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Vecchio 26-11-2005, 17.03.44   #121
nexus6
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Posso continuare?

5. Nell'agire quotidiano il vero credente praticante si preoccupa delle conseguenze delle proprie azioni, confrontandole con le superstizioni imposte dai teologi, per ottenere un "premio" altro, divino, trascendente e per scampare il "peccato"; non pensa che le proprie azioni siano giuste o sbagliate in sè, più o meno ragionevoli per il bene comune dell'uomo... no, si preoccupa solo di aderire il più possibile alle imposizioni divine, malamente filtrate dai preti. Bisognerebbe invocare una morale di tipo profondamente laico, non trova?

6. La religione cristiana ha fatto sempre leva sul peccato, per controllare le società: promettendo una vita eterna nell'al di là, si sono fatte patire e si fanno patire e si giustificano le sofferenze più inutili nell'al di qua... "gli ultimi saranno i primi!"...
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Vecchio 26-11-2005, 19.20.45   #122
Franco
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Che cos'è un ateo?

Sigmor nexus6,

a partire dai primi giorni di dicembre avrò pocchissime possibilità di usare un personal computer per la navigazione nel web per cui desidero ringraziare Lei, il Signor miky 1987 e il Signor alessiob per aver stimolato la mia capacità riflessiva. Sarò impegnato infatti con un lavoro, una professione che impegnandomi molto sul piano fisico - bella questa distinzione non è vero? - non mi permetterà che una partecipazione forse solo sporadica a questo forum.

Desidero soddisfare la sua curiosità relativamente al carattere professionale o meno del mio interesse per questioni come quelle che stiamo affrontando da qualche giorno. Questioni del genere avrebbero potuto essere per me qualcosa di 'professionale' ma non lo sono state per ragioni che non intendo esporre in questa sede. Potrebbero un giorno diventarle così come potrebbero non diventarle.

Peraltro tengo a sottolineare il fatto che non è la professionalità quella da cui necessariamente scaturisca la capacità di discutere ad un certo livello determinate tematiche. Non è una cattedra in filosofia a fare un filosofo, così come non è il riconoscimento da parte di un' equipe di scienziati a decidere in modo assoluto chi sia uno scienziato e chi no.


Per la nostra ragione speculativa:

Riferimento:

1." Ho compreso la sua posizione sull’agnosticismo; ma con preciso riferimento all’esistenza di dio, Lei si dichiarerebbe agnostico?"

Per rispondere a questa domanda dovrei ri-porre la domanda sul significato della parola 'dio' e su quello della parola 'esistenza'. Ho cominciato a farlo nell'ambito della discussione iniziata da miky 1987 ma non ho avuto la possibilità di continuare.

Cosa s'intende con la parola e il concetto di dio? Cosa s'intende con la parola e il concetto di esistenza? S'intende con esistenza la realtà, oppure una forma dell'essere in generale? Cosa si può intendere con la parola esistenza come predicato della parola dio? Come sarebbe possibile una mia dichiarazione di agnosticismo o non-agnosticismo con preciso riferimento all'esistenza di dio?


Riferimento:

2. "Per chiarire i problemi concernenti la Verità, mi potrebbe rispondere in modo succinto alla seguente domanda: coloro che si dichiarano atei sostengono la Verità?"

Temo di non poter rispondere in modo succinto ad una domanda così complessa!


Riferimento:

3. " Il discorso di Kung è sottoponibile a diverse critiche, già in parte sviluppate da Lei; se vuole, posso aggiungere in seguito qualche critica più prettamente scientifica sull’argomento."

Mi farebbe piacere!

Riferimento:

4. Non ho compreso appieno questo suo discorso:
“ Signor Nexus6, quando ho posto il problema della realtà, ancora una volta l'ho fatto per far luce su problemi del genere! Quando i teo-logi alla Küng pongono il problema del loro dio, lo concepiscono sempre come un ente trascendente un ipotetico tutto della realtà spazio-temporale, come un ente trascendente la realtà che si dà alla facoltà sensoriale e che si potenzia con gli strumenti della tecnica. Quando il Küng parla della questione cosmologica che si fà teologica si riferisce a qualcosa come un tutto della realtà nel senso sopra chiarito!”

Ovvero? Secondo me è sbagliato sostenere che dio è un ente trascendente la realtà, che comunque si dà alla facoltà sensoriale; quando io parlo di trascendente, intendo un ente che precisamente non si dà alla facoltà sensoriale.

Farò qualche tentativo per non farmi almeno fraintendere.

temo, dico temo, che nell'impostazione di qust'ultima questione Lei ponga un idea infondata. Lei afferma che " è sbagliato sostenere che dio è un ente trascendente la realtà, che comunque si dà alla facoltà sensoriale", e che un ente trascendente " è un ente che precisamente non si dà alla facoltà sensoriale".

E' proprio questa una delle questioni che maggiormente mi preme di comprendere e precisare. la mia impostazione del prolema è sempre ancorata alla posizione teista. Se non si tiene fermo tale nesso si rischia di fraintendermi. Il dio alla maniera in cui è concepito ad esempio da Hans Küng è un dio che supererebbe, trascenderebbe il tutto della realtà, dell'essere spazio- temporale (della materia-energia) che comunque è anche oggetto della facoltà sensoriale di quest'ultimo. La realtà spazio-temporale è la stessa realtà che qui sul pianeta terra è oggetto della facoltà sensoriale dell'homo sapiens è lì chi sa dove, ai suoi confini -quelli della facoltà fantasticante del nostro teologo!- sarebbe trascesa, limitata, de-limitata, confinata dall'essenza divina.

Affermare che si possa parlare di dio come di ciò che precisamente non si dà alla facoltà sensoriale è un azzardo.
Se non s'intende porre - alla Cartesio - il problema della possibilità del carattere onirico della realtà - un problema per sonnambuli? un problema per persone che soffrono d'insonnia così come Cartesio soffriva d'insonnia?-, si deve ammettere l'affermazione che non sia reale solo ciò che si dà al senso, alla facoltà sensoriale umana. Il senso, la facoltà sensoriale, percettiva, quella che ad esempio nel momento in cui viene riconosciuta da una collettività, dà forma al sapere fondato sulla verificabilità, non ha per oggetto qualcosa come un tutto della realtà, qualcosa come il tutto dell'ente reale; si dà sempre una realtà trascendente. Che questa realtà trascendente sia finita o in-finita, a mio parere, non è possibile stabilirlo. Kant nelle sua discussione delle famose antinomie della ragion pura speculativa, rimane a mio avviso, nella sostanza, insuperabile.



Per la ragione pratica:

Desidero affermare di aver notato una certa ritrosia - posso sbagliare- nella discussione del problema etico.
Ho dovuto riferirmi a Russell e Nietzsche per riuscire a farle porre ciò che in primo grado differienzia e allontana il credente in senso ebraico-cristiano da colui che gli si oppone: il problema del corpo! Ho usato qui solo un punto esclamativo.

Il problema del corpo, della sessualità!


Da "Der Antichrist", paragrafo15, di Friedrich Wilhelm Nietzsche:" Wer allein hat Gruende, sich wegzuluegen aus der Wirklichkeit? Wer an ihr leidet. Aber an der Wirklichkeit leiden heisst eine verungluekte Wirklichkeit zu sein..." Traduzione:
"Chi solo ha ragioni per allontanarsi mendacemente dalla realtà? Chi soffre di essa. Ma soffrire della realtà significa essere una realtà infelice..."


Chi solo ha ragioni per affermare la superiorità di una prusunta anima esistente come qualcosa di superiore al corpo? Chi soffre del proprio corpo. Ma soffrire del proprio corpo significa essere un corpo malfatto.



Franco Pepe

Ultima modifica di Franco : 26-11-2005 alle ore 19.25.29.
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Vecchio 26-11-2005, 21.43.45   #123
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C'era bisogno di 13 pagine di messaggi per citare Nietzsche?

Comunque alla fine ci sono arrivato anch'io!


Ultima modifica di nexus6 : 26-11-2005 alle ore 21.45.37.
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Vecchio 26-11-2005, 22.23.08   #124
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Messaggio originale inviato da Franco
Sarò impegnato infatti con un lavoro, una professione che impegnandomi molto sul piano fisico - bella questa distinzione non è vero? - non mi permetterà che una partecipazione forse solo sporadica a questo forum.
Anch'io sarò impegnato con un lavoro fisico! "Fisico" può avere diversi significati... il mio sarà un impegno intellettuale "fisico"...

Ho compreso il discorso sulla trascendenza ed ha ragione sul fatto che definire trascendenza, come ciò che non si dà alla nostra facoltà sensoriale è, diciamo, "pericoloso", ma sinceramente l'ho sempre intesa in tal modo (la trascendenza)...

Ho compreso, adesso ho veramente compreso, grazie della pazienza: bisogna ben conoscere cosa pensano i teologi per poter, poi, effettuare una qualunque critica sul loro pensiero.

Beh... adesso ho capito il teologo-cosmologo Kung! Da qualche parte, in qualche misterioso luogo vi deve essere un contatto, deve essere possibile un accesso al "trascendente"... ok ok, grazie.

Qualche commento a quel passo:

"Hans Küng, Credo, Rizzoli, Milano, 1994, pp. 25-26. : "Invece di irritarsi per il fatto di non poter spiegare il momento stesso della creazione (cioè il primo biliardesimo di secondo), i cosmologi farebbero meglio a porsi in modo pienamente razionale la domanda: che cosa c'era "prima" del big bang? Più esattamente , quale fu la condizione di possibilità del big bang- di energia e materia, di spazio e tempo? Qui la questione cosmologica diventa certamente teologica, oltre i limiti della ragion pura, e anche per il cosmologo essa diventa la grande questione della fiducia."

Cosa c'era prima del Big Bang, dunque? In divulgazione si sente spesso questa risposta: "sarebbe come chiedere ad un uomo al polo nord cosa c'è più a nord..."; comunque il signor teologo sicuramente non sa che nella scienza le teorie sono solo teorie e non articoli di fede, c'è fiducia, ma non certo credenza, come ha detto Lei.
Da che cosa sarebbe stato provocato questo big bang? Nessuno lo sa... da una fluttuazione del nulla? Dal caso? Da altro?
Poi viene chiesta quale fu la condizione di possibilità del big bang, di energia, materia, spazio, tempo? Qui la questione cosmologica non diventa affatto teologica, ma rimane cosmologica... non vedo il perchè del necessario cambiamento! La cosmologia è arrivata a proporre teorie che spiegano le primissime frazioni di secondo dell'universo (ma vi sono ancora enormi problemi aperti!) e perchè non potrebbe spingersi oltre? Il salto verso la teologia è dunque infondato.
Il Big Bang non implica necessariamente un'origine... questo potrebbe essere uno degli infiniti universi nati e parimenti il presente universo potrebbe collassare su stesso... per poi rinascere di nuovo con un nuovo big bang...; questa idea mi ha sempre affascinato molto...

Dunque cosa c'era prima? Questa domanda non ha senso: un "prima" non c'era, semplicemente perchè non vi era spazio-tempo!
Sono francamente penosi questi discorsi, da parte dei teologi: brancolano nel buio e cercano di portare nel buio tutti quanti...

Ultima modifica di nexus6 : 26-11-2005 alle ore 22.30.57.
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Vecchio 27-11-2005, 12.04.42   #125
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Re: Che cos'è un ateo?

Citazione:
Messaggio originale inviato da Franco
Da "Der Antichrist", paragrafo15, di Friedrich Wilhelm Nietzsche:" Wer allein hat Gruende, sich wegzuluegen aus der Wirklichkeit? Wer an ihr leidet. Aber an der Wirklichkeit leiden heisst eine verungluekte Wirklichkeit zu sein..." Traduzione:
"Chi solo ha ragioni per allontanarsi mendacemente dalla realtà? Chi soffre di essa. Ma soffrire della realtà significa essere una realtà infelice..."


Chi solo ha ragioni per affermare la superiorità di una prusunta anima esistente come qualcosa di superiore al corpo? Chi soffre del proprio corpo. Ma soffrire del proprio corpo significa essere un corpo malfatto.
Certo Nietzsche è stato uno dei più grandi atei della storia; la sua forza, il suo slancio vitale è stato, però, molto spesso manipolato e travisato. E' d'accordo?

Si fa fatica, a volte, a seguire il suo pensiero, le sue conclusioni anche se sono estremamente logiche e coerenti nel complesso, con tutto il resto del suo pensiero; anche lui ne era consapevole poichè scrive nell'Anticristo: "Questo libro appartiene a pochissime persone." e più avanti "Il resto è soltanto l’umanità. Si deve essere superiori all’umanità. Si deve essere superiori all’umanità per forza, per altezza d’animo, per disprezzo… "; queste parole sono facilmente alterabili da chiunque, anche dai filosofi di professione.

Ultima modifica di nexus6 : 27-11-2005 alle ore 12.15.51.
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Vecchio 02-12-2005, 12.17.18   #126
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Per rianimare un pò questa sezione, vi propongo qualche domanda sull'argomento "credenti e razionalità", alcune delle quali già emerse nella presente discussione:

Domande:

1. Gli atei sono più razionali dei credenti?

2. Le opinioni dell'ateo, riguardanti la non esistenza di dio, possono costituire una credenza?

3. E' corretto credere che dove l'analisi della razionalità inizi a mostrare i suoi limiti, proprio lì si debbano infiltrare le teologie?

4. I credenti hanno il diritto di proporre la loro morale, fuori dall'ambito strettamente personale?

5. Persone, cresciute nello stesso ambiente sociale, come possono giungere a concezioni filosofiche così differenti?

Ultima modifica di nexus6 : 02-12-2005 alle ore 12.18.49.
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Vecchio 02-12-2005, 12.56.02   #127
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Messaggio originale inviato da nexus6
Per rianimare un pò questa sezione, vi propongo qualche domanda sull'argomento "credenti e razionalità", alcune delle quali già emerse nella presente discussione:

Domande:

1. Gli atei sono più razionali dei credenti?

2. Le opinioni dell'ateo, riguardanti la non esistenza di dio, possono costituire una credenza?

3. E' corretto credere che dove l'analisi della razionalità inizi a mostrare i suoi limiti, proprio lì si debbano infiltrare le teologie?

4. I credenti hanno il diritto di proporre la loro morale, fuori dall'ambito strettamente personale?

5. Persone, cresciute nello stesso ambiente sociale, come possono giungere a concezioni filosofiche così differenti?

1. Dipende...non è detto: a volte c'è irrazionalità anche nell'ateismo.

2. Certamente.

3. Si. Ma quei limiti vengono superati non dalle teologie, ma dalla ricerca interiore, dalla esperienza diretta, che si avvale anche della conoscenza metafisica sovra razionale e intuizione profonda.

4. Perchè no? Basta che sia una proposta, una indicazione e non una imposizione.

5. Perchè sono identificati con la loro mente concettuale, che non è altro che un ricettacolo di contenuti ed elaborazioni assimilate
depositati nella memoria, diventata cultura e opinione...oggetto
impermanente.
Dimorando invece nella MENTE non concettuale, trascendente, queste differenze sono osservate, vissute e percepite da un altro e superiore punto di vista.

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Vecchio 02-12-2005, 13.02.56   #128
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Sugli altri punti mi riservo di rispondere in seguito; vorrei ora commentare brevemente questo: alla domanda "I credenti hanno il diritto di proporre la loro morale, fuori dall'ambito strettamente personale?" Mirror risponde:
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Perchè no? Basta che sia una proposta, una indicazione e non una imposizione.
Nella storia dell'uomo ti sembra che i teologi (in particolar modo delle religioni monoteiste) abbiano "semplicemente" proposto o indicato la loro morale? Non l'hanno piuttosto imposta con la forza e la violenza?
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Vecchio 02-12-2005, 13.12.09   #129
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Nella storia dell'uomo ti sembra che i teologi (in particolar modo delle religioni monoteiste) abbiano "semplicemente" proposto o indicato la loro morale? Non l'hanno piuttosto imposta con la forza e la violenza?
Purtroppo molto spesso lo hanno fatto e lo stanno facendo, dimostrando la loro non saggezza,
una mancanza di una Visione spirituale più Alta ed il loro attaccamento al potere.
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Vecchio 02-12-2005, 16.30.15   #130
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PRIMA domanda.

La mia attuale risposta alla prima domanda “Gli atei sono più razionali dei credenti?”:

Sì, posso affermare che gli atei sono più razionali di coloro che credono nell’esistenza di una entità trascendente per diversi motivi, che coinvolgono anche le domande 3. e 4. da me proposte.

Non esiste nessuna prova dell’esistenza di una tale entità trascendente; a questo punto i credenti attaccano gli atei sostenendo che non esistono neanche prove a sfavore, ma non sono gli atei che devono dimostrare qualcosa!

I teologi, visto che propongono delle asserzioni ontologiche, si devono preoccupare di addurre prove condivisibili e ragionevoli a sostegno delle loro tesi; è importante che lo facciano, se vogliono che anche le loro imposizioni etiche, derivanti dall’esistenza di dio, siano condivise.

Quali sono queste presunte prove? Miracoli, apparizioni (personali e di massa), lenzuoli sporchi di qualche secolo fa, per non parlare di argomentazioni che hanno la pretesa di avvicinarsi alla logica, ma che invece ne mostrano tutta la lontananza…

Dovrei credere in dio sulla base della presunta apparizione della madonna ad una folla di bifolchi analfabeti?
Dovrei credere in dio sulla base dell’esistenza di un lenzuolo che si è dimostrato scientificamente essere del rinascimento?

Dovrei credere in uno o più esseri trascendenti sulla base di ciò che c’è scritto nella bibbia, nel corano o nei testi sacri di TUTTE le religioni del mondo, che ad una semplice analisi storico-psicologica si dimostrano avere un netto significato mitologico?

Dovrei credere in dio sulla base delle deboli argomentazioni addotte dai cosiddetti teologi-scienziati, che pretendono che la scienza fornisca delle prove a sostegno delle loro fantasiose invenzioni, dimostrandone solo la povertà e la tristezza?

Queste sono le evidenze a sostegno delle tesi teologiche?

Dovrei credere in una QUALSIASI religione, solo perché dei personaggi di rilievo, dei guru, una moltitudine sterminata di illusi, mi invitano o mi incitano (più o meno forzatamente) a farlo?
Dunque dovrei prostrarmi di fronte ad una statua, effigie, idolo qualsivoglia, pronunciando preghiere, orazioni, inni, sicuro che queste vengano ascoltate da qualcuno o qualcosa?


Volete veramente che ripudi e umili la mia razionalità? No, non lo faccio, non lo potrò mai fare.

Poi c’è l’oriente con tutto il suo affascinante misticismo, che però non si sottrae di certo a questo tipo di critiche riguardanti, diciamo, gli aspetti ontologici che stanno alla base delle varie credenze; perché dovrei considerare Buddha un illuminato? Me lo dite? Per quale arcano motivo dovrei seguire i suoi precetti?
Li potrei pure accogliere, ma in modo esclusivamente personale ed intimo, senza pretendere che gli altri assumano le mie stesse idee.
Mi è stato fatto notare, in questa discussione, che molti di coloro che seguono i cosiddetti guru orientali, sono perfettamente uguali ai credenti cristiani, pur essendo il messaggio orientale molto diverso da quello delle religioni monoteiste.

Mi potete parlare di ricerca interiore, di intuizioni ed illuminazioni varie, di consapevolezze più o meno misteriose che neanche si sanno definire, ma la mia intenzione non è quella di criticare il singolo credo personale; mi voglio riferire all’atteggiamento tendente all’evangelizzazione proprio di tutte le religioni, anche quelle orientali; ogni credente, nessuno escluso, pretende che il suo dio, che sia una entità trascendente, un guru, un illuminato, possieda e divulghi la verità a coloro che credono in qualcosa di diverso, con tutto il fardello di valori e imposizioni derivanti (differentemente assurde e insensate).

continua...
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