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26-01-2014, 01.27.53 | #142 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
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Penso che non servirebbe a nulla ugualmente, perchè andiamo incontro a livello UE a una normativa che sarà sempre più comune, ad un ordinamento che gerarchicamente è superiore allo Stato componente come nel federalismo statunitense e nessuno vieta comunque la circolazione delle merci e delle persone già ora in ambito UE, anzi i tedeschi per problemi di età demografica chiedono importazione di manodopera (salariale e intellettuale). Da sempre le depressioni economiche in un luogo rispetto alle ricchezze di un altro luogo geografico ,come nei principi fisici genera il movimento compensativo fino all'equilibrio.Questo fa apparire il capitalismo un fattore naturalistico. Non devi chieder di scegliere , ma il potere di cambiare le regole del gioco, che non ti sarà mai dato pacificamente. Ma ritornerei al problema indicato. I valori e le categorie che ne derivano, dal principio di uguaglianza alla trattazione del bene e del male nel pensiero ateo non esiste, non ha nessun fondamento nei codici storici, da quelli di Hammurabi fino alle costituzioni moderne passando per il diritto romano. Ciò che si evince storicamente è che in una organizzazione umana, in un principio di socialità tanto più numericamente crescono i componenti e tanto più è difficile mantenere un spontaneo ordinamento , crescono le liti fra privati. Affinchè si possano dirimere le liti fra privati e con lo scopo di mantenere una quiete sociale si affianca un diritto privato r un diritto pubblico all'interno di un ordinamento che rappresenta il potere gerarchico di una definita società umana. Qualunque società che sia tribale o siano gli USA ha un suo ordinamento ,in cui quella tribale è costituita da usi e costumi entrati nella tradizione attraverso il rito e quelli di ordinamenti complessi codificati nelle leggi. Ma alla base di tutto, i denominatori comuni in tutte le società sono: principio di proprietà e di servitù; principio familiare e conseguenze del patrimonio nella successione ereditaria; principio di legittimazione del potere sovrano. La legge non è giustizia, e la giustizia in un ordinamento è l'interpretazione (giurisprudenza) della legge per dirimere una lite giudiziaria, motivando la sentenza; come non esiste il bene e il male nel diritto. Esiste il corretto comportamento che non lede il diritto altrui e viceversa: e il principio che mantiene la socialità è una forza brutale sublimata nelle società più civilizzate cioè la detenzione della forza o monopolio da parte del potere sovrano della violenza: che sia un monarca, un dittatore o una democrazia lo Stato o il re detengono il potere di fare guerra, di sanzionare e punire, di aver il poter sugli eserciti e anche di perdonare. Si utilizzava la pena di morte pubblica con il boia incappucciato(poichè il boia non era colui a cui era stato leso un diritto, ma rappresentava il potere sovrano nella comminazione della pena) per far letteralmente vedere la " paura" verso il potere . Il "timor di Dio" nelle religioni viene traslato nel "timore della pena" nelle società umane laiche. A sua volta i re ritenevano fosse solo la volontà divina superiore alla loro e in Europa fin quando il pontefice fu riconosciuto come potere incarnato divino che incoronava i re. Quindi non esiste il bene e il male nella visione atea. Esiste semmai uno scontro fra i valori come appunto l'uguaglianza nella presente discussione, la fratellanza, la libertà , la solidarietà, ecc. con gli ordinamenti, i quali toccano gli interessi privati. Come si può parlare di fratellanza e uguaglianza in popoli che si fanno guerra oppure nella diseguaglianza materiale della distribuzione delle ricchezze e delle risorse in uno stesso popolo e ordinamento giuridico e giurisdizionale? Non esiste il sentimentalismo nella politica e nei rapporti umani sociali, vincono gli interessi privati e di potere che sono il fondamento dei diritti. Basta leggere il codice civile italiano che discende gerarchicamente dalla Costituzione. Le regole dei libri sul lavoro e sulla famiglia sono il fondamento delle attività e relazioni umane sociali. Persino i fratelli e sorelle litigano nelle successioni ereditarie. Il diritto di primogenitura, i cadetti, le differenze fra maschi e femmine sono all'interno dei vari codici che storicamente si sono succeduti dall'antichità ad oggi.E non c'è il bene e il male, c'è solo l'interesse di un diritto familiare di mantenere attraverso la successione ereditaria i diritti conseguiti dal patriarca. Il "Maso" in Alto Adige ne è tutt'ora un esempio. La nostra società civile è la sublimazione delle società animali è il passaggio dall'istinto al concetto, dal simbolo al linguaggio. Altro è se parliamo di bene e di male nelle religioni.Perchè lì c'è un essere supremo che avendo creato, emanato, ha anche costruito le regole iniziale e quindi esiste una cosmologia prima dell'avvento umano. Se la scienza cerca di capire l'energia e le forze attraverso le teorie cosmologiche, le religioni altrettanto lo fanno costruendo le regole del bene e del male come un "aprior",i antecedente all'uomo. Lì esistono i demoni e le forze angeliche cioè gli esseri di spirito prima che nascesse la materia. Per cui la morale, il bene e il male è sancito da un Dio e tramandato all'uomo attraverso Sacre scritture. Se si legge la prefazione di Kant alla seconda edizione della "Critica della ragion pura" si evince che quel "apriori" che diventa noumeno nella ragion pura e imperativo categorico nella ragion pratica non è fondante, non è definito e l'autore riconosce (con geniale modestia) che saranno le critiche di altri più bravi di lui a doverne trovare la soluzione fondativa: mai accaduto(aggiungo molto più modestamente io). Ultima modifica di paul11 : 26-01-2014 alle ore 13.58.49. |
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28-01-2014, 02.32.43 | #143 | ||
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
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Questo è fondamentalmente vero ma è importante chiedersi perché. Quella forza bruta sublimata in potere sovrano non è che a specchio fedele del livello medio della coscienza nella mente umana. Se si mira a cambiare il gioco alla base si deve mirare a mutare quella rimozione, che ancora ci appartiene nel profondo, in coscienza emotiva intellettuale. L’unica percorso risolutivo è quello volto alla radice del problema, verso uno sviluppo emotivo-intellettuale della mente umana. Questo sviluppo necessita di passaggi adeguati al consolidamento della comprensione intellettuale in autentica coscienza. Citazione:
Dici bene: dall’istinto al concetto. Il consolidamento può avvenire solo laddove l’istinto non viene rimosso e sublimato da un’apparente coscienza concettuale ma sviluppato in autentica coscienza emotiva intellettuale. Ovvero autenticamente sviluppato. Il simbolo contiene in sé entrambi i fattori emotivi ed intellettuali necessari allo sviluppo [al consolidamento] dell’istinto in coscienza. Il linguaggio non è elaborazione del simbolo ma [possibilità di] simbolo a sua volta dell’immaginario concettuale. Sino a quando la consapevolezza intellettuale della forza “bruta” resterà irrisolta, apparente [non compresa -non riconosciuta nella sua utilità- non portata alla luce della coscienza] tale capacità reattiva resterà come pulsione inconscia e sconosciuta a dirigere il nostro sentire ed il nostro porci. In realtà quindi non ci sarà alcuna consapevolezza intellettuale autentica ma una semplice trasposizione di ruoli. Il padre-madre sarà ancora esterno nelle veci di un sovrano atto a dare ed a togliere la vita. Tale sovranità -semplicemente demandata- perpetuerà lo schema radice di aderenza-rifiuto privo di reale conoscenza di tale forza vitale attiva invece maldestramente intesa e convogliata in potenza coercitiva e distruttiva. Se la forza “bruta” è personificazione del carnefice il suo volto speculare risiede nel ruolo della vittima. La forza vitale viene così nell’essere rimossa (celata) attraverso una scissione in realtà impossibile. Con la conseguenza inevitabile dell’essere che rinnegando sé abbraccia nell’unica strada possibile la propria distruzione. Questa forza, questo potere proprio all’essere si configura come attività recettiva-propositiva grazie alla quale l’essere è in quanto tale. La trasposizione del potere vitale in potenza coercitiva verso l’esterno rende nulla di fatto la facoltà. Col risultato di un blocco esperienziale nella coscienza ovvero di un blocco allo sviluppo della facoltà emotiva intellettuale dell’umano. Questo blocco esperienziale impedisce di fatto il giungere a quella coscienza di essere l’unica capace di portare in emersione quel sentimento autenticamente solidale solitamente mistificato e sublimato in virtù e morali di superficie. Rammentiamoci inoltre come l’evoluzione nelle specie si compia nei tempi attraverso mutazioni talvolta impercettibili sino a definire nuove tipologie di adattamento e risposta all’ambiente e viceversa. Al pari non possiamo pensare di analizzare le propensioni della psiche umana fotografando il comportamento nei secoli (sia pure nei millenni) senza porre attenzione a quegli aspetti che ne determinano la possibilità di sviluppo, regressione o stasi (comuni tra l’altro al più elementare comportamento animale). Se quegli aspetti capaci di determinare la possibilità di un graduale sviluppo in seno alla psiche ed alla coscienza mentale restano nei tempi misconosciuti non possiamo per questo additare a causa del mancato sviluppo della coscienza mentale o nei comportamenti distruttivi una presunta impotenza a questa intrinseca. Come sempre è nelle possibilità di un’analisi approfondita comprendere i fattori determinanti il fallimento di risorse altrimenti capaci di ben differenti risultati. O mutiamo l’ambiente esterno cosa impossibile a farsi visto che è risultato di innumerevoli interazioni o mutiamo l’ambiente interno che causa quella coazione a ripetere che impedisce di fatto il naturale sviluppo di una psiche nell’apprendimento dall’esperienza. Questa mutazione dell’ambiente interno è possibile nel momento in cui non viene represso lo sviluppo emotivo e mentale ma facilitato nella sua esplorazione introspettiva di significato. Le forze in potenza saranno allora riconosciute nella loro dinamica e fatte riemergere nell’interezza della loro complementarità alla luce della coscienza. Non più servi né padroni ma espressioni dell’interezza dell’essere. Allora per davvero la distinzione fra una sacralità interna all’essere ed una esterna all’essere non avrà più alcuna utilità né più alcun senso. Non una volontà di potenza celatamente diretta da un io incosciente ma la potenza stessa dell’essere cosciente di sé e dei propri moti mentali. Non l’aderenza [od il rifiuto] ad una morale cercata ma la più spontanea e semplice virtù ritrovata dell’essere nella sua integrità. Ciò che nella coscienza mistica si realizza come salto quantico nella psiche si compie attraverso lo sviluppo impercettibile di significato in significato. In entrambi i percorsi il simbolo è seme e frutto. Ciò che nella coscienza spirituale da sempre risiede in quella mentale (intellettuale emotiva) si dispiega secondo svelamento. Sta a noi nella nostra capacità interiore ed introspettiva snidare quei blocchi che impediscono alla nostra psiche quella conoscenza integra di quelle forze che determinano il nostro agire e la nostra coscienza di essere. |
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28-01-2014, 19.06.35 | #144 | |
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
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Capisco la nobiltà d'animo: ma la realtà è un'altra cosa. I significati di autentica coscienza ad esempio sono molto individuali, questo è il problema comunicativo che hanno la morale, i valori. La spiritualità , intesa nel senso generico, è seguita finchè ci fa sentire bene emotivamente. Ma tanto più cresce questa coscienza e tanto più aumentai l divario fra noi e la realtà fino a diventare incomunicabile. La società umana vive nella legge del branco animale, della psicologia di massa, della ruolificazione dove i simboli sono potere e denaro. Siamo sicuri che coloro che siedono nei consigli di amministrazione di multinazionali che producono e vendono armi ,quando fanno una nuotata nella celeste piscina di Bel Air hanno rimorsi o scrupoli di coscienza? Se lo fosse il mondo umano, la società sarebbe cambiata da tempo e invece come in un eterno ritorno si ricadono nelle stesse violenze. La differenza con l'antichità è che in qualche modo le cose erano risolte a tu per tu, negli ordinamenti moderni il grande pericolo è che colui che decide non compie fisicamente l'azione, così mentre sganciano bombe può bersi l'aperitivo raccontando barzellette ai convenuti da un'altra parte del mondo. Significa non essere coinvolti direttamente sul piano emotivo, e i problemi fin quando sono degli altri e non nostri .....meglio così. La storia ci insegna che nuovi poteri hanno sovvertito i vecchi immancabilmente tramite guerre e violenze. Il popolo capisce più il panem et circenses che le virtù, che piace vedere ed ascoltare come una fiaba, ma non seguire. La natura umana è troppo simile nella sua essenza all'animale , anzi l'utilizzo dell'intelligenza nella cinica astuzia verso i propri simili costruisce l'edificio degli orrori, superando le leggi di natura. La salvezza è singola e il bene e il male, le morali, i valori come l'uguaglianza dipingono di romanticismo le cause e gli intenti tutt'altro che sentimentali, nel mondo in cui anche l'anima ha un prezzo. Beati i singoli che riescono con forza titanica a coltivare un significato nell'esitenza nello sfinimento dei rapporti quotidiani, dove arroganza, incompetenza, maleducazione sono alla base delle gerarchie sociali di cui si nutrono che diventano così simili come vasi comunicanti :fra popolo e poteri, fra nuovi padroni e vecchi, di generazione in generazione, di geografia in geografia, di ordinamenti in ordinamenti.... Siamo uguali alla nascita in quel solo attimo del primo vagito, poi siamo simili e non più uguali fino al gioco , alle scuole ;fino a diventare diversi nella maturità |
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30-01-2014, 00.37.49 | #145 | ||
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Ti ringrazio.. ma la nobiltà d’animo c’entra poco questa nobiltà è una realtà che appartiene ad ognuno di noi, se desideriamo riconoscerla, se ne riconosciamo l’utilità, le potenzialità. Il difficile non è scoprire questa realtà interiore, il difficile è non cadere nella trappola dell’apparenza delle cose, pensando che ciò che di buono non riscontriamo fuori sia inevitabile, sia congenito, intrinseco, alla razza umana, alle disposizioni della mente umana. La realtà è ciò che siamo in grado di intendere. [ ..non è qualcosa di “esterno”..] Citazione:
Ma il punto è proprio questo: Sta a noi coltivare in noi stessi quella differente coscienza capace di divenire causa di differenti effetti. Nulla muterà mai nella psiche umana se l’ambiente coltivato nella [ propria] coscienza resta il medesimo che ha sortito questi effetti. Ciò che ha condotto ad una coscienza poco lungimirante e poco intelligente è proprio il non aver coltivato nell’uomo, nelle disposizioni umane, una reale consapevolezza del proprio valore. Sta a chi ha riscoperto tale intelligenza coltivare in sé questa coscienza affinché questa e non una ottenebrata sia seme nei tempi. Ciò che lasciamo in eredità alla razza umana, alla coscienza mentale, è proprio ciò che in noi stessi avremo avuto modo di coltivare. Il nostro intendere, il nostro sentire, il nostro vedere, il nostro porci è ciò che genera inderogabilmente in corrispondenti risposte la coscienza che è che sarà -l’ambiente “esterno”- la realtà stessa. |
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03-02-2014, 01.58.29 | #146 | |
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
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Rispondo supponendo e temendo l'impubblicabilità del mio post... Ma lo farò lo stesso per un'istanza di Verità che si nutre di sentimenti autentici: essi travalicano la "correttezza politica", ossia la "presentabilità". L'assenza di morale è un fatto specifico dell'Italia che, in questo senso, rappresenta un "laboratorio" in corpore vili della possibile attuale Europa. Anche qui, ma 150 anni prima, popoli completamente diversi tra loro, per cultura, lingua, storia e tradizioni sono stati costretti (dall'imperialismo piemontese) ad assoggettarsi ad uno stato estraneo. L'italia del 1870 rappresenta, per somiglianza, l'europa del 2010. Ora, io dico che: 1) l'annullarsi di ogni valore morale, storico e civile rappresenta l'inevitabile e logica conseguenza di un melting pot antropologicamente impossibile; 2) le fisionomie prevalenti determinano, inevitabilmente, l'indirizzo che la pseudonazione persegue: "quivi lealtà tedesca non troverai, non ordine/ non disciplina. Ciascuno pensa a sé/ d'altri diffida, è vano." Era il giudizio di Goethe sui popoli italiani, avendoli conosciuti alla fine del'700. Ma tali penose constatazioni, benché scritte a Venezia, e forse per questo, in quanto solo la distanza consente il giudizio, riguardavano l'intero viaggio in Italia precedente. L'elemento 2) che prevale in tutti i popoli italiani è questo: scaltrezza, furbizia, irrisione dell'autorità, eversione soggettiva, opportunistica, fondata sul "vengan de Francia, vengan de Spagna: purché se magna". Tale elemento si coniuga e si risolve, sciogliendovisi fino alla limpidezza, nell'annullamento di ogni principio e valore morale, di ogni concetto possibile di Bene e di Male. Nella storia d'Italia, da un'ottica europea, solo il tradimento, la slealtà, la speranza di scaltrezza e di "farla franca" sono i tratti che unificano il percorso in Europa di questa pseudonazione. Si comincia con l'annessione del Veneto, ottenuta per via diplomatica dopo sconfitte cocenti e ripetute (Napoleone III, 1866: "Ancora una battaglia perduta e gli italiani ci chiederanno Parigi!"). Si continua con il tradimento della triplice intesa nel 1915, allo scopo di invadere Trento e Trieste: terre, ancora una volta, conquistate solo per il cedere del "nemico" su altri fronti e contro le volontà popolari. E si continua ancora con Mussolini e la coltellata alle spalle della Francia (1940), dopo un anno di guerra vera: coltellata inferta allo scopo di "gettare qualche migliaio di morti sul tavolo della pace" (ritenuta imminente). E poi con il voltafaccia e l'ennesimo tradimento nei confronti della Germania, quando essa manifestamente perdeva. Dove erano tutti i partigiani, dove era la Resistenza prima del 1943? Chissà perché... ma solo dopo lo sbarco ad Anzio nel '44 gli italiani si scoprirono antifascisti e lo divennero. Gen. Montgommery (1945): "gli italiani sono sempre pronti a saltare sul carro dei vincitori". Ed ecco, vengo alla tua "costituzione" che si dice nata dalle ceneri della resistenza. Se tanto mi dà tanto essa nasce impregnata dei "valori" di tale momento storico. E tali "valori"..., Perdonatemi, per quanto tragicamente scorretto, ma altrettanto drammaticamente autentico ora scriverò... Ma nessuno che guardi la Storia da un'angolazione lontana e neutrale non direbbe che: "tali valori si raccolgono in tre principi: slealtà, amoralità, opportunismo". La costituzione repubblicana può forse non contenerli? Essa è sorta da tale pabulum storico e culturale. Chi può rispettare un patto sociale (perché tale è una Costituzione) fondato sulla slealtà, sull'amoralità e sull'opportunismo? Chiunque mi legge vive anche in questa terra avvelenata ormai da questi scellerati principii. Penso che tutti vedano e vivano sulla loro pelle le conseguenze tremende dell'impregnarsi nella società civile, lento e progressivo, ma non per questo meno velenoso, della costituzione italiana. Ambigua, eloquente, pretenziosa...ma, infine, buona per tutte le stagioni, come ciò che essa rappresenta: una finta nazione, senza senso e storia, fatta apposta per ripartire le genti della penisola tra sudditi e "amici". Un "patto" (patto in italia è un atto di forza che necessita di uomini in divisa per essere creduto ed ossequiato), ovviamente, scritto dagli "amici"...! In questo l'Italia come presunta nazione è il laboratorio ante litteram dell'attuale Europa. L'Europa non si è costituita manu militari, fondandosi sull'imperialismo di un piccolo paese che pretendeva di divenire grande (il regno di Savoia), come la "nazione" italiana. La finanza internazionale l'ha propugnata, forzata e formata, confidente nel fatto che le nuove tecnologie della comunicazione avrebbero cancellato la dimensione temporale del "futuro" annientandola in un eterno "adesso". E ha vinto, ha saputo vedere bene. Nell'assenza di futuro, che vale per noi tutti, è racchiusa la perdita e l'impossibilità di un passato: l'Europa nasce e vive nella fine perfetta della Storia. Ma poiché questo è in fieri, cioè sta accadendo, ma non è ancora accaduto, il laboratorio "italia" è ancora residualmente attuale. L'intera europa si sta, infatti, applicando ai principi di amoralità, slealtà e opportunismo. Ogni gruppo pensa per sé, opera per sé, spera per sé. Anche la slealtà si sta appropriando della politica europea: l'europa fomenta i galiziani dell'ucraina contro Putin, due mesi dopo averlo appoggiato nelle questioni siriane. L'europa apprende dall'Italia. Impara a non aver vergogna. Ma neppure speranza, né futuro. |
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04-02-2014, 23.41.44 | #147 | |
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
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Pensi veramente che se i valori umani fossero radicati nel profondo di ogni uomo sarebbe necessaria una legge esterna, accordi e patti? Ma questo è il percorso verso una convivenza più o meno tollerabile.. Non è sufficiente la maturità di pochi uomini a guarire la paranoia e le nevrosi di molti. Intendendo ogni eccesso di difesa e prudenza con paranoia ed ogni atteggiamento poco intelligente e non lungimirante con nevrosi: logico, è solo un modo il mio per evidenziare che se la maturità effettiva e la sanità mentale fossero già realtà consolidate di ogni individuo, patti e compromessi non sarebbero necessari. Il mio discorso mira alla possibilità della mente umana non all’uso improprio –di cui centrale è l’automatismo- che della mente si fa. Io dico e domando, di chi è la responsabilità se l’intelligenza esistente resta optional di pochi? La responsabilità è di quei pochi che non rendono la loro esperienza abbastanza accessibile agli altri. Chi sente di avere un poco di luce dovrebbe coltivarla di modo da aiutare la natura a fare il suo corso. L’unico modo di correggere il passato è agire nel presente. Se però a portare avanti valori illuminati da intelligenza autentica ci sentiamo idioti e perdenti significa che tale maturità non ha infine raggiunto nemmeno noi che pensiamo di possederla. Il fine? Quale fine ci sarebbe a portare avanti una mente paranoica e nevrotica se non quello di non muovere un dito affinché una nuova coscienza possa svilupparsi? Quale fine ci sarebbe a cercare di sviluppare l’intelligenza dei valori umani se non quello di non potere nascondere a se stessi la luce scoperta? Additare colpe mirando all’esterno non ha il medesimo potere della risoluzione all’interno della nostra coscienza. Dice il saggio: l'unico modo per sconfiggere il male è quello di procedere energicamente nel bene. Anche se alla sottoscritta ai termini “bene” e “male” sono preferibili quelli di “immaturità “ “maturità”, “procedere inerziale” o “intelligenza autentica (autenticamente razionale e lungimirante)”. Ad ognuno secondo sentire e possibilità. Questo è. Ciò che spesso crediamo null’altro che normale processo di sviluppo da un punto di vista differente può essere reputato fondamentalmente miracoloso. Che si abbia la vista dell’intelligenza razionale o quella dell’intelligenza sovra razionale il nostro tempo a disposizione è il cosiddetto presente ovvero ciò che noi siamo nel segreto e nel privato. |
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09-02-2014, 02.51.12 | #148 | |
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I va in Merica Fulminadi da un fraco de tempesta, l'erba dei prè, par 'na metà passìa, brusài le vigne da la malatia che no lassa i vilani mai de pèstà; ipotecado tutò quel che resta, col formento che val 'na carestia, ogni paese el g'à la so angonia e le fameie un pelagroso a testa! Crepà, la vaca che dasea el formaio, morta la dona a partorir 'na fiola, protestà le cambiale dal notaio, na festa, seradi a l'ostaria, co un gran pugno batù sora la tola: 'Porca Italia' i bastiema: 'andemo via!' E i se contai in fra tuti.-In quanti sio? -Apena diese, che pol far strapasso; el resto done co i putini in brasso, el resto, veci e puteleti a drio. Ma a star quà, no se magna no, par dio, bisognarà pur farllo sto gran passo, se l'inverno el ne capita col giasso, pori nualtri, el ghe ne fa un desìo! -Drento l'Otobre, carghi de fagoti, dopo aver dito mal de tuti i siori, dopo aver fusilà tri quatro goti; co la testa sbarlota, imbriagada, i se dà du struconi in tra de lori, e tontonando i ciapa su la strada! Chissà se la bontà di questo sito permetterà la pubblicazione di antiche blasfemie. La blasfemia è relativa, naturalmente: essa buca gli schermi oggi, pare banale domani e dopodomani... risorge come barzelletta! Questo è un poeta verista, nel solco di un momento storico e di un andamento del pensiero letterario delle lingue italiche, un po' strano. Siamo in fine ottocento (scriverei in venetico ma sono costretto all'italico dal sistema), un momento storico particolare per le tre venezie. Milioni di disperati scappavano dalla "porca italia" creata da artifici e stratagemmi (forse non tanto dissimile dall'oggi) e amministrata peggio. Forse i milioni di malefici dopo Lepanto ci piovvero addosso, le preghiere dei musulmani contro noi veneti andarono a segno. Eravamo e siamo una "colonia" dello stato piemontese che ci conquistò senza mai vincerci in battaglia, ma con la scaltrezza tipica della furbizia levantina: alleanze "giuste", nel momento "giusto", per obiettivi "opportuni". Ora, a valle di tutto questo, senza rabbia e senza troppa mortificazione, ecco un pensiero, un pensiero al riguardo del "giusto agire". Traduco al meglio dalla lingua tedesca. "Opera sempre così: come se il MOTIVO ULTIMO del tuo agire fosse evocato da una LEGGE fisica del Mondo". E' Kant, e uno dei modi in cui l'imperativo categorico della KPV è tradotto. Ma io mi permetto questa versione nuova che filtra dal tedesco al veneto e dal veneto all'italiano, con il senso che le parole disperdono e le locuzioni cercano di restaurare. Considerate quanto la costituzione italiana è remota da questo principio fondamentale. Essa è scritta da conquistatori, da Padroni, da gente che ha in testa l'esclusivo esercizio di diritti vuoti, in quanto privi di una controparte che li sostanzia. "Vanitas vanitatum, et omnia vanitas"... Non esiste e non vi sarà mai uguaglianza, il concetto stesso di "corpo sociale" lo presuppone. Ma quello che io temo non è la disuguaglianza, l'assenza di libertà, e neanche la slealtà ed il tradimento che sono cardini della civiltà italica. Io ho paura per il mio popolo, perché i tre milioni di emigranti a fine '800 possono essere poco rispetto a quello che ci toccherà adesso. Non lasciamoci morire. Per favore, non lasciamoci morire. |
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12-02-2015, 20.40.41 | #149 |
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Cit. Io ho paura per il mio popolo, perché i tre milioni di emigranti a fine '800 possono essere poco rispetto a quello che ci toccherà adesso.
Non lasciamoci morire. Per favore, non lasciamoci morire. Il popolo a cui ti richiami e per il quale temi, non ha né meno né più speranze di qualsiasi altro, neppure diritti a causa del glorioso passato della Serenissima Repubblica di Venezia, culla del buon governo, per quanto aristocratico, il più lungo che mai si conobbe nella storia dell’uomo… concordo che non sia poco, tutt’altro. Ma ogni cosa ha il suo inizio e la successiva fine, da quelle che duran lo spazio d’un giorno a quelle che spazian nei secoli, civiltà comprese. Purtroppo (amando l’arte) non sarà il Mose che impedirà alla meravigliosa Venezia di sprofondare e l’acqua a crescer sempre più. Ho trovato questa discussione che s’è fermata dopo il tuo intervento, l’ultimo. E m’è parso appropriato il titolo: L’uguaglianza a fondamento del giusto agire per riprendere il colloquio con te. Un compito difficile, poiché la tua maturità, esperienza e cultura, come ho avuto modo di constatare dai tuoi contributi, son filtro a quelli che non ne son affini (che dir all’altezza vorrei sperar non sia). Non apri facilmente le porte di casa, diritto d’ognuno, naturalmente; né ti si può sedurre con una poesia da principiante (che ti avevo dedicato, informandoti del gesto). Come puoi ben verificare non son neppur neofita nel mondo della filosofia, al più potrei sperar in quello d’uditore, ma il buon Ivo che tutti ci ospita in questa casa non ne fa questione di titoli, ma di valori, in primis di convivenza civile. Il tema di questa pregevole discussione è stato affrontato da più angolazioni, da Dostoevskij siam arrivati alla (non andata -eufemisticamente- a buon fine, secondo te) unità d’Italia, colà concludendosi. Qui mi permetto di veder la questione da un’altra angolazione che non è stata sinora considerata, la più vicina ed immediata: il nostro agire in questo forum è fondato sull’uguaglianza? È perché mi sento uguale a te quale ospite di questa casa che mi sento giustificato nella mia azione, parlandoti direttamente e pubblicamente, come si deve poter fare in una casa dove abbiam bussato e ci è stato aperto. La filosofia, l’amore per la verità (che è quello che qui si discute) accomunava Agostino e i suoi amici, desiderosi d’esser istruiti da lui. Ma qui è ancor più della sua santa casa, poiché son graditi (almeno a me) anche i Manichei e qualsivoglia rappresentante d’ogni possibile eresia e religione… come d’ogni filosofia che può anche celare un cuore non del tutto immacolato, vedi i quaderni neri di Heidegger venuti in questi tempi alla ribalta e di cui si tratta anche qui. Qui, nonostante come dici non sia il web d’un tempo, è il miglior web di questo tempo e sempre a mio avviso è frequentato da persone squisite. Nei dibattiti che qui si svolgono, necessariamente si presentano i giudici dell’uomo: l’ Etica e la Morale, che per molti son e devono esser riflesso della coscienza che ci distingue. Dei temi che competono a tal giudici, ad esempio (non è l’unico) paul11 tratta con una competenza che mai raggiungerò… e vedendo la sua sicurezza (frutto di passione e studio), stante che nel tempo qui trascorso si è formato tra noi un reciproco amichevole rispetto, confido che nel bisogno mi assisterà, come farò senz’altro dalla mia parte per altri ambiti. Ecco che la filosofia, che ha aperto questa porta tra noi, da fine è diventata mezzo per qualcosa che gli è superiore. In questa prospettiva non condivido la tua conclusione in un’altra discussione: Riferimento: Stupidità (La torre d'avorio della filosofia) Vedo dalle risposte che la Filosofia è morta. Essa è divenuta chiacchiericcio svagato per uomini senza futuro e senza intelligenza. Dovrà risorgere altrove e in altre lingue, qui un secondo medio evo si sta diffondendo ed è l'unica Realtà. Stupidamente abbiamo gettato anni delle nostre vite studiando e cercando di capire, ma questo sforzo inutile per fortuna si mostra semplicemente "vuoto" e "vano", non controproducente o cattivo. Non soltanto "scrivere", ma anche "parlare" in questo mondo degenerato e falso è "perder Tempo, ché a chi più sa più spiace." Meglio il silenzio, e basta. Se morendo la filosofia, tutte le scienze dell’uomo, tutte le cose che ritorneranno polvere, servisse ad aprir le porte del suo cuore… per me ne varrebbe la pena. Se il silenzio conducesse a questo allora avrebbe valore, non sarebbe reazione al chiacchiericcio svagato di uomini senza futuro e intelligenza. Con questi uomini (che mi auguro non identifichi tra gli utenti che sforzandosi han cercato di seguir il tuo pensiero, contribuendo alla discussione), se davvero pensi sia così, abbiamo a che fare. Questo, piaccia o meno è il nostro tempo e queste sono le circostanze. La vita ha messo in mano ad ognuno le sue carte, qui tutti vediamo come le giochiamo e purtroppo molti non si rendon conto del valore che ha uno spazio come questo… Tra le tue carte c’è quella dell’intelligenza, una vasta cultura, esperienza… qui si può parlar di tutto, ci sono persone di tutti i tipi, non vedi la bellezza di poter avere una parola per ognuno? Un amichevole saluto. Galvan |
27-04-2015, 21.30.11 | #150 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 20-04-2015
Messaggi: 5
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Riferimento: L' uguaglianza a fondamento del "Giusto Agire"
Salve a tutti, premetto che sono un nuovo utente e sono un semplice liceale, quindi ignorante e forse banale, ma adoro la filosofia, adoro discutere ed è per questo che mi sono iscritto.
Non mi limiterò quindi nel fornire una mia opinione anche al rischio di irritare tutti quanti, perché lo ritengo un mezzo fondamentale per approfondire su certe questioni. Ho visto la data dell'ultima risposta, quindi non ne aspetto una a mia volta, ma nella possibilità che dovesse arrivare scrivo quello che penso, precisando che purtroppo non ho il tempo per leggere tutto quello che è stato detto ed oltre ad essere banale o superficiale rischierò anche di essere ripetitivo. Ma veniamo alle cose importanti, sulle quali paradossalmente sarò sintetico. Penso che non si possa fondare una morale senza Dio e mi trovo pienamente d'accordo con Dostoevskij quando afferma ciò. Questo perchè al di fuori di un Dio nulla è oggettivo e la morale non è un dovere. Spiego queste due affermazioni: Nulla è oggettivo, sarà la solita risposta da ragazzetti, ma proprio per questo la esprimo in attesa di conoscere visioni più profonde. Cito nuovamente Dostoevskij nella mia argomentazione:"Se tu potessi fondare un mondo di bene sulle atroci sofferenze di una sola bambina, tu lo faresti?" diceva Alesa a Ivàn nei Fratelli Karamazov. Ebbene, la risposta a questa domanda è tutto fuorchè ovvia e oggettiva. Questo è solo un esempio, magari sciocco, ma mi sembra emblematico, tutto (quasi) è relativo, e dove tutto è relativo, senza un Dio che dice ciò che è giusto al di là delle convinzioni individuali, non ci sono né bene e né male. Ma è la seconda parte della risposta quella che mi interessa di più, perché è più che altro il dissidio tormentoso che sto vivendo al momento. Ammettiamo infatti che si possa trovare una premessa oggettiva su cui si possa fondare un sistema morale, bene, per quale motivo, senza Dio, io individuo dovrei adeguarmi a questo? Insomma, per quale motivo devo fare del bene e comportarmi moralmente? Senza Dio è perfettamente lecito essere egoisti, i più beceri egoisti, questo è quello che penso. Mi sono ritrovato a vivere una vita insensata ed inspiegabile, perché mai non dovrei fare il modo che questa sia la migliore possibile anche, e soprattutto, a discapito degli altri? Fare questo potrebbe essere definito "male"? (Che per certi versi non è un discorso totalmente differente da alcune riflessioni di Nietzsche, per il poco che conosco di lui). Insomma, sebbene puoi trovare un principio a fondamento di una morale (nel paradossale caso in cui questo sia condiviso), non puoi certamente trovare un principio razionale per comportarsi secondo questa e per il quale fare il contrario possa essere definito "sbagliato" e "male". E che nessuno pensi che intendo dire che gli "atei" non vivono secondo morale, spero di non essermi espresso così male. |