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14-11-2014, 23.30.24 | #92 |
Ospite abituale
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
[quote=maral]E certo, di ogni singolo ente, ogni singolo ente è originario, compreso quel particolare ente che è l'ente di tutti gli enti ed è quindi uno degli enti.
La contraddizone di ogni originario in quanto tale, (dunque di ogni ente) è il niente e il PNDC dice che ogni ente non è niente, ossia non è contraddizione anche se solo a mezzo della contraddizione (a mezzo del suo continuo togliersi) può apparire. L'ente di tutti gli enti è in questo senso un ente particolare perché il toglimento della sua contraddizione può solo farlo apparire rispetto al niente, ossia rispetto alla contraddizione assoluta. Ma apparire rispetto al niente (al suo negativo) implica il suo non apparire, dunque l'ente di tutti gli enti può solo apparire come non essere nessuno degli enti particolari che via via bengono ad apparire, pur comprendendoli tutti. Quindi nel non essere pluralità del molteplice, ma l'unità della molteplice che continuamente si viene dispiegando.[quote=maral] Se è un essere come gli altri perchè deve apparire come l'essere di tutti gli esseri? Viceversa se non appare come l'essere di tutti gli altri non dovremmo convenire che non è un essere come tutti gli altri? E quindi la terribile domanda di fondo resta. Vi è una co-appertenenza originaria esattamente nel senso Heidegeriano no? Dunque rimane la terribilità del PNDC applicato al terzo (appunto a quel fondamentale apririsi al mondo dell'ente, il Lichtung). Non so se ce la caviamo con un sistema formale, mantenendo il significato corrispettivo. |
16-11-2014, 00.24.43 | #93 | |
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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16-11-2014, 10.33.35 | #94 | |
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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16-11-2014, 17.11.49 | #95 | |
Moderatore
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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16-11-2014, 17.34.01 | #96 | |||
Moderatore
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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16-11-2014, 18.45.40 | #97 | ||
Nuovo ospite
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Ultima modifica di maral : 16-11-2014 alle ore 22.13.07. |
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17-11-2014, 10.53.10 | #98 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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Gli ultimi post in filosofia nella discussione: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana, trattano dell’entanglement e sincronicità. Vorrei darne un esempio pratico, riferito a qualcosa che tutti possono controllare: le discussioni presenti qui nel forum. In questa sezione, psicologia, Patrizia conclude il suo intervento invitando a visionare il video di Proietti (… del grande Proietti) che declama (com’egli solo è in grado tra gli attori d’oggi) i versi del Lonfo, di Fosco Maraini. Non lo conoscevo e le son grato d’aver suo tramite incontrato tale persona del quale ho voluto conoscer la vita (che vi invito a mia volta a leggere) e da cui ho estratto questo passo: (wiki) - Prima della seconda guerra mondiale, Maraini si trasferì in Giappone, dapprima nel Hokkaidō, aSapporo, e poi nel Kansai e a Kyōto, come lettore di lingua italiana per la celebre università locale. L'8 settembre 1943 si trovava a Tokyo e rifiutò, assieme alla moglie Topazia, di aderire alla Repubblica di Salò. Venne quindi internato in un campo di concentramento a Nagoya con tutta la sua famiglia. Durante la prigionia compì un gesto d'alto significato simbolico per la cultura giapponese: alla presenza dei comandanti del campo di concentramento si tagliò il mignolo della mano sinistra con una scure. Non ottenne la libertà, ma una capretta ed un orticello permisero alla famiglia Maraini di sopravvivere. Finita la guerra tornò in Italia, per poi ripartire verso nuove mete quali il Tibet, Gerusalemme, il Giappone e la Corea. Chi abbia qui letto L’anello di salomone (…versione interattiva) avrà senz’altro rilevato l’analogia. Ecco dunque che quattro eventi separati nel tempo e nello spazio a mezzo di sequenze di linguaggio (di vario tipo: citazioni, racconto, poesia, discussione ecc.) si ritrovano collegati quasi a chiuder un piccolo cerchio, una sorta d’anello. Ho postato questo stesso post in filosofia e psicologia anche per dar conto del detto: prender due piccioni con una fava… ( chissà, forse un altro modo di parlar dell’entanglement…). (sorry my sense of humor ) |
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17-11-2014, 16.03.26 | #99 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
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Certo che mi ricordo.(più o meno, dovrei tornarci sopra) Per ora vado a memoria. Il punto è che non ero convinto del suo modo di rendere eterogeneo la teoria dei tipi. Da una parte infatti partiva da considerazioni formali, e cioè che ogni ente è, ed è in negazione di tutti gli altri enti, e dall'altra dialetticamente, cioè nell'apparire delle cose, che l'ente originario si manifesta come contraddizione. Da una parte una teoria assiomatica, e dall'altra una storica. Il punto però rimane, sennò non capisco di cosa stiamo parlando, di quali sono i tuoi problemi, le tue domande. Intanto bisognerebbe decidere se la distinzione che ho fatto sopra è valida, e mi sembra di ricordare che tu non la vedevi . Eppure il paradosso di Russel è un paradosso formale. Dunque se la prospettiva è solo storica (fenomenologica, kantiana delle "ad Infinitum" primae causae), perchè poi ci dobbiamo porre un problema formale? Ma appunto, non era proprio perchè il PDNC è intendibile in tutta la sua forza come principio formale? E dunque è a livello formale, ed esclusivamente formale che io mi pongo la domanda. (Certo la risposta potrebbe essere quella di Godel che non si può decidere all'interno di un tipo di classi se esista o meno quel tipo di classe eterogenea, il punto della non decidibilità non comporta però che questa eterogeneità non esista). Alcune cosiderazioni a latere. 1)E infatti Boole introducendo un sistema in cui il PNDC sia sottoinsieme e non classe universale, risolve la questione. Il punto di Boole è che a livello storico, e cioè di manifestazione, questa cosa per ora la vedo assai generica e generalizzabile. 2)Una teoria cioè che partendo da un assunto formale sia poi in grado di determinare una soddisfazione filosofica, e cioè sufficiente, della realtà fenomenica, che poi sarebbe lo stesso campo della fenomenologia. Ossia una logica della sufficienza della corrispondenza (isomorfismo direbbe Husserl) con il fenomenico (che è poi la fenomenologia in senso stretto) 3) Certo Husserl si fermava lì al problema fenomenico, mentre Severino lo surclassa a livello di senso. 4) Ma di questo senso che riflette in particolare sull'originario, il liquidarlo come mera eterogeneità a me non basta affatto. |
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19-11-2014, 18.39.33 | #100 | |
Ospite
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Riferimento: Il problema della realtà fenomenologica dell’ente in chiave severiniana
Citazione:
anche Godel e Tarskj (altro matematico) la pensavano come te.. e si litigarono x attribuirsi la primogenitura della sentenza : NON TUTTO CIO' CHE E' VERO SI PUO' DIMOSTRARE.. parente di Heidegger : la Possibilità stà Sopra la Realtà.. e degli antichi filosofi : l'Eternità non è un Tempo OO ma un Sopra/Fuori il Tempo.. . ed è anche sulla base di questo concetto che io considero l'Eternità di Tutti gli Enti di-mostrata Logica-Mente da Severino solo una Possibilità.. che Non è Detto sia la Realtà/Verità.. . |
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