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14-09-2004, 00.49.41 | #34 |
al di là della Porta
Data registrazione: 15-02-2004
Messaggi: 0
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altri paradossi sull'infinito
dal sito http://www2.polito.it/didattica/poly...asso/Cap2.html
Vediamo, intanto, altri due casi matematici, connessi tra loro, in cui l’infinito ebbe la sua parte: la rettificazione della circonferenza di un cerchio e la determinazione del valore di p greco , cioè del rapporto tra circonferenza e diametro. La misura della lunghezza della circonferenza appassionò molti studiosi antichi e tra questi ci fu Archimede di Siracusa, vissuto nel III sec. a.C. Archimede pensò di considerare innanzitutto un cerchio e di circoscrivere ed inscrivere ad esso poligoni regolari dello stesso numero di lati ( metodo di esaustione ). Dopodiché, ripeté più volte lo stesso procedimento, aumentando ogni volta il numero dei lati dei poligoni. Così facendo, ad ogni passo aveva dei poligoni che tendevano a coincidere sempre di più al cerchio. Facendo poi ogni volta la media tra i perimetri del poligono iscritto e di quello circoscritto, si approssimava la lunghezza della circonferenza: più si aumentava il numero di lati, più ci si avvicinava alla misura reale della circonferenza. Dividendo poi la circonferenza approssimata con la diagonale conosciuta ci si avvicinava sempre di più al valore di p greco . A questo punto nasceva un quesito: era possibile che alla fine di questo procedimento algoritmico si arrivasse ad un poligono con sufficienti lati tali da poter essere considerati archi infinitesimali della circonferenza stessa? Il filosofo Antifonte sosteneva di sì, considerava perciò la circonferenza un poligono con un numero infinito di lati. Aristotele contraddisse le sue affermazioni dal momento che Antifonte vedeva la circonferenza come un infinito attuale, non potenziale. Invece, Aristotele affermò che l’insieme dei poligoni iscritti ( e circoscritti ) nella circonferenza è un insieme illimitato nel senso che per ogni poligono, con un numero anche elevato di lati, ne esisterà un altro con un numero di lati ancora più alto, che non potrà comunque coincidere con a circonferenza, perché ne esisterà ancora un altro maggiore. Si ripropone di nuovo, dunque, il concetto di infinito come processo di eccetterazione e quindi come infinito potenziale. Per quanto riguarda il p greco si ebbe a che fare con un numero del genere di radice di 2, un numero irrazionale, i cui decimali proseguono nell’infinitamente piccolo. Nicola |
15-09-2004, 09.50.07 | #35 |
Ospite
Data registrazione: 13-09-2004
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Se la filosofia viene nascosta
Carissimi tutti,
Nel mio messaggio precedente ho voluto semplicemente sottolineare come l'infinito matematico sia solo il nome di un numero che supponiamo esistente e che permette di procedere nel calcolo in certi momenti critici senza introdurre contraddizioni. Quando si passa alla matematica ed alla teoria degli insiemi, se si accettano insieme infiniti, bisogna fare delle scelte logiche tutt'altro che facili, con conseguenze talora strambe. Ma si sta sempre parlando di nomi di enti ideali del mondo assolutamente astratto dove abitano i numeri. Il problema non influisce sul nostro quotidiano reale, eccetto forse quello degli studenti di analisi matematica. Diverso è l'infinito fisico. Anche qui però bisogna essere chiari. E qui bisogna parlare di sociologia della scienza e non di scienza. La teoria del Big Bang è solo una teoria e non un fatto. Allo stato attuale è solo una "teoria possibile": esistono evidenze che non concordano con essa. Il problema è che "forse il Big Bang" non c'è mai stato" è una informazione che non interessa il grande pubblico e difficile da raccontare con metafore e termini affascinanti perchè è necessario che l'ipotetico lettore conosca i dettagli di tale teoria. L'infinito, il big bang e compagnia cantante sono stati l'orgomento di pessimi libri divulgativi negli ultimi tempi, zeppi di incongruenze logiche e, quel che è più importante per questo forum, organizzati in modo da rendere invisibili le scelte fondamentali fatte implicitamente od esplicitamente dagli autori delle teorie. Insomma la filosofia è stata esclusa nascondendone, coscientemente o no, le premesse di fondo delle teorie. L'infinito fisico è originariamente un problema filosofico e consiste semplicemente nella immersione delle conoscenze in un mondo possibile limitato o no. La fisica non aggiunge nulla: siccome il tempo è e rimane un parametro in qualsiasi modello fisico, la sua limitatezza o no è una pura opzione concettuale. L'inizio del tempo della teoria del big bang è la conseguenza di una proprietà MATEMATICA della teoria dei campi, oberata di una serie di scelte logiche che non hanno giustificazioni sperimentali (una singolarità per chi ne sa di matematica). Insomma non abbiamo fatto un passo in avanti dal punto di vista concettuale. Ma vorrei cogliere qui l'occasione di ritornare sul problema di divulgazione (non tutta, ma buona parte) mal fatta, che si presenta come un coacervo di auto-pubblicità, retorica sbagiata e accurato oscuramento delle premesse e dei contenuti filosofici. Io credo che questo sia un problema sostanziale per chi oggi vuol fare filosofia. Saluti Carlo |
15-09-2004, 13.50.53 | #36 |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-09-2003
Messaggi: 486
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Concordo nella sostanza
anche se aggiungerei due rilievi:
- la teoria del big bang pare sufficientemente accreditata (anche se diversa è la questione relativa agli eventi, o circostanze che lo precedono); - il tempo non è un semplice parametro in fisica quantistica (pensa alla seconda formulazione del p. di Heisenberg) e, certamente, non lo è neppure per quanto attiene alla fenomenologia della coscienza. In effetti, un universo fisicamente infinito sarebbe un universo filosoficamente "reale", in senso forte. Intendo dire che sarebbe esclusa la sussistenza di una composizione di indefiniti mondi possibili, rendendo estremamente problematica la descrizione in termini di sovrapposizioni di stati delle funzioni d'onda di Schroedinger. Torneremmo, insomma, alla necessità di ricercare "variabili nascoste", mentre il teorema di Bell ne esclude per principio la sussistenza. Naturalmente, la riflessione ha validità solo all'interno di una struttura dimensionale circoscritta (sostanzialmente tetradimensionale). Ma, poichè è questo l'ambito nel quale ogni teoria risulta "sperimentabile", il cerchio si chiude, confermando il ragionamento. |
16-09-2004, 09.23.31 | #37 |
Ospite
Data registrazione: 13-09-2004
Messaggi: 24
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Carissimo amico,
come ogni specialista, sono ignorante quasi in tutto. Io non mi lamento del big bang in sè, o della teoria delle stringhe. Io mi lamento del fatto che NESSUNO abbia il pudore di affermare che esiste un teorema matematico, provato alcuni anni fà,da un israeliano, che asserisce che da 4 dimensioni in su, le singolarità come generatori di campo non sono più necessarie. (N.B. anche i laureandi in Fisica sulla teoria delle stringhe non lo conoscono). Naturalmente questo non implica che lateoria delle stringhe o del big bang siano false, ma piuttosto che vengono sottratti alla riflessione filosofica i punti che le competono. Un mondo a 12 dimensioni è una cosa seria gia come concetto filosofico-geometrico se uno lo sa raccontare; le ipotesi implicite che ci si trascinano dietro scegliendo 12 piuttosto che 13 è gigantesco e per di più sconosciuto. NON SI DEVONO NASCONDERE! Sul tempo il tuo riferimento è corretto (ma la Q.M. non l'ho mai amata, stile Einstein, ma con pochissima autorità. Io la vedo come Jeynes: della ignoranza si può fare qualsiasi cosa tranne elevarla a legge fisica). Io sto ancora chiedendomi quale sia la differenza sostanziale-logico-concettuale fra immergere un fenomeno in uno spazio a 23 dimensione, ed introdurre delle variabili nascoste. Ammetterai che la cosa merita una almeno una riflessione. Chi ha sollevato il problema dell'infinito, ha avuto una buona idea perchè recentemente sono state scritte cose terribili dal punto di vista concettuale, anche (ma non solo) per la incompetenza degli autori a cogliere i punti concettuali filosofici per insistere invece sul fascino di interpretazioni bislacche, rafazzonate e carosellistiche (per chi ricorda il bellissimo "Carosello"). Sul tempo psicologico non ti seguo, non perchè abbia crtiche da sollevare, ma perchè non l'ho mai approfondito e sono francamente ignorante (fra le altre cose). Infine una domanda: perchè non aprire un forum sulla divulgazione? Oppure aprire un forum su come aprire un forum sulla divulgazione? Oppure discuterne un po'? Cordialissimi saluti |
16-09-2004, 13.18.10 | #38 |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-09-2003
Messaggi: 486
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Caro Ermete
complimenti e grazie di aver portato la discussione su di un piano così elevato. Credo che stiamo trattando la questione ad un livello assolutamente rigoroso.
Dunque: la tua osservazione (variabili nascoste e multidimensionalità) mi ha sorpreso e, per un attimo, ho pensato che tu avessi ragione. In effetti temo che la tua considerazione sia assolutamente valida nell'ambito classico, ma che ceda le armi in meccanica quantistica. Le "variabili" fisiche sono, in ultima analisi, null'altro che le "determinazioni" dell'ente in filosofia naturale. Ora, qualsiasi determinazione di un oggetto, la quale risulti indifferente all'ambito dimensionale entro cui svolgiamo l'osservazione, avrebbe il significato specifico di "variabile nascosta". Rispetto alle determinazioni di posizione, ad esempio, un punto che si muovesse lungo l'asse delle ascisse (astraggo geometricamente, seguendo Cartesio) sarebbe indifferente a qualsiasi determinazione della sua posizione sull'asse delle ordinate ed anche sull'asse di profondità. Se noi svolgessimo osservazioni di quel punto in uno spazio bidimensionale che esclude l'asse x, noi percepiremmo quel punto come fisso, come parte dello sfondo, ossia del vuoto. Conseguentemente, se esso, ora, modificasse la forma della sua traiettoria, "apparendoci" di fatto sull'orizzonte osservativo, tutti i suoi parametri inerziali ci apparebbero in qualche misura "indeterminati", perchè non potremmo osservare le componenti del moto determinate dal suo movimento lungo l'asse x. L'esempio è molto banalizzato e me ne scuso, ma credo che renda l'idea. Il fatto è che, però, questo tipo di "indeterminazione" sarebbe di carattere molto diverso dall'indeterminazione quantistica. Per un motivo matematicamente semplice: ossia il fatto che, nel primo caso, l'indeterminazione non potrebbe essere computata come rapporto relativo ad un fattore costante, ossia la costante di Planck. In quel primo caso, l'indeterminazione apparirebbe, in realtà, molto simile, se non identica, a quella che osserviamo nei fenomeni c.d. caotici. Rapportarsi ad una costante comporta, infatti, di poter determinare con puntuale accuratezza l'indeterminazione dell'evento. L'indeterminazione caotica, invece, è a sua volta indeterminata. Rispetto all'idea di un forum sulla divulgazione, trovo il suggerimento interessante. Apriamolo! Ricambio i cordialissimi saluti. |
16-09-2004, 13.35.02 | #39 | ||
Ivo Nardi
Data registrazione: 10-01-2002
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Grazie a tutti. |
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16-09-2004, 16.20.29 | #40 |
Ospite abituale
Data registrazione: 20-08-2004
Messaggi: 44
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Rieccomi... beh, devo proprio rinnovare i complimenti a tutti voi, davvero ottima la qualità degli interventi!.
La discussione negli ultimi messaggi ha raggiunto un livello che va al di là delle mie attuali conoscenze, ma leggo sempre con molto interesse!!. Alla fine credo sia giusto così, direi che è quasi impossibile mantenere "semplice" o facile questo argomento e soprattutto il suo sviluppo/approfondimento/ampliamento !. Grazie ancora, un saluto |