercare su google "immagini gestalt"), ti viene mostrato un disegno che contiene un altro disegno nascosto. Inizialmente non riesci ad identificare l'immagine dentro l'immagine, può darsi che ti ci voglia diverso tempo per distinguerla. Una volta che sei in grado di distinguerla isolandola dal resto cambia la tua percezione del disegno iniziale. La tua coscienza si riorganizza, quindi cambia la tua percezione, cambia la tua coscienza, cambia la tua realtà (relativamente a ciò che si osserva) E' l'atto di organizzazione operato dall'intelligenza ciò che è davvero determinante Giulio Cesare nel "De bello gallico" scriveva che gli uomini credono volentieri in ciò che sperano. Ciò gli permise di mettere in atto uno stratagemma per ingannare il nemico. Forse è proprio questa speranza o aspettativa il nostro più grande offuscamento della realtà. |
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05-09-2011, 11.25.17 | #58 | |
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Allora la questione non è sottile, ma è molto evidente. Se hai una memoria ma non hai il programma di lettura, con la sola memoria non te ne fai nulla. Questa è la mia tesi che però tu sembri rigettare. Io lo rispiego con degli esempi: Sarebbe come leggere benissimo lettere dell'alfabeto disposte a caso. Il risultato è che anche aumentando il numero di lettere non si aumenta di un passo la conoscenza. Quindi è molto più importante il programma. L'uomo sembra prediligere infatti il programma alla memoria. Questo non significa che la memoria non serve a nulla, non serve a nulla se manca il programma. L'aumento di esperienze è certamente importante, ma lo è ancora di piu il contenuto mnemonico stabilito dal programma; quindi ciò che tu individui come importante, cioè l'aumento della memoria, esso deve essere già supportato dal programma. Altrimenti anche se aumenta la memoria, essa rimane fine a se stessa...diciamo pure che non serve a nulla, se non è affiancata dal programma. Quindi in sostanza è più importante la seconda. Fai il conto ( esempio) di un bimbo di 7 anni straniero che va a scuola il primo giorno conoscendo solo due parole di italiano. L'insegnante ne usa molte di più e nel frattempo lui le ascolta e forse le memorizza, ma capirà cosa l'insegnante vorrà dire solo quando pronuncerà quelle due parole. Il bimbo aumenterà quindi la sua conoscenza non ascoltando l'insegnante mentre parla e memorizzando ciò che dice, ma quando incomincerà a comprendere le parole che dice l'insegnante, anche se ce ne saranno molte che non capirà e che comunque continuerà memorizzare (o che potrebbe continuare a memorizzare). |
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05-09-2011, 20.39.48 | #59 | ||
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In effetti credo che quasi nessuno sia in grado di “definire” cosa sia l’intelligenza. Si può dire però che essa si manifesta in modo più o meno eclatante, con uso della logica, della intuizione, della fantasia, della osservazione, ecc… nell’affrontare, attuare e risolvere le più disparate ed originali problematiche occorrenti nella elaborazione di teorie e sistemi di pensiero afferenti la nostra vita pratica, affettiva, intellettuale e spirituale nel campo del personale e/o del sociale. In breve l’intelligenza ci permette di vivere più o meno bene, o ci mette nei guai, a confronto e in funzione dell’ambiente in cui ci troviamo. E’ fuor di dubbio, comunque, che ci conviene avere una buona intelligenza se vogliamo che, prevedibilmente…”l’io, speriamo che me la cavo”…riesca abbastanza bene o eccezionalmente bene.… Alcuni pensano di poter misurare l’intelligenza individuale nel suo esplicarsi globale o parziale…e ci riescono anche, entro certi limiti di ordine statistico…cioè può sempre essere che qualcuno sbaracca...ma, per lo più, no! In proposito, sono universalmente noti i test di QI affrontando i quali ciascuno può ottenere, entro limiti probabilistici specificati, uno specifico punteggio o vari punteggi a seconda che sia esplorato il campo globale o gli specifici campi di esplicazione: intelligenza letteraria, matematica, bidimensionale, visivo-spaziale, pensiero divergente, ecc…. Possiamo essere soddisfatti di punteggi superiori a 100. Possiamo essere gratificati oltre 110. Oltre 150 sfioriamo la genialità…Oltre 170 siamo geni certificati. Sotto i 70 siamo minus habens! Sotto i 50 potremmo persino avere peculiari genialità, per esempio estrarre all’impronta la radice quadrata di qualsiasi numero o conoscere l’ora in qualsiasi momento senza consultare l’orologio, ma essere incapaci di allacciarci le scarpe. In effetti la definizione di intelligenza umana non può essere che approssimata e così la sua qualità… più o meno elevata ed, entro certo range, diversa da individuo ad individuo. Ma anche, come rilevato dai test di QI, (o da altri sistemi), la stessa intelligenza, nel medesimo individuo, è composta da un mix di intelligenze: si può parlare di intelligenza globale per un individuo che riesce bene in tutto, magari anche ad alto livello, oppure si può parlare di intelligenza particolarmente vivace ed eclatante in certi campi di esplicazione e limitata in altri. Banalmente l’orientamento appare già a scuola ove c'è, ad esempio, chi si trova bene con le materie letterarie e chi con le materie scientifiche. Difficile dire se la cosa sia ereditaria o frutto di casualità o allenamento...magari anche frutto dalla gratificazione percepita e rinforzata nelle prime esperienze positive e/o negative negli specifici campi. In effetti le prime esperienze della nostra vita, dalla nascita oppure, addirittura, dal feto, sembra abbiano estrema importanza nella strutturazione cerebrale e nell’orientamento intellettuale. L’organo cerebrale è estremamente plastico nei nostri primi anni…interagisce straordinariamente con l’esperienza… tanto che veniamo consegnati alla scuola quando già i grandi giochi sono fatti e molto del nostro essere psichico e intellettivo è determinato…sia in fatto di connessioni neuroniche, che di attività elettrochimica o altro, ecc... La curva della plasticità tende poi a scendere per tutta la vita, verso lo zero in età avanzata, ma qualcosa è sempre possibile fare per la nostra intelligenza, sia sul piano fisico che psichico e intellettuale, ma sempre meno…anche se col tempo può aumentare notevolmente l’accumulo, nella memoria a lungo termine per esperienza e conoscenza pratica e/o teorica. Infatti una certa capacità raziocinante, supportata da accumulo di memorie può spesso simulare una buona intelligenza anche se difficilmente geniale. Credo che il genio a tutto tondo o anche solo limitato a specifiche esplicazioni, sia prevalentemente genetico…o derivante da un complesso di concorenze. Successive connessioni e strutturazioni sinaptiche conseguenti a particolari esperienze precoci possono aiutare. Infatti se Leopardi non avesse avuto precocemente a disposizione la biblioteca paterna forse avremmo perso “l’infinito”. Magari Mozart fu un genio genetico arguibile dal fatto che anche il padre e la sorella erano musicisti apprezzati..per quanto per avere una certezza bisognerebbe risalire più a monte, Comunque se Mozart non avesse avuto a disposizione un padre musicista a lui dedicato, forse avremmo perduto la sua precocità…e molto altro. Citazione:
E’ cosa buona e giusta essere dotati di buona memoria, ma essa non è che il magazzino dei dati di cui l’intelligenza si serve e che dobbiamo metterci…proprio come un computer. Se gli organi di senso e di elaborazione non mettono qualcosa in memoria il computer non funziona…pardon…il. cervello non funziona. Il nostro cervello ha però il vantaggio e la straordinarietà che si costituisce e struttura in contemporanea all’immissione/acquisizione dei dati e da questo dipende il livello di QI …se, cioè, fin dalle origini si struttura in modo adeguato o meno…e che lo faccia o meno bene è un fatto genetico. E’ come se io stesso scrivendo contribuissi a “strutturare” il mio computer e che la qualità del computer riuscisse o meno bene dipendesse dalla mia abilità di scrittore. Mi vien da osservare, sospettare, che il cervello umano è veramente qualcosa di molto complesso, forse il più complesso nell’universo o, forse, nemmeno l’universo è a tale livello. Eppure, a confronto, è estremamente piccolo: solo un chilo e mezzo in un melone! Sarebbe da leggere in proposito la poesia di Emily Dickinson. Non è stupefacente questa evoluzione?! A questo punto, e forse già prima, c’è proprio bisogno di un esperto…per quanto, ho già detto,…ben pochi sanno come…o forse nessuno…per ora… Molti, però, possono dire di più e più giustamente: bisognerebbe interpellarli …appunto!.. |
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05-09-2011, 21.33.06 | #60 | ||
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Allora possiamo affermare che la memoria ha avuto un'importanza "vitale" fin dai primi momenti che è nata la vita. In tal senso ti potrei portare l'esempio, ampiamente divulgato, dell'ameba, la quale, una volta individuata la strada che la portava al cibo, anche se era tagliata in due o in quattro, ogni parte non dimenticava la strada giusta. Secondo te, quale programma usava per ricordarsi la via del cibo? E in quale pezzetto era disposto tale programma? Quindi, dobbiamo dare atto che esiste una memoria semplicemente fisica senza un programma? Oppure, che cosa intendi per programma senza il quale le esperienze sarebbero solo frittura? E da che cosa sarebbe rappresentato? E cosa pensi dell’esempio appena accennato? Pertanto, affermare che ogni esperienza senza un programma non vale niente, a mio modo di vedere non tiene conto che l'esperienza vissuta mette in moto delle sensazioni che non sono fine a se stesse; infatti, prima che si formasse il pensiero, la memoria lavorava da sola per migliorare la struttura fisica di ogni essere, adattandola all'ambiente; per questo ho portato l'esempio, anche se banale, del collo della giraffa. A questo punto ci potremmo domandare: è nato prima l'uovo o la gallina? Oppure: la memoria o il programma? Ultima modifica di Tempo2011 : 06-09-2011 alle ore 02.54.39. |
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