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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 01-10-2013, 09.16.29   #91
maral
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Originalmente inviato da ulysse
Ma non credo che pur di fare un discorso logicamente strutturato in modo da non dar luogo a contraddizioni, sia legittimo ignorare la realtà delle cose: la priorità sta nel descrivere la realtà delle cose, non nel come strutture il discorso con questo o con quel significante…per ovviare ad una qualche contraddizione!
D'accordo, ma resta aperto il problema di quale sia la realtà delle cose che non va ignorata, dato che di fatto la ignoriamo. Qualsiasi approccio alla realtà delle cose di fatto in qualche modo la pre definisce arbitrariamente, sia che dica che la realtà è ciò che vedo e quantifico in modo ripetibile, che la realtà è ciò che funziona o ciò che ci torna utile, che la realtà è ciò che non si contraddice.
D'altra parte se la realtà si contraddisse ci sarebbe impossibile dire qualsiasi cosa su di essa, verrebbe sempre contraddetta.

Citazione:
Intendo dire che le entità concrete, per esistere, non necessitano della coscienza di qualcuno.
D'accordo, ma anche questo è espresso dalla coscienza di qualcuno. E pure che la luna esisteva prima che ci fosse alcun essere cosciente è sempre detto dalla coscienza di qualcuno e dal modo in cui quella coscienza intende le cose. Io penso che comunque ci voglia sia la cosa che la coscienza per poter dire che una cosa esiste, l'esistenza implica la coscienza e viceversa, separarle non ha senso anche se spesso può tornare comodo.

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Originalmente inviato da donquixote
Non riesco a comprendere come ciò che non funziona possa essere ritenuto vero, poiché dal punto di vista empirico come dicevo sopra per la macchina un tostapane non funzionante non è, a rigore, un tostapane, ma solo un oggetto in ferro e lamiera fatto in un certo modo (prova a mostrare un tostapane rotto a qualcuno che non ha mai visto un tostapane prima e non lo riconoscerà come tale, ma se glielo mostri funzionante condividerà la sua definizione come macchina che tosta il pane) e dal punto di vista logico ogni teoria che non riesca a spiegare un fenomeno (ché a quello servono le teorie) e quindi non funzionerà non credo vi possa essere qualcuno che potrà giudicarla vera. Poi i fenomeni si possono spiegare attraverso teorie diverse e magari contrapposte, ma alcune verranno ritenute più funzionali (e quindi più vere) di altre. La teoria tolemaica e quella copernicana hanno avuto appunto questa evoluzione. Anche la teoria tolemaica spiegava il movimento dei pianeti, ma quella copernicana lo faceva più semplicemente e quindi fu ritenutà più "vera" appunto perché più funzionale.
Un tostapane che non funziona non è un non tostapane, ma semplicemente un tostapane che non funziona che in quanto tale è vero quanto un tostapane che funziona. Certamente si può definire per comodità di tipo economico il tostapane solo in base alla sua funzione (trascurando la descrizione degli elementi insieme assemblati che lo costituiscono, la forma e via dicendo) e non riconoscerlo quindi più come tale una volta che abbia smesso di funzionare, ma questo è del tutto arbitrario, dipende da una scelta riduttiva di comodo. Questa scelta riduttiva può poi ancora essere accettabile per un mezzo artificiale come il tostapane tecnicamente progettato da qualcuno solo per servire a un fine ben preciso, ma non per un qualsiasi essente. Come possiamo dire che un uomo, un animale, una pianta, una pietra, un cristallo e via dicendo sono veri solo se funzionano? Per cosa dovrebbero funzionare? Quale funzionalità li invera?
Il punto è che l'assunzione che vero è ciò che funziona può essere presa in considerazione solo in riferimento alle macchine (ai mezzi progettati solo per funzionare) e pretesa esaustiva solo in quanto ormai non riusciamo proprio più a vedere l'intero universo se non come una macchina e scambiamo la funzionalità delle macchine per la verità oggettiva delle cose, del tutto ciechi alla distorsione culturale soggettiva che determina a priori questo modo di pensare.
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Vecchio 01-10-2013, 14.32.54   #92
donquixote
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Riferimento: L'esistenza

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Originalmente inviato da maral


Un tostapane che non funziona non è un non tostapane, ma semplicemente un tostapane che non funziona che in quanto tale è vero quanto un tostapane che funziona. Certamente si può definire per comodità di tipo economico il tostapane solo in base alla sua funzione (trascurando la descrizione degli elementi insieme assemblati che lo costituiscono, la forma e via dicendo) e non riconoscerlo quindi più come tale una volta che abbia smesso di funzionare, ma questo è del tutto arbitrario, dipende da una scelta riduttiva di comodo. Questa scelta riduttiva può poi ancora essere accettabile per un mezzo artificiale come il tostapane tecnicamente progettato da qualcuno solo per servire a un fine ben preciso, ma non per un qualsiasi essente. Come possiamo dire che un uomo, un animale, una pianta, una pietra, un cristallo e via dicendo sono veri solo se funzionano? Per cosa dovrebbero funzionare? Quale funzionalità li invera?
Il punto è che l'assunzione che vero è ciò che funziona può essere presa in considerazione solo in riferimento alle macchine (ai mezzi progettati solo per funzionare) e pretesa esaustiva solo in quanto ormai non riusciamo proprio più a vedere l'intero universo se non come una macchina e scambiamo la funzionalità delle macchine per la verità oggettiva delle cose, del tutto ciechi alla distorsione culturale soggettiva che determina a priori questo modo di pensare.

Un tostapane, come ogni macchina, può avere forme e dimensioni molto diverse, e quindi è difficile partire da queste per poterlo definire (anche perché una macchina destinata ad altro può avere forma e dimensioni di un tostapane). Se io poi costruissi un tostapane di plastica questo non potrebbe funzionare poiché il calore della resistenza lo scioglierebbe. Tutto l'apparato costruttivo di una macchina, quindi, deve essere progettato e assemblato sulla base della funzionalità a cui tale macchina è destinata, e se non si ottempera a questa non si può nemmeno asserire che questa macchina, che non funziona, sia "vera". Filosoficamente quindi una macchina (che è progettata e destinata ad una particolare funzione) che non funziona è solo un più o meno informe ammasso di metallo, e in quanto tale non possiede alcuna "verità" intrinseca. D'altronde un cubo metallico che deriva da una pressa per rottami automobilistici è ancora una macchina? E se no, quando "smette" di essere tale?
Io sono quanto di più lontano vi sia dal pensiero meccanicistico moderno, e non condivido affatto questa visione della verità come funzionalità, ma nondimeno non posso non notare che la scienza, sull'onda appunto del meccanicismo cartesiano, l'ha adottata e l'ha fatta sua, esprimendola in ogni circostanza; basta guardare ad esempio l'adozione dello "stato vegetativo" in medicina per definire uomini che non riescono a muoversi e a comunicare: non vengono più definiti uomini ma "vegetali", confondendo l'umanità con la mobilità; allora a questo punto bisognerebbe dire che un uomo senza gambe è un "mezzo uomo".
Tutta la scienza medica è tesa a ristabilire la "funzionalità" dell'essere umano inteso come ente autonomo che comunica con i suoi simili, e una volta raggiunta questa si dice che l'uomo "è guarito" mentre si trascura del tutto quel che effettivamente dovrebbe essere espressione della sua "umanità" sia nel senso generale di specie che in quello particolare di individuo.
Per me la verità è l'essenza, il fondamento, e se questa nelle macchine si definisce dalla loro particolare funzione che è predeterminata dal progettatore, negli organismi questo ragionamento non si può fare perché è intrinseca all'organismo stesso, anche se converrai che nel mondo moderno ogni uomo, ogni animale e anche ogni pianta viene definito sulla base di una funzionalità. L'uomo in particolare viene definito di volta in volta sulla base delle funzioni che ricopre, magari diverse durante la stessa giornata, e quasi nessuno ormai è disposto ad accettare le persone in sé ma lo fa (o non lo fa) solitamente sulla base del "ruolo" che esse ricoprono, in modo tale da richiamare in via immediata gli schemi concettuali razionali con i quali si è soliti rapportarsi non tanto con quella persona ma con quella "funzione", che di volta in volta viene ricoperta da persone diverse. Ciò che cambia e che conta è quindi la funzione, e il fatto che questa sia incarnata in persone completamente diverse tra loro diventa secondario, come si può vedere ad esempio dall'autorevolezza che assumono le parole di un Presidente degli Stati Uniti anche quando si trattava di una persona imbelle come Bush Junior.
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Vecchio 01-10-2013, 19.44.26   #93
ulysse
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Originalmente inviato da albert
Il mio pensiero definisce ciò che so....ecc...
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Originalmente ida ulysse
Secondo questi discorsi sembrerebbe esistere solo ciò che ha influenza su di me ...sul mio pensiero.
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Originalmente da Albert
Il mio pensiero definisce ciò che so: di quello che non rientra nel mio pensiero non so niente, quindi non posso nemmeno sapere se esiste. O no?
Come dicevo, la cosa è complessa…un pasticcio: non posso solo riferire l’esistenza delle cose al fatto che io lo sappia…. e se non lo so non esiste: sarebbe troppo restrittivo!

Infatti molte cose che conosco non hanno influenza sul mio esistere...a parte la faccenda che un qualche neurone cambia stato…ma so anche (suppongo) che esiste una infinità cose che non conosco in modo specifico e che quindi non avrebbero influenza alcuna sul mio esistere…o sul loro…nemmeno un “neurone”, infatti, è loro dedicato!
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Originalmente inviato da ulysse
L'idea che io possa ritenere vero solo ciò che con me, con la mia mente, interagisce e mi influenza non sta in piedi...mi pare anzi che sia inconcepibile o non accessibile alla nostra mente: è un discorso che non si può fare!
E' comunque intrinsecamente contraddittorio!
Citazione:
Originalmente inviato da Albert
Che tempi, signora! Non c’è più religione! A parte le battute, serve un cambio di prospettiva. Il concetto “classico” di esistenza (che – mi si lasci dire - non è nemmeno ben definito) è insostenibile, come avrebbe dovuto ricavare dalle sue premesse Cartesio
Vediamo che dice Cartesio:
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Originalmente inviato da Renato Descartes
Supporrò che vi sia un genio malvagio, non meno astuto e ingannatore che possente, che abbia impiegato tutta la sua industria a ingannarmi. Io penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo non siano altro che illusioni e inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità. Considererò me stesso come privo di mani, di occhi, di carne, di sangue, come non avente alcun senso, ma credendo falsamente di avere tutte queste cose
Citazione:
Originalmente da Albert
Cartesio conclude che le cose esistono perché la bontà divina non ci potrebbe ingannare, ma secondo me è meglio concludere che l’idea di “esistenza” come ci viene naturale è insostenibile: se non per noi stessi (e non sappiamo neanche in che forma, altro che neuroni) non sappiamo dell’esistenza di nulla. Il concetto tradizionale di esistenza secondo me va “rottamato”, ed è opportuno introdurre un concetto “light”, come quello che ho proposto. Giusto per evitare di dover cambiare tutte le frasi in cui si usa la parola “esistere”
Il discorso delle bontà divina non sta in piedi: che esista o non esista un Dio…sembra comunque che di noi se ne freghi.

E poi, a quei tempi, le menti di filosofi anche illustri erano inquinate da eccessivo teismo…tanto da fare discorsi di questo genere…sul demone ingannatore e sul Dio buono che non ci inganna.

Sono solo metafore: niente di scientificamente definito!
Il comune concetto dell’esistere o meno è effettivamente abbastanza vago, ma non credo possibile ridurlo ad una sola proposizione universale e oggettiva…valida per tutte le esistenze.
Citazione:
Originalmente da ulysse
Se non esiste la cosa nelle sua concretezza emerge comunque il mio pensiero: un qualche neurone cambia di stato non appena il mio pensare emerge e quindi almeno il pensiero esiste...infatti esso mi influenza...anche indipendentemente dal fatto che la cosa il concetto, l'idea pensata...sia vera o falsa!

Credo quindi che la definizione di esistenza basata sul fatto che essa abbia su di me una qualche influenza non valga.
Citazione:
Originalmente da Albert
Beh, ma cosa ne so in fondo dei neuroni? Il mio pensiero potrebbe avere qualsiasi supporto, i neuroni potrebbero fare parte, come tutto il resto di ciò che percepisco, di una immensa costruzione del demone ingannatore di Cartesio.
Ma se lo pensiamo avrebbe influenza su di noi ed il demone ingannatore esisterebbe!

Mi riferivo, infatti, solo all’ipotesi secondo cui esisterebbe solo ciò che ha influenza su di noi: allora sarebbe sufficiente un nostro pensiero:…un paio di neuroni cambiano di stato (influenza subita) e la cosa esiste!....ma è un estremizzare!

Che poi il “pensiero” potrebbe riferirsi ad un “immaginario” che già si sa essere inesistente…oppure ad un creduto esistente per fede…che solo una certa parte di noi accetterebbe…l’altra parte direbbe che non esiste, ma, se pensata, esiste!
Citazione:
Originalmente da ulysse
In definitiva direi che "nun se po' campà accussì!"...la questione della "influenza"...o che esiste solo ciò che ha conseguenze percepite e coscienti, secondo me, non vale!
E' nello stesso tempo, troppo limitativo e nel contempo estensivo.
Citazione:
Originalmente da Albert
Mi rendo conto che può sembrare bizzarro ma, secondo me, se ci si riflette a fondo senza preconcetti si possono vedere i vantaggi di questa impostazione. Richiede un cambio di prospettiva.

ll punto secondo me è che non posso dire che una cosa che io non penso “esista”. Non ne so niente, non posso dire se esiste o meno
Io posso non saperne niente, ma so che altri, pochi o molti che siano, sanno: le galassie fuggono!...il telescopio di Hubble in orbita le vede (in qualche modo le percepisce) fin nel più profondo universo di miliardi di anni fa!
Quindi le galassie esistono (utili e funzionali ) ed esisterebbero anche se nessuno ne sapesse niente, come, in effetti, esistevano anche quando veramente nessuno ne sapeva niente.

Qualcosa del genere vale per la quantistica…o per le tante scoperte concrete o solo concettuali che la scienza ha fatto nel suo evolvere!

Il concetto di esistenza è dunque anche retroattivo …magari anche futuribile se pensiamo alla esistenza futura ipotizzabile di cose che ancora…non esistono!

...Il riscaldamento globale!....i mari sommergeranno le città!

Oppure, come già accennato, l’esistenza, se solo affidata al pensiero si estende anche oltre l’universo…nel trascendente e quindi anche nel post mortem: i fantasmi esistono! sono utili e funzionali…per chi ci crede!

In definitiva l’esistere ha la più ampia estensione che si possa immaginare.

Posso concepire e percepire che esisto io, che esistono gli altri viventi, che esista l’universo immanente ed anche il trascendente…persino che esistano le cose vere e le cose false...inesistenti, ecc…

Ma chi e cosa mi dimostra che veramente esisto io e tutto quanto posso pensare…non solo io ma tutti gli altri?

Direi che oltre che da me stesso, dal fatto che ho coscienza di percepire… bene o male che sia...vera o falsa…la dimostrazione proviene dalla "cultura"… dalla affidabilità delle cultura nostra personale…o anche globale…ecc...
Non dimenticando che una tale affidabilità è comunque relativa…come tutto... del resto.

Quindi è anche questione di crederci:

Se credi nelle teologia saranno vere ed esistenti nel massimo grado, utili e funzionali, le conseguenze che da un tal credere derivano.

Se credi nelle scienza allora la massima affidabilità nell’esistere sarà da attribuire a ciò che dalla scienza è affermato e da essa consegue.

Certo che le “concretezze” che tocchi con mano, esistono comunque, anche se inutili, indipendentemente dalla credenza e fede: un sasso, in mezzo alla strada... magari grosso, non ha alcuna funzionalità, ma ha di per sé, una esistenza intrinseca e se gli dai un calcio rischi di romperti il piede!

Tuttavia la cosa non è proprio così pacifica: la metafisica, infatti, affermerebbe invece che se non gli dai un calcio..il sasso non esiste!

Come dicevo è un pasticcio!
Ma se pò campà accussì!
ciao
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Vecchio 01-10-2013, 22.53.59   #94
maral
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Originalmente inviato da donquixote
Un tostapane, come ogni macchina, può avere forme e dimensioni molto diverse, e quindi è difficile partire da queste per poterlo definire (anche perché una macchina destinata ad altro può avere forma e dimensioni di un tostapane). Se io poi costruissi un tostapane di plastica questo non potrebbe funzionare poiché il calore della resistenza lo scioglierebbe. Tutto l'apparato costruttivo di una macchina, quindi, deve essere progettato e assemblato sulla base della funzionalità a cui tale macchina è destinata, e se non si ottempera a questa non si può nemmeno asserire che questa macchina, che non funziona, sia "vera". Filosoficamente quindi una macchina (che è progettata e destinata ad una particolare funzione) che non funziona è solo un più o meno informe ammasso di metallo, e in quanto tale non possiede alcuna "verità" intrinseca. D'altronde un cubo metallico che deriva da una pressa per rottami automobilistici è ancora una macchina? E se no, quando "smette" di essere tale?
Ok, assumiamo dunque che un vero tostapane sia definibile come una cosa che funziona a tostare il pane in base alla sua funzione e nient'altro. Dunque mentre non sarà più un vero tostapane la macchinetta apposita andata in cortocircuito, è senza dubbio un vero tostapane un forno a legna, o anche una pietra rovente, oppure il cofano surriscaldato di una vecchia automobile su cui appoggio una fetta di pane, basta che funzioni allo scopo a cui io lo voglio far funzionare, ossia tostare il pane. Ma in tal caso torniamo a dire che se vero è ciò che funziona e ciò che funziona è ciò che si vuole far funzionare, vero è ciò che si vuole far funzionare e torniamo a un'affermazione metafisica a mio avviso molto rischiosa, come ho precedentemente indicato facendo riferimento all'utilità.

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Tutta la scienza medica è tesa a ristabilire la "funzionalità" dell'essere umano inteso come ente autonomo che comunica con i suoi simili, e una volta raggiunta questa si dice che l'uomo "è guarito" mentre si trascura del tutto quel che effettivamente dovrebbe essere espressione della sua "umanità" sia nel senso generale di specie che in quello particolare di individuo.
Appunto, mentre è comunque discutibile ridurre anche una macchina alla sua mera funzionalità, cosa completamente assurda è ridurre ogni ente a macchina valutandolo in base a una progettualità funzionale che la cultura sociale definisce per lui.
A questo punto occorre però fare un inciso. Per far rientrare gli esseri viventi nel sistema meccanicistico funzionale si è proceduto a definirli come macchine autopoietiche, ossia macchine la cui funzione è mantenere il proprio equilibrio biologico omeostatico. Ossia mentre una macchina normale è un mezzo che funziona per scopi a sé alieni (fossero pure astrazioni ideali), l'essere vivente è un mezzo che funziona per se stesso, per mantenersi in vita. Il discorso sembra così poter liberare l'essere vivente da rischi di schiavitù alienante pur mantenendone la definizione di macchina indispensabile alla visione tecnologica e scientifica odierna, però anche così si aprono altri complessi e inquietanti interrogativi. Ad esempio, quando l'essere vivente così definito non è più capace di funzionare per la propria omeostaticità non è più un vero essere vivente? Oppure lo è, ma solo considerandolo come parte di quel sistema molto più esteso che ora lo mantiene in vita e che comprende non solo gli aggeggi meccanici e chimici che coadiuvano le sue funzioni, ma pure tutta la struttura che li realizza, li progetta e li fa funzionare? E allora l'individuo di cui si voleva salvaguardare l'indipendenza autopoietica, proprio in quanto da solo non è in grado di funzionare non correrà di nuovo il rischio di diventare un mezzo di funzionamento per un sistema molto più esteso e complesso di cui egli è solo un'infinitesima parte e che vuole funzionare solo per se stesso? E guarda che oggi con l'attuale sviluppo tecnologico questa condizione in cui l'individuo è sempre meno in grado di provvedere ai suoi bisogni vitali autonomamente, è proprio quella in cui tutti ci troviamo, tutti individualmente godiamo sempre minore autonomia funzionale, dunque, stando alla definizione, siamo sempre meno veri esseri viventi in quanto sempre più mezzi per qualcosa ben più vero e funzionale di noi che costituisce il nostro senso di riferimento funzionale, ciò per cui finiamo per il dover funzionare.

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L'uomo in particolare viene definito di volta in volta sulla base delle funzioni che ricopre, magari diverse durante la stessa giornata, e quasi nessuno ormai è disposto ad accettare le persone in sé ma lo fa (o non lo fa) solitamente sulla base del "ruolo" che esse ricoprono, in modo tale da richiamare in via immediata gli schemi concettuali razionali con i quali si è soliti rapportarsi non tanto con quella persona ma con quella "funzione", che di volta in volta viene ricoperta da persone diverse. Ciò che cambia e che conta è quindi la funzione, e il fatto che questa sia incarnata in persone completamente diverse tra loro diventa secondario, come si può vedere ad esempio dall'autorevolezza che assumono le parole di un Presidente degli Stati Uniti anche quando si trattava di una persona imbelle come Bush Junior.
Aggiungo che la perversione non consiste tanto nel considerare la funzione come parte di ciò che sono gli individui, quanto nella pretesa di considerare gli individui in relazione esclusiva alla loro funzione e al loro modo di ben funzionare per essa (un capovolgimento radicale del mezzo con il fine, come direbbe Marx, realizzato non dal capitale, ma dalla visione tecnica funzionale del mondo). E il fatto che oggi questa sorta di perverso riduzionismo si vada considerando sempre più normale se non conveniente è sintomo di quanto profonda sia la follia ontologica autodistruttiva in cui siamo precipitati senza nemmeno esserne coscienti (mentre a livello inconscio lo sentiamo assai bene e lo avvertiamo nel crescente dilagare delle patologie depressive e dei fenomeni di dipendenza).
maral is offline  
Vecchio 02-10-2013, 20.12.59   #95
ulysse
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Originalmente inviato da maral
D'accordo, ma resta aperto il problema di quale sia la realtà delle cose che non va ignorata, dato che di fatto la ignoriamo. Qualsiasi approccio alla realtà delle cose di fatto in qualche modo la pre definisce arbitrariamente, sia che dica che la realtà è ciò che vedo e quantifico in modo ripetibile, che la realtà è ciò che funziona o ciò che ci torna utile, che la realtà è ciò che non si contraddice.
D'altra parte se la realtà si contraddisse ci sarebbe impossibile dire qualsiasi cosa su di essa, verrebbe sempre contraddetta.
Non è la "realtà là fuori" che si contraddice, siamo noi, nelle interpretazioni che di essa facciamo che possiamo contraddirci

Comunque, forse è vero ciò che dici...e nessuno uomo onesto vorrebbe coscientemente ignorare la realtà delle cose...solo che l'approccio a tale realtà non è facile o immediato: la realtà, nella sua completezza, possiamo solo perseguirla...in un continuo "try and error"...che speriamo positivo!

Comunque a me pare che una certa tua insofferenza o insoddisfazione, in rapporto al nostro acquisire o interpretare la realtà nasca dal fatto che pretendi troppo.

Sembra tu pretenda (o che ti aspetti) che la "realtà" sia immediatamente, assolutamente nota ed evidente...che sappiamo "assolutamente" definirla e interpretarla:
ma è solo la tua formazione culturale che ti pone in tale situazione...relativa per'altro!

Ora non è che io voglia pormi ad esempio...ma io non pretendo o non mi aspetto niente se non ciò che riesco a conquistarmi...o che riusciamo a conquistarci: la mia formazione culturale, infatti, predilige la parola "perseguire"!

C'è un universo là fuori...che supponiamo intrinsecamente reale nella sua evoluzione: noi umani, dagli albori della civiltà, ne perseguiamo la "conoscenza": perseguiamo cioè, indefessamente, una sempre maggiore e più conforme conoscenza della realtà dell'universo!

In effetti è coi mezzi concettuali e strumentali che la "vision" scientifica ritiene i più efficaci…e sempre più efficaci… che sempre più lo conosciamo, questo universo o multiverso, con trend crescente.

Certo che occorre darsi da fare...predisporre e disporre di mezzi e intelligenze per andare sempre più oltre...oltre le colonne d'Ercole!
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Oringinalmnte da maral
D'accordo, ma anche questo è espresso dalla coscienza di qualcuno. E pure che la luna esisteva prima che ci fosse alcun essere cosciente è sempre detto dalla coscienza di qualcuno e dal modo in cui quella coscienza intende le cose. Io penso che, comunque, ci voglia sia la cosa che la coscienza per poter dire che una cosa esiste, l'esistenza implica la coscienza e viceversa, separarle non ha senso anche se spesso può tornare comodo.
E' una osservazione che mi trova concorde: noi oggi possiamo dire che il mondo esisteva anche prima di noi perché abbiamo fatto e facciamo esperienza (realtà delle cose + intelligenza cosciente) che sempre più evolve fin dai primordi.

Estrapolando dalla esperienza, sia per il futuro che per il passato, possiamo dire che la realtà delle cose dell'universo, micro o macro che sia, esiste, esisteva, esisterà… anche senza di noi.

Ma solo con l'intelligenza cosciente possiamo dire questo...diversamente tutto sarebbe muto e sordo...indifferente!
..........................
Citazione:
Originalmente da dunquixote
Questa scelta riduttiva può poi ancora essere accettabile per un mezzo artificiale come il tostapane tecnicamente progettato da qualcuno solo per servire a un fine ben preciso, ma non per un qualsiasi essente. Come possiamo dire che un uomo, un animale, una pianta, una pietra, un cristallo e via dicendo sono veri solo se funzionano? Per cosa dovrebbero funzionare? Quale funzionalità li invera?
Infatti non lo possiamo dire!
La definizione che è vero solo ciò che "funziona" è comunque falsa...sia per le entità sensibili e reagenti che per quelle insensibili ed inerti.... che siano o meno frutto di progettazione, assiemaggio, costruzione ecc...per un fine o per nessun fine!
Citazione:
Originalmente da dunquixote
Il punto è che l'assunzione che vero è ciò che funziona può essere presa in considerazione solo in riferimento alle macchine (ai mezzi progettati solo per funzionare) e pretesa esaustiva solo in quanto ormai non riusciamo proprio più a vedere l'intero universo se non come una macchina
Ma non è proprio come dici.
Forse non hai ben seguito l’evolversi, negli ultimi secoli, delle vision scientifica circa l’universo. Il percorso di tale "vision" nella sua vastità e universalità contraddice ciò che dici: le grandi teorie che oggi illuminano la nostra conoscenza (Relatività, Quantistica, ecc…) "vedono" l’universo nella sua globalità...e non potrebbe essere altrimenti.

E’ vero infatti che Newton presentava l’universo come una macchina: ci si vantava allora che funzionava come un orologio…sui binari del tempo da meno infinito a più infinito!
E già era molto per quei tempi (Principa Mathematica!...1687)…e si può dire che Newton fosse un genio…uno dei massimi di tutti i tempi!

Tuttavia, dagli inizi del novecento e quindi da 3 o 4 generazioni, la nostra mente (per lo meno quella che si aggiorna) è ben lontana da un concetto meccanicistico dell’universo stesso.

Oggi la vision scientifica, da oltre un secolo, con la Relatività e con la Quantistica, vede l’universo, non più come un complesso statico e deterministico, ma come un “corpo vivo” in continua evoluzione…..e sempre più!
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Originalmente da dunquixote
….e scambiamo la funzionalità delle macchine per la verità oggettiva delle cose, del tutto ciechi alla distorsione culturale soggettiva che determina a priori questo modo di pensare.
Ma credo che qui nessuno è cieco!...per lo meno non nel perseguimento scientifico!
Quella che esponi è solo una tua distorta e arbitraria opinione che denuncia la tua scarsa conoscenza della evoluzione della “Vision” della scienza: solo chi è rimasto a Newton (senza nulla togliere a Newton) può nutrirsi di tali falsi pensamenti e attribuirne la responsabilità alla scienza di oggi.

Chi si adegua alla “cultura scientifica” dei nostri giorni, infatti, non ne ha motivo.

Che poi spetta alla filosofia, magari alle religioni, interpretare e diffondere i giusti valori dell’uomo in una corretta cultura a tutto campo.

Il compito della scienza non è di esprimere “valori” etici o culturali che siano…o preoccuparsi di chi male interpreta.
Il compito della scienza e solo quello di indagare, rilevare e descrivere rigorosamente, sempre più affidabilmente coi mezzi più efficaci, (strumenti, teorie, modelli, sperimentazioni, ecc…) la realtà evolutiva dell’universo coi relativi fenomeni.

La responsabilità delle interpretazioni arbitrarie, distorte e fuori tempo ricade su chi le fa!

Ultima modifica di ulysse : 03-10-2013 alle ore 13.54.46.
ulysse is offline  
Vecchio 03-10-2013, 14.46.20   #96
albert
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Riferimento: L'esistenza

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Originalmente inviato da ulysse
Come dicevo, la cosa è complessa…un pasticcio: non posso solo riferire l’esistenza delle cose al fatto che io lo sappia…. e se non lo so non esiste: sarebbe troppo restrittivo!

Caro ulysse,
intanto ti ringrazio per le risposte su questo argomento che mi sta molto a cuore. Mi farebbe piacere se anche altri intervenissero sull’argomento specifico.

Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
Il discorso delle bontà divina non sta in piedi: che esista o non esista un Dio…sembra comunque che di noi se ne freghi. E poi, a quei tempi, le menti di filosofi anche illustri erano inquinate da eccessivo teismo…tanto da fare discorsi di questo genere…sul demone ingannatore e sul Dio buono che non ci inganna.

Certo, se chiedessimo ai partecipanti al forum quanti ritengano un argomento valido quello della bontà divina pochissimi alzerebbero la mano. Ma allora come usciamo dal problema del demone ingannatore (la cui versione moderna è il celebre esempio del brain-in-the vat? ). C’è la confutazione di Hilary Putnam (http://www.cavehill.uwi.edu/bnccde/ph29a/putnam.html) ma secondo me è falsa. E allora? L’unica è abbandonare alcuni concetti che mette in crisi, tra cui quello di “esistenza” e sostituirli in modo opportuno.

Importante notare che una posizione di questo genere è solipsistica – ma anche questo non deve farci paura!

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Originalmente inviato da ulysse
Io posso non saperne niente, ma so che altri, pochi o molti che siano, sanno: le galassie fuggono!...il telescopio di Hubble in orbita le vede (in qualche modo le percepisce) fin nel più profondo universo di miliardi di anni fa!
Quindi le galassie esistono (utili e funzionali ) ed esisterebbero anche se nessuno ne sapesse niente, come, in effetti, esistevano anche quando veramente nessuno ne sapeva niente.

Per quanto riguarda gli altri, quello che sanno è da ricondurre a quello che so io, appunto – per me – l’unica misura. Per me, invece, se non so niente delle galassie, inutile parlare della loro esistenza … è un giochino che si può ripetere all’infinito

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Originalmente inviato da ulysse
Certo che le “concretezze” che tocchi con mano, esistono comunque, anche se inutili, indipendentemente dalla credenza e fede: un sasso, in mezzo alla strada... magari grosso, non ha alcuna funzionalità, ma ha di per sé, una esistenza intrinseca e se gli dai un calcio rischi di romperti il piede!

Tuttavia la cosa non è proprio così pacifica: la metafisica, infatti, affermerebbe invece che se non gli dai un calcio..il sasso non esiste!

perché serve dargli un calcio? basta vederlo, o percepirlo in qualsiasi modo, diretto o indiretto!

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Originalmente inviato da ulysse
Come dicevo è un pasticcio

… se segui l’impostazione proposta è davvero semplice

albert is offline  
Vecchio 03-10-2013, 15.43.38   #97
maral
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Da Albert:
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Il mio pensiero definisce ciò che so: di quello che non rientra nel mio pensiero non so niente, quindi non posso nemmeno nemmeno sapere se esiste. O no?
Giusto, ma nel mio pensiero rientra anche il fatto che c'è qualcosa che non so, altrimenti come potrebbe il mio pensiero definire ciò che so? Dunque quel qualcosa che non so esiste certamente, proprio come il mio pensiero mi suggerisce anche se non so cosa sia e pertanto il suo esistere sta fuori dal mio pensiero. E' il mio pensiero stesso dunque che esige che ci sia qualcosa (un grande ?) fuori da esso affinché qualcosa (il mondo per come lo vedo, lo sento, lo immagino, lo sogno, lo penso) in esso possa esserci. Sei d'accordo?
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Vecchio 03-10-2013, 17.52.27   #98
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Originalmente inviato da ulysse
Non è la "realtà là fuori" che si contraddice, siamo noi, nelle interpretazioni che di essa facciamo che possiamo contraddirci
Non fa molta differenza. Infatti anche questa è un'interpretazione, dunque potrebbe contraddire l'ipotetica realtà là fuori e nulla ci assicura che non lo faccia.

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Comunque, forse è vero ciò che dici...e nessuno uomo onesto vorrebbe coscientemente ignorare la realtà delle cose...solo che l'approccio a tale realtà non è facile o immediato: la realtà, nella sua completezza, possiamo solo perseguirla...in un continuo "try and error"...che speriamo positivo!
Sì speriamo. la speranza è sempre l'ultima a morire

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Comunque a me pare che una certa tua insofferenza o insoddisfazione, in rapporto al nostro acquisire o interpretare la realtà nasca dal fatto che pretendi troppo.

Sembra tu pretenda (o che ti aspetti) che la "realtà" sia immediatamente, assolutamente nota ed evidente...che sappiamo "assolutamente" definirla e interpretarla:
ma è solo la tua formazione culturale che ti pone in tale situazione...relativa per'altro!
No, non lo pretendo, non credo che si possano avanzare pretese sulla realtà, essa è quello che è e per quanto si pretenda può essere solo quello che è, compreso il fatto che per apparire è sempre rappresentata, è sempre realtà per noi (e noi per essa) e non realtà in sé come a volte (questo sì) si pretende. La realtà la conosciamo solo per come è per noi, negli innumerevoli aspetti in cui può essere per noi e questo non lo trovo affatto insoddisfacente, anzi penso che sia assolutamente affascinante e meraviglioso e ci garantisce del nostro continuo essere reali e dell'essere reale del mondo in cui ci troviamo, in tutte le forme di verità in cui di volta in volta si manifesta, ciascuna con il suo reale valore che però non esaurisce o rende obsoleta alcuna delle altre. E' una vera meraviglia essere in un mondo così vario nel suo inesauribile vero apparire.
Citazione:
Ora non è che io voglia pormi ad esempio...ma io non pretendo o non mi aspetto niente se non ciò che riesco a conquistarmi...o che riusciamo a conquistarci: la mia formazione culturale, infatti, predilige la parola "perseguire"!

C'è un universo là fuori...che supponiamo intrinsecamente reale nella sua evoluzione: noi umani, dagli albori della civiltà, ne perseguiamo la "conoscenza": perseguiamo cioè, indefessamente, una sempre maggiore e più conforme conoscenza della realtà dell'universo!
Ecco, io penso invece che non vi sia nulla da perseguire o conquistare, perché la realtà (di cui noi siamo parte e non la guardiamo da fuori come una bella ragazza che ci passa davanti e vorremmo conquistare, ma ci siamo dentro. C'è un universo là fuori che è lo stesso universo qui dentro) si dà in ogni istante spontaneamente, non occorre sedurla o sottometterla per prenderla e tenerla nel pugno.
Ciò che occorre a mio avviso è solo mantenere le porte aperte a ogni sua manifestazione rappresentativa tentando di comprenderne il significato, il continuo intrecciarsi di segni che rimandono e alludono l'uno all'altro, si incontrano e si scontrano, nascondendosi e oltrepassandosi reciprocamente per poi tornare su se stessi in un gioco che non ha mai fine e che ci coinvolge terrorizzandoci e affascinandoci, perché in questi labirinti di segni ci si perde pure e allora, per ritrovare la strada occorre certo scegliere un percorso, quello scientifico va benissimo, è uno dei percorsi meglio definiti e sicuri, è il percorso che permette più di ogni altro, forse, di "perseguire" il ritorno sicuro, ma mantenendo sempre la cognizione chiara che esso non è l'unico percorso, che la realtà è un labirinto meraviglioso e nessun percorso la percorre tutta, ma solo uno spazio infinitesimo.
Questo per me significa mantenere l'apertura e non è facile, non è per niente facile, soprattutto quando ci si sente a rischio di perdersi.

Citazione:
Estrapolando dalla esperienza, sia per il futuro che per il passato, possiamo dire che la realtà delle cose dell'universo, micro o macro che sia, esiste, esisteva, esisterà… anche senza di noi.

Ma solo con l'intelligenza cosciente possiamo dire questo...diversamente tutto sarebbe muto e sordo...indifferente!

Non so se l'estrapolazione del mondo senza di noi sia giusta o sbagliata (le estrapolazioni sono sempre dubitabili, soprattutto se di questo tipo... così rassicuranti), ma forse non ha molta importanza, l'importante è che la realtà proprio ora esiste con noi e noi con essa (e non può essere altrimenti) e appunto per questo esiste in innumerevoli forme diverse di verità che si richiamano in continuazione. Questo è lo spettacolo in cui è bello giocare e questo gioco è vero. Dopotutto forse la realtà è il gioco oltremodo complesso di tutte le verità, cosa che spaventa tanto chi invece vorrebbe trovare l'unica semplicissima verità che tutto spiega, controlla e tiene ben stretto in pugno. E anche questa mia del gioco è solo un'interpretazione, ossia una verità non del tutto vera né del tutto falsa e proprio questo è il suo bello.


P.S.
Aggiungo solo una nota alla frase di Nardi che bene introduce il forum e che mi pare possa ben esplicare quanto ho voluto dire, sperando che lui non me ne voglia:
Citazione:
Possiamo dare infinite interpretazioni
ad un riflesso confuso nell'acqua.
Ma l'immagine che dà origine a quel riflesso,
è soltanto una.
...Sì, ma la bellezza e la verità di quella sola immagine è proprio il riflesso delle infinite interpretazioni che ce la mostrano nei suoi significati.

Ultima modifica di maral : 03-10-2013 alle ore 19.12.11.
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Vecchio 04-10-2013, 12.05.41   #99
albert
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Originalmente inviato da maral
Da Albert:

Giusto, ma nel mio pensiero rientra anche il fatto che c'è qualcosa che non so, altrimenti come potrebbe il mio pensiero definire ciò che so? Dunque quel qualcosa che non so esiste certamente, proprio come il mio pensiero mi suggerisce anche se non so cosa sia e pertanto il suo esistere sta fuori dal mio pensiero. E' il mio pensiero stesso dunque che esige che ci sia qualcosa (un grande ?) fuori da esso affinché qualcosa (il mondo per come lo vedo, lo sento, lo immagino, lo sogno, lo penso) in esso possa esserci. Sei d'accordo?
Assolutamente no!
E' un evidente sofisma ... lasciamici pensare un po'
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Vecchio 05-10-2013, 10.18.48   #100
maral
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Originalmente inviato da maral
Da Albert:

Giusto, ma nel mio pensiero rientra anche il fatto che c'è qualcosa che non so, altrimenti come potrebbe il mio pensiero definire ciò che so? Dunque quel qualcosa che non so esiste certamente, proprio come il mio pensiero mi suggerisce anche se non so cosa sia e pertanto il suo esistere sta fuori dal mio pensiero. E' il mio pensiero stesso dunque che esige che ci sia qualcosa (un grande ?) fuori da esso affinché qualcosa (il mondo per come lo vedo, lo sento, lo immagino, lo sogno, lo penso) in esso possa esserci. Sei d'accordo?

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Assolutamente no!
E' un evidente sofisma ... lasciamici pensare un po'
Pensaci, io non lo vedo come un sofisma (ma poi anche se lo fosse perché mai, se non ci spaventa il solipsismo, dovrebbero spaventarci i sofismi che oltretutto da un punto di vista pragmatico possono essere utilissimi e quindi verissimi).
E' quanto mai evidente che il mio pensare pensa pure al "non so", e pensandolo sa che c'è. Certo, non sa cosa sia questa cosa che non sa, ma c'è, infatti la pensa (o "perché la pensa" come direbbe un solipsista).
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