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01-12-2014, 19.26.34 | #113 | ||
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
Citazione:
Il tentativo di Severino mi pare filosoficamente molto interessante in quanto alla luce della logica dialettica risolve la contraddizione tra l'immediato logico (l'identità dell'ente) e quello fenomenologico (il suo apparire muntando), asserendo che dopotutto i due aspetti non sono che la medesima cosa vista da prospettive diverse, proprio in quanto l'ente è eternamente identico a se stesso non può che apparire mutando (dunque contraddicendosi). Citazione:
PS sono sempre stato piuttosto refrattario alla filosofia analitica, ma devo ammettere che (come i giochi della settimana enigmistica) ultimamente mi ha abbastanza preso. Recentemente ho letto "Parole, oggetti, eventi" di Varzi e mi ha colpito molto la problematicità della filosofia analitica che paradossalmente per venirne a capo deve appellarsi a una scelta metafisica di principio, vedendosi costretta a reintrodurre dalla porta (magari di nascosto) quanto aveva voluto gettare dalla finestra. |
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02-12-2014, 00.46.25 | #114 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
Citazione:
Ciao SinceroPan. 1) secondo me è proprio questo che esprimi uno dei fondamentali problemi fra ontologia ed epistemologia. Ma alla base della logica sta il ragionamento umano. la logica è il tentativo di mantenere corretto un ragionamento e nasceva dall'esigenza del procedimento elenclatico attraverso tutte le scuole greche, compreso i sofisti che "giocavano" con le argomentazioni, confondendo.Aristotele arriva alla logica cercando di superare Parmenide e Platone. Ritengo che sia una pia illusione pensare che la ragione umana costruisca una realtà, ma attenzione razionale. 2) può essere ,ma allora va bene anche il costruttivismo moderno che dice che non esiste una ontologia bensì delle costruzioni mentali. 3) Il vero problema fondamentale è la fallibilità della nostra ragione. La logica tenta di razionalizzare ciò che potrebbe diventare irrazionale. Il principio di non contraddizione è il riconosciemnto della fallibilità del pensiero umano, diversamente non esiterebbe e non ve ne sarebbe necessità. L'errore è averlo fatto diventare principio conoscitivo, una forma gnoseologia che costruisce forme e contenuti, cioè sia epistemologico che ontologico. 4) cosa vuol dire A=A, al di là del formalismo del principio di identità? cosa identifica, quale ente può ritenersi eterno nelle proprietà, nella forma, nei contenuti e nelle relazioni, senza "corrompersi"? la mia mente nel momento in cui appare qualcosa muta rispetto a prima che apparisse quella cosa? Non ha senso per me quel principio di identità così "bloccato". Io muto fisicamente nel tempo , ma è la mia mente che tiene conto dei diversi processi conoscitivi nei vari tempi, cioè è memore di una identità e mi fa dire che quel corpo umano sia proprio il mio. In qualche modo è la mia mente che rimane eterna che dichiara la mia identità, ma non il mio corpo che biochimicamente muta ogni miliardesimo di secondo. 4) Il problema di Severino è di tipo ontologico. Se ritiene di salvaguardare l'essere perde il mondo e se ferma il mondo perde l'essere. E' il sistema di relazione che non tiene ed è quello che invece cerca Heidegger. L'esistenzialismo sposta i termini metafisici con la "gettatezza" dell'essere nel mondo, cerca una via di armonizzazione fra ragione ed esperienza, fra logica ed esistenza.Fallisce perchè il linguaggio logico non può supportarlo. |
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02-12-2014, 01.35.17 | #115 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
Citazione:
Sono un dubbioso per metodo, per cui metto in discussioni dogmi e sacri testi religiosi, quanto i dogmatismi filosofici, metto in dubbio anche me stesso se necessario. Non prendo nulla per scontato e cerco di mettermi nella testa di Aristotele che ha creato i principi logici? Perchè? I Greci conoscevano così bene la logica da aver creato i due celeberrimi paradossi logici, di Achille e la tartaruga e del mentitore cretese. Intendo dire che avevano già allora capito i loro stessi limiti logici che loro stesso propugnavano. Ho espresso nel precedente post quel che penso del principio di identità e di quello di non contraddizione. Quest'ultimo ovviamente lo accetto, diversamente scriveremmo cose senza senso. Ma la sua premessa sancisce la fallibilità della ragione umana. Allora per costruire un' ontologia la mente fallibile crea un ordinamento logico che in qualche modo lo salvaguardi. e quella logica per salvare la mente sbaglia la relazione nel mondo, perdendone il senso. Non capisco come sia salvaguardata l'immanenza logica e quella fenomenologica, visto che la chiave di lettura del mondo è un negativo , in quanto complementare al principio di identità e negazione secondo il principio di non contraddizione.Che ci stiamo a fare al mondo? Questa è la domanda che nasce da Nietzsche e passa ad Heidegger. Frege rappresenta l'iniziatore della logica moderna, anche se hanno contribuito anche precedenti. proprio perchè quelle logiche precedenti poco ci dicono del mondo e hanno "finto "che la ragione umana fosse infallibile quanto il suo prodotto . Come può un principio negativo dare verità inflessibili e costruire una fiilosofia di verità, sia che la guardi in positivo o in negativo secondo la filosofia dialettica.. A scanso di equivoci , non parteggio una contro l'altra, mi interessa tutta la logica e tutta la filosofia, ci sono buon filosofi in tutte le correnti varie della storia e Severino lo stimo. La logica moderna forse "scende" di un livello, ma tenta di entrare in contatto con il ragionamento comune, con la matematica, insomma con il mondo che viviamo. Sia l'una che l'altra hanno a mio parere prodotto cose interessanti. Penso diversamente sulla interpretazione della storia rispetto a Severino. Quella cultura greca e quella logica sono stati il motore culturale dell'Occidente, semplicemente è ridimensionato in quanto non risponde più alle esigenze della contemporaneità. Ma non significa che sia da accantonare, ha dato moltissimo e parecchie riflessioni filosofiche rimarranno per sempre. Semplicemente lo sviluppo delle scienze che quella logica ha aiutato a costituirsi ha aperto nuovi scenari culturali. Il compito del filosofo è mettere in discussione quei fondamenti, quei principi, quegli assiomi della contemporaneità scientifica. Ma è già da qualche decennio che si è rotto il muro dell'analitica e dei "continentali", e meno male dico io. Ma certo che sta rientrando anche la metafisica, personalmente non ritengo che sia da buttare nulla, diversamente ripercorreremmo i medesimi errori. |
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03-12-2014, 20.05.26 | #116 | ||||
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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Sì dopotutto, la filosofia inizia con la tragedia. Citazione:
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Il compito del filosofo sarà allora forse quello di indicare che molto deve ancora apparire e nulla potrà mai essere cancellato. |
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13-12-2014, 11.39.37 | #117 |
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
Un considerazione rilevante rispetto alla questione dell'ente letto in chiave severiniana scaturisce anche dal confronto dell'ente che chiamiamo 'IO' con ciò che generalmente associamo ad esso di fenomenico , cioe' il nostro corpo, o meglio il nostro cervello in particolare. Quando al mattino osserviamo la nostra immagine allo specchio, osserviamo severinianamente qualche cosa di diverso rispetto a quello che troviamo nello specchio alla sera, eppure siamo rimasti identitariamente gli stessi. Allo stesso modo osserveremmo entita' diverse se al posto dello specchio usassimo un apparecchio per la risonanza magnetica nucleare o per la tomografia assiale computerizzata.Possiamo logicamente dedurre ,quindi,che ,o vi è una scissione sul piano ontologico fra ciò che siamo e ciò che vediamo di noi, oppure, ciò che vediamo di noi in realtà non muta nel tempo e nello spazio , ma attraverso queste dimensioni , in modo immensamente ,anzi ,assolutamente profondo essa rimane legata da un filo continuo alla nostra id-entità sempre uguale a sè stessa.
Gli indizi della presenza di questa sorta di filo continuo che lega profondamente gli abissi della reltà dal profondo dello spazio e del tempo alla superficie di ciò che osserviamo nascono da un esperimento mentale molto semplice: se potessimo osservare di fianco alla nostra immagine fenomenica del reale la stessa immagine fenomenica posta in un altro punto dello spazio ma non del tempo, essa sarebbe generata logicamente per esclusione da un altro ente reale rispetto a noi, allo stesso modo accadrebbe cambiando solamente il tempo , a meno che non vi sia questa ineffabile presenza di questo filo di continuità che unisce e costituisce l'unicità del nostro permanente essere noi stessi. Ultima modifica di and1972rea : 13-12-2014 alle ore 13.09.13. |
13-12-2014, 12.19.48 | #118 |
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
Io sono e non sono il mio corpo, il mio cervello (e infatti per questo dico "mio", se fossi il mio corpo o il mio cervello direi solo io, essi sono dunque cose che a me appartengono). L'io è consapevolizza in atto qui e ora del corpo e del cervello nella forma di un me che di nuovo non sono io, ma mia immagine, mia manifestazione. L'unità dell'io è il significato di questo atto che si rappresenta come la mia storia che qui si presenta. Ma nemmeno questa storia a ben vedere sono proprio io pur essendone l'unico soggetto. Dopotutto io sono un atto che sempre vuole trovare l'oggetto in cui specchiarsi per riconoscersi, per indicarsi a se stesso come ciò in cui stabilmente mi conosco, mi sento, mi vedo, mi tocco, mi concepisco. Ma ogni oggetto sempre mi sfugge.
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13-12-2014, 13.30.40 | #119 | |
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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Certamente io rimango io sia senza braccia, che senza una parte del mio cervello, ma perchè non dovrei rimanere tale senza la totalità delle mie parti?...addirittura ,sarebbe persino logico pensare che il Tutto stia in ogni sua parte e viceversa, e che io sia tutto me stesso in ogni mia parte e viceversa. |
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13-12-2014, 14.04.53 | #120 | |
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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