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27-11-2005, 12.04.42 | #125 | |
like nonsoche in rain...
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Re: Che cos'è un ateo?
Citazione:
Si fa fatica, a volte, a seguire il suo pensiero, le sue conclusioni anche se sono estremamente logiche e coerenti nel complesso, con tutto il resto del suo pensiero; anche lui ne era consapevole poichè scrive nell'Anticristo: "Questo libro appartiene a pochissime persone." e più avanti "Il resto è soltanto l’umanità. Si deve essere superiori all’umanità. Si deve essere superiori all’umanità per forza, per altezza d’animo, per disprezzo… "; queste parole sono facilmente alterabili da chiunque, anche dai filosofi di professione. Ultima modifica di nexus6 : 27-11-2005 alle ore 12.15.51. |
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02-12-2005, 12.17.18 | #126 |
like nonsoche in rain...
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Per rianimare un pò questa sezione, vi propongo qualche domanda sull'argomento "credenti e razionalità", alcune delle quali già emerse nella presente discussione:
Domande: 1. Gli atei sono più razionali dei credenti? 2. Le opinioni dell'ateo, riguardanti la non esistenza di dio, possono costituire una credenza? 3. E' corretto credere che dove l'analisi della razionalità inizi a mostrare i suoi limiti, proprio lì si debbano infiltrare le teologie? 4. I credenti hanno il diritto di proporre la loro morale, fuori dall'ambito strettamente personale? 5. Persone, cresciute nello stesso ambiente sociale, come possono giungere a concezioni filosofiche così differenti? Ultima modifica di nexus6 : 02-12-2005 alle ore 12.18.49. |
02-12-2005, 12.56.02 | #127 | |
Perfettamente imperfetto
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Citazione:
1. Dipende...non è detto: a volte c'è irrazionalità anche nell'ateismo. 2. Certamente. 3. Si. Ma quei limiti vengono superati non dalle teologie, ma dalla ricerca interiore, dalla esperienza diretta, che si avvale anche della conoscenza metafisica sovra razionale e intuizione profonda. 4. Perchè no? Basta che sia una proposta, una indicazione e non una imposizione. 5. Perchè sono identificati con la loro mente concettuale, che non è altro che un ricettacolo di contenuti ed elaborazioni assimilate depositati nella memoria, diventata cultura e opinione...oggetto impermanente. Dimorando invece nella MENTE non concettuale, trascendente, queste differenze sono osservate, vissute e percepite da un altro e superiore punto di vista. |
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02-12-2005, 13.02.56 | #128 | |
like nonsoche in rain...
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Sugli altri punti mi riservo di rispondere in seguito; vorrei ora commentare brevemente questo: alla domanda "I credenti hanno il diritto di proporre la loro morale, fuori dall'ambito strettamente personale?" Mirror risponde:
Citazione:
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02-12-2005, 13.12.09 | #129 | |
Perfettamente imperfetto
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Citazione:
una mancanza di una Visione spirituale più Alta ed il loro attaccamento al potere. |
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02-12-2005, 16.30.15 | #130 |
like nonsoche in rain...
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PRIMA domanda.
La mia attuale risposta alla prima domanda “Gli atei sono più razionali dei credenti?”:
Sì, posso affermare che gli atei sono più razionali di coloro che credono nell’esistenza di una entità trascendente per diversi motivi, che coinvolgono anche le domande 3. e 4. da me proposte. Non esiste nessuna prova dell’esistenza di una tale entità trascendente; a questo punto i credenti attaccano gli atei sostenendo che non esistono neanche prove a sfavore, ma non sono gli atei che devono dimostrare qualcosa! I teologi, visto che propongono delle asserzioni ontologiche, si devono preoccupare di addurre prove condivisibili e ragionevoli a sostegno delle loro tesi; è importante che lo facciano, se vogliono che anche le loro imposizioni etiche, derivanti dall’esistenza di dio, siano condivise. Quali sono queste presunte prove? Miracoli, apparizioni (personali e di massa), lenzuoli sporchi di qualche secolo fa, per non parlare di argomentazioni che hanno la pretesa di avvicinarsi alla logica, ma che invece ne mostrano tutta la lontananza… Dovrei credere in dio sulla base della presunta apparizione della madonna ad una folla di bifolchi analfabeti? Dovrei credere in dio sulla base dell’esistenza di un lenzuolo che si è dimostrato scientificamente essere del rinascimento? Dovrei credere in uno o più esseri trascendenti sulla base di ciò che c’è scritto nella bibbia, nel corano o nei testi sacri di TUTTE le religioni del mondo, che ad una semplice analisi storico-psicologica si dimostrano avere un netto significato mitologico? Dovrei credere in dio sulla base delle deboli argomentazioni addotte dai cosiddetti teologi-scienziati, che pretendono che la scienza fornisca delle prove a sostegno delle loro fantasiose invenzioni, dimostrandone solo la povertà e la tristezza? Queste sono le evidenze a sostegno delle tesi teologiche? Dovrei credere in una QUALSIASI religione, solo perché dei personaggi di rilievo, dei guru, una moltitudine sterminata di illusi, mi invitano o mi incitano (più o meno forzatamente) a farlo? Dunque dovrei prostrarmi di fronte ad una statua, effigie, idolo qualsivoglia, pronunciando preghiere, orazioni, inni, sicuro che queste vengano ascoltate da qualcuno o qualcosa? Volete veramente che ripudi e umili la mia razionalità? No, non lo faccio, non lo potrò mai fare. Poi c’è l’oriente con tutto il suo affascinante misticismo, che però non si sottrae di certo a questo tipo di critiche riguardanti, diciamo, gli aspetti ontologici che stanno alla base delle varie credenze; perché dovrei considerare Buddha un illuminato? Me lo dite? Per quale arcano motivo dovrei seguire i suoi precetti? Li potrei pure accogliere, ma in modo esclusivamente personale ed intimo, senza pretendere che gli altri assumano le mie stesse idee. Mi è stato fatto notare, in questa discussione, che molti di coloro che seguono i cosiddetti guru orientali, sono perfettamente uguali ai credenti cristiani, pur essendo il messaggio orientale molto diverso da quello delle religioni monoteiste. Mi potete parlare di ricerca interiore, di intuizioni ed illuminazioni varie, di consapevolezze più o meno misteriose che neanche si sanno definire, ma la mia intenzione non è quella di criticare il singolo credo personale; mi voglio riferire all’atteggiamento tendente all’evangelizzazione proprio di tutte le religioni, anche quelle orientali; ogni credente, nessuno escluso, pretende che il suo dio, che sia una entità trascendente, un guru, un illuminato, possieda e divulghi la verità a coloro che credono in qualcosa di diverso, con tutto il fardello di valori e imposizioni derivanti (differentemente assurde e insensate). continua... |