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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 15-11-2007, 17.20.36   #151
speculatore a 360 g.
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Data registrazione: 19-04-2007
Messaggi: 13
Riferimento: Il concetto di infinito

Ciao a tutti

Mi aspettavo qualche spunto interessante e intrigante sul proseguo dell’ipotesi infinito.

Ovviamente, idee, intuizioni, ipotesi, senza alcun sigillo di certezza ma “solo” possibilmente di accettabile plausibilità.

Tipo:

a)la sfida lanciata da Hacking sul “perché dell’universo?”.

b) come potrebbe essere conformato tralasciando le analisi, matematiche, fisiche, religiose o mistiche?

c) come si potrebbe configurare il suo processo dinamico senza fine?

d) se vi togliessi alcuni capisaldi dall’analisi, tipo, amore, energia, materia, luce o altro, cosa ci mettereste al loro posto?

f) che dite, senza riferimenti a Nice, Bergson e altri, di un infinito sospinto da una forma di volontà creativa?

Altre più avanti, analizziamo queste per ora.

Ciao a tutti, siete in gamba…
speculatore a 360 g. is offline  
Vecchio 15-11-2007, 22.05.59   #152
aile
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Riferimento: Il concetto di infinito

Forse il mio concetto di infinito sarà banale e primitivo,
ma cerco di dire soltanto come me lo immagino,senza guardare questa entità da un punto di vista filosofico,senza voler definire nè trovare una definizione o un qualcosa che possa essere condivisibile.

In maniera molto elementare.

Parto da un esempio: immaginarsi un piano infinito.
Come definizione,possiamo accettarla tutti:due dimensioni,che si intersecano e si estendono in tutto lo spazio.
Ma volendocela immaginare...ce la immaginiamo davvero?
L'esempio si può estendere,con qualche sforzo,a una sfera,o comunque a un volume,ed ecco che si delinea l'idea dell'infinito tridimensionale.
Ma..ce l'immaginiamo davvero?
Io penso che sia impossibile,per il semplice fatto che immaginiamo (visualizziamo)
lo spazio,quando riusciamo ad immaginare di essere "lì".
Immaginare noi stessi alti un nanometro,immaginare una stanza con un volume di un micron..
certo,non è immediato,ma con un po' di proporzioni e di immaginazione,uno ce la fa.
Ma immaginarsi l'infinito...
mi verrebbe da dire:non ho tempo!Non ho abbastanza tempo per immaginarmi di raggiungere quel momento in cui nella mia mente si proietta un'immagine.

Non appartiene al mio genere di pensiero.Non è rappresentabile,e questo è ovvio,ma non è
neanche pensabile!
Lo usiamo come concetto,ma non possiamo figurarci un'entità di un volume senza dimensioni,non si hanno riferimenti e non si ha il famoso "punto fermo".

Per me quindi infinito è un concetto che si è sempre affiancato a "indefinito",cioè,semplicement e,sconosciuto.

Quindi grosso modo,per me,la frase l'universo è infinito
significa:
l'universo ha contorni che non possiamo definire.

Nel concetto di infinito io vedo solo uno sforzo di immaginare,un punto fermo che usiamo quando non possiamo delineare un modello (perchè ha dimensioni troppo diverse dalla nostre).

Invece se non possiamo delineare un modello è solo perchè non conosciamo;
quindi ho smesso da un bel po' di tempo di immaginarmi la realtà
come la geometria euclidea.La realtà non segue la geometria euclidea,ed è quindi inutile,per me,in questo momento,per lo stato delle nostre conoscenze,
sforzarsi di percepire l'infinito.

Non è un'arrendersi.E' una presa di coscienza sul fatto che non si può pensare
di fare il passo 1000 volte più grande della propria gamba.
Prima preferirei prendermi cura della gamba...
aile is offline  
Vecchio 16-11-2007, 01.00.13   #153
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Riferimento: Il concetto di infinito

caro amico, sei libero di occupare la tua mente e la tua vita come meglio credi.

Potendo scegliere tra essere un dotto di Salamanca e Cristoforo Colombo io avrei scelto di essere quest'ultimo.
omaggi alla tua opinione.

Ti saluto cordialmente e con grande rispetto per la tua "cristallinità" di pensiero.
speculatore a 360 g. is offline  
Vecchio 22-11-2007, 15.09.29   #154
emmeci
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Riferimento: Il concetto di infinito

Scusa, Speculatore a 360g, il ritardo con cui rispondo alle tue belle parole.
Guardare avanti? Come ho detto in qualcuno degli argomenti di questo forum, due assi reggono il mio pensiero – e oso presumere l’intero universo: quelli che io definisco assoluto e infinito. Il primo rimanda alla certezza che una verità assoluta c’è anche se non la conosciamo e anche se potrebbe assumere aspetti per noi impensati – potrebbe essere fisica o metafisica, essere o non essere, luciferina o divina – e perfino se la verità assoluta dovesse essere che verità non c’è e che ogni mia ipotesi è assurda. L’altro termine rimanda al fatto che noi possiamo o forse dobbiamo “cercare” questa verità, anche se non la troveremo e non la conosceremo mai. Per questo quei due termini mi rapiscono e mi tormentano, e io mi domando: s’incontreranno mai? Sarebbe forse questo il momento della rivelazione, potrei dire il culmine della storia, perché la parola infinito evoca per me o addirittura s’identifica con la parola storia. Certo ci sarà sempre chi mi richiama all’ordine invitandomi a studiare il senso delle parole senza lasciarmi trasportare da esse, ammonendomi a dire soltanto quello che posso effettivamente pensare….Non so, talvolta mi sembra che le parole abbiano una loro vita e più importanza di noi e della nostra realtà, destinata comunque a dissolversi trasmettendo quel desiderio dell’infinito ai figli e ai figli dei figli, fino a raggiungere (ma quando? dove?) in una specie di sacra metafora, quell’assoluto che si rispecchia nell’infinito.
emmeci is offline  
Vecchio 23-11-2007, 10.22.20   #155
speculatore a 360 g.
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Riferimento: Il concetto di infinito

Ciao Emmeci
I miei omaggi alla tua sottile e lucida mente.
Sono d’accordo sui tuoi due assi.
Non sono i soli, anche se, stanno in questi ambiti.
Rapiscono e tormentano chiunque voglia avventurarsi fin lassù o quassù.
Ognuno però in modo indipendente e personale.
E cosi deve essere, per l’unicità assoluta di ogni possibile.
In tal modo ognuno cerca una sua risposta.
Non la risposta, perché se rifletti bene nell’infinito non vi è una “risposta” ne una
“verità”, ed è questo lo sgomento che prende chi arriva quassù.
Non trovano la “risposta” ne la “verità”.
Esse stanno nella ricerca e nelle domande tormentose di ognuno.
E il tormento cessa, quando, si riesce a darsi delle risposte che appaghino la versione
unica e irripetibile che sta dentro ognuno di noi.
E non si raggiunge il Tao statico o l’affogamento in un presunto calore di luce divino.
Ma la consapevolezza rassicurante e sufficiente per sentirti sul sentiero giusto che non deve mai
illuderti ed angosciarti che non abbia termine, anzi ti colma di quella pienezza che si prova e si trova solo nella ricerca.
Ecco il valore infinito dell’infinito.
Per assurdo il dramma di Sisifo ,per me, non è un dramma, ma la condizione di una qualità di esistere più elevata.
La suprema consapevolezza che un’infinito non può risolversi in una “risposta” o in una “verità”.
L’infinito, nella sua stessa “infinitezza “ è già la risposta a Sisifo.
E’ quello che strappiamo a quel tuo “potente significato” il nutrimento più alto per noi e per Sisifo che ci rappresenta.
Certo che questo andrebbe condiviso con tutti per formare sempre di più il senso del nostro sussistere e cercare, nell’intenso e continuo nutrimento che ci sostiene su quel sentiero.
Le parole hanno il loro valore se non si cristallizzano.
E questo è il limite e il problema primo delle religioni.
Vale a dire che se una “spiritualità” si cristallizza nelle parole che poi diventano rito ripetuto sino alla dissoluzione, è ovvio che io inviti alla non cristallizzazione della spiritualità, per fare un esempio in quell’ambito.
E ovvio che si scolli da una non cristallizzazione degli esseri umani se essi sono sul sentiero della ricerca.
Cosi è per tutte le parole che contengono tutti i significati potenti o meno potenti.
Lo sono finché non si cristallizzano.
Tu trova un’ultima definizione alla “risposta o verità finale” e sarai morto su quella definizione.
Tu non morirai mai comunque, ma morirà in te l’apertura ad un infinito che è tale perché non si potrà mai cristallizzare in un'ultima risposta o verità.
L’uomo su quel sentiero di ricerca è Sisifo che forse noi crediamo nel dramma ma che invece è
appagato, in certe sue domande, che trovano risposta mentre sale e discende da quel monte.
Inappagato mentre sale ma appagato mentre scende per aver avuto in dono la possibilità di poter risalire a chiedere ancora.

Certo l’augurabile per uno in ricerca riuscire a darsi le sue risposte, dalle quali realizza una sua interpretazione di come e perché l’infinito possa “essere e sussistere”.

Mentre ti saluto affettuosamente, ti rimanderei a quei quesiti “interrogativi” che ho esposto, dai quali potrebbero sortire interessanti spunti o risoluzioni, da non cristallizzare ovviamente, ma tali da farti scendere dal monte più appagato e rigenerato per la, alfine, desiderabile risalita.
Ciao grazie
speculatore a 360 g. is offline  
Vecchio 23-11-2007, 16.27.05   #156
emmeci
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Riferimento: Il concetto di infinito

Caro speculatore a 360°, naturalmente non potevi dubitare che le parole del tuo ultimo thread non trovassero in me eco e consenso, cioè che il nostro compito (non solo di apprendisti filosofi ma di esseri umani) non sia la ricerca della verità, anche se travestiamo quest'impulso in mille altri modi, cioè in tutte le sfaccettature dell’emozione, dell’espressione, della conoscenza e della moralità, mentre, con una metafora che sconcerterebbe i puristi di scienza, potrei dire che questa ricerca sembra animare non solo la nostra esistenza ma l’esistenza dell’intero universo, costituendo il principio e lo scopo dei suoi movimenti.
“Perché l’essere invece del nulla?” – si chiedeva il filosofo – e “perché l’universo” è la prima domanda che tu attribuisci a Hawking. Per cercare la verità, cioè l’assoluta verità, che non può non esistere anche se non la si troverà mai, ma che pure costituisce l’unica cosa certa per chiunque incominci a pensare. Infatti, come mi pare di avere già detto in un anfratto di questi argomenti, è questa la sola certezza: che una verità assoluta ci sia anche se non la conosciamo e non sappiamo come formularla, perché potrebbe essere questo o quello, la certezza di un universo solamente fisico o metafisico, divino o luciferino, rappresentabile come essere o come nulla, come un leviathano o una farfalla…..Ma che la verità ci sia non si può dubitare, anche se è qualcosa che giudicheremmo assurda, anche se fosse che “non c’è verità”, e a noi è dato solo cercarla e arrivare alla morte disperando o ancora sperando….Quindi, per tornare alle tue essenziali domande, potrei rispondere che ciò che sostiene e giustifica un universo è né più né meno che il cercare la verità di sé stesso, cioè cercare se il suo essere è tutto o se…..Qui verrebbe la voglia di concludere con la parola Dio – e in effetti neanche Hawking come nessun altro scienziato può sapere che cosa c’è oltre l’orizzonte al quale l'universo si estende, cioè prima del big bang di 15 miliardi di anni or sono e di ciò che sarà dopo di esso, magari al fondo dell’ultimo buco nero: là dove, cioè, le leggi della fisica – come dichiarano gli stessi scienziati - non valgono più. (Guarda però che questa è ancora e solo un’ipotesi, una metafora o un pio desiderio: niente di più, perché la verità, purtroppo, non l'ho ancora trovata).
.
emmeci is offline  
Vecchio 23-11-2007, 18.01.47   #157
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Riferimento: Il concetto di infinito

Carissimo Emmeci

Con previa sottolineatura che quanto dirò non debba supporre presunzione o altro di negativo.
Semplicemente che sarà solo la mia semplice opinione,che non vuole denigrare nessuno ne tanto meno pretenderà di erigersi a chissà cosa, anche se nell'esprimerla mi sono accorto che potrebbe essere intesa in tal senso.
Se cosi fosse mi scuso subito e chiedo venia.

Perché l’essere invece del nulla è una domanda al quale ho risposto, anni fa, nella mia configurazione dell’infinito, nella quale resistono alcuni concetti, mai posti o interpretati in un modo plausibilmente accettabile da nessuno che io sappia.
Al perché dell’infinito è giunto ultimamente Hawking, dopo aver dubitato dello stesso infinito per anni, barcamenandosi tra matematica e l’incertezza della matematica ( come modalità titolata come certezza, ritiratasi, ultimamente, nel suo ambito specifico) che affiorava dalla meccanica quantistica stessa.
In quella mia configurazione dell’infinito questa domanda era prioritaria ed alla quale ho dato un'interpretazione tutt’ora plausibilissima e originale.
Questo vale per me sia sottinteso.
Rigorosità critica massima nel filtrarne lacune e nei confronti con ogni ipotesi.

Hawking come scienziato mi sta bene, come speculatore non è altrettanto illuminato, a mio parere.
Ed è certo che possa saperne molto più di altri entro l’orizzonte del nostro universo.
Non cosi oltre l’orizzonte dell’universo.
Come detto prima. non è il massimo nella speculazione del possibile.
L’infinito e il nostro universo sono due configurazioni diverse, anche se ovviamente connessi l’uno con l’altro.
Se tu caro Emmeci continui a supporre che ci debba essere per forza la verità, che non si può dubitare che non ci sia, una verità assoluta, è una tua convinzione rispettabilissima.
Questo porta direttamente al senso intimo dell’universo.
Il quale se supponiamo che esista, chi meglio di un Dio può esserne la causa?
Ma il termine “verità assoluta” mi lascia insoddisfatto, perché è già un dare immagine ad un Dio,
che nessuna verità assoluta può rappresentare, se esistesse tale come l’iconografia classica lo rappresenta.
Bisogna tornare quindi alla necessità che tu trovi una tua idea dell’infinito che ti convinca tanto profondamente da farti riuscire a concepire sia il perché dell’infinito, sia il perché di un eventuale Dio e dove si deve collocare, in tal caso e che funzione abbia.
Esci dall’angolazione adottata da tutti sinora, trovane una nuova tutta tua, mai toccata da mente umana.
Se ci riesci,vedrai con altri occhi o penserai cose mai pensate.

Ciao auguri e complimenti
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Vecchio 24-11-2007, 01.35.53   #158
leibnicht
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da aile

Lo usiamo come concetto,ma non possiamo figurarci un'entità di un volume senza dimensioni,non si hanno riferimenti e non si ha il famoso "punto fermo".

Per me quindi infinito è un concetto che si è sempre affiancato a "indefinito",cioè,semplicement e,sconosciuto.

Quindi grosso modo,per me,la frase l'universo è infinito
significa:
l'universo ha contorni che non possiamo definire.


Riprendo volentieri questa discussione: una delle più profonde cui mi sia mai accaduto di partecipare.
A ciò che scrivevo tre anni fa mi pare di dover aggiungere la seguente riflessione, che vorrei esprimere nel modo più semplice.
E' stata mia figlia a provocarla: una vertenza su Plotino ci ha portati, pochi mesi fa, ad una discussione di serate e serate, retrocedendo, come sempre accade in filosofia, fino ai ricordi più remoti.

Agli inizi del pensiero filosofico, tra gli ionici, accanto a Talete ed Anassimene i quali riportavano ad elementi ulteriormente "fisici" la natura "prima" della realtà fisica, si staccò la figura problematica di Anassimandro.
Per il poco che ne sappiamo, egli pose, a fondamento della Natura Oggettiva (la Fisica), un ente "Indefinito", non circoscrivibile e privo di origine.
Cosa significano queste due determinazioni (del tutto negative, ossia definite solo da un'assenza di proprietà e da un'assenza di caratteristiche) ?
Cercherò di spiegarlo, chiedendo scusa ai "veri" storici del pensiero greco.
A)L'assenza di "delimitazione". Per Anassimandro l'essenza più autentica e vera della realtà fisica "deve" ricondursi ad una "non-oggettualità", ossia a qualche elemento primario che "preceda" la ripartizione in oggetti che, intuitivamente e in modo quasi immediato, noi stabiliamo nel mondo fisico.
Ogni oggetto è delimitato, nello spazio e nel tempo, circoscritto nelle sue qualità, determinato nel suo possibile "mutare ed evolvere".
Ora, tali circostanze (cioè l'essere delimitato, circoscritto e determinato) sono, a ben guardare, comuni ad ogni elemento "oggettivo" che costituisce la realtà fisica.
Dunque, conclude Anassimandro, se voglio individuare un "quid" che accomuni ogni oggetto, ogni elemento del mondo empirico che constato e mi rappresento, dovrò cercarlo, necessariamente, in che cosa?
In qualcosa che non abbia tali caratteristiche: di essere delimitato, circoscritto e determinato. Se anche questo "quid" le possedesse, infatti, esso non sarebbe che un banale oggetto "in più" dentro il panorama dell'esistente.
B)Analogamente osservò che tutto ciò che compone lo scenario del mondo reale mostrava le stigmate di un' "origine".
Ma, se ciò che io cerco è davvero "originario" - dice Anassimandro - allora esso deve essere tale da non poter semplicemente "apparire" all'orizzonte della mia esperienza, bensì da "precederla".
Ora, come"precederla", dal momento che sto considerando un "quid" che deve porsi al di là della dimensione del Tempo?
Precederla, potremmo dire con l'ausilio di concetti ignoti all'epoca Ionica, in senso "ontologico", non in senso "logico".
L'"Indefinito", secondo Anassimandro, deve stare al di là del Tempo fisico, ma all'interno di qualsiasi esperienza effettiva, dentro l'immagine di qualsiasi oggetto o ente reale.
In altre parole, questo "quid" (che egli chiama "Indefinito") deve appartenere ad una realtà assai più "mentale" che oggettiva, una realtà che renda possibile la consapevolezza intellettuale della realtà stessa, nel senso concreto e materiale in cui la percepiamo e la influenziamo con il nostro agire.
Ecco perchè Anassimandro generò Parmenide e Parmenide generò Platone...

Ora, qual è il problema straordinario e irrisolto che Anassimandrò disseminò nel pensiero umano?
Il problema è questo: che alla radice della realtà fisica sussista un "qualche cosa" che fisico non è.
Semplice, vero?
Ma abissale.
Perchè dopo 2500 anni ancora confidiamo nell'ottimismo aristotelico di ricondurre ad un sistema omogeneo fisica e pensiero, esistenza e realtà, apparenza e verità.
E poi precipitiamo nelle inquietudini platoniche, che culminano dopo millenni nella dissociazione tra le ombre, definite e definibili, della Caverna della fisica classica e la luce fulgidissima, ma confusa e abbacinante, della fisica quantistica.
E, mentre la prima estende il suo dominio verso l'infinitamente grande, la seconda regna sovrana sull'infinitamente piccolo, come se questi due Infiniti appartenessero a categorie concettuali ed esistenziali assolutamente diverse, inconciliabili e non assimilabili ad un unico universo.
Eppure l'Indefinito di Anassimandro punta la sua freccia, tuttora acuminata e dura, verso l'infinitamente piccolo.
Vi è qualcosa di concettualmente patologico alle radici del pensiero umano (e di cui Anassimandro è colpevole) che ci impedisce di "determinare l'infinitamente piccolo?
Oppure 2500 anni di impotenza concettuale provano che l'infinitamente piccolo è davvero "altro", assolutamente altro, dall'universo e dalla realtà nella sua totalità e complessità?
leibnicht is offline  
Vecchio 24-11-2007, 09.19.16   #159
emmeci
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Riferimento: Il concetto di infinito

Speri troppo da me, Speculatore! Purtroppo io non sono sicuro che la verità assoluta sia Dio, anzi la mia logica, o meglio la mia logica fede, lo esclude. Come ho detto nel precedente messaggio, la mia certezza si ferma un nanosecondo prima che sprizzi dall’assoluto il lampo divino, e là si scateni l’estrema battaglia. Sì perché quando mi sono posto – dopo decenni di maturato e stagionato laicismo – il problema o meglio una specie di ultimo show-down con la religione, cioè col redivivo spettro e l’ossessivo termine “Dio”, mi è parso che esso dovesse accontentarsi di un posto di second’ordine rispetto alla parola assoluto, e che si instaurasse anzi una sorta di stratosferica ultima sfida fra Dio e l’assoluto, e Dio dovesse - di fronte all’assoluto - fare la figura di quel Lucifero che la religione ebraica-cristiana fa precipitare davanti alla vittoriosa potenza del Dio Jahweh. Cioè che Dio fosse il perdente rispetto al potere dell’assoluto, pur possedendo un’armatura fatta di solide piastre, cioè dei mirabolanti attributi (onnipotente, signore, creatore, trascendente e immanente, luminoso ed oscuro, giusto e misericordioso….) che gli vengono elargiti, mentre all’assoluto non resta che un nome, il quale è certo solo uno pseudonimo (come il tuo e il mio) rispetto a quello segreto che nessuno conosce.
Ma tu vorrai tirare le somme, e allora: restando vero – almeno per me – che l’universo mentale e reale si struttura secondo i due assi ai quali ho dato il nome di assoluto e infinito, su nessuno di questi due assi vedo scrivibile o pronunciabile la parola Dio: sull’asse dell’assoluto perché Dio dovrebbe perdere ogni attributo e balzare molto al di là del limite al quale arriva il mistico più radicale – sull’asse dell’infinito perché l’infinito è infinito e non basterebbe un rosario o una litania a enumerare tutti gli attributi che dovrebbero definirlo. E qui arriviamo ad una possibile conclusione: la ricerca di Dio è sempre destinata a fallire e Dio può essere concepito solo come l’inesistente: ma è questa la sua garanzia per l’eternità, cioè il fatto che egli è solo possibile e mai reale, e come tale si salva da ogni attacco della nostra ragione e rimane là in fondo, quasi a far intravedere la possibilità che la nostra ricerca, anzi la ricerca dell’universo, per quanto lunga, affannosa e talora futile e disperata, possa arrivare alle soglie dell’assoluto, stringendo i due assi in un asse solo, al termine del quale è l’unico vero Dio, che straccia tutte le bibbie, disperde gli incensi, si toglie la corona dal capo e rimane, limpido e intatto nella sua santa e verissima nullità.
emmeci is offline  
Vecchio 24-11-2007, 15.44.04   #160
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Riferimento: Il concetto di infinito

Caro EMMECI

Il riferimento a Dio era solo un' esemplificazione a dove potesse portare il perché dell’universo e ad un suo “intimissimo senso”.
Questo intimissimo senso è il perché stesso dell’infinito.
Scusa se mi ripeto.
Non c’è per me nessuna verità assoluta!
L’infinito è reale, anche se ci sono infinite altre configurazioni di infinito, anche mentali, filosofiche o matematiche.
L’infinito reale è unico irripetibile, inconfondibile con tutte le altre configurazioni.
E’ certo che se andiamo avanti, guardando indietro, ancora ai greci o ai “neo ellenici”, non potremmo che approdare alle stesse conclusioni, basandoci sulle stesse premesse anche se aggiornate.
Grande rispetto per loro, sia chiaro, ma volendo uscire dal loro confortante nido, in realtà l’ho fatto anni fa, non per dimenticare la loro lezione, ma per finalmente affermare: lo ripeterò sino alla noia, “ci sono nuovi modi di estrapolare dall’infinito reale ,configurazioni nuove ed originali e per me valevoli e plausibili”.
Se in “un non inizio e una non fine”, mi devo trovare un presunto inimmaginabile” eterno ritorno” che senso ha la non fine?
La non fine di una rotazione eterna?
Una”trottolata?”.
Quando per non fine, intendo il riferimento di una vera dinamicità, che nell’infinitamente piccolo o nell’infinitamente grande trova la sua dimensione più avanzata e plausibile, dove una dinamica di infiniti processi creativi possibili , non può mai cessare di insorgere ad ogni livello e dimensione.
E dove vanno questi se devo affermare che la dinamica è su sé stessa perché non posso dire che i possibili sono inesauribili in una non fine che li accoglierà sempre, appunto senza fine?.
Scusami caro emmeci, con affetto e stima della tua opinione.
L’assoluto è un termine da sostituire, è consanguineo del concetto di Dio.
Tanto vale che se devo scegliere tra i due, scelgo Dio, ma non il Dio semplicemente religioso,ma un Dio di tutti ,laico oserei dire, il dio appunto, esemplificando
Che sia da identificare come il senso intimo dell’infinito, oppure lo escludiamo se non ci garba, affinché ognuno interpreti il senso intimo dell’infinito come crede.
E tutto sta dentro l’infinito reale, tutto quanto, niente escluso.
Questa è la mia opinione.
L’universo mentale e reale sta, con un numero infinito, di ad altri universi reali e mentali, tutti nell’unico infinito reale che comprende tutte le versioni configurate o non ancora configurare, ripeto, in numero infinito, dei vari elaborati di infinito.
Lo ridico per la terza volta su questo forum.
Scusami emmeci.
Grande rispetto, per tutto quanto l’umanità ha configurato finora, ma se vogliamo nuove idee, pensieri, concetti e consapevolezze, che ci assestino su un gradino evolutivo più alto, dobbiamo porci in una diversa e nuova angolazione.
Certo che l’estensione di una visione più ampia comprende altre premesse e puntualizzazioni.
Ma per ora basta così e scusate se ho urtato qualcuno.

Ciao emmeci, auguri vivissimi per tutto quanto.
speculatore a 360 g. is offline  

 



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