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18-06-2008, 07.09.16 | #52 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
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Riferimento: L'esistenza
Il fiat è dunque “ciò che avviene e basta”: io qualche tempo fa ho dato a Dio un’altra chance, cioè un’altra interpretazione per la sua presenza-assenza, e cioè che egli possa essere creatore non in quanto principio ma in quanto fine….sì, una specie di forza attrattiva anziché propulsiva, che proprio perché sembra rovesciare la freccia del tempo manifesterebbe la sua onnipotenza, spiegando per giunta in tal modo perché non lo vediamo mai, perché nell’universo non c’è. Non c’è perché ci sarà, perché soltanto alla fine, cioè oltre l’orizzonte degli eventi, l’universo lo potrà in qualche modo incontrare, senza sacrificare la sua indipendenza e senza compromettere la libertà di quell’ultimo sfogo della materia che è la specie dell’uomo…..Ho però paura che qualunque ipotesi azzardiamo per interpretare Dio non facciamo che effigiarlo come un alter ego o un super ego di quell’apparentemente ultima specie, anzi come un suo desiderio, l’ultima grazia del condannato a morte….qualcosa che in fondo trapela anche in quella specie di parabola severiniana che racconta che ci troviamo, senza saperlo, in un paradiso….No, Marius, io mi sono affaticato a cercare decine e decine di interpretazioni di Dio o del divino e credo che me ne sia rimasta una sola che, nella sua astrazione, mi pare però difficilmente battibile: cioè che il divino possa giacere solo in quel pensiero parola o emozione che diciamo "assoluto", privo di ogni qualifica cioè privo di tutto ciò che le chiese gli assegnano: e solo un tale Dio, che per un razionalista o un uomo semplice e povero nello spirito, è inesistente può giustificare la fede; in cui anzi si potrà sempre aver fede in un universo fatto di atomi e di fotoni, cioè un universo dove Dio non c’è.
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18-06-2008, 09.58.11 | #53 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Il tuo pensiero, caro Emmeci, mi sembra simile a quello esposto da Mancuso nel suo ultimo libro, in cui si ipotizza l'esistenza dell'anima in uno spazio - tempo del tutto indipendente da Dio, dove è il caso ad essere il motore delle dinamiche della fisica e dove il libero arbitrio delle identità personali porta all'elevazione dello spirito - energia al piano di esistenza a - temporale di Dio, ovvero alla dispersione e all'oblio per le volontà che operano verso il male (che viene interpretato come disordine - contrapposto al'ordine - logos che è Dio).
Personalmente ritengo questo piano di esistenza intermedio un "surplus" non necessario, visto che l'ordine - logos lo si intravede anche nella Phisis. Affermare che Dio è solo un prodotto della mente umana, a mio avviso, lo rende effimero quanto lo sarebbe, a questo punto, la nostra stessa identità personale, cangiante ad ogni istante e, quindi, nell'arco di tempo che va dall'essere embrioni alla morte, mai uguale a se stessa e, quindi, del tutto inesistente.... |
18-06-2008, 13.26.52 | #54 | ||||||
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2007
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Dobbiamo giustificare il fatto che in qualche misura possiamo prevedere il futuro, ma non penso che per questo si debba presupporre l’esistenza ontologica delle cose. La mia idea è introdurre il già discusso principio della coerenza delle percezioni, che dice appunto che il mondo è in qualche modo prevedibile. Citazione:
Citazione:
Citazione:
Comunque bell’esempio. Può farmi piacere pensare che questa persona da qualche parte esista. E’ un po’ come l’esempio di S.B., il dio che mi fa piacere pensare che esista, che mi fa stare meglio. E’ un caso particolare, ci devo riflettere. Citazione:
Citazione:
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18-06-2008, 19.00.13 | #55 | ||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Hai ragione. Mi sono lasciato trasportare da un eccessivo sentimento romantico. Citazione:
Piacere mio. Veramente. Sokol |
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20-08-2008, 14.14.59 | #56 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: L'esistenza
Sarò accusato di pedanteria, ma il tener fede all’obiettivo (cioè all’argomento che si è scelto in questa sezione del forum) mi sembra doveroso oltre che un utile esercizio di disciplina filosofica: e siccome il tema al quale ci riferiamo è “esistenza”, forse è giusto non perderlo di vista, anche se non si pretende che si arrivi a una nuova inaudita concezione, ma per esempio che ci si confronti con quella che era fino a poco tempo fa una delle correnti filosofiche più importanti: proprio quella che aveva assunto a proprio tema specifico l’esistenza. Dunque l’esistenzialismo.
E’ stato Jaspers che ha risollevato il termine dalle brume rifacendosi a Kierkegaard e intendendo esistenza come situazione determinata storicamente, da cui però il filosofo muove per delineare un itinerario che si contrappone all’oggettivismo parcellare scientifico (quello di Albert?), mentre il compito sta nel superamento di questo, cioè in una tensione che dal dato oggettivo mira non solo all’essere soggettivo ma all’essere assoluto, sempre adombrato ma mai presente in ciò che ci appare. Si apre così un discorso sulla trascendenza nel quale l’esistenza umana, sollecitata ma anche irretita dal mondo in cui si trova, ne è insoddisfatta e cerca altro: magari non l’abominevole metafisica ma comunque quello che può portare verso una totalità, quello che secondo Jaspers può nascere nelle situazioni-limite (dolore, colpa, infine possibilità della morte) in cui l’uomo sperimenta la possibilità di un salto e insieme di un’eventualità reale, in cui il trascendente potrebbe diventare presente. Tutto questo in Jaspers, mentre l’altro araldo dell’esistenzialismo – Heidegger – preferisce insegnare che l’intera storia è un continuo susseguirsi di enti mentre la verità può essere colta più che nella trascendenza, nella poesia, cioè in quelle eccezionali parole che dicono e non dicono, in quella radura del linguaggio in cui si sparge la luce del Sein. Ma, come si sa, il discorso di Heidegger non è facilmente percepibile e tanto meno riassumibile. Scusate se sono andato a cercare l’esistenza nei meandri dell’ultima filosofia, fra i quali è possibile anche incontrare interpretazioni meno esoteriche, come quella di Sartre, che passa da un esistenzialismo ateo a un esistenzialismo come liberazione dell’uomo e come dottrina dell’impegno etico e politico, infine a quell’amore-odio verso le realizzazioni del socialismo reale che hanno reso in certo modo Sartre una figura appassionata e patetica dell’ultimo secolo. |
21-08-2008, 11.10.45 | #57 | ||||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
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22-08-2008, 14.02.03 | #58 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Piacermi, Albert? Non penso che, pur credendo nella verità assoluta, io abbia mai proclamato di sapere qual è, anzi non posso neppure sapere se è una verità benigna o funesta, se è una verità tragica o comica per l'intero genere umano: quello che mi dà conforto, se posso dire così, è solo il fatto che una verità assoluta c’è e che mi sento spinto da un Dio giocoso o birbone a cercarla. E vedo che non sono solo, ma che tanti altri filosofi l’hanno cercata e anche scienziati (quindi anche tu).in una leggiadra armonia o una grintosa competizione di forze, perché lo scienziato può presumere di essere il solo autorizzato a trovarla e il filosofo può pensare che la scienza non fa che seguire i sentieri che egli le apre. Senza contare che lo scienziato è costretto a rimanere nell’area che gli è stata assegnata dal genio o dal caso, e il filosofo è cittadino del mondo: vuol comprendere tutto.
(Che ne dici, Marius, un Dio giocoso o birbone?) |
23-08-2008, 09.04.42 | #59 | ||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Quella a cui mi riferivo era appunto la tensione verso l'essere assoluto Citazione:
Certo che non sei solo, ma in foltissima compagnia. Il pensiero dominante dà per indiscutibile l'esistenza di una verità assoluta. L'idea che se ne possa fare a meno è assolutamente minoritaria - ma io credo sia più corretta |
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23-08-2008, 15.42.26 | #60 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Dici che sono in buona compagnia, Albert. Ora come ora non credo, anzi la filosofia attuale è sempre meno convinta che si possa pervenire a una ben architettata verità (quella che Severino chiama episteme) e non credo che uno, per quanto laureato col massimo dei voti, possa mettersi a tavolino e creare un duraturo sistema….Forse è più probabile che ceda alle sirene del pensiero debole, che gli permette di formulare una qualsiasi idea sapendo che tanto è un’idea transitoria destinata a dissolversi davanti alle idee di altri e quindi non è tale da impegnarlo né tanto né poco.
Sì, vita difficile oggi per il filosofo, perché se non vuole cedere al pensiero debole dovrebbe cercare addirittura un punto di vista forte o fortissimo, cioè un principio che possa dirsi assoluto e sul quale possa appoggiare il suo sforzo teorico….E’ questa una differenza essenziale rispetto al passato: e non c’è bisogno della strategia di Ulisse per sottrarsi al fascino delle Sirene che occhieggiano fra le onde, e che dopo tutto sono più piacevoli che andare in cerca di qualcosa che può consumarci i giorni e le notti. E allora lasciamoci persuadere che tutto scorra e nulla resista, e vantiamoci di far parte di questa accademia del pensiero debole, oppure andiamo in cerca – altra soluzione non c’è - di quella stella polare che Leonardo da Vinci vedeva splendere davanti a sé, anche se gli astronomi dicono che nulla è fisso nel cielo e quella stella che abbiamo visto una volta non torna e non la rivedremo mai. |