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06-11-2013, 21.25.52 | #213 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Nella precedente risposta ho confuso il termine "ontologia" da te usato con quello di "metafisica". Integro la mia precedente risposta con questa: Ma "ontologia" significa "(lo studio di) tutto ciò che esiste, tutto ciò che é reale (inteso in generale)". Dunque anche dell’insieme delle nostre percezioni da cui dici di voler partire per stablire ciò che esiste e da tutto ciò con cui in qualsiasi modo lo integri nel concetto generale di "realtà" o di "esistente". Più in generale qualsiasi cosa si creda esista e per qualsiasi motivo (o anche senza un motivo) per definizione inevitabilmente si segue un' ontologia. Forse solo il nichilismo in senso letterale (credere che non esiste nulla) potrebbe essere considerato una non-ontolgia (ma non sarebbe sbagliato neppure considerarlo un' ontologia -sia pur- negativa). Ultima modifica di sgiombo : 07-11-2013 alle ore 07.19.38. |
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07-11-2013, 08.30.20 | #214 | |
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Ti rimanderei alle osservazioni fatte a ceccodario che, pur difendendo strenuamente l'ontologia, secondo me ha capito bene la proposta |
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07-11-2013, 11.49.05 | #215 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Ceccodario:
No! aspetta un attimo, chiarisci perchè non vuoi parlare di ontologia Albert: Perché nelle varie trattazioni e discussioni sull'ontologia non ho trovato nulla di interessante e utile - a mio stretto personale parere Sgiombo: Beh, allora mi sembra che sposi le tesi "scientiste" (Absit iniuria verbis), o meglio positivistiche di Ulysse: ti interessa solo ciò che dice la scienza, indipendentemente dalle condizioni, limiti, natura e significato dell' esser vero di quanto afferma. Secondo altrettanto personali pareri (per esempio il mio) valutare in generale che cosa é reale e in particolare in che senso, a quali condizioni ed entro quali limiti é reale ciò che le conoscenze scientifiche ci dicono é interessantissimo. |
07-11-2013, 22.02.19 | #216 | |
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Mai detto che la scienza è l'unica via della conoscenza: la proposta dice solo che la conoscenza deriva dall'elaborazione delle proprie percezioni; come le si elaborino, magari interpretando i tarocchi - che però si devono comunque percepire - non la riguarda |
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08-11-2013, 09.06.39 | #217 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Non mi sembra il modo migliore per un interessante scambio di opinioni Ora la scienza (in quanto "via della conoscenza" "non unica") sarebbe equiparabile ai tarocchi (due qualsiasi "vie della conoscenza" fra le tante altre)? (Personalmente non sarei affatto d’ accordo). E comunque resta il fatto che, come da me sostenuto, al- (ai contenuti”, alle acquisizioni di conoscenza del-) -le elaborazioni delle percezioni (contrariamente a queste), come a qualsiasi passo “oltre” la certezza immediata di esse, non può essere attribuita certezza se non arbitrariamente, alla lettera fideisticamente (non sono dimostrabili se non assumendo alcune premesse a loro volta indimostrabili, né men che meno mostrabili. Ultima modifica di sgiombo : 08-11-2013 alle ore 09.26.35. |
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08-11-2013, 13.18.02 | #218 |
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Certo che anche quando si parla di scienza bisognerebbe capire più precisamente a cosa ci si riferisce anziché lasciare la cosa nel vago (in una sorta di opinione nebulosa su cosa sia più o meno scientifico a seconda delle mode). Forse ci si riferisce a quel metodo di conoscenza che ha come riferimento imprescindibile quello galileiano? oppure a un metodo che può andare oltre il metodo galileiano della verificabilità sperimentale progettata? Ci si riferisce forse alla sola fisica dei corpi osservati? Oppure alla metafisica di una cosmologia che sempre più vuole spiegare la molteplicità del tutto nella forma di un'unità originaria? La matematica ad esempio è scienza formale o è metafisica platonica? I maggiori matematici del secolo scorso sono stati platonici e forse non avevano tutti i torti, data la dimostrazione di Godel delle profonde carenze nell'autoreferenza formale persino in aritmetica.
Le scienze umanistiche poi cosa sono o cosa dovrebbero essere per poter in qualche modo funzionare? Sinceramente non vedo come si possano ridurre discipline come la psicologia o la sociologia in termini fisici senza renderle barzellette. E come considerare la macroeconomia per la quale si sprecano premi Nobel, ma in confronto alla quale astrologia e cartomanzia sono spesso più attendibili? Dipende anche qui dalla definizione che si dà al termine "scienza", al sottofondo culturale che definisce cosa sia il sapere per come viene di volta in volta coscientemente rappresentato da se stesso e ancora una volta constatiamo che a reggere ogni discorso c'è il problema della coscienza e dei giochi che esso va a costruire nel tentativo mai compiuto di risolversi, problema di cui tutto sommato i tarocchi, le cui figure oscillano in bilico come noi tra le isole del conscio e l'oceano dell'inconscio, potrebbero darne un'ottima rappresentazione, quanto meno descrittiva in modo adeguato. |
08-11-2013, 22.25.42 | #219 | ||
Ospite
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Riferimento: L'esistenza
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Dunque analizziamo cosa vuol dire "percepire": percepire vuol dire l'acquisire da parte di un certo soggetto un dato empirico (un oggetto) in un certo instante di tempo e in una cera porzione di spazio. Secondo un'ontologia del percepire quindi, ogni volta che il soggetto compie questo atto (qui ed ora) costituisce l'esistenza dell'oggetto a cui tale atto è indirizzato; in altre parole, l'esistenza degli oggetti nella nostra percezione dipende dall'atto della percezione stesso. Ne consegue che l'atto del percepire è logicamente antecendente all'esistenza dell'oggetto: prima esiste la mia facoltà di percepire, e poi esiste il mondo (gli oggetti). Cosa può comportare una visione così "costruzionistica"? Provo ad elencare sinteticamente i vari problemi (intrecciati fra loro) che mi vengono in mente: - la percezione diventa creazione; attribuire una funzione, un "potere" ontologico al nostro percepire significa cambiare l'originario significato della percezione, mutandolo da atto che stabilisce un nostro rapporto con il reale, con atto che crea il reale; questo modo di concepire la percezione che definirlo "forte" mi sembra un eufemismo, ci dà l'illusione di essere soggetti "divini" che possono manipolare gli oggetti, cambiare la realtà a proprio piacimento. In altre parole ci sembra di abbattere quella che Ferraris chiama "Realtà negativa", ovvero i limiti che la realtà ci pone, la sua struttura "inemendabile" che non può essere cambiata a nostro piacimento: la scrivania che ho qui davanti è di legno, indipendentemente da me, anche se vorrei che fosse trasparente (scusate la banalità dell'esempio). - deflazionamento del valore della conoscenza; innalzando di statuto ontologico la percezione, e quindi la conoscenza, a prima vista essa sembrerebbe essere rafforzata, sostenuta e indirizzata verso un sapere più libero. Invece paradossalmente non facciamo altro che perdere il suo valore originario di "conoscenza del reale", e quindi deflazionarla. E' intrinseco al "conoscere", il rivolgersi verso un oggetto, un mondo, già pre-costituito, già esistente; se conoscenza la consideriamo un atto creativo, allora non è più conoscenza, bensì libera espressione della nostra volontà ("di potenza"). Fortunatamente oltre ad esserci un "realtà negativa" esiste anche una "realtà positiva" che ci dà delle possibilità come per esempio quella di accedere ad un dato già reale, quella di conoscere qualcosa di già esistente. E' proprio la consapevolezza dell'incancellabile scarto tra ontologia ed empistemologia che secondo me rende quest'ultima più produttiva. - riduzione del mondo ad oggetto; se la realtà del mondo dipende dall'atto della percezione, vuol dire che tutto ciò che esiste esiste come "oggetto della percezione"; di conseguenza il mondo non solo è conosciuto come oggetto, ma è oggetto (sono due cose abbastanza diverse). Questo meccanismo dell'io sovrano e indiscutibile esclude completamente una possbilità di pluralità di soggetti. I passanti che percepisco per strada sarebbero per me indistinguibili da automi caricati a molla, perchè non sono soggetti ma oggetti che posso manipolare. L'esperienza quotidiana nega palesemente questa visione del mondo. - percezione ha un raggio limitato; questa penso sia la fallacia più grave ed assurda. Come ho cercato di spiegarti nei precedenti messaggi, percepire è sempre un percepire qui ed ora; siccome abbiamo un raggio attenzionale di percezione limitato, non possiamo percepire tutte le indefinite strutture del reale contemporaneamente: oggi conosciamo una vasta quantità di cose che che duecento anni fa non conoscevamo. Gli oggetti reali che oggi conosciamo "in più" non esistevano nelle epoche in cui non erano conosciute? Una prospettiva di tal genere risponderebbe inevitabilmente di sì; non solo, essa mi direbbe anche che l'idea che ho del passato non è altro che una creazione della mia mente; quindi paradossalmente il passato della storia umana non sarebbe esistito fin tanto che non l'ho studiato C'è stato un filosofo del novecento (non ricordo il nome) che, prendendo sul serio questa "manipolazione del reale" da parte dell'uomo, si è ostinato a negare che un certo faraone, di cui è stata accertata la morte per tubercolosi, fosse morto per quella malattia perchè all'epoca non si era ancora scoperta. Infine dovrei proprio scrivere un post a parte sulle disastrose conseguente etiche, che in parte ho accennato tra questi punti e che personalmente ho anche molto a cuore ma vi chiedo pietà. Poi mi rendo conto che ho elencato i problemi in modo assai "semplicistico", chiedo scusa ma purtroppo la necessità di sintesi mi ha quasi obbligato. Spero capiate che dietro a questi problemi un po' appiattiti ci siano pensieri abbastanza profondi e assai dibattuti dalla filosofia contemporanea. |
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09-11-2013, 11.19.35 | #220 | |||||||
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
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in questo come già detto l'inscindibilità deriva dall'agito(l'io) rispetto all'agente (l'evento) ma il concetto lo spiego meglio poi. Citazione:
stiamo ripetendo la stessa cosa, la dualità è dovuta al costituirsi stesso dell'io come atto dell'intuito. Citazione:
infatti è quello il problema, che l'univerale ossia l'uva si stacca da quel grappolo d'uva, per divenire descrizione, il salto al metafisico come se esistesse l'uva universale è ciò che peirce o hegel negano come concetto. [direzione alto-basso] il concetto è sempre e solo quell'uva. questo concetto è rappresentabile solo tramite descrizione. ti sto dicendo cioè che siamo d'accordo sull'indissolubilità del segno (come significato-interpretante-significante), ma che quel significante, come ha frainteso il primo wittgenstein non è il caput mundi. da qui anche la sua frase che la filosofia è tutto un equivoco è ugualmente sbagliata perchè parte dalla direzione del significante. [direzione basso-alto] l'unica direzione possibile è invece a ritroso a partire dall'interpretante. [direzione a ritroso(inferenziale appunto)] Citazione:
ti sbagli il mondo non nasce con l'io, appunto per kant il noumeno esiste. se fosse come dici tu saremmo ancora nel metafisico, cioè riterresti che esiste un io universale, e invece di volta in volta siamo semplicemente "io", "tu" e gli "altri". l'io universale è appunto una descrizione, che va di volta in volta verificata. pensa per esempion ai casi di autismo, o a un film come "L'enigma di Kaspar Hauser" , dove l'io non c'è, ma va ricostruito insieme alle nostre categorie di approccio descrittivo, senza le quali noi non sappiamao chi siano queste persone. ossia la descrizione è un momento distinto rispetto al concetto, da verificare. in questo senso non c'è bisogno di autocoscienza (in peirce il concetto di autocoscienza non è escluso, ma indagato, verificato e criticato, come spesso avviene, di essere copertura del metafisico) Citazione:
si riallaccia molto al famoso scudo e fortezza di tradizione cattolico-protestante, indubbiamente volenti o nolenti ne siamo intrisi. rimane a mio parere la necessità di ragionare criticamente sul nostro costituirsi come uomini e come filosofi. Citazione:
mmm proverò a darci uno sguardo. Citazione:
beh sai giustificazione è una parola che non mi piace affatto (giustizia deriva da ius=forza e si associa alla violenza endemica dello stato e similia). la priorità va posta come esercizio critico, come attività intellettuale par excellence. una sorta di incessante lavorio sul costituirci come soggetto, un lavorio scientifico di continua distinzione dell'oggetto, tutti temi che francamente a me paiono di lapalissiano (dopo un lavoro decennale di ripensamento sulla mia soggettività) interesse, proprio perchè sono l'unica cosa che ci compete veramente (e sul concetto di vero penso che la filosofia occidentale qualcosa abbia da dire). |
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