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27-02-2008, 16.57.35 | #133 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
per altra conoscenza si fa solo una "traslitterazione" dialettica,ma non tocca la vera realtà di cui si parla: "Il tao di cui si può parlare no è il vero tao": Lao-tse |
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27-02-2008, 20.25.48 | #134 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-07-2007
Messaggi: 128
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
Io penso invece che la omni-pervasività di Dio nella indagine metafisica abbia origine proprio in Aristotele...ora lasciando da parte l'errore della denominazione "metafisica" Aristotele individuava una "sapienza", distinta dalla techne, volta allo studio dell'universale e dei principi e delle cause prime...ora nel regresso della catena delle cause Aristotele stesso parla della causa prima, come causa incausata...ed è qui che compare Dio; Aristotele non disdegna spesso di chiamare la sapienza come scienza del divino... |
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27-02-2008, 20.29.39 | #135 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-07-2007
Messaggi: 128
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
certo che parlavo di conoscenza scientifica...anche se lo stesso potrebbe dirsi anche delle conoscenze più banali...mi pare difficile che possa esserci una conoscenza senza un contenuto...secondo te ci può essere conoscenza di nulla? |
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27-02-2008, 21.50.13 | #136 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-11-2006
Messaggi: 1,334
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
E ancora estrapolazioni senza un minimo di spiegazione, mi chiedo se tu non ti renda conto del tuo modo di agire, effettivamente il tuo unico scopo è persuadere attraverso sentenze, il mio, al contrario, è cercare la verità. Di quale metafisica sta parlando il cattolico Antiseri ? (io lo so ma lo chiedo a te). Comunque qualsiasi essa sia, si sta riferendo al momento della “scoperta” ove, io prima di te, ho affermato che tutto può essere utile a far nascere un’ "intiuizione” compresa la fantasia più sfrenata, ambito (la fantasia sfrenata) di cui la metafisica fa pienamente parte. Non che mi interessi particolarmente, ma visto che lo citi a favore dei lettori scopriamo che posizione ha questo filosofo: "fallibilista nella concezione della scienza e della filosofia, se in metaetica essere relativisti equivale all’incapacità di fondare razionalmente in maniera ultima e definitiva le proprie scelte etiche, lo mi dichiaro relativista. Se essere fideisti equivale a dire che la scelta di fede non è l’esito di argomentazioni metafisiche quanto piuttosto il risultato di un’opzione radicale, io mi dichiaro fideista. Se per nichilismo si dovesse intendere l’impossibilità a parte hominis di costruire un senso assoluto della vita, se nichilismo, in altri termini, significa un nihil di senso assoluto costruito con mani umane, io mi dichiaro nichilista. Se “pensiero debole” equivale alla riconquista razionale della contingenza umana, io mi schiero a difesa del pensiero debole. Dunque: fallibilista, relativista, fideista, nichilista e difensore della forza del pensiero debole. Una prospettiva razionale che non cancella lo spazio della fede e che sta a base della società aperta e dell’identità dell’Europa." Insomma fallibilista alla Popper, relativista etico, fideista nel senso che la fede non è ragione ma un salto radicale nel buio, nichilista nel senso che l'uomo non può giungere ad una verità assoluta, pensiero debole per la riconquista della razionalità e contingenza umana, a te le opportune deduzioni. Saluti Andrea |
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27-02-2008, 22.39.36 | #137 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
Cioè,osservavo che non è tanto il contenuto il punto secondo me,quanto se ci possa essere conoscenza senza conoscitore,osservazione senza osservatore,oggetto senza soggetto o meglio infine le due cose possano fondersi.. Impossibile direte..ma non lo è ,visto che ciò è esperibile e non si parla di allucinazioni (ci sono studi anche su questa conoscenza esperibile durante la meditazione..). Sono OT? |
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04-03-2008, 22.39.19 | #138 | |
Moderatore
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Messaggi: 2,725
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
Si era partiti col dire che dio è indescrivibile. Bene. Poi si è detto che è però conoscibile tramite esperienze mistiche. Ma com'è possibile?! Come può il mistico sapere che tale esperienza mistica è una esperienza con dio? Cos'è che lui sente? Non può sentire che tale esperienza è con dio, perché non sa neppure dare un significato a tale parola. Comunque, mi sembra che almeno tutti concordiamo che non si può fondare una metafisica su esperienze private ed incomunicabili. Quindi non rimane che l'altra opzione da me proposta: "dio-cattolico" è una parola che si riferisce ad un ente che è ........; "dio-epicurus" è una parola che si riferisce ad un ente che è .........; etc... Quindi, in definitiva, è che se ne può parlare. |
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05-03-2008, 09.08.31 | #139 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Citazione:
Non sarà comunicabile a chi non ha avuto esperienza.. Tant'è che le esperienze di tutte le culture sono assimilabili:anzi sono "quelle". Leggere Meister Eckhart o Shankara o Platone..in fondo mostrano la stessa cosa con linguaggi diversi,con diversi Logos..ma convergono lì..SONO DEI PUNTI BEN PRECISI dell'esperienza mistica e non ci si può sbagliare. Questa è la metafisica chiamata Philosophia Perennis ,che oltre a indicare l'esperienza trascendente offre gli spunti per la Trasformazione. (Era la filosofia sino a Socrate ,dalle nostra parti, per capirci..) PS Negli ultimi anni,visto l'allontanarsi della filosofia da quest'asse e diventare solo una branca specializzante del sapere umano, ci ha pensato la Psicologia Transpersonale ad unificare e tentare di sistemare le cose,e a farne un linguaggio comune (Ken Wilber soprattutto) |
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05-03-2008, 18.53.44 | #140 |
Ospite abituale
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?
Invece di partire dall’alto vorrei, almeno questa volta, partire dal basso, cioè non dalla metafisica ma dalla fisica, concentrandomi sulla teoria dell’evoluzione. Certo l’idea dell’evoluzione naturale è una delle più grandiose che l’uomo abbia concepito nel suo cammino verso la verità: ci sono però diversi motivi che sembrano renderla ancora poco accettabile non solo dai religiosi ma dall’uomo comune e che cominciano, naturalmente, dalla riluttanza ad accettare l’idea che noi veniamo dal basso, cioè che la nostra origine possa affondare non tanto nel fango (anche la Bibbia lo afferma) quanto in esseri simili all’uomo ma dotati per esempio di coda e di corna, capaci di squittire o muggire ma non di parlare.
Nella sua formulazione più attuale, però, la teoria non può più giustificare queste conclusioni immaginarie e volgari – essa si basa su fattori razionalmente fondati, quali la variazione, la trasmissibilità della variazione, l’importanza dell’adattamento e della selezione naturale. C’è però una costante, che non viene messa in evidenza tanto dallo scienziato ma che colpisce il profano e forse anche il filosofo: voglio dire la morte. Perché, sì, la vita è la materia prima di questa teoria, mentre la morte è però il cardine dell’idea: sottintesa, ma alla fine dimostrata non solo necessaria ma quasi banale, considerata come un elemento strategico, direi con la stessa indifferenza con cui uno stato maggiore considera gli uomini come elementi da spedire al massacro. Direte che è proprio così che matura la scienza? Sarà, anche se forse proprio per questo io non sono scienziato e mi sono ammalato di filosofia….Però un certo imbarazzo mi sembra che colga anche i teorici dell’evoluzione quando devono spiegare perché ci sono delle specie animali in cui l’individuo sembra condotto dall’evoluzione a sacrificarsi per la sopravvivenza del gruppo, spiegazioni che, francamente, mi sembrano arzigogolate se non sibilline. In fondo, però, anche una verità come questa, cioè che proprio per natura l’amore prevale sull’egoismo non so quanto sarebbe accolta da un avaro o un misogino, così come da un intellettuale non lo sarebbe quell’altro aspetto della teoria, che sembra considerare anche il pensiero un prodotto dell’evoluzione - e forse questo sarà anche spiegabile in termini fisici, cioè in termini di neuroni, ma in termini di logica più monellesca di quella scientifica, da che cosa può essere giustificata una natura che reprime sé stessa, che si lascia mettere da parte con tanta facilità, e perfino ignorata di fronte a realtà come la mente, lo spirito, Dio….. E, soprattutto, come può una teoria che mette in primo piano la morte, ossia fa della morte il vero strumento della selezione e quindi dello sviluppo dell’uomo essere facilmente accettata dai benpensanti: ma come, la vita dell’uomo è un tentativo continuo di vincere o dimenticare la morte, la fede ci spinge ad andare al di là della nostra breve esistenza, la cultura intera è un tentativo di guadagnarsi l’eternità, e invece siamo non solo condizionati da geni esclusivamente fisici ma non abbiamo nessun potere, di fronte ad essi, su ciò che siamo e saremo?…..E che cos’è lo sforzo di poeti, filosofi, moralisti….una inutile sovrastruttura ancora meno significativa di quella che Marx bollava come falsa coscienza? E allora le soluzioni a questo problema possono essere: o gli evoluzionisti ci fanno capire quale è il rapporto fra l’evoluzione della natura e la nascita del pensiero - una strategia della specie homo che ci fa credere di essere superiori alla natura mentre obbediamo ad essa? O un tipo di evoluzione in cui entrano in gioco fattori nuovi e ignorati da Darwin, per ora inattaccabili come quei batteri che non si sono ancora abituati agli antibiotici? Eppure quella teoria potrebbe costituire non una definitiva cancellazione del finalismo asserito dalle religioni e verosimilmente passato di moda, ma anzi una sua esaltazione. Dopo tutto, c’è la possibilità di estendere quella legge all’intero universo, e allora non solo il piccolo debole uomo ma l’intera massa di atomi e di fotoni, cioè tutte le galassie e supergalassie sarebbero per così dire spinte come da una forza ad ascendere – sempre per ragioni fisiche – non verso un buco nero ma verso una superiore e forse sublime realtà…. Oppure dobbiamo pensare che esistano veramente due universi: quello della natura e quello - stavo per dire dello spirito, ma è fuori moda - dirò della mente, cioè l’universo fisico in cui impera la legge evoluzionistica e quello metafisico che ha altre leggi e altri profeti? E di quale universo noi ci sentiamo veramente abitanti? |