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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 05-11-2013, 19.40.17   #201
ulysse
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Originalmente inviato da sgiombo
Confessione shock, da parte di uno scientista dichiarato!
"Scientista" non è la giusta parola: la "Vision Scientifica" sconfessa il cosiddetto "Scientismo"...!!!
Comunque non c'è nessuna confessione "shock"!
Io mi limito solo a professare una certa fiducia nelle possibilità del sistema scientifico.
Infatti…
Così, come, per il passato, la conoscenza e ricerca scientifica ha risolto, in bene o in male, tanti problemi….
Così, per il futuro, tanti ulteriori problemi, più o meno impellenti ed esistenziali, la stessa scienza risolverà…per quanto possibile …speriamo!
Citazione:
da sgiombo:
A me pare che non sia l' ecosistema "sempre più ostile" a minacciarci, ma noi uomini a distruggerlo, segando il ramo sul quale siamo appollaiati (e aspettare una qualche "bacchetta magica tecnologica" vorrebbe dire perdere la sfida in partenza: la scienza rebus sic stantibus -organizzazione sociale capitalistica- non può certamente essere sufficiente a risolvere positivamente il problema, anzi rischia soprattutto di contribuire a peggiorare le cose)!
Ma penso che solo chi non fa niente…o si limita a disquisire sull’essere ed il divenire, non produca danni.
Comunque l’incremento demografico, con quanto occorre per sostenerlo, non può che sempre più sfruttare l’ecosistema con conseguenti danni…, ma può essere solo il sapere scientifico, con tutta la buona volontà degli uomini, a cercare di contenere e limitare tali possibili danni.
Per il resto non vedo come possano influire le ipotesi più o meno sensate sulla esistenza/non esistenza dell’universo.
Citazione:
da sgiombo:
E credo che ci sia ancora da lottare per cercare di salvarci come specie (e comunque varrebbe la pena farlo per lo meno per "vendere cara la pelle".
Certo è sperabile che il vivente si salvi dall’incombere dei danni che un ecosistema sfavorevole (comunque sia causato) potrebbe apportare, ma non vedo come sia possibile vendere cara la pelle senza l’apporto indispensabile del vasto sapere teorico ed operativo che la scienza…gli uomini di scienza… potrà (potranno) mettere a disposizione sempre più…nella ipotesi fideistica che l’ecosistema realmente e materialmente esista.

…A meno che, di fronte allo scioglimento dei ghiacci, non preferiamo, come più proficuo indire grandi sessioni di preghiera!
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Vecchio 05-11-2013, 20.11.30   #202
ulysse
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Riferimento: L'esistenza

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Originalmente inviato da sgiombo
Ulysse:
Caro Sgiombo,
Si possono fare tutte le critiche razionali circa la conoscenza scientifica che si credono opportune,

Sgiombo:
Meno male (se no saremmo in piena dittatura! Peraltro non é che ne siamo molto lontani...).
ecc....
E' tutto un discorso frainteso!
Ma certo che gli scienziati possono fare filosofia!
... e la fanno anche...per quanto non certo aderiscono alle ipotesi di Berkeley: la scienza non è metafisica!

Del resto se ben consideri l'ipotesi che ho fatto non è che la filosofia in generale si opponga alla scienza, ma che sarebbe di ostacolo all'insorgere della scienza stessa... e che sarebbe fuori luogo... se la Vision scientifica ponesse dubbi sulla esistenza dell'universo...cioè proprio su ciò che si propone di studiare e sperimentare.

Insisto quindi sulla idea che sarebbe deleterio per lo sviluppo della scienza se lo scienziato, nella sua attività di scienziato, si mettesse a disquisire circa l'esistere o non esistere dell'universo...per il resto può filosofare quanto vuole...per quanto...invero...il lavoro delle scienziato riguardi l'universo!

Infatti la scienza può procedere solo sulla base della ipotesi fondamentale che "l'Universo Esiste".
...Se non credesse in tale ipotesi che studierebbe?...un sapere basato sull'inesistente?
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Vecchio 05-11-2013, 21.30.58   #203
green&grey pocket
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Originalmente inviato da maral
Mi dispiace, non mi è chiaro se non mi definisci cosa è la denotazione e cosa è la connotazione

molto brevemente la denotazione è la descrizione e la connotazione il concetto.

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Originalmente inviato da maral
Non credo che sia veramente possibile separare nettamente l'atto del percepire dall'atto dl pensare, ogni percepire implica un pensare e viceversa. Ovviamente possiamo mantenerci su un livello di pensiero astratto che esclude gran parte del percepito per facilitarne il controllo, ma questa esclusione si ripresenta poi inevitabilmente come dato emotivo se non ne siamo consapevoli

Ripeto che non è un atto, perchè se no avresti ragione tu, è un fatto o un evento, implica una simultaneità duale come dire.


Citazione:
Originalmente inviato da maral
Questa chiara distinzione tra oggetto e io che va via via determinandosi la ritengo un'esigenza dell'apparire consciente, non della realtà in sé, ma della realtà per come appare alla luce della coscienza che ne attua un riconoscimento. L'io si riconosce in tal modo poiché qualcosa gli appare come altro da sé, proprio come il mondo si riconosce interpretandosi come io soggetto creatore di rappresentazioni.

Infatti è l'io che si determina sempre più, non certo l'uva, per tornare all'esempio.


Citazione:
Originalmente inviato da maral
Credo piuttosto che il nostro intelletto attui piuttosto una semplificazione operativa per se stesso, tale da rendere più controllabile quanto gli si presenta. La stessa categoria concettuale di uva è una semplificazione delle infinite modalità diverse con cui un certo tipo di realtà mi appare fenomenologicamente. Parlare di uva è già un parlare metafisico, fenomenicamente l'uva non esiste, se non come una sorta di idea riassunto più o meno efficace, una molteplicità che si lascia dire come uno.

Infatti l'intelletto è uno strumento dell'io affidatoci dalla ragione direbbe Hegel.
Quello che non dobbiamo dimenticare è come questo processo di determinazione avviene, insomma non vi è un'autocoscienza apriori, direbbe Peirce.


Citazione:
Originalmente inviato da maral
Sì, stiamo parlando dell'uomo, l'uomo dimentica e dimentica persino il suo dimenticarsi, ma noi siamo uomini, è di noi quindi che stiamo parlando, quindi siamo noi che dimentichiamo e dimentichiamo anche il nostro dimenticarci. Per questo non abbiamo alcuna preminenza di giudizio su altri uomini e su altre culture in cui si ricordano cose diverse o in modo diverso. Noi non siamo osservatori angelici resi tali dai portentosi occhiali obiettivanti della scienza, noi non siamo esenti dalle fantasticherie, anche se diciamo (dobbiamo dire e credere) che le nostre fantasticherie funzionano e dobbiamo dire e credere che abbiamo in mano il bisturi che con precisione millimetrica sa scindere la realtà dalla fantasia, il diamante dall'incrostazione. Noi siamo uomini e come tutti gli uomini rappresentiamo il mondo in forma mitologica anche se persuasi che la nostra rappresentazione in cui appaiono (sempre meno) cavalli sia la realtà vera dello stare delle cose.

L'ippogrifo esiste come elaborazione di uno stato emozionale da cui la presa di coscienza dell'essere umano sul mondo non può prescindere. Il fatto che l'ippogrifo non mi appare come mi appare un cavallo dipende da un contesto culturale che ammette certe modalità di lettura semantica e ne esclude altre affinché una lettura sia possibile, ossia un'attribuzione di comprensione semantica al nostro esistere nel mondo.

Ma guarda che siamo d'accordo, la fantasia è un aspetto determinante dell'emozione e del progetto umano, ed è utile parimenti alla scienza nel tentativo di sopravvivenza.
Questa è una mia notazione personale(per farmi capire meglio): l'uomo non può che parlare che dal suo punto di vista cioè quello dell'io, ed è quello che conta di più, del mondo noi possiamo dare una raffigurazione il più possibile complessa, ma appunto come dici molto bene tu, sarà pur sempre una ed una sola rispetto al molteplice del tutto.




Citazione:
Originalmente inviato da maral
E' utilissima alla rappresentazione scientifica del mondo che non è la realtà del mondo, ma una modalità di lettura del mondo.

Certo, ma bisogna pur intendere che è la migliore in termini di qualità garantita al vivere.
Se ben intesa (e oggi ancora non lo è) anche in qualità al senso etico del vivente, del bios.


Citazione:
Originalmente inviato da maral
La dimostrazione per assurdo ha per riferimento il principio logico di identità. Possiamo prendere una regola logica (quindi linguistica) come regola ontologica? Su questo argomento avevo aperto una discussione a cui rimando.

Non la ricordo sorry.

Citazione:
Originalmente inviato da maral
L
D'accordo, ma perché identificare l'esistenza con l'animalità (biologica) dell'uomo? Cosa ci autorizza a questa asserzione? Non è forse anche questa una pretesa del tutto intellettuale e culturale? Una sorta di moda dei tempi che dettano un modo con cui è buona norma dover pensare?
Si dice che l'essere umano in fondo è un animale, l'animale in fondo è una macchina biologica, non c'è quindi nessuna supremazia dell'uomo sull'esistente. D'accordissimo, nessuna supremazia, ma perché non ribaltiamo i termini, perché non affermiamo che qualsiasi macchina biologica (se non l'universo intero in ogni forma in cui si manifesta) ha una coscienza che lo anima. Perché tutto l'esistente per essere creduto come tale deve essere ridotto a macchina e non innalzato ad anima? Da dove nasce questa esigenza di fede meccanicistica?
Io un sospetto ce l'avrei e non è un bel sospetto.

Vedi la comprensione intellettuale dell'animalità dell'uomo serve proprio per non cadere nella trappola linguistica di vedere l'uomo come macchina biologica.
Agamben che sta seguendo questa pista non ha mai detto che è l'unica, è piuttosto il pensatore radical chic che ritiene non importante questa visione, che la considera una moda ormai passata.
Peccato che la progressiva acquisizione del potere sulla nuda vita, sia per me una cosa lapalissiana.
Quello che molti ingenuamente credono che sia la risposta al potere, sempre più si inquadra come ciò che vuole il potere: la democrazia e il rifugio nel metafisico.(vedi Badiou o Zizek, di cui ho una leggera infarinatura)
No! come intellettuali siamo chiamati a non cadere in queste trappole ma di volta in volta a smontare l'esistenza e a cercare di dargli un senso il più vicino possibile alla psicologia dell'io costituito(in questo, se non è ancora chiaro, consiste l'animalità umana).
Lungi da me l'uomo come macchina! è proprio il nodo cruciale del nazismo.

la costutività dell'io è però alla base di futuri discorsi sul psicologico(che tu spesso richiami, almeno mi sembra di capire).
credo che molti topic stiano insistendo su questo, e non lo trovo modaiolo o senza senso.

Ultima cosa: il psicologico non sono le scienze del psi- ma quello che Nietzsche indagò superando l'uomo metafisico.
green&grey pocket is offline  
Vecchio 05-11-2013, 21.53.48   #204
ceccodario
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Provo a spiegarmi meglio e ad essere sintetico visto che ci sarebbero un sacco di cose che avrei da scrivere.
Mi dispiace ma intervengo a favore dell'ontologia anche se mi sento in minoranza
Siamo sicuri di poterci sbarazzare così facilmente della metafisica? Io penso proprio di no; la storia della filosofia lo dimostra, e lo dimostra anche questa breve discussione virtuale che stiamo facendo. Cerco di spiegarvi il perchè:

@albert e @paul - Se non ho capito male (correggetemi se sbaglio) la vostra mossa consiste in:
A) definisco esistente quell'ente che ha un rapporto diretto o indiretto con le mie percezioni.
Qui, piaccia o meno, si ha una presa di posizione ontologica, se per ontologia si intende quel campo primario della filosofia in cui si stabilisce ciò che esiste e ciò che non esiste.
B) dato per assodato (A), poichè è un'asserzione indubitabile, siccome la percezione viene prima dell'esistenza, abbandoniamo lo "sterile" campo dell'ontologia e discutiamo di conoscenza, di percezioni che a loro volta fondano i pensieri ecc. A cosa serve parlare di ontologia se questa è fondata dalla gneoseologia? Indaghiamo il nostro modo di conoscere (di percepire) innanzitutto.

Quando prima ti ho scritto di "andare più a fondo" nella tua posizione filosofica, volevo avverti che prima di passare a (B), è bene analizzare (A): stabilisci in modo chiaro qual'è il potere ontologico della percezione e del soggetto prima di spostarti in un campo epistemologico o di filosofia della mente. Mi domanderai: ma è così necessario farlo? Io penso proprio di sì, perchè è solo discutendo e analizzando (A) che possiamo vedere le eventuali contraddizioni, fallacie metafisiche che inevitabilmente si riflettono in (B), ovvero in ambito epistemologico. Affinchè funzioni bene, una certa teoria della conoscenza necessità di un solido fondamento metafisico. Non c'è niente di più "fideistico" e dogmatico di assumere (A), darla per certa e passare direttamente a (B) come se nulla fosse: "parlare di realtà, esistenza, verità (noumeno) è sterile, non ha senso, non discutiamone nemmeno; parliamo piuttosto di ciò che si manifesta ai sensi (fenomeno)" No! aspetta un attimo, chiarisci perchè non vuoi parlare di ontologia, "poni a problema" (per dirla alla Heidegger) la tua concezione dell'esistenza; se no si finisce come i Sofisti nei dialoghi platonici che assumono acriticamente una posizione filosofica (magari anche legittima) ma si rifiutano di problematizzarla universalmente come Socrate li invita. Non è un caso che paul giustamente mi hai scritto "si sta confondendo un ambito gneoseologico con uno ontologico": so che avete fretta di passare al passo (B), ma io prima vi inviterei a riflettere meglio sulla definizione ontologica (non facciamo finta che non lo sia) di esistenza.

Spero di aver spiegato quali sono le mie perplessità e vi invito a non aver paura a parlare di ontologia: vedrete che il meccanismo "Lo conosco/percepisco, quindi esiste", che è stata una soluzione molto in voga nella filosofia otto-novecentesca (poichè pensavano che fosse il sistema migliore per dare fondamento più solido alla conoscenza), presenta diversi problemi (come ho cercato di spiegarvi).

Un saluto
ceccodario is offline  
Vecchio 06-11-2013, 15.33.56   #205
maral
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Riferimento: L'esistenza

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Originalmente inviato da green&grey pocket
molto brevemente la denotazione è la descrizione e la connotazione il concetto.
In tal caso resta aperto il problema se possano effettivamente esistere denotazioni prive di qualsiasi concettualizzazione fondante o connotazioni che non implichino alcuna descrizione. Possiamo certo distinguerle come momenti diversi, ma tra loro restano inscindibili, come significante e significato.



Citazione:
Ripeto che non è un atto, perchè se no avresti ragione tu, è un fatto o un evento, implica una simultaneità duale come dire.
Se si tratta di un evento duale a maggior ragione credo il percepito non possa venire tenuto separato dal pensato (anche se esistono certamente modi diversi di percepire come di pensare, sintassi diverse)





Citazione:
Infatti è l'io che si determina sempre più, non certo l'uva, per tornare all'esempio.
Ma cos'è l'uva, non questo grappolo d'uva che percettivamente ho davanti agli occhi e posso persino assaporare o immaginare di percepire concretamente, ma l'uva di cui in generale si parla, l'uva - concetto. Come si legano l'uno all'altro?


Citazione:
Quello che non dobbiamo dimenticare è come questo processo di determinazione avviene, insomma non vi è un'autocoscienza apriori, direbbe Peirce.
Sarebbe interessante capire in che misura Peirce sia sicuro che non vi sia un'autocoscienza a priori. Non mi pare che vi sia infatti fenomenologicamente parlando alcun a priori rispetto all'autocoscienza: come evento (o fatto) il mondo nasce con l'io e l'io con il mondo, è evidente.



Citazione:
Certo, ma bisogna pur intendere che è la migliore in termini di qualità garantita al vivere.
Se ben intesa (e oggi ancora non lo è) anche in qualità al senso etico del vivente, del bios.
Sulla qualità garantita del vivere se ne può discutere, ma comunque si può sempre continuare a sperare nonostante le molte delusioni.



Citazione:
Non la ricordo sorry.

https://www.riflessioni.it/forum/filo...-identita.html


Citazione:
Vedi la comprensione intellettuale dell'animalità dell'uomo serve proprio per non cadere nella trappola linguistica di vedere l'uomo come macchina biologica.
Agamben che sta seguendo questa pista non ha mai detto che è l'unica, è piuttosto il pensatore radical chic che ritiene non importante questa visione, che la considera una moda ormai passata.
Sicuramente non è una moda ormai passata, poi le mode prima o poi si ripresentano sempre, è inevitabile. E' che tutto sommato trovo poca differenza (al di là dei gusti personali e delle implicazioni che ne scaturiscono) tra il pensare/percepire tutto l'universo (uomo compreso) è fondamentalmente una macchina o che tutte le cose dell'universo esprimano forme peculiari di coscienza e autocoscienza. Non so, ma mi sembra che stabilire una priorità tra l'essere macchine e l'essere coscienti (ossia se sia la macchina originaria ad evolvere verso la coscienza o la coscienza originaria a volersi rappresentare sempre più volentieri come macchina) non abbia in sé alcuna giustificazione.
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Vecchio 06-11-2013, 15.46.13   #206
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Originalmente inviato da sgiombo
Molto semplicisticamente:

Denotazione = oggetto indicato da una (o più) parola (per esempio un certo astro che si trova vicino all' orizzonte alla sera ed al mattivo é la denotazione della parola "Venere" intesa -connotata- come il secondo pianeta del sistema solare).

Connotazione = significato attribuito a una parola (per esempio con le parole "stella della sera" e con le parole "stella del mattino" si connota diversamente -intendendolo in due diverse accezioni; e magari credendo erroneamente di denotare due diversi oggetti, come accadeva comunemente fino a "qualche tempo fa"- lo stesso pianeta Venere).

Ci possono essere parole che hanno connotazione ma non denotazione (reale), come "ippogrifo" (a meno che non si intenda una statua o un dipinto, o anche un mero oggetto di pensiero, un concetto fantastico; cioé nel caso si intenda con essa il presunto, inesistente animale in carne e ossa). Oltre che singoli oggetti indicati da più parole con (almeno in parte) diverse connotazioni (ma un' unica denotazione), come appunto il pianeta Venere di cui sopra connotato come "stella della sera" e/o come "stella del mattino".
Grazie sgiombo, mi era sfuggita la tua definizione che mi pare confermare il riferimento alla distinzione tra segno e significato, che pur tuttavia ritengo inseparabili.
Lasciando a parte il discorso dell'ippogrifo su cui abbiamo già a lungo discusso, mi chiedo solo per quale ragione dovrei ritenere "Venere-stella del mattino" ente del tutto identico (nel senso dato da Leibniz agli indiscernibili) a "Venere-stella della sera"? Perché mai un pianeta che appare nel cielo all'alba dovrebbe essere lo stesso pianeta che appare al tramonto? E' un argomento questo sul quale Severino sta scrivendo da più di mezzo secolo, per cui non sarebbe certo risolvibile qui in modo esaustivo, ma pur tuttavia credo possa essere uno spunto di riflessione interessante.
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Vecchio 06-11-2013, 18.47.28   #207
albert
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Originalmente inviato da ceccodario
Provo a spiegarmi meglio e ad essere sintetico visto che ci sarebbero un sacco di cose che avrei da scrivere.
Mi dispiace ma intervengo a favore dell'ontologia anche se mi sento in minoranza
Non ne sarei sicuro

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Originalmente inviato da ceccodario
Siamo sicuri di poterci sbarazzare così facilmente della metafisica? Io penso proprio di no; la storia della filosofia lo dimostra, e lo dimostra anche questa breve discussione virtuale che stiamo facendo. Cerco di spiegarvi il perchè:

@albert e @paul - Se non ho capito male (correggetemi se sbaglio) la vostra mossa consiste in:
A) definisco esistente quell'ente che ha un rapporto diretto o indiretto con le mie percezioni.
Qui, piaccia o meno, si ha una presa di posizione ontologica, se per ontologia si intende quel campo primario della filosofia in cui si stabilisce ciò che esiste e ciò che non esiste.
B) dato per assodato (A), poichè è un'asserzione indubitabile, siccome la percezione viene prima dell'esistenza, abbandoniamo lo "sterile" campo dell'ontologia e discutiamo di conoscenza, di percezioni che a loro volta fondano i pensieri ecc. A cosa serve parlare di ontologia se questa è fondata dalla gneoseologia? Indaghiamo il nostro modo di conoscere (di percepire) innanzitutto.

Quando prima ti ho scritto di "andare più a fondo" nella tua posizione filosofica, volevo avverti che prima di passare a (B), è bene analizzare (A): stabilisci in modo chiaro qual'è il potere ontologico della percezione e del soggetto prima di spostarti in un campo epistemologico o di filosofia della mente. Mi domanderai: ma è così necessario farlo? Io penso proprio di sì, perchè è solo discutendo e analizzando (A) che possiamo vedere le eventuali contraddizioni, fallacie metafisiche che inevitabilmente si riflettono in (B), ovvero in ambito epistemologico.

Hai capito bene. Ma quali sono le contraddizioni e le fallacie?

Citazione:
Originalmente inviato da ceccodario
Affinchè funzioni bene, una certa teoria della conoscenza necessità di un solido fondamento metafisico. Non c'è niente di più "fideistico" e dogmatico di assumere (A), darla per certa e passare direttamente a (B) come se nulla fosse: "parlare di realtà, esistenza, verità (noumeno) è sterile, non ha senso, non discutiamone nemmeno; parliamo piuttosto di ciò che si manifesta ai sensi (fenomeno)" No! aspetta un attimo, chiarisci perchè non vuoi parlare di ontologia

Perché nelle varie trattazioni e discussioni sull'ontologia non ho trovato nulla di interessante e utile - a mio stretto personale parere

Citazione:
Originalmente inviato da ceccodario
Spero di aver spiegato quali sono le mie perplessità e vi invito a non aver paura a parlare di ontologia: vedrete che il meccanismo "Lo conosco/percepisco, quindi esiste", che è stata una soluzione molto in voga nella filosofia otto-novecentesca (poichè pensavano che fosse il sistema migliore per dare fondamento più solido alla conoscenza), presenta diversi problemi (come ho cercato di spiegarvi).

Ci hai detto che secondo te ha molti problemi, ma non hai detto quali!!
Andiamo a discutere della sostanza. Secondo te che cosa perdo se assumo A?
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Vecchio 06-11-2013, 18.56.22   #208
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Originalmente inviato da sgiombo
Albert:
Appunto: l’esistenza (nel senso “classico” che abbiamo tutti usato fino ad ora) non può essere né dimostrata né mostrata. Domanda: ma allora ci interessa? Se la risposta è “no” dobbiamo comunque dare un significato al termine “esistenza”, che ricorre molto spesso nei nostri discorsi. E potrebbe essere quello che propongo.

Sgiombo:
Io però non vedo in cosa la proposta effettivamente consista (personalmente mi interessa, certo!).

Però, appunto, la proposta presuppone che si rinunci all'ontologia, cioè che le domande ontologiche "non interessino". In che cosa consiste? Copio da un vecchio post:

Citazione:
Originalmente inviato da albert
Secondo me il concetto di “esistenza”, continuamente presente nei nostri discorsi, va definito prescindendo dalla metafisica e partendo dalla nostra “realtà”, vale a dire l’insieme delle nostre percezioni. Ritengo che sia utile prendere spunto dalla definizione di “probabilità” di Bruno DeFinetti (“il prezzo che un individuo ritiene equo pagare per ricevere 1 se l'evento si verifica, 0 se l'evento non si verifica”). In questa prospettiva si può dire che una cosa “esiste” se un individuo ritiene utile comprenderla nella sua visione del mondo.

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Vecchio 06-11-2013, 19.07.27   #209
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@Ceccodario

Accadono sensazioni (fenomeniche; materiali e mentali)?

Se si, questa é ontologia: la realtà é costituita (per lo meno anche) da tali sensazioni.

C' é altro (oltre alle sensazioni fenomeniche; materiali e mentali)?

Se si l' ontlogia si estenda (anche, inoltre) a tali altre cose.

Ma le uniche cose di cui c' é evidenza sono le sensazioni (fenomeniche; materiali e mentali); altre cose (come ulteriori esperienze fenomeniche oltre la "propria" immediatamente esperita, soggetto/i e oggetto/i dell' esperienza/e fenomenica/e cosciente/i, cioé dell' insieme/i di sensazioni fenomeniche; materiali e mentali) sono ipotizzabili e credibili per fede ma non dimostrabili né men che meno mostrabili essere reali (e se ci fossero soggetti e/o oggetti delle sensazioni fenomeniche, reali anche allorché esse non accadono non potrebbero essere -pena una patente caduta in contraddizione- sensazioni fenomeniche: non potrebbero coincidere con esse, ma dovrebbero avere una diversa ontologia, del tipo del noumeno kantiano o della Sostanza spinoziana).
Dunque, per riassumere, l' unica ontologia certa é limitata alle sensazioni (fenomeniche; materiali e mentali); altre entità (altri "contenuti dell' ontologia" sono solo ipotetici e credibili immotivatamete, infondatamente, indimostrabilmente; letteralmente "per fede".

Ultima modifica di sgiombo : 07-11-2013 alle ore 07.44.54.
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Vecchio 06-11-2013, 19.39.57   #210
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Originalmente inviato da maral
Grazie sgiombo, mi era sfuggita la tua definizione che mi pare confermare il riferimento alla distinzione tra segno e significato, che pur tuttavia ritengo inseparabili.
Lasciando a parte il discorso dell'ippogrifo su cui abbiamo già a lungo discusso, mi chiedo solo per quale ragione dovrei ritenere "Venere-stella del mattino" ente del tutto identico (nel senso dato da Leibniz agli indiscernibili) a "Venere-stella della sera"? Perché mai un pianeta che appare nel cielo all'alba dovrebbe essere lo stesso pianeta che appare al tramonto? E' un argomento questo sul quale Severino sta scrivendo da più di mezzo secolo, per cui non sarebbe certo risolvibile qui in modo esaustivo, ma pur tuttavia credo possa essere uno spunto di riflessione interessante.

Devo confessare che Leibniz, che pure trovo per certi aspetti decisamente affascinante (del tutto contrariamente ad Hegel), lo conosco unicamente per quel poco che ne ho studiato al liceo, non avendone letto nulla (in questo esattamente come Hegel): bisogna sapere accettare i propri limiti, dal momento che come diceva Galeno (o Ippocrate? Comunque uno dei miei antichi maestri, essendo io medico), "la scienza é lunga e la vita é breve".

Comunque semplicemente la scienza dimostra inequivocabilmente che si tratta della stessa "cosa" (la qule ovviamente, come a tutte le cose, può essere fatta oggetto delle più svariate considerazioni, anche più o meno limitate a certi suoi aspetti, e anche fra loro alternative.
sgiombo is offline  

 



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