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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 30-11-2014, 02.02.12   #111
paul11
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

MARAL
In questo momento sono assorbito nello studio contemporaneo di cinque testi di logicA. Uno è quello sulla logica dialettica di Berto, un altro è un corso di logica sempre di Berto, un testo di ontologia formale: dalla logica alla metafisica, uno sulla storia dalla dialettica elenclatica all’informatica e infine il testo di Frege.

La logica dialettica è una teoria semantica come estensione della logica formale, non è qualcosa di così diverso ovviamente dalla logica.
Hegel con la dialettica non è che la inventa di soppiatto, la riprende dal procedimento elenclatico e dal famoso quadrato di Aristotele sui contrari e le contraddizioni.
Lo stesso Berto nel corso di logica riprendendo la metafisica di Aristotele:”Ogni premessa razionale ha infinite premesse dietro a sé:qual ‘è il principio primo del sapere? Non si può nemmeno assumere a tal punto il principio di identità (dire che una proposizione è uguale-vera a se stessa)-petitio principii,ovvero la ripetizione del principio. Con il procedimento elenclatico,diverso da quello deduttivo e formalizzato nella Metafisica di Aristotele,si giustifica dunque il primo principio,possiamo così trovare un principio,la negazione, del quale precisamente lo afferma(es. esiste il negativo; è negativo che esiste il negativo). Chi intende negare una proposizione del genere è costretto ad affermarla,è vera nel caso sia vera ed è vera nel caso sia falsa: la sua verità è cioè fondata sulla sua natura”.
Il principium firmissimum risulta essere l’incontrovertibile,quello intorno al quale deve essere impossibile l’errore,il principio di non contraddizione non può essere un’ipotesi: la filosofia mira a un sapere incondizionato,infallibile e universale gnoseologicamente.
Aristotele non definisce esattamente il principio primo che può così essere anche detto di opposizione o principio di determinazione e negazione,perché ogni determinazione si costituisce come negazione di qualcosa.
Il principio dell’essere si fonda dunque sull’impossibilità. La verità è la negazione della contraddizione.Il primo principio è negativo perché ciò che esso nega è negativo..
E’ la determinatezza che caratterizza il primo principio,determinando qualcosa si nega necessariamente qualcosa d’altro.

Non è forse questa la base della logica e della dialettica stessa poi ripresa da Hegel e Severino? Certamente ognuno lo ha trattata nel suo modo originario.
Le tavole della verità ad esempio di evincono dal Tractatus di Wittgenstein da quel principio primo che il principio di non contraddizione.

Penso che l’ermeneutica derivi da una scuola e dall’evolversi della logica: la scuola è quella che passa per Husserl-Heidegger-Gadamer e che in qualche modo ha influito su Sini ad esempio.
L’altro è che la logica dialettica non è di fatto più accettata dalla comunità internazionale, se non nel provincialismo italiano (il mio non vuole essere un giudizio di valore, ma un dato di fatto).
Con Frege- Russell- Wittgenstein si aprono le porte dell’analitica, ma qui si dibatterebbe sul perché ad un certo punto ci si accorge che quella logica filosofica del procedimento elenclatico non regge più, come ho scritto nel precedente post, e si passa alla logica predicativa di Frege che apre un mondo fra la stessa logica, matematica e poi informatica che ha avuto enormi ripercussioni nella tecnica e tecnologia in tutte le discipline.


L’idea originale di Severino è semplicmente stato di mettere il principio di identità al di sopra del principio di non contraddizione, perché Aristotele non credeva all’eterno, ma al divenire, mentre Severino è sul concetto di Parmenide ma applica di fatto la base della logica aristotelica. Lo svolgimento logico della contraddizione è quindi tutto un negativo senza soluzione di continuità, essendo eterno,fino alla fine del divenire, che può essere la morte o l’attraversamento totale del nichilismo assoluto.

Se poSso dare una mia modesta opinione è che il merito di Severino che ha sottolineato anche Sini, è il tentativo di dare alla filosofia un ruolo culturale molto alto, i principi universali.
Perché in effetti quel che vedo dell’attuale scenario è una proliferazione di conoscenze slegate , senza una identità originaria.

E’ proprio qui la contraddizione culturale.
Se la cultura ha proseguito nella proliferazione, ma comunque con grande creatività e scoperte sia teoriche che pratiche, significa che quella filosofia originaria deve avere in sé delle problematiche non risolte o non contemplate; ma dall’altra non c’è una organicità di contenuti che identifichi una cultura dispersa nei saperi.

E allora ritorno a dire: se la filosofia è ragione ed esperienza, la filosofia diciamo classica dimentica l’esperienza, e la filosofia moderna non è guidata da una ragionamento organico, unitario.

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Vecchio 01-12-2014, 18.41.09   #112
SinceroPan
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

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Originalmente inviato da paul11

Esemplificando: se il principio di non contraddizione costituisce la base delle tavole logiche della verità attraverso i connettivi logici, sappiamo che la costruzione delle premesse e conclusioni cioè il procedimento ad esempio inferenziale, può falsare la realtà. Cioè la correttezza logica non necessariamente corrisponde alla realtà..

Questo è il motivo fondamentale per cui la metafisica che è propria del linguaggio logico, a mio parere è da prendere con le pinze .

Dai vostri scritti non mi pare sia emersa questa conoscenza sui limiti linguistico logici e mi piacerebbe capire cosa ne pensate.


anch'io ho dubbi simili ai tuoi.. soluzioni nessuna.. ecco alcuni spunti :

1) la differenza tra Logica e Realtà è simile alla differenza in Aristotele tra il PDNAC ed il concetto di Sostanza.. è il Problema se vi sia una Connessione Necessaria 1:1 tra Epistemologia ed Ontologia..oppure No.. Aristotele pensava di sì.. Wittgenstein quando diceva che la Logica PreDetermina il Campo delle Possibilità del Mondo dei Fatti diceva di no.. nel senso che Non è Detto che Tutto il Possibile si Realizzi.. ed anche Heidegger quando diceva che la Possibilità Sta Sopra la Realtà pensava di No.. ed anche Leibniz quando diceva che siamo nel Migliore dei Mondi Possibili (Ottimismo a parte) pensava che vi Potessero essere Altri Possibili che nei Fatti sono Irreali...

2) cmq a mio modo di vedere anche la Logica Astratta, anche l' Impossibile A=NON A, anche la Fantasia del Cerbero o di Alien, anche Dio anche se Non Esistesse Al di Fuori del Pensiero, e quindi anche il Pensiero.. Tutto Ri-entra nella Realtà.. in questo mi sento Parmenideo..

3) quindi A=NON-A è per me Reale in quanto Proposizione Formale.. cioè la Sua IrRealtà è Reale nel Senso che "Quel" Pensiero era Sè e Non Altro da Sè.. lui Pre-Tende di vedere una Connessione tra Segno e Significato che è Falsa.. ma il Segno in Sè è Vero..
-
4) per me il Passaggio da A=A al Tutto è Eterno di Severino è 1 Possibilità.. Logicamente Corretta.. ma NON è NECESSARIAMENTE e REALMENTE dicibile se è Vero anche AL di Fuori di Quel tipo di Reale che è il Pensiero Astratto..
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Vecchio 01-12-2014, 19.26.34   #113
maral
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

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Originalmente inviato da paul11
Il principium firmissimum risulta essere l’incontrovertibile,quello intorno al quale deve essere impossibile l’errore,il principio di non contraddizione non può essere un’ipotesi: la filosofia mira a un sapere incondizionato,infallibile e universale gnoseologicamente.
Senza dubbio, ma resta il fatto che questo è un risultato logico, ossia la logica fondata sul PDNC è incontrovertibile in quanto la negazione del PDNC è per logica (formale o dialettica) affermazione dello stesso. Ma la logica è onnicomprensiva? Mi pare che proprio questo sia messo in dubbio dalla corrente ermeneutica che si riallaccia all'esistenzialismo come momento primo di ogni esperienza umana. Non quindi il giudizio di verità logicamente dedotto, ma la necessaria interpretazione dell'opinione sulla base fenomenologica del vissuto. E qui siamo agli antipodi rispetto alle correnti analitiche (peraltro non scevre di una loro problematicità) di stampo anglosassone che stanno al centro dell'impero.
Il tentativo di Severino mi pare filosoficamente molto interessante in quanto alla luce della logica dialettica risolve la contraddizione tra l'immediato logico (l'identità dell'ente) e quello fenomenologico (il suo apparire muntando), asserendo che dopotutto i due aspetti non sono che la medesima cosa vista da prospettive diverse, proprio in quanto l'ente è eternamente identico a se stesso non può che apparire mutando (dunque contraddicendosi).

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L’altro è che la logica dialettica non è di fatto più accettata dalla comunità internazionale, se non nel provincialismo italiano (il mio non vuole essere un giudizio di valore, ma un dato di fatto).
Con Frege- Russell- Wittgenstein si aprono le porte dell’analitica, ma qui si dibatterebbe sul perché ad un certo punto ci si accorge che quella logica filosofica del procedimento elenclatico non regge più, come ho scritto nel precedente post, e si passa alla logica predicativa di Frege che apre un mondo fra la stessa logica, matematica e poi informatica che ha avuto enormi ripercussioni nella tecnica e tecnologia in tutte le discipline.
Credo che a volte può essere proprio dalla periferia che partono le rivoluzioni nell'impero. Certamente c'è una tradizione italiana che si riallaccia all'hegelismo, sempre così mai digerito dagli anglosassoni (e ancora meno l'ermeneutica), ma non vedo (certo per mio limite) per quale motivo la logica predicativa di Frege dovrebbe aver surclassato tutto il resto, se non appunto nelle pretese di una pre ottica tecnica finalizzata al controllo e alla volontà di potenza nichilistica della logica stessa. In altre parole il razionale così formalizzato (nella sintassi matematica e nella tecnologia informatica) finisce con il risultare assolutamente irrazionale e di fatto apre le porte a un pragmatismo che tentando di illudere di poter chiudere definitivamente ogni questione di fatto le riapre tutte senza risolverne alcuna.


PS sono sempre stato piuttosto refrattario alla filosofia analitica, ma devo ammettere che (come i giochi della settimana enigmistica) ultimamente mi ha abbastanza preso. Recentemente ho letto "Parole, oggetti, eventi" di Varzi e mi ha colpito molto la problematicità della filosofia analitica che paradossalmente per venirne a capo deve appellarsi a una scelta metafisica di principio, vedendosi costretta a reintrodurre dalla porta (magari di nascosto) quanto aveva voluto gettare dalla finestra.
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Vecchio 02-12-2014, 00.46.25   #114
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Originalmente inviato da SinceroPan
anch'io ho dubbi simili ai tuoi.. soluzioni nessuna.. ecco alcuni spunti :

1) la differenza tra Logica e Realtà è simile alla differenza in Aristotele tra il PDNAC ed il concetto di Sostanza.. è il Problema se vi sia una Connessione Necessaria 1:1 tra Epistemologia ed Ontologia..oppure No.. Aristotele pensava di sì.. Wittgenstein quando diceva che la Logica PreDetermina il Campo delle Possibilità del Mondo dei Fatti diceva di no.. nel senso che Non è Detto che Tutto il Possibile si Realizzi.. ed anche Heidegger quando diceva che la Possibilità Sta Sopra la Realtà pensava di No.. ed anche Leibniz quando diceva che siamo nel Migliore dei Mondi Possibili (Ottimismo a parte) pensava che vi Potessero essere Altri Possibili che nei Fatti sono Irreali...

2) cmq a mio modo di vedere anche la Logica Astratta, anche l' Impossibile A=NON A, anche la Fantasia del Cerbero o di Alien, anche Dio anche se Non Esistesse Al di Fuori del Pensiero, e quindi anche il Pensiero.. Tutto Ri-entra nella Realtà.. in questo mi sento Parmenideo..

3) quindi A=NON-A è per me Reale in quanto Proposizione Formale.. cioè la Sua IrRealtà è Reale nel Senso che "Quel" Pensiero era Sè e Non Altro da Sè.. lui Pre-Tende di vedere una Connessione tra Segno e Significato che è Falsa.. ma il Segno in Sè è Vero..
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4) per me il Passaggio da A=A al Tutto è Eterno di Severino è 1 Possibilità.. Logicamente Corretta.. ma NON è NECESSARIAMENTE e REALMENTE dicibile se è Vero anche AL di Fuori di Quel tipo di Reale che è il Pensiero Astratto..
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Ciao SinceroPan.
1) secondo me è proprio questo che esprimi uno dei fondamentali problemi fra ontologia ed epistemologia. Ma alla base della logica sta il ragionamento umano. la logica è il tentativo di mantenere corretto un ragionamento e nasceva dall'esigenza del procedimento elenclatico attraverso tutte le scuole greche, compreso i sofisti che "giocavano" con le argomentazioni, confondendo.Aristotele arriva alla logica cercando di superare Parmenide e Platone.
Ritengo che sia una pia illusione pensare che la ragione umana costruisca una realtà, ma attenzione razionale.
2) può essere ,ma allora va bene anche il costruttivismo moderno che dice che non esiste una ontologia bensì delle costruzioni mentali.
3) Il vero problema fondamentale è la fallibilità della nostra ragione. La logica tenta di razionalizzare ciò che potrebbe diventare irrazionale.
Il principio di non contraddizione è il riconosciemnto della fallibilità del pensiero umano, diversamente non esiterebbe e non ve ne sarebbe necessità.
L'errore è averlo fatto diventare principio conoscitivo, una forma gnoseologia che costruisce forme e contenuti, cioè sia epistemologico che ontologico.
4) cosa vuol dire A=A, al di là del formalismo del principio di identità? cosa identifica, quale ente può ritenersi eterno nelle proprietà, nella forma, nei contenuti e nelle relazioni, senza "corrompersi"?
la mia mente nel momento in cui appare qualcosa muta rispetto a prima che apparisse quella cosa?
Non ha senso per me quel principio di identità così "bloccato".
Io muto fisicamente nel tempo , ma è la mia mente che tiene conto dei diversi processi conoscitivi nei vari tempi, cioè è memore di una identità e mi fa dire che quel corpo umano sia proprio il mio.
In qualche modo è la mia mente che rimane eterna che dichiara la mia identità, ma non il mio corpo che biochimicamente muta ogni miliardesimo di secondo.
4) Il problema di Severino è di tipo ontologico. Se ritiene di salvaguardare l'essere perde il mondo e se ferma il mondo perde l'essere. E' il sistema di relazione che non tiene ed è quello che invece cerca Heidegger. L'esistenzialismo sposta i termini metafisici con la "gettatezza" dell'essere nel mondo, cerca una via di armonizzazione fra ragione ed esperienza, fra logica ed esistenza.Fallisce perchè il linguaggio logico non può supportarlo.

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Vecchio 02-12-2014, 01.35.17   #115
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Originalmente inviato da maral
Senza dubbio, ma resta il fatto che questo è un risultato logico, ossia la logica fondata sul PDNC è incontrovertibile in quanto la negazione del PDNC è per logica (formale o dialettica) affermazione dello stesso. Ma la logica è onnicomprensiva? Mi pare che proprio questo sia messo in dubbio dalla corrente ermeneutica che si riallaccia all'esistenzialismo come momento primo di ogni esperienza umana. Non quindi il giudizio di verità logicamente dedotto, ma la necessaria interpretazione dell'opinione sulla base fenomenologica del vissuto. E qui siamo agli antipodi rispetto alle correnti analitiche (peraltro non scevre di una loro problematicità) di stampo anglosassone che stanno al centro dell'impero.
Il tentativo di Severino mi pare filosoficamente molto interessante in quanto alla luce della logica dialettica risolve la contraddizione tra l'immediato logico (l'identità dell'ente) e quello fenomenologico (il suo apparire muntando), asserendo che dopotutto i due aspetti non sono che la medesima cosa vista da prospettive diverse, proprio in quanto l'ente è eternamente identico a se stesso non può che apparire mutando (dunque contraddicendosi).


Credo che a volte può essere proprio dalla periferia che partono le rivoluzioni nell'impero. Certamente c'è una tradizione italiana che si riallaccia all'hegelismo, sempre così mai digerito dagli anglosassoni (e ancora meno l'ermeneutica), ma non vedo (certo per mio limite) per quale motivo la logica predicativa di Frege dovrebbe aver surclassato tutto il resto, se non appunto nelle pretese di una pre ottica tecnica finalizzata al controllo e alla volontà di potenza nichilistica della logica stessa. In altre parole il razionale così formalizzato (nella sintassi matematica e nella tecnologia informatica) finisce con il risultare assolutamente irrazionale e di fatto apre le porte a un pragmatismo che tentando di illudere di poter chiudere definitivamente ogni questione di fatto le riapre tutte senza risolverne alcuna.


PS sono sempre stato piuttosto refrattario alla filosofia analitica, ma devo ammettere che (come i giochi della settimana enigmistica) ultimamente mi ha abbastanza preso. Recentemente ho letto "Parole, oggetti, eventi" di Varzi e mi ha colpito molto la problematicità della filosofia analitica che paradossalmente per venirne a capo deve appellarsi a una scelta metafisica di principio, vedendosi costretta a reintrodurre dalla porta (magari di nascosto) quanto aveva voluto gettare dalla finestra.


Sono un dubbioso per metodo, per cui metto in discussioni dogmi e sacri testi religiosi, quanto i dogmatismi filosofici, metto in dubbio anche me stesso se necessario.
Non prendo nulla per scontato e cerco di mettermi nella testa di Aristotele che ha creato i principi logici? Perchè?
I Greci conoscevano così bene la logica da aver creato i due celeberrimi paradossi logici, di Achille e la tartaruga e del mentitore cretese.
Intendo dire che avevano già allora capito i loro stessi limiti logici che loro stesso propugnavano.
Ho espresso nel precedente post quel che penso del principio di identità e di quello di non contraddizione. Quest'ultimo ovviamente lo accetto, diversamente scriveremmo cose senza senso. Ma la sua premessa sancisce la fallibilità della ragione umana. Allora per costruire un' ontologia la mente fallibile crea un ordinamento logico che in qualche modo lo salvaguardi. e quella logica per salvare la mente sbaglia la relazione nel mondo, perdendone il senso.
Non capisco come sia salvaguardata l'immanenza logica e quella fenomenologica, visto che la chiave di lettura del mondo è un negativo , in quanto complementare al principio di identità e negazione secondo il principio di non contraddizione.Che ci stiamo a fare al mondo? Questa è la domanda che nasce da Nietzsche e passa ad Heidegger.

Frege rappresenta l'iniziatore della logica moderna, anche se hanno contribuito anche precedenti. proprio perchè quelle logiche precedenti poco ci dicono del mondo e hanno "finto "che la ragione umana fosse infallibile quanto il suo prodotto . Come può un principio negativo dare verità inflessibili e costruire una fiilosofia di verità, sia che la guardi in positivo o in negativo secondo la filosofia dialettica..
A scanso di equivoci , non parteggio una contro l'altra, mi interessa tutta la logica e tutta la filosofia, ci sono buon filosofi in tutte le correnti varie della storia e Severino lo stimo.
La logica moderna forse "scende" di un livello, ma tenta di entrare in contatto con il ragionamento comune, con la matematica, insomma con il mondo che viviamo. Sia l'una che l'altra hanno a mio parere prodotto cose interessanti.

Penso diversamente sulla interpretazione della storia rispetto a Severino. Quella cultura greca e quella logica sono stati il motore culturale dell'Occidente, semplicemente è ridimensionato in quanto non risponde più alle esigenze della contemporaneità. Ma non significa che sia da accantonare, ha dato moltissimo e parecchie riflessioni filosofiche rimarranno per sempre. Semplicemente lo sviluppo delle scienze che quella logica ha aiutato a costituirsi ha aperto nuovi scenari culturali.
Il compito del filosofo è mettere in discussione quei fondamenti, quei principi, quegli assiomi della contemporaneità scientifica.

Ma è già da qualche decennio che si è rotto il muro dell'analitica e dei "continentali", e meno male dico io. Ma certo che sta rientrando anche la metafisica, personalmente non ritengo che sia da buttare nulla, diversamente ripercorreremmo i medesimi errori.

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Vecchio 03-12-2014, 20.05.26   #116
maral
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Non prendo nulla per scontato e cerco di mettermi nella testa di Aristotele che ha creato i principi logici? Perchè?
Probabilmente, come fa intendere Nietzsche, l'angoscia di fronte all'insensatezza del nulla, quell'essere per la morte (essere per non essere) che Heidegger tenta di risolvere in altro modo.
Sì dopotutto, la filosofia inizia con la tragedia.

Citazione:
Non capisco come sia salvaguardata l'immanenza logica e quella fenomenologica, visto che la chiave di lettura del mondo è un negativo , in quanto complementare al principio di identità e negazione secondo il principio di non contraddizione.
E' la stessa contraddizione che lega tra loro logica e fenomenologia, contraddizione che sottratta si ripete all'infinito per essere all'infinito sottratta. Logica e fenomenologia sono le due facce contrapposte con cui si presenta l'ente. Hegel ha prodotto il massimo tentativo a cui è giunto il pensiero occidentale per darne ragione, da quando l'Occidente (a differenza dell'Oriente) abbandonò il mito.

Citazione:
Che ci stiamo a fare al mondo?
Ossia "Perché siamo al mondo?". Nietzsche ha trovato risposta nella sovrumano sforzo di accettazione dell'eterno ritorno che nega ogni perché, Heidegger si è cullato con il linguaggio poetico, Severino con il principio di identità degli eterni che fenomenologicamente si traduce nella necessità di proclamarsi dell'ente per ciò che è, di mostrare la sua completa tautologia originaria. "Io sono ciò che sono", dice continuamente ogni ente di se stesso, come Yahweh dell'Antico Testamento.

Citazione:
La logica moderna forse "scende" di un livello, ma tenta di entrare in contatto con il ragionamento comune, con la matematica, insomma con il mondo che viviamo. Sia l'una che l'altra hanno a mio parere prodotto cose interessanti.
Certamente sì, la logica moderna mostra ciò che ora può apparire e quindi risponde alle attuali esigenze di esistenza, alla luce di quanto è già apparso e di quanto deve ancora apparire.
Il compito del filosofo sarà allora forse quello di indicare che molto deve ancora apparire e nulla potrà mai essere cancellato.
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Vecchio 13-12-2014, 11.39.37   #117
and1972rea
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana

Un considerazione rilevante rispetto alla questione dell'ente letto in chiave severiniana scaturisce anche dal confronto dell'ente che chiamiamo 'IO' con ciò che generalmente associamo ad esso di fenomenico , cioe' il nostro corpo, o meglio il nostro cervello in particolare. Quando al mattino osserviamo la nostra immagine allo specchio, osserviamo severinianamente qualche cosa di diverso rispetto a quello che troviamo nello specchio alla sera, eppure siamo rimasti identitariamente gli stessi. Allo stesso modo osserveremmo entita' diverse se al posto dello specchio usassimo un apparecchio per la risonanza magnetica nucleare o per la tomografia assiale computerizzata.Possiamo logicamente dedurre ,quindi,che ,o vi è una scissione sul piano ontologico fra ciò che siamo e ciò che vediamo di noi, oppure, ciò che vediamo di noi in realtà non muta nel tempo e nello spazio , ma attraverso queste dimensioni , in modo immensamente ,anzi ,assolutamente profondo essa rimane legata da un filo continuo alla nostra id-entità sempre uguale a sè stessa.
Gli indizi della presenza di questa sorta di filo continuo che lega profondamente gli abissi della reltà dal profondo dello spazio e del tempo alla superficie di ciò che osserviamo nascono da un esperimento mentale molto semplice: se potessimo osservare di fianco alla nostra immagine fenomenica del reale la stessa immagine fenomenica posta in un altro punto dello spazio ma non del tempo, essa sarebbe generata logicamente per esclusione da un altro ente reale rispetto a noi, allo stesso modo accadrebbe cambiando solamente il tempo , a meno che non vi sia questa ineffabile presenza di questo filo di continuità che unisce e costituisce l'unicità del nostro permanente essere noi stessi.

Ultima modifica di and1972rea : 13-12-2014 alle ore 13.09.13.
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Vecchio 13-12-2014, 12.19.48   #118
maral
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Io sono e non sono il mio corpo, il mio cervello (e infatti per questo dico "mio", se fossi il mio corpo o il mio cervello direi solo io, essi sono dunque cose che a me appartengono). L'io è consapevolizza in atto qui e ora del corpo e del cervello nella forma di un me che di nuovo non sono io, ma mia immagine, mia manifestazione. L'unità dell'io è il significato di questo atto che si rappresenta come la mia storia che qui si presenta. Ma nemmeno questa storia a ben vedere sono proprio io pur essendone l'unico soggetto. Dopotutto io sono un atto che sempre vuole trovare l'oggetto in cui specchiarsi per riconoscersi, per indicarsi a se stesso come ciò in cui stabilmente mi conosco, mi sento, mi vedo, mi tocco, mi concepisco. Ma ogni oggetto sempre mi sfugge.
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Vecchio 13-12-2014, 13.30.40   #119
and1972rea
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Originalmente inviato da maral
Io sono e non sono il mio corpo, il mio cervello (e infatti per questo dico "mio", se fossi il mio corpo o il mio cervello direi solo io, essi sono dunque cose che a me appartengono). L'io è consapevolizza in atto qui e ora del corpo e del cervello nella forma di un me che di nuovo non sono io, ma mia immagine, mia manifestazione. L'unità dell'io è il significato di questo atto che si rappresenta come la mia storia che qui si presenta. Ma nemmeno questa storia a ben vedere sono proprio io pur essendone l'unico soggetto. Dopotutto io sono un atto che sempre vuole trovare l'oggetto in cui specchiarsi per riconoscersi, per indicarsi a se stesso come ciò in cui stabilmente mi conosco, mi sento, mi vedo, mi tocco, mi concepisco. Ma ogni oggetto sempre mi sfugge.
Si tratta dell'annosa questione del Tutto e delle "SUE" parti: Il Tutto ,per molti, non può coincidere con una delle sue parti, nè viceversa, ma poi si finisce col far coincidere la somma delle parti con il Tutto e viceversa... .
Certamente io rimango io sia senza braccia, che senza una parte del mio cervello, ma perchè non dovrei rimanere tale senza la totalità delle mie parti?...addirittura ,sarebbe persino logico pensare che il Tutto stia in ogni sua parte e viceversa, e che io sia tutto me stesso in ogni mia parte e viceversa.
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Vecchio 13-12-2014, 14.04.53   #120
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Originalmente inviato da and1972rea
Si tratta dell'annosa questione del Tutto e delle "SUE" parti: Il Tutto ,per molti, non può coincidere con una delle sue parti, nè viceversa, ma poi si finisce col far coincidere la somma delle parti con il Tutto e viceversa... .
Certamente io rimango io sia senza braccia, che senza una parte del mio cervello, ma perchè non dovrei rimanere tale senza la totalità delle mie parti?...addirittura ,sarebbe persino logico pensare che il Tutto stia in ogni sua parte e viceversa, e che io sia tutto me stesso in ogni mia parte e viceversa.
In un certo senso è vero che il tutto sta in ogni sua parte (in tal caso però tu staresti anche in ogni tuo pelo e in ogni tua cellula, a meno di non stabilire una gerarchia di parti fissando un criterio che è sempre arbitrario). D'altra parte è anche vero che il tutto è sempre più di ogni parte e della loro stessa somma in quanto solo il tutto le comprende tutte in relazione con se stesso. Proprio come una parola è di più delle singole lettere in essa contenute e questo di più è il suo significato.
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