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07-06-2008, 08.47.37 | #2 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
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Riferimento: L'esistenza
Scusate l’intromissione e dimenticatela pure. Mi pare che il vostro dibattito verta adesso sul tradizionale e in qualche modo angosciante problema del solipsismo, che rode i filosofi che fondano le loro certezze sull’esistenza dell’io: è evidente che per loro esiste solo l’io individuale. Però, per essere coerente, il solipsista deve pure ammettere che non ha consistenza nemmeno il mondo da lui percepito, a meno di ritenere che un Dio riveli ad Albert che il mondo c’è e con esso gli amici epicurus e emmeci.
Il solipsismo è un po’ la malattia che pende su chi pensa innanzi tutto a sé stesso: quindi non è la malattia dell’infante che nasce alla vita (il quale non pensa neppure a sé stesso) ma semmai quella dei grandi idealisti: visto che perfino Kant e Fichte riconoscono che la posizione del solipsista è teoreticamente inattaccabile e Husserl ha dovuto spendere molte parole per dimostrare, anche contro Cartesio, che l’io è fondamentalmente intersoggettivo. Insomma, superare questo problema non sembra possibile affidandoci ai nostri neuroni e può essere risolto solo se entriamo nella sfera della moralità – come del resto mi pare che pensi anche epicurus, oltre che Kant e Fichte. Ed è quanto anch’io credo, basandomi su quel dovere di cercare l’assoluto che è il secondo principio della mia filosofia (il primo è che l’assoluto c’è), e poiché questo spasimo dell’assoluto non può rimanere imprigionato nei vincoli di un autocontrollo personale ma deve aprirsi a un’infinita esperienza, questo non può che comportare la presenza di altri e il rapporto con essi, che è l’unica argomentazione che si può opporre ai sostenitori del solipsismo: solo nell’esigenza morale sta la confutazione del solipsismo, anzi è proprio questo il nodo o punto nevralgico su cui si fonda una moralità - ammettere, contro ogni evidenza e ogni egoismo, che ci sono altri. Ed è questo – lasciamelo dire, Albert – che rappresenta non solo il limite della natura ma il limite della scienza: ciò che, anche senza bisogno di ricorrere a un Dio, dimostra che non possiamo considerarci degli individui “adattati” e che il disadattamento, cioè la moralità, è ciò che ha fatto dell’uomo una specie superiore se non l’ultima specie: non quindi il genoma ma la moralità, che è la capacità di superare le leggi della natura, che al massimo può arrivare a quel solipsismo allargato e in certo modo illuministico che anima api e formiche. (Quanto al concetto di esistenza, potrei solo dire, come premessa, che l’uomo non è solo “cosa” e non può essere studiato come si studia un oggetto materiale e neppure un ufo). |
07-06-2008, 15.38.09 | #3 | |||||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
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08-06-2008, 00.41.21 | #4 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-11-2006
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Riferimento: L'esistenza
In pratica, se non ho capito male, per albert la definizione di esistenza sarebbe completamente soggettiva, ovvero esisterebbe per il soggetto x solo ciò che il soggetto x può percepire, ho capito bene ?
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Direi un postulato vero e proprio, tra l’altro del tutto indimostrabile e al contempo inconfutabile. Nessuno potrà mai dimostrare o smentire che il resto del mondo che io percepisco non sia frutto di uno spinotto conficcato nella mia nuca (matrix docet) o che il mio cervello, o meglio la mia coscienza, sia immersa o meno in una specie di liquido e che riceva totalmente da esso tutti gli stimoli che io chiamo “mondo” ! Ma queste posizioni, se prese radicalmente sul serio, portano al nulla e all’immobilità o comunque alla distruzione totale (se è tutto falso posso distruggere l’intero pianeta, tanto non esiste) e siccome di una cosa siamo certi: noi “soffriamo” quando accade qualcosa (che sia pienamente reale o che sia uno stimolo indotto nel nostro cervello non ha importanza) se prendiamo il mondo come realmente esistente possiamo sicuramente evitare meglio la nostra sofferenza. Quindi è sia ragionevole che utile abbandonare la posizione solipsista e postulare l’esistenza reale del mondo che ci circonda. Ma se si postula ciò questa “esistenza” non può non essere percepita altrimenti che come “oggettiva” giacchè anche ciò che il soggetto x non percepisce esiste, altrimenti ritorneremmo al solipsismo. Il concetto che per x esiste solo ciò che x percepisce è un non senso logico se diamo alla parola esistenza la semplice ma al contempo universale definizione: esistenza = tutto ciò che è, indipendentemente da chi lo percepisce. Saluti Andrea |
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08-06-2008, 11.32.30 | #5 | |||||||
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2007
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Riferimento: L'esistenza
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Citazione:
Certo, per me è così; tra l’altro ne ho discusso lungamente per mail con epicurus, se lo ritenete interessante posso documentare sul forum anche questa discussione. Citazione:
Beh, i ragionamenti del tipo “se non è così tutto crolla” (tipo “se non c’è dio tutto è permesso”) non mi hanno mai convinto, non conviene escludere una posizione solo perché a prima vista ci porta a conseguenze che non possiamo tollerare, ma è opportuno esaminarla a fondo e, se corretta, vedere come si concilia con il nostro sentire più profondo (che ovviamente si oppone alla distruzione totale). Comunque, nel senso che ho proposto per la parola “esistere” la Terra esiste eccome. Il motivo per cui non dobbiamo distruggerla, oltre al fatto che moriremmo anche noi, è che questo andrebbe contro il nostro sentire etico, che secondo me nulla ha a che fare con l’esistenza metafisica, che ci dice che è bello e gratificante conservare le cose di valore. Citazione:
Non credo che adottare la mia proposta ci porti a non sapere evitare la sofferenza Citazione:
Secondo me è sufficiente il principio che hai citato all’inizio, l’osservazione che il mondo (l’insieme delle nostre percezioni) è coerente o, come dice emmeci, “consistente” Citazione:
secondo me il solipsisimo non deve fare paura Citazione:
Come avrai intuito, questa definizione non mi convince. Se non lo percepisco, come faccio a sapere che c’è? |
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08-06-2008, 12.19.56 | #6 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 13-06-2007
Messaggi: 529
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Ciao.... Una soluzione potrebbe essere questa......Il solipsismo è reale, ma tu non ne devi essere certo......Sicchè fai parte di un "tutto" assoluto che esiste senza tempo, consapevolmente "relativizzato", ma inconsapevole nei frattali di cui è costituito.....Cio' allo scopo (visto che si parlava anche di sofferenza) di percepire la differenza della gioia dal dolore nel riscatto di questo, come contributo emozionale dato dagli stessi frattali che in realtà sono esso stesso.... |
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08-06-2008, 14.26.11 | #7 | ||||||||||||
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
Messaggi: 2,725
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
La mia "obiezione etica" ha una natura diversa dalla tesi "se dio non c'è tutto è permesso". Tu ti impegni a credere che gli altri esistono solo se li percepisci. E' questo il punto. Se ti informano che in Val D'Aosta è scesa una frana e ha ucciso una comitiva di 10 persone, tale informazione non dovrebbe neppure scalfirti, perché in un certo senso quelle persone non esistono. Non le hai mai percepite e mai le percepirai. Sai che mi piace fare esemplificazioni per spiegare meglio le mie idee Situazione: hai di fronte a te un pulsante che se schiacciato attiva una bomba che distruggerebbe un intero villaggio del Nicaragua. Per te non sarebbe assolutamente un problema schiacciarlo, giusto? La mia "obiezione etica" ti sembrerà inappropriata in questo discorso, ma secondo me non è così. Tu parli di coerenza delle percezioni, ma naturalmente richiedi anche coerenza della tua persona, in particolare una coerenza tra le tue azioni e le tue credenze. Ed è proprio questo ciò su cui verte la mia "obiezione etica". Citazione:
Come puoi dire che anche le altre persone hanno una mente come la tua, dato che tu non l'hai vista e non potrai mai vederla? Alcuni potrebbero dire che è una faccenda indecidibile, ma non per te: stando alla tua posizione le altre menti non esistono. Quindi, ti chiedo, accetti anche questa conseguenza della tua tesi? Citazione:
Rimane comunque un problema: qualcosa di non esistente può cambiare il tuo stato da morto a vivo? Altro esempio. Vedi che davanti a te c'è una sega circolare in funzione. Ora ti giri e le dai le spalle, poi chiudi gli occhi. Ora ti rigiri dove (in pratica) dovrebbe esserci la sega, ti avvicini a lei, gli metti la mano sopra, ti riallontani, ti giri di nuovo ritornando a dare le spalle alla sega circolare, e solo ora apri gli occhi. Hai ancora la mano? (Vedi poco più sotto, dove discuto la consistenza delle percezioni.) Citazione:
No, non esiste più niente dal momento che tu non esisti. Citazione:
Vuoi dirmi che prima del 2003 la galassia Nana Ultra-Compatta non esisteva, e che tutto d'un tratto, magicamente, iniziò ad esistere ed interagire con l'universo? Come la mettiamo con fenomeni/eventi/oggetti fisici prima sconosciuti, che quando vengono scoperti spiegano a posteriori molti fatti? Citazione:
Prova a sviluppare questo principio. Cioè, prova a spiegare meglio a che cosa ti servirà questo principio e quando/come lo utilizzerai. Se ho capito bene, vedrai sbucare molti problemi... La coerenza, come credo la intendi tu, non è semplicemente una coerenza logica, ma è quella coerenza che se dopo tutta la procedura con la sega, apri gli occhi e non trovi più la mano, allora ti fa inferire che la sega esiste. Ma questa inferenza la devi aver imparata! Ciò sembra ridurre "x esiste se è una entità che mi serve per organizzare le mie percezioni" a "x esiste solo se è percepita". Citazione:
La posizione solipsistica non è inattaccabile, infatti ti scrissi via email riguardo alla sua insensatezza. E sì, naturalmente puoi incollare qui sul forum anche quel dialogo, però ho paura che in questo topic si vada fuori dall'argomento. Mi spiego meglio: secondo me è impossibile costruire alcunché partendo dal solipsismo. Se una persona accetta il solipsismo deve necessariamente fermarsi lì. Quindi eviterei di prenderlo in considerazione in questa discussione. Se tu continui a credere il contrario, allora la questione è sicuramente on-topic e quindi puoi postarla in questa discussione. Citazione:
Ma credi che gli altri esistano veramente nello scenario che tu hai proposto? Credi che una vita "a scatti", conseguenza della tua tesi, sia una vera esistenza? O hai altre assunzioni da fare? Citazione:
Ripeto quello che ti ho detto sopra. Non mi interessa qui cosa pensi dell'etica, vorrei solo che tu adottassi una coerenza tra ciò che credi e come agisci. Citazione:
Io potevo condividere a pieno il tuo obiettivo principale -- quello, cioè, di alleggerirci da visioni troppo metafisicizzate del reale -- ma ti sei spinto troppo in là e hai finito per creare tu stesso una metafisica colossale. Una metafisica ben più pensate della maggior parte delle metafisiche che ci sono in giro. Citazione:
Come ho scritto poco più sopra, sempre in questo post, ti do carta bianca Però, prima di incollare qui la discussione e di allargare ancora di più la questione, considera se tu ti possa servire effettivamente del solipsismo per costruire la tua tesi "x esiste se è una entità che mi serve per organizzare le mie percezioni". Citazione:
A nessuno, che io sappia, è data l'onniscienza. Credo che sia normale riconoscere che ci siano delle cose che noi non conosciamo. Ed è ben più ragionevole credere questo rispetto a credere che di punto in bianco si creino galassie dal nulla. |
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08-06-2008, 15.02.20 | #8 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Nemmeno io sono persuaso con certi ragionamenti, ma il mio è leggermente diverso. Io non sostengo che “se non è così tutto crolla”, intendo dire che “se non è così dobbiamo tacere su tutto”, nulla ha alcun senso nemmeno discutere giacchè tu saresti nientemeno che nulla, una invenzione del mio cervello (o dello spinotto) ergo a che pro discutere ? Chiunque accetti il solipsismo deve fermarsi li, immobile. Ritengo dunque che, come hai detto tu stesso, occorre postulare che la realtà altra da noi stessi esista concretamente e se esiste concretamente non puoi sostenere che esiste solo ciò che percepisci. Citazione:
Guarda, sull’esclusione dei concetti metafisici sfondi una porta aperta. Pensare che la terra esista concretamente però è contraddittorio con l’affermazione che esiste solo ciò che percepisci. Citazione:
La tua propria sofferenza no, ma quella di persone o enti di cui non hai esperienza si. Difatti se tu ammetti che per te esiste solo ciò che esperisci personalmente, allora tutto ciò che non esperisci ti è indifferente perché non esiste e dunque per te tutto il “non esistente” è nulla ergo se ex ipothesi in questo insieme ci fossero esseri senzienti che soffrono, essi potrebbero soffrire senza che tu te ne possa preoccupare. Attenzione questo non è solo un problema etico, ma anche pratico, giacchè tu non potrai mai sapere cosa potrà succedere se ignori ciò di cui per il momento non hai esperienza diretta. Potrebbe rivelarsi un errore tale da mettere in pericolo la tua stessa esistenza. Citazione:
Perché gli enti esistono indipendentemente dalla percezione reciproca degli stessi. Io so che Mario esiste perché lo percepisco, quindi so che Mario esiste anche se Luigi non lo ha mai “percepito” e dunque so che Luigi se affermasse che Mario non esiste direbbe il falso. Ritengo questo ragionamento conclusivo. Saluti Andrea |
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08-06-2008, 17.42.29 | #9 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Provo ad inserirmi nella discussione. La posizioni di albert, che mi interessa molto, mi sembra molto cartesiana come approccio, non necessariamente solipsistica.
L'unica cosa che conosciamo con certezza é il nostro spirito, la nostra coscienza (pensiero e percezione). Ciò non equivale a dire che questa è l'unica realtà esistente. Noi possiamo (ri-)costruire altri esistenti a partire dal nostro 'pensiero e percezione', il fatto che questa ricostruzione sia fallibile e non rigorosamente certa come la nostra esistenza, non ci deve, a mio avviso, scoraggiare. Il punto fondamentale della ricostruzione é l'esistenza degli altri uomini, intesi come enti dotati di esistenza analoga alla mia (pensiero e percezione). Perché dovrei accettare ciò? Sembra un postulato abbastanza ingombrante per un punto di partenza solipsistico. Si potrebbe ricorrere ad una sorta di innatismo etico, cioé noi riconosciamo l'Altro come nostro simile di fatto, senza sapere perché, come intuitivamente conosciamo che 2 e 2 fanno 4, che dato un contenitore con 99 palline rosse e una bianca l'estrazione della bianca è meno probabile (avevo letto di un esperimento in questo senso su dei bambini di pochi mesi e pareva proprio che avessero una nozione intuitiva di probabilità), etc. Ma forse l'esistenza dei miei simili si riconosce meglio nella somiglianza del loro corpo al mio (anche questo costruito), del loro comportamento analogo al mio di fronte a certi fenomeni e nel dialogo, dove ad una domanda ricevo una risposta che sembra dettata da un pensiero, proprio come il mio! Questa ricostruzione, lo ripeto, non è dettata da certezza, il genio maligno o il cervello in una vasca sono ipotesi che continuano a rimanere inconfutabili, noi riconosciamo nelle cose e negli altri esistenze autonome e non solo percezioni, perché questo è più intuitivo. Una volta accettata l'esistenza autonoma degli altri noi possiamo avere una certa fiducia nel linguaggio. Se persone delle cui asserzioni mi fido mi dicono che in Darfur ci sono persone che soffrono per una guerra io ci credo e posso anche battermi per la pace. Se mi dicono: In Italia abitano 60 milioni di persone io credo che vi siano 60 milioni di altri uomini come me dotati di coscienza e pensiero. A questo punto richiamerei la discussione sul vecchio forum circa Quine la tesi olistica della conoscenza e l'intersoggettività, che, una volta accettata l'esistenza degli altri mi permette di spiegare la nostra conoscenza. Più che solipsismo questo è costruttivismo. |
09-06-2008, 13.17.21 | #10 | ||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Ma Albert, da quanto ci ha spiegato lui, non sta proponendo una teoria gnoseologica che parte dal certo per arrivare a comprendere anche altri enti e fenomeni. Albert ci propone una teoria ontologica: esiste solo ciò che percepisco. Tutt'altra posizione (che mi pare sia quella che tu proponi) è dire che conosco solo ciò che percepisco. Albert non ha dubbi: se non sto vedendo l'America, l'America non esiste. Neppure la luna esiste, di giorno. Come dice Andrea, per Albert neppure noi esistiamo. Citazione:
Sicuramente quella discussione è pertinente con questo topic, ma prima vorrei capire cosa risponde Albert a tutti questi nostri post. |
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