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06-05-2015, 12.33.55 | #152 | ||||
Ospite abituale
Data registrazione: 14-11-2012
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
[Salve, ti rispondo dal punto di vista di un cristiano, e se può servirti io ai tempi del liceo, che non ho voluto frequentare, ero anni luce distante da questa tua impressionante ed ammirabile sete di verità.]
** scritto da Tabbi: Citazione:
Il motivo come sempre è semplice: incontrare e sperimentare quella serenità e quella gioia a cui l'individuo, volente o nolente, anela e a cui è indirizzato per forza maggiore. Ma è anche bene rammentare che ogni persona non avrà mai una sola opzione di scelta, poiché quella morale che seguita ed eseguita concede l'allegria e la pace deve essere amata e l'amore non può essere obbligatorio, ma una presa di posizione con tutto sé stessi. Citazione:
Vedi anche tu usi il termine "migliore", quindi hai già incontrato o credi d'aver incontrato una verità: la mia vita a discapito di quella degli altri, che inevitabilmente possiede e discerne una morale per raggiungerla e sperimentarla. E' tutto qui il problema o la soluzione (fai tu), nel momento in cui hai fede in quel che sia (e non discutiamo su questo), per consegnarti a quel che sia hai bisogno di entrare in sintonia con la morale, oggettiva o personale che sia, che in esso si contraddistingue. Se tu reputi che vivi una vita insensata, che senso ha dargli un senso? W il Caos, fregatene di tutto, ma la tua voglia di ricerca ti contraddice. Se nessuna spiegazione riesce a dissetare l'inspiegabilità della tua esistenza, perché il sospendere ogni tipo di ricerca alla decifrazione del Mistero invece di farti rilassare t'inquieta maggiormente? Perché il senso dell'esistenza non è l'essere migliori di qualcuno o di qualcosa e avere una vita migliore, ma essere veri e avere una vita piena, larga, autentica davvero. Citazione:
Infatti, il primo passo (Il Principio) per credere quel che sia sopraccitato è un atto illogico, irrazionale, folle per certi versi, poi dopo s'incominciano a distinguere le ragioni che sorreggono quella intraprendente conclusione. E' credere non è facoltativo, è essenziale. Citazione:
Esatto, poiché non esiste l'a-teo, ossia, non esiste o non è stato ancora inventato un individuo che possa esistere senza credere quel che sia, anche il niente diviene quel che sia. Anche chi si definisce senza-dio è sorretto da una morale in cui crede, in cui ha riposto la sua fiducia, che deriva dalla sua fede d'essere senza-dio, ossia, il diofaidate, ma pur sempre una divinità e quasi sempre nume materialista. Pace&Bene |
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06-05-2015, 13.50.53 | #153 | |
Moderatore
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Citazione:
Il contenuto morale, il motivo per cui si agisce in un certo modo verso l'altro, non può essere libero, non può essere assoluto, è sempre condizionato, dalla cultura, dalla propria psicologia, dai rapporti sociali. La morale implica libertà, non costrizione, non necessità, non legge. Ma se la morale implica libertà, la libertà implica piena responsabilità, responsabilità assoluta verso il proprio atto e in questo farsi carico dl proprio atto (non solo nelle intenzioni, ma in qualsiasi effetto) è possibile a mio avviso ricollocare la morale in un riferimento assoluto, farla sussistere. La responsabilità non gira a vuoto, ma è ancorata all'altro, a ogni altro verso cui l'atto di cui mi riconosco soggetto è indirizzato, è solo questo altro che ci restituisce la misura della nostra responsabilità, quindi della nostra libertà, quindi del nostro poter moralmente vivere per essere felici. E allora è assolutamente chiaro che uccidere e violentare l'altro, non ha lo stesso valore di amarlo e soccorrerlo, perché è l'altro, colui che responsabilmente riconosciamo come nostro giudice, a dircelo. E non occorre nemmeno il Grande Altro (Dio) a giudicarci, basta ogni piccolo altro che quotidianamente incontriamo per la strada, è quello il nostro vero giudice morale che giudica il grado di responsabilità (e quindi di libertà) che riusciamo ad assumerci. |
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06-05-2015, 22.03.51 | #154 | |
Ospite abituale
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Messaggi: 1,234
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Citazione:
...e questo per un incallito anticonformista (più volgarmente: bastian contrario) come me è un po’ imbarazzante (ma potrei averli in varia misura fraintesi, e dunque ben vengano eventuali precisazioni, critiche, puntualizzazioni). Anch’ io Penso che non si possa fondare una morale senza Dio, nel senso che non la si può dimostrare (ma d’ altra parte nemmeno le -pretese, per come la penso io- rivelazioni religiose la dimostrano ma solo la prescrivono). Penso che non esista una morale oggettiva, ma che comunque di fatto esistano: a) imperativi morali generalissimi universalmente diffusi e b) norme morali socialmente condizionate e dunque variabili (declinazioni variabili degli imperativi di fatto universalmente presenti nel comportamento umano; e in qualche limitata misura animale). Un bene e un male oggettivi non sono razionalmente dimostrabili in quanto dimostrabili sono solamente i mezzi oggettivamente atti a conseguire (o meno) determinati fini in determinate circostanze oggettive, mentre i fini si avvertono irrazionalmente e non si dimostrano. L’ esistenza, che ritengo di fatto (non “di diritto”, non cioè perché sia razionalmente dimostrabile) constatabile di imperativi morali generalissimi universalmente diffusi si spiega (come ogni altro aspetto del comportamento umano e animale) con l’ evoluzione biologica per mutazioni genetiche “casuali” e selezione naturale (correttamente, scientificamente intesa, e dunque non come forsennata lotta di tutti contro tutti che consentirebbe la sopravvivenza riproduzione dei soli “adattatissimi” ad un ambiente peraltro in continuo mutamento); spiegazione che, a costo di essere noiosamente ripetitivo e pedante, ribadisco essere ben diversa cosa da una giustificazione o dimostrazione razionale. Le declinazioni storicamente e geograficamente variabili e per lo meno in larga misura transeunti di tali imperativi morali generalissimi di fatto universalmente diffusi si spiegano, secondo il mio parere dei seguace del materialismo storico di Friederich Engels e Karl Marx, in ultima analisi con la relazione dinamica fra rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive (almeno per quel che riguarda i loro aspetti “macrosociali”: economici, politici, culturali, ecc.; e inoltre, in maniera più intricata e mal definibile a mio avviso, con le vicende individuali di ciascuno per quanto riguarda i loro aspetti “microsociali”: familiari, relativi all’ amicizia, ai rapporti personali, ecc.). “Per quale motivo, senza Dio, io individuo dovrei adeguarmi a questo? Insomma, per quale motivo devo fare del bene e comportarmi moralmente?”. Io penso per il motivo che se ne avverte interiormente l’ esigenza, in conseguenza di molteplici fattori: l’ evoluzione biologica, e dunque il genoma proprio di ciascuno (a mio avviso con effetti sostanzialmente identici in tutti gli uomini salvo casi decisamente patologici) e i fatti epigenetici che imprevedibilmente hanno condizionato il proprio sviluppo embrionale; e inoltre le esperienze vissute con i rispettivi condizionamenti “macrosociali” e “microsociali” (con effetti diversi da organizzazione sociale a organizzazione sociale, da classe sociale a classe sociale, da ambiente culturale ed ambiente culturale, da famiglia a famiglia, da vicinato e ambiente personalmente frequentato a vicinato e ambiente personalmente frequentato, da scolarità e istruzione a scolarità e istruzione, ecc.). Per gli stessi identici motivi (diversamente determinatisi, salvo quelli genetici, che ribadisco di ritenere praticamente identici in tutti gli uomini salvo casi decisamente patologici) penso che possa accadere che si avverta l’ esigenza "che la propria vita sia la migliore possibile anche, e soprattutto, a discapito degli altri", facendo eccezione alla regola della universalità di fatto degli imperativi morali più generali (contrariamente alle leggi scientifiche proprie delle scienze naturali, le tendenze comportamentali studiate dalle scienze umane -in primis il materialismo storico- non sono esprimibili in formule algebriche più o meno fortemente deterministiche, né esenti da eccezioni). Dunque penso che non si possa certamente trovare un principio razionale per comportarsi secondo norme morali e per il quale fare il contrario possa essere definito "sbagliato" e "male": semplicemente lo si avverte di fatto dentro di sé per motivi molto “naturali” (e sociali), naturalisticamente ben comprensibili, senza bisogno di rivelazioni divine (che nemmeno necessariamente ne sono un impedimento; anzi di solito di fatto sono un modo più o meno irrazionale di esprimerli e di favorirne l’ applicazione, di tentare di imporli). Ed è per questo che “di regola” (e di fatto) gli atei vivono secondo morale, esattamente (in generale, “di regola”) come i credenti. |
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07-05-2015, 11.06.32 | #155 | |
Moderatore
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Citazione:
Sono d' accordo con maral, l' altro è il nostro giudice, infatti solamente nel giudizio dell' altro possiamo trovare il riscontro del nostro agire, riscontro che ci darà la consapevolezza dello stare rispettando il "principio di uguaglianza" o meno. |
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07-05-2015, 21.45.46 | #156 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Citazione:
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07-05-2015, 22.51.25 | #157 | |
Moderatore
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Citazione:
Certo che esiste una responsabilità verso noi stessi, certo che esiste l' amor proprio. Infatti io ho parlato di pari diritto di esprimere al meglio il proprio essere (pari: nè più nè meno). Questo significa che oltre a dover rispettare l' altro dobbiamo rispettare anche noi stessi perché abbiamo uguale diritto di realizzazione. |
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18-05-2015, 19.00.33 | #158 |
Nuovo ospite
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Intanto grazie a tutti per le risposte che non mi aspettavo di ricevere.
Non analizzerò punto per punto quello su cui sono d'accordo e quello su cui dissento, anche perché, causa studio, non ho il tempo di leggere attentamente ciò che mi avete detto, spero di non aver travisato il significato delle vostre parole. In realtà subito dopo aver scritto la mia prima risposta, leggendo qualcosina di Feuerbach mi sono dato una risposta che banalizzando riassume, forse, il punto cruciale delle vostre: "Ma è proprio agendo secondo morale che vivo al meglio la mia vita" (quella morale basata su principi non razionali ma riconosciuti quasi universalmente, determinati dall'essenza stessa dell'essere umano e in parte da strutture e sovrastrutture del proprio tempo), per una serie di fattori che sono stati in parte analizzati. Tralasciando tutte le possibili obiezioni che potrebbero essere fatte a questa considerazione e tutti gli altri stili di vita proposti per il conseguimento della "felicità", che non potranno mai essere verificati poiché mai potranno essere completamente perseguiti, il problema con questa risposta è uno, io voglio, desidero, bramo una motivazione per la quale agire secondo morale. perché la mia indole è forse quella della compassione, e se mi tormenta, a causa di questa, sapere che i minatori boliviani vengono drogati al fine di lavorare 20 ore al giorno, vivendo nelle cave e giorno e notte senza vedere mai la luce del sole, in qualche modo mi sento intimamente a mio agio con il mio tormento e, forse, non me ne voglio distaccare. Per questo penso che la mia risposta sia in realtà data dalla mia volontà, e quindi non posso considerarla valida. Forse voglio semplicemente mantenere in vita quel Dio che qualcuno è riuscito a uccidere ma su cui io ho basato la mia vita, quello cristiano fino a 14 anni circa, quello morale, dal precedente forse assai influenzato, negli anni successivi. Ma quello che ho detto fino ad adesso neanche c'entra molto con la discussione, forse volevo semplicemente sentire qualche opinione su questo cruccio che mi affligge. Ritornando al tema principale però inserirei un altro punto. Ammesso che sia vera la risposta di cui vi ho parlato, ammesso che possano essere accettati tutti quei principi morali universalmente validi, anche se non razionalmente oggettivi, anzi ammettiamo anche che esista un principio oggettivo ed inequivocabile, logico e razionale, su cui fondare un'intera morale, ebbene, l'agire secondo questa, senza Dio, sarebbe responsabilità dell'individuo, come detto. L'agire dell'individuo però è determinato dal livello di sviluppo della propria coscienza e del proprio pensiero che è su livelli diversi in ognuno, "ammesso che ci sia una risposta, non tutti ci arriverebbero" (volgarizzando incredibilmente). Risulta ancora una volta ed a maggior ragione quindi, secondo me, fondare una morale senza Dio. Grazie a tutti di nuovo |
18-05-2015, 23.23.52 | #159 | |
Moderatore
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Citazione:
L' errore forse sta proprio nel tentare di trovare una risposta oggettiva. Ogni cosa che ci si presenta viene rappresentata e quindi inevitabilmente corrotta, inutile tentare di recuperare il dato originario, la cosa in sè. Ciò che vale, ciò che ha senso, è la nostra rappresentazione, come le cose si presentano a noi. Nella mia personale rapprentazione si fa strada un principio (che io chiamo "principio di uguaglianza") rispettando il quale rimango fedele alla mia rappresentazione e quindi a me stesso. Ecco allora la (mia) risposta: rispetto il mio "principio di uguaglianza" perché così facendo rispetto me stesso, rimango fedele a me stesso, sono me stesso. |
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19-05-2015, 11.49.01 | #160 | |
prof
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Messaggi: 221
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Riferimento: p.s.
Citazione:
Allora: l'IO cosciente, che è, si, Conoscenza ma non assoluta, è centro, diciamo , relativo dell'Universo; DIO, che invece è conoscenza assoluta -e che con l'IO condivide la stessa sostanza della Conoscenza- è Centro assoluto dell'Universo, |
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