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Vecchio 10-06-2007, 20.31.55   #181
gyta
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Riferimento: L'occhio da chi trae la propria essenza..?

Grazie Yam
per la bellissima poesia!

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Il seme della mutazione c'è in ognuno
Sì! il seme della mutazione c'è in ognuno di noi!
Non è perciò il caso di rattristarsi vedendo fuori null'altro di ciò che dentro già ci appartiene
ma <lavorando> invece per essere in grado di <vedere meglio> dentro di noi !
I problemi e le soluzioni non sono che nella nostra mente:
la mente interpreta, la mente crea, la mente emenda.
La mente ci accompagna nella vita.. come un battello scorre sull'acqua.



Gyta
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Vecchio 11-06-2007, 02.31.40   #182
nexus6
like nonsoche in rain...
 
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Smile L'elefante...

Sto comprendendo che anche la tristezza ed il malessere "servono"... accoglierli, comprenderli, non giudicarli ("accettarli" ancora non mi "piace", forse perchè gli attribuisco il significato negativo di "arresa" sterile, ma sto rileggendo tutto quanto è stato scritto in questa discussione su questo termine...), andare sino in fondo, sino alla radice di ciò che l'altro ci presenta a specchio, per giungere "là dove" quella reazione è sorta, è scaturita, "là" in fondo siamo "veri", quella re-azione è stata genuina (dunque ben vengano le re-azioni! ), moto spontaneo che velocemente poi verrà coperto dal vaglio della mente, che inizierà ad afferrarla, magari censurarla, se troppo dolorosa per esempio. Nel mezzo del disagio cogliere quest'aspetto "positivo", ritornare alla radice, fondamentale per la conoscenza di sé è dura, molto dura a volte e si tende a pensare che sia lo specchio deformato che ci rimanda un'immagine buia di noi, e certo anche ciò è in parte vero, ma questo purtroppo tende a scaricare sull'altro tutto il nostro disagio, i nostri percorsi oscuri, i nostri scogli che proprio tramite il tocco con l'altro vengono posti alla luce, in modo tumultuoso a volte, doloroso.

Quando poi con l' "altro" si è insieme in un percorso di conoscenza intima e profonda che coinvolge l'intera persona, beh allora i pericoli di tale essenziale specchiarsi si moltiplicano a dismisura purtroppo e nel momento in cui si sta più male, si può giungere a "confondere" l'altro con un affetto passato poco presente, poco amorevole, poco attento, avaro d'abbracci, proprio quando la personalità dei cuccioli d'uomo ne hanno più bisogno, affinchè poi non zoppichino nella loro vita; e quando l'altro rifiuta con coraggio di zoppicare con te e non accetta di comprenderti in quel momento, di soffrire sterilmente con te, allora ci si sente rifiutati, ancora una volta negati e si piange, si piange come bambini, siamo bambini ai quale è stato negato "affetto" e tenderemo a scagliarci contro questa negazione, vomitando addosso all'altro tutta la mancanza di conoscenza di sé, l'altro "diventa" quell'antica persona che ancora una volta ha negato l'abbraccio, l'affetto, la com-prensione.

E' difficile comprendere che in realtà quel gesto di negazione, che pare cinico, nasconda un'essenza potente per guardare in se stessi e nell'altro; credo che quando una "decisione", una "scelta", non so bene come esprimere, "attinga" a quel fiume sotterraneo essenziale, sostanza di vita, essere che scorre fluente in ognuno di "noi" e tramite il quale ci riconosciamo profondamente oltre le parole, oltre i limiti e le categorie della mente, oltre le differenti e mutevoli identità (riconoscimento in noi e nell'altro di questa stessa unica sostanza attraverso cui insomma -realmente- è possibile "amarci"... "amare"...)... bene in questo caso, seppur mentalmente, superficialmente tale "decisione" possa essere parecchio dolorosa, è un'occasione per avvicinarsi profondamente a sé -e dunque all'altro! -; tale decisione nell'essenza sarà "buona" anche per l'altro che magari con più o meno tempo, comprenderà quel gesto, l'accoglierà, accoglierà meglio sé e dunque l'altro, che ha permesso di illuminare quella certa zona parecchio buia.

Leggo di "zen" in questi giorni e sono molto attratto dal metodo dei koan ed in generale da tutti gli aneddoti che si raccontano, dei dialoghi talvolta nemmeno tanto pacifici tra "maestri" e "allievi"; sapete sicuramente meglio di me che famoso e simbolico pare essere il bastone-koan del maestro che non esita nemmeno un istante ad utillizzarlo per causare uno "shock" mentale a chi gli sta di fronte. La mente del richiedente, di colui che ha bisogno è insofferente, non quieta, piena di domande, di mancanze e mentalmente pone le sue "richieste", chiede che i suoi bisogni vengano soddisfatti, ma sono risposte mentali, razionali, è quel bisogno che vuole sia colmato e non altro, anche se nelle domande pare esserci altro. Ed il saggio che fa? (Non me ne voglia il compagno Visechi, per l'utilizzo di questo termine, primo forse nel suo indice proibito... ) Continua come se nulla fosse, magari a fumare la pipa e poi "colpisce" con parole "irrazionali", illogiche e talvolta con "gesti" duri l'allievo, così spiazzandolo inaspettatamente, levandogli la fragile terra da sotto i piedi; non alimenta le sue domande, la sua ricerca mentale e sofferente, non dà nutrimento alla mente, non abbraccia quell'insofferenza, ma agendo repentinamente ed illogicamente toglie il pane a quei bisogni, non risponde ai bisogni mentali, superficiali del richiedente, ma ad un bisogno ben più fondamentale, Il bisogno, quello di venir posto di fronte a sé, di conoscere nell'essenza sé... e talvolta nelle storie, ed anche questo lo sapete, c'è chi si "illumina" oppure si incavola di brutto, ma fosse anche solo incavolatura, secondo me, se c'è fiducia, sensibilità per quell'azione (e qui pure conta la "saggezza" del maestro), colui che l'ha "subita" giungerà prima o poi a sentire sulla pelle l'essenza straordinaria di quel gesto e ringrazierà il "saggio", che gli ha permesso di vedere meglio, di penetrare sé e magari di intravedere quell'essenza... quella dalla quale i nostri occhi traggono la vita...

Nella vita, certo, di "maestri zen" ne incontriamo pochi, ma credo, come già detto, che chi abbia una buona conoscenza di sé tenderà a "trasmetterla", a contagiare inesorabilmente chi gli sta intorno e la realtà, tramite le proprie azioni, le proprie parole, il proprio "muoversi" nel cammino; giungo, dunque, nuovamente a sottolineare la potenza dei gesti, delle reazioni, delle parole e perciò in fondo della tanto bistrattata "mente"!

Sì(!), credo e sento la mente, che ci accompagna come un battello che scorre sull'acqua..., sia molto potente, lì stanno i "problemi" e lì le soluzioni, lì le illusioni, lì le potenzialità affinchè possano svanire...!



Riguardo all'accettazione ed ai miei problemi nell'accettare questo "termine"... conosco una storia, credo molto profonda, che mi è stata raccontata e così la tramando a voi, sperando di conservarne lo spirito originale...:

In mezzo alla via principale di un villaggio indiano, si trova un devoto di Krishna che lo invoca e lo prega di palesare la sua presenza perchè vuole fortemente incontrarlo con tutto se stesso; ad un certo punto un uomo perde il controllo del suo elefante imbizzarito che inizia a correre all'impazzata in mezzo alla strada, andando velocemente contro il devoto.
Il conduttore dell'elefante gli urla di spostarsi, di levarsi subito, ne va della sua vita(!!), ma il devoto non gli dà retta, è pronto ad accettare tutto quanto, d'altronde lui ama Krishna, vuole unirsi a lui e così continua a pregare e ringraziarLo di essersi manifestato in quell'elefante, che gli sta venendo tumultuosamente incontro... il divino, incontrerà finalmente il divino!
"Spostati!! Sei pazzoo!!!" urla ancora il padrone dell'elefante, sopra di lui ed ormai a pochi metri dal devoto...
"Spoostatiii!!!" - e boum(!!)... incontra l'elefante che lo travolge......!
....
... ed incontra così Krishna, ma al suo cospetto il devoto è folle per ciò che è avvenuto e gli chiede:
"ma, come, perchè è accaduto ciò? Perchè l'hai permesso? Tu eri l'elefante ed io l'ho accettato, non mi potevo certo sottrarre!"
e Krishna risponde:
"Sì, stupido! Ero l'elefante, ma ero anche colui che lo conduceva e ti urlava di spostarsi!!"


... e dopo l'ascolto di ciò, Maxim divenne illuminato...


Un abbraccio a tutti...!

nexus6 is offline  
Vecchio 11-06-2007, 08.53.47   #183
visechi
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Riferimento: L'occhio da chi trae la propria essenza..?

Citazione:
E il secondo occhio che ci fa scoprire la faccia sempre invisibile della luna, ma che sappiamo che sta la'; che ci fa scoprire la faccia ugualmente invisibile dell'eternita', che non e' altro che l'altra faccia della temporalita'.

A proposito di eternità, provo ad esporre il mio pensiero che differisce non poco da quello riportato da Noor.
L’eternità è un concetto radicato nella mente speculativa di ciascuno di noi. Non significa che ciò sia anche un indizio del fatto che l’esistenza ne possa fare esperienza concreta, perlomeno in maniera e in misura conforme e coincidente alla formulazione lessicale comunemente nota, ovverosia come dato fattuale ampliabile oltre qualsivoglia dimensione temporale che lo circoscriva entro precisi confini. Quel che è innegabile è la possibilità che vi siano circostanze particolari nel corso delle quali si percepisca un evento limitato al momento in cui se ne faccia esperienza (da non intendere come limitazione temporale estrema, cioè di un singolo attimo); l’esperienza fattuale, cioè legata all’evento esterno, non è dunque dilatabile oltre quel particolare per quanto ampio lasso di tempo transeunte, è la mente o la coscienza che, coniugandovi il concetto in essa radicato, la dilata all’infinito (nozione questo che ben si collega al precedente). Non si tratterebbe così di una percezione effettiva, piuttosto di una finzione (Leopardi docet) filosofica o concettuale che induce la percezione spirituale stessa, la quale è la risultante della sommatoria della percezione transeunte dell’istante – che indubbiamente potrebbe esservi stata - e appunto il radicamento concettuale predetto. Non è negabile l’eventualità che nel corso della vita si verifichino situazioni, più o meno episodiche (penso che chiunque potrebbe raccontarne qualcuna, eppure mai mi sono fatto sopraffare da un entusiasmo eccessivo), durante le quali si ha la concreta sensazione di un annullamento del tempo, una confusione degli istanti che annulla la percezione del loro scorrere e del loro cadenzato succedersi. La percezione dell’eternità scaturirebbe dunque dalla sovrapposizione di due diverse dimensioni, l’una concreta, facente parte dell’esperienza contemplativa (estatica), la cui estensione temporale è necessariamente circoscritta e transeunte, l’altra concettuale e facente parte di una nozione intellettuale iscritta nella profondità dell’attitudine ed inclinazione innate ad immaginare e nella propensione e tensione a conoscere proprie di ciascuno di noi.
Parrebbe, questa mia, una spiegazione cervellotica ed eccessivamente razionale, ma, se ben meditata e letta senza preconcetti, forse potrebbe anche non apparire tale.
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Vecchio 11-06-2007, 08.54.33   #184
visechi
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Logos Spermatikos

Talvolta accade che abbandonare sentieri noti e più volte percorsi conduca il viaggiatore ad insinuarsi in aree o lande inesplorate del tutto inospitali. Ancor più facilmente ciò accade a chi confidi in pensieri innovativi e li assuma acriticamente, infatti, neppure il pensatore o il fruitore di pensieri altrui riesce agevolmente a sottrarsi a questa particolarissima ed ostile regola. Rilevo, infatti, che la rinuncia al sanscritto e al pensiero di matrice orientale, copiosamente intinto nel ribollente brodo della “forma mentis” occidentale, ha sospinto il caro amico Yam a varcare inconsapevolmente il margine del cratere che si dischiude davanti ai suoi incerti passi, precipitandolo così, anima e cuore, all’interno dell’abisso dell’antitesi concettuale.
Spiego meglio.
Far riferimento al “Logos spermatikos” lo allontana senza meno dalla dimostrazione cui vorrebbe condurre l’inebetito suo lettore. Per rendersene conto non è sufficiente una lettura superficiale e letterale dello scritto riportato con sì poco acume dall’amico, è necessario compiere un bel balzo interpretativo, facendosi assistere da una discreta volontà di procedere ad un’attenta analisi del testo. Tale analisi, se ci si accinge a compierla con serietà, non deve scordare di fare appello alla puntigliosa costanza caratteriale di ciascun analista e munirsi di una buona predisposizione ad andare fino in fondo, fino all’estremo limite concettuale contenuto nel testo analizzato, anche quello soggiacente che giustifica e sorregge il nucleo essenziale e significante del pensiero, quello più remoto, quello che in definitiva travalica l’esposizione fieristica di un detto parzialmente capito o del tutto incompreso.
Eppure il testo lascia ben trasparire qualcosa di molto profondo ed importante che travalica di gran lunga il semplicistico messaggio che l’amico Yam parrebbe volerci trasmettere. Questo qualcosa è la vera scaturigine di una polemica destinata a non chetarsi mai, che ha impegnato per secoli e secoli l’intera cultura del pianeta in una disputa affascinante e cruenta al tempo stesso, che non ha mai smesso d’impegnare le facoltà mentali e di persuasione di chi con essa ha dovuto fare i conti.
Il “Logos spermatokos” è la chiave di volta, la pietra angolare, l’architrave e il basamento su cui niente meno che la Chiesa di Roma fonda la pretesa di superiorità morale e dottrinale che da sempre informa il suo magistero, mutuando questa nozione, che a prima vista parrebbe astrusa ed eccessivamente razionale, proprio dal pensiero filosofico della Grecia classica.
Se si rinuncia all’entusiasmo obnubilante, si può cogliere nel testo l’emersione d’alcuni concetti che avrebbero dovuto far riflettere il nostro amico proponente, i quali, oltre a rappresentare gli elementi apicali del pensiero espresso dal Vescovo Basilio, sono la filigrana dell’intera concezione che il cristianesimo ha dell’uomo, e ciò in antitesi rispetto a quanto proposto in materia dalla spiritualità di derivazione orientale.
Il concetto non è dei più semplici, nondimeno proverò a renderlo comprensibile.
La locuzione <<a immagine e somiglianza>>, reperibile nel primo libro della Bibbia, ha indotto i Padri della Chiesa, istitutori della teologia morale, a costruire progressivamente e per sedimentazioni sovrappostesi la teoria – che per la Chiesa è una verità teologica inconfutabile - che all’atto della creazione il buon Dio abbia insufflato nella sua più bella e fulgida creatura – vero fastigio dell’intera creazione – un germoglio che, se ben coltivato, disporrebbe il suo agire e il suo pensiero a favore del bene, della verità trascendente, della luce divina, di Dio stesso, di modo che la specie umana, proprio in virtù di questa naturale attribuzione inscritta nella profondità dell’anima, disdegni il peccato e la separazione demonica (dall’etimo dyaballo, accusare, separare, contrastare). A questo particolare dono divino il pensiero cristiano attribuisce valenza preminentemente costitutiva del capitale naturale spirituale precipuo dell’uomo, postulando anche che faccia parte del patrimonio genetico-spirituale specifico (cioè di specie). L’uomo, sempre in virtù di questa sua qualità innata, attingerebbe le norme naturali, cioè il corpus morale universale che dovrebbe disporre il suo agire verso il bene cui conformarsi naturalmente, da una dimensione sovrasostanziale che travalica le sue disponibilità e determinazioni. La retta coscienza, sottostando al “consiglio divino”, ha il compito di riconoscere la sovraessenza morale della volontà divina. L’orma divina, il cui calco indelebile da portare a completa germinazione attraverso l’educazione del Magistero della Chiesa, è inciso nell’anima dell’uomo ab origine ed è la guida indispensabile per conseguire una libera ricongiunzione con Dio. Tanto Dio quanto il complesso delle norme morali universali sovraessenziali sono percepiti come dimensioni ulteriori rispetto all’uomo, cioè collocate al di fuori; si tratta, in definitiva, di una ulteriorità trascendente, viceversa, la propensione, o vocazione, o inclinazione, o predisposizione naturale a conformarsi alle norme morali universali appartiene all’anima: il consiglio divino è dunque patrimonio precipuo di ciascuno di noi. La coscienza individuale, in questa prospettiva totalmente aliena al pensiero orientale, non è la sede divina, così pure non è fondativa della norma, men che meno è istitutiva del retto agire, poiché attinge ad una dimensione che la travalica, che sta oltre, con buona pace del Sé Superiore ed amenità similari che attengono alla sfera della psicologia del profondo piuttosto che a quella della metafisica; il suo ruolo (della coscienza) è quello di presentire e coltivare con rettitudine (in ciò educata dalla Chiesa) il consiglio divino e connettersi con la norma sovrasostanziale e trascendente, in ciò si radica anche la necessità imprescindibile della preghiera… motivo per cui Santa Romana Chiesa, non potendo rinunciare alla sua pretesa superiorità morale derivata dalla volontà edificatrice di Cristo, volto disvelato di Dio e manifestazione storica della Sua superna volontà di salvezza, non può abdicare alla sua missione elettiva di esclusivo (o in forma edulcorata, privilegiato) custode, interprete e promulgatore del Logos divino, acclamandosi, di conseguenza, Mater e Magistra dell’umanità. Esiste una formula latina, ormai abbastanza desueta, che a grandi linee esprime il concetto che solo nell’ambito della Chiesa è possibile recuperare il filo che conduce alla salvezza, fuori da quest’ambito ciò è impossibile. Del tutto evidente quanto questa formula sia o sia stata d’ostacolo al dialogo ecumenico.
Il Logos spermatikos, che tanto ha colpito il nostro copista, presuppone che l’umanità avverta una precisa vocazione naturale all’amore, al bene e alla rettitudine, il cui canone non è patrimonio disponibile delle libere determinazioni della coscienza, la quale, in assenza di una giudiziosa guida ispirata (Ekklesiae – Assemblea o comunità dei fedeli) che faccia germogliare la ghianda tramutandola in quercia, se mal consigliata dal principe del mondo (perversione o peccato), dissiperebbe questo patrimonio già perfetto in sé, precludendo così la possibilità di redenzione.
A questo punto dovrebbe essere del tutto evidente che la nozione del Logos Spermatikos sia piuttosto lontana dalla concezione spirituale del Sol Levante, poco rileva averla proposta quando non può far parte del bagaglio spirituale di chi eleva a feticcio un non ben definito Sé Superiore… spero di essere stato esaustivo e chiaro nell’esposizione.
Questo è quanto afferma il pensiero cristiano, con qualche distinguo in alcune confessioni in ordine al ruolo di guida arbitrariamente assunto dalla Chiesa. Tutto ciò a prescindere dagli evidenti limiti e dalle contraddizioni insite in questa teologia – almeno per quel poco che riesco a vedere io -, e senza entrare nel merito del supposto e millantato “libero arbitrio” che disputerebbe al Logos l’anima dell’uomo.
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Vecchio 11-06-2007, 10.12.22   #185
maxim
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Originalmente inviato da nexus6

e Krishna risponde:
"Sì, stupido! Ero l'elefante, ma ero anche colui che lo conduceva e ti urlava di spostarsi!!"[/i]

... e dopo l'ascolto di ciò, Maxim divenne illuminato...



No, non ancora …e spero proprio di no perché significherebbe che i giorni precedenti l’illuminazione sarebbero stati l’inferno che ha costretto la mia mente a mentirsi più del solito per alleviare quel dolore.

…hai postato invece un’ottima metafora a rappresentazione di questa bellissima discussione. I Consapevoli devoti partecipanti si stanno facendo travolgere dal buon elefante, condotto con abile maestria da Guru Visechi, e non vogliono avvertire il pericolo di quanto quell’elefante sia in grado, a volte, di fare del male.



PS: Io non avrei avuto bisogno di qualcuno che mi suggerisse di spostarmi ...

Ultima modifica di maxim : 11-06-2007 alle ore 10.37.15.
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Vecchio 11-06-2007, 11.47.50   #186
Mirror
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maxim:
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No, non ancora …e spero proprio di no perché significherebbe che i giorni precedenti l’illuminazione sarebbero stati l’inferno che ha costretto la mia mente a mentirsi più del solito per alleviare quel dolore.

E questo chi te lo dice se non ancora la tua mente?

Citazione:
PS: Io non avrei avuto bisogno di qualcuno che mi suggerisse di spostarmi ...

Sarebbe sempre stato Krishna che, nella fattispecie Maxim, non avrebbe avuto bisogno di qualcuno che gli suggerisse di spostarsi...

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Vecchio 11-06-2007, 12.02.30   #187
maxim
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Originalmente inviato da Mirror
maxim:

E questo chi te lo dice se non ancora la tua mente?




E’ per quello che ho la certezza matematica di non essere un illuminato.
Avrò raggiunto l’illuminazione quando l’abilità del mentirsi avrà preso il sopravvento sulla capacità di resistere con i piedi per terra (dipende molto dagli eventi che incontrerò lungo il mio cammino). Nel momento in cui sarò costretto a dare una interpretazione diversa ai fenomeni che mi coinvolgono so benissimo che potrò fare affidamento sulla mia mente e chissà…potrei diventare illuminato pur’io!...non è un avvenimento che posso escludere dalla mia vita ma so per certo che sarebbe una tragedia!

Citazione:
Originalmente inviato da Mirror

Sarebbe sempre stato Krishna che, nella fattispecie Maxim, non avrebbe avuto bisogno di qualcuno che gli suggerisse di spostarsi...



Certo!...ad avvenuto evento possiamo dargli tutte le interpretazioni possibili.


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Vecchio 11-06-2007, 12.45.22   #188
Mirror
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maxim:
Citazione:
E’ per quello che ho la certezza matematica di non essere un illuminato.
Avrò raggiunto l’illuminazione quando l’abilità del mentirsi avrà preso il sopravvento sulla capacità di resistere con i piedi per terra (dipende molto dagli eventi che incontrerò lungo il mio cammino). Nel momento in cui sarò costretto a dare una interpretazione diversa ai fenomeni che mi coinvolgono so benissimo che potrò fare affidamento sulla mia mente e chissà…potrei diventare illuminato pur’io!...non è un avvenimento che posso escludere dalla mia vita ma so per certo che sarebbe una tragedia!

Come fai ad affermare ciò se non sei ancora illuminato?
Parli di una dimensione che non conosci come se tu sapessi... non ti sembra un controsenso?

Citazione:
Certo!...ad avvenuto evento possiamo dargli tutte le interpretazioni possibili.

Non è interpretazione... è il ciò che è, sempre, che corrisponde al vero.
E il Vero e il Tutto è quello che uso chiamare Dio.

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Vecchio 11-06-2007, 17.52.23   #189
Noor
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X Visechi

Ti sei fermato al secondo di occhio..
Non ti sei accorto che cio' che accade (e mi riferisco anche allo scritto di Panikkar) è in realta' al terzo occhio..pena:arenarsi nelle "disquisizioni"..
Noor is offline  
Vecchio 12-06-2007, 07.13.58   #190
gyta
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Dice il saggio:

Non fatevi convincere da mirabolanti racconti, né dalla tradizione, né dal sentito dire.
Non fatevi convincere dall'autorità dei testi religiosi, né dalla mera logica o dalle supposizioni,
né dal piacere della speculazione intellettuale, né dalla plausibilità, né dall'idea «questo è il mio maestro».
Invece, Kalama, dopo averle attentamente esaminate, accettate soltanto quelle cose che avete sperimentato e trovato giovevoli e lasciate perdere, invece, le cose che presentano caratteristiche insane.


(Anguttara Nikaya) *



Gyta

* da www.risveglio.net
gyta is offline  

 



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