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05-11-2013, 01.51.11 | #192 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
@maral
Citazione:
1) scambiare la denotazione con la connotazione. sì credo che sia questo il problema di fondo (anche in altri topic) Citazione:
Ecco paul l'ha ribadito, in altre parole...solo che non c'è l'atto che presuppone un agente. Bensì un fatto che deriva da un evento. 2) la "differenza" del noumeno percepito Questo vuol dire che l'io e l'oggetto sono differiti di volta in volta che c'è un fatto. Ossia non c'è io senza oggetto e viceversa. Devono esserci entrambi simultaneamente (o quasi direbbe einstein). Non a caso le neuroscienze calcolano un differenza significativa di qualche frazione di secondo tra percepito e intuito. L'unica cosa che sappiamo di questa differenziazione iniziale (fatto-evento) è che ciò che rimane è un "io" e un "oggetto". la cosa che impariamo a distinguere piano piano è che l'io non coincide con l'oggetto, è ciò che chiamiamo principio del terzo escluso. 3) E' questa differenza che mi farebbe distinguere tra i livelli di esistenza tra l'ippogrifo e un cavallo o tra il mondo e il noumeno? Non proprio. Ossia questa differenziazione avviene di volta in volta, e viene ricostruita in qualche frazione di secondo. Essa viene definita come realtà percepita. Ossia esiste un io e un oggetto. Questo oggetto viene distinto da me perchè non rientra nelle mie categorie forma-sostanza-quantità-relazione. Come afferma kant le categorie non sono ontologiche ma fenomenologiche come ci appaiono appunto. Ma è il nostro intelletto che appunto unisce queste differenze percepite in insiemi sempre più complessi. non so l'uva è quella cosa più o meno sferica + quella cosa più o meno verde + più o meno di debole consistenza rispetto a me + trovabile più o meno a spicchi + in quel terreno etc... Questi insiemi vengono nominati, ed è da questa nominazione da cui parte la formazione di un io sempre più complesso, cioè sempre più differito quante maggiori cose conosce (per negazione). 4) differenza ippogrifo-cavallo L'uomo non è solo linguaggio, ma da esso dipende funzionalmente nella costruzione di un suo io, il problema di questa nominazione è che essendo fatta di tante piccole sub-unità, rischia anche di dimenticarsi in quale fatto evento esse erano state determinate. Rimangono così solo nominazioni di qualcosa di differente, è a quel punto che la fantasia (altro strumento dell'intelletto) subentra per creare ippogrifi. ossia differisce unità di sensazioni in forme che non hanno mai avuto luogo(non c'è stato il fatto-evento) in forma unitaria. l'ippogrifo esiste come forma di fantasia per l'io, si capisce che se al posto di ippogrifo ci metto qualsiasi altra cosa il passo dalla metafisica è breve. Non a caso la separazione di "unità percepite" il più piccole e ridotte numericamente possibile è utilissima alla scienza nel caso di una deduzione ossia una inferenza ad alto impatto dimostrativo.(sgiombo richiama giustamente il rasoio d'occam) E già! lo strumento principale (ma non l'unico abbiamo visto) dell'intelletto è l'inferenza, e cioè la capacità per negazione di andare all'indietro partendo da a che non è b etc... (la dimostrazione per assurdo dei greci è infatti uno dei momenti più alti della storia dell'umanità). 5) differenza tra mondo e noumeno a mio avviso il mondo può essere quella competenza dell'uomo intellettuale, ossia qualcosa che rimane dall'uso del'insieme degli strumenti critici che l'intelletto ci ha disposto, compresa la fantasia. E' chiaro che è una competenza fenomenologica. E' chiaro che si dibatte tra universale e particolare. il noumeno non potremo mai sapere cosa è: molti come hegel, leibniz o desargues ma anche peirce e altri desumono che non possa che essere qualcosa che permetta lo stesso intelletto, ossia Dio. è la famosa dimostrazione per analogia con la perfezione (quasi geometrica-matematica) e la bellezza dell'universo. tutto ciò però non c'entra quasi nulla con l'esitenza, e cioè con l'animalità dell'uomo che va ben oltre il fatto di "possedere" l'intelletto, e che in fin dei conti si risolve veramente solo autobiograficamente. |
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05-11-2013, 07.58.27 | #193 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Ulysse:
Caro Sgiombo, Si possono fare tutte le critiche razionali circa la conoscenza scientifica che si credono opportune, Sgiombo: Meno male (se no saremmo in piena dittatura! Peraltro non é che ne siamo molto lontani...). Ulysse: ma c’è un fatto che è difficile ammettere…se non impossibile… ed è che la comunità degli scienziati avrebbe intrapreso e persisterebbe nello studio/ricerca/indagine di un qualcosa di cui supporrebbe la non esistenza…o anche solo ne dubiterebbe. In una tale supposizione nulla, o quasi nulla, avrebbe fatto!...Perchè lavorare invano? Sgiombo: La "comunità degli scienziati" (oggi!) per lo più é poco o punto ferrata filosoficamente, non si pone certi problemi e non si rende conto dei limiti e delle condizioni di verità della scienza (che pratica); ma se vi fossero ricercatori che invece si pongono questi problemi filosofici e dispongono di un' adeguata consapevolezza dei limiti e delle condizioni del sapere scientifico (in passato ce ne sono certamente stati e di egregi) questo non li intralcerebbe affatto -anzi!- nelle loro ricerche. Ulysse: Quindi, prima occorre risolvere il problema della esistenza/non esistenza della “cosa”,…il che la filosofia fa, e poi, quando ne sia stabilita l’esistenza, se ne intraprende lo studio: così vanno le cose normalmente…se non si è pazzi! A me pare, quindi, che l’intrapresa scientifica abbia superato e superi “tout court” la fase della possibile “non esistenza” dell’universo …cioè della cosa che studia….e si dedichi direttamente al suo studio. Così dalle origini! Sgiombo: Come dire che fare ricerca scientifica é fare ricerca scientifica e fare filososfia (in generale; e in particolare della scienza) é fare filosofia (cioé un' altra cosa). Mi sembra ovvio! Però l' intrapresa scientifica non ha affatto "superato" i problemi (eminentemente filosofici!) della natura della "cosa che studia" (i contenuti materiali dell' esperienza fenomenica): li studia (descrive il loro divenire) e basta, senza porsi il problema (in quanto intrapresa scientifica; anche se fare della filosofia non é vietato a priori a nessuno, nemmeno agli scienziati) se si tratti di fatti reali anche in quanto non percepiti o di meri insiemi di sensazioni fenomeniche ("esse est percipi"; Berkeley), come per la cronaca personalmente penso; dando per scontata (fra l' altro, oltre ad altre condizioni indimostrabili della conoscenza scientifica) la loro intersoggettività, che non é affatto dimostrabile ma solo credibile ingiustificatamente, per fede). Ulysse: Infatti i filosofi "che hanno dubitato" nulla hanno concluso…sula via di una concreta conoscenza dell’universo! Sgiombo: Per dirla brutalmente: e non glie ne poteva fregare di meno! Cioé in quanto filosofi (ma ci sono anche stati filosofi scienziati o scienziati filosofi, in tempi almeno per certi versi migliori dell' attuale) il loro interesse ed impegno non consisteva nella ricerca "di una concreta conoscenza dell’ universo"! Ulysse: Forse che, invece, Galileo o Newton o Einstein o altri, ecc… si sono peritati di dimostrare l’esistenza della cosa intorno alla quale intendevano enunciare le loro teorie e leggi? Ma nemmeno per sogno! Hanno trovato una cosa chiamata “ab antico” UNIVERSO in cui tutti erano e siamo realisticamente immersi, e si sono buttati…. fideisticamente o meno che fosse… ad elaborarne teorie e leggi. Sgiombo: Certo, la loro grandezza é unicamente (o meglio sostanzialmente: per esempio quella di Galileo é anche letteraria, quella di Einstein anche politica) in quanto scienziati. Ma contrariamente alla generalità dei loro attuali successori erano molto interessati anche alla filosofia. Ulysse: Se avessero, pur per un attimo, dubitato della sua esistenza, della esistenza della cosa sotto indagine, si sarebbero persi in una “inutile e vana” dimostrazione di esistenza…magari indimostrabile a priori…sarebbero diventati filosofi e addio scienza. Sgiombo: Ma chi l' ha detto?!?!?! Innanzitutto le questioni filosofiche sono interessantissime! E inoltre la consapevolezza critica (filosofica) di condizioni e limiti della conoscenza scientifica può casomai giovare alla ricerca, non certo impediirla (e per quale mai motivo?!?!?!) Ulysse: Invece, pur con tutte le possibili critiche di metodo, l’opera scientifica è tutt’ora un corpo di conoscenze ineguagliabile…congruente e predittivo circa la “cosa” indagata, proprio a dimostrazione, sia pure a posteriori che la cosa esiste. Quindi la dimostrazione di esistenza, pur da te ritenuta impossibile, è comunque avvenuta e ad ogni momento avviene…sia pure a posteriori…e l’accusa di “fideismo” a chi persegue l’indagine, la ricerca, circa l’universo fisicamente reale ed esistente …fallisce! Sgiombo: No! L' opera scientifica non dimostra afftto né a priori né a posteriori l' esistenza della "cosa" intesa come realtà dei fenomeni distinta dal loro essere percepiti e persistente anche allorché non lo sono (fra l' altro questa ultima asserzione é autocontraddittoria: sarebbero contemporaneamente -percepiti- e non sarebbero -percepiti-). La predittività della scienza può essere solo constata di volta in volta a posteriori, mentre per il futuro e universalmente non può essere dimostrata (Hume) ma solo creduta indimostrabilmente, letteralmente "per fede". Io non accuso proprio nessuno di "fideismo" (anche perché dovrei accusare anche me stesso!), ma semplicemente mi rendo conto che la conoscenza scientifica é possibile e vera solo se sono vere determinate condizioni indimostrabili (essere vere né essere false). E questa critica non fallisce affatto! Ultima modifica di sgiombo : 05-11-2013 alle ore 18.09.39. |
05-11-2013, 08.14.03 | #194 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Confessione-shock, da parte di uno scientista dichiarato! A me pare che non sia l' ecosistema "sempre più ostile" a minacciarci, ma noi uomini a distruggerlo, segando il ramo sul quale siamo appollaiati (e aspettare una qualche "bacchetta magica tecnologica" vorrebbe dire perdere la sfida in partenza: la scienza rebus sic stantibus -organizzazione sociale capitalistica- non può certamente essere sufficiente a risolvere positivamente il problema, anzi rischia soprattutto di contribuire a peggiorare le cose)! E credo che ci sia ancora da lottare per cercare di salvarci come specie (e comunque varrebbe la pena farlo per lo meno per "vendere cara la pelle"). Ultima modifica di sgiombo : 05-11-2013 alle ore 18.11.53. |
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05-11-2013, 08.55.01 | #195 | ||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
Citazione:
Appunto: l’esistenza (nel senso “classico” che abbiamo tutti usato fino ad ora) non può essere né dimostrata né mostrata. Domanda: ma allora ci interessa? Se la risposta è “no” dobbiamo comunque dare un significato al termine “esistenza”, che ricorre molto spesso nei nostri discorsi. E potrebbe essere quello che propongo. Citazione:
Se vogliamo dire che sotto c’è un atto di fede, mi può andare bene. Ma secondo me non ce ne sarebbe nemmeno una stretta necessità. E, come già detto, anche se secondo me questa concezione non può essere definita “solipsistica” (ma sono i soliti giochini con le definizioni), il solipsismo non ci dovrebbe fare paura. |
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05-11-2013, 09.15.08 | #196 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza
Albert:
Appunto: l’esistenza (nel senso “classico” che abbiamo tutti usato fino ad ora) non può essere né dimostrata né mostrata. Domanda: ma allora ci interessa? Se la risposta è “no” dobbiamo comunque dare un significato al termine “esistenza”, che ricorre molto spesso nei nostri discorsi. E potrebbe essere quello che propongo. Sgiombo: Io però non vedo in cosa la proposta effettivamente consista (personalmente mi interessa, certo!). Albert: Se vogliamo dire che sotto c’è un atto di fede, mi può andare bene. Ma secondo me non ce ne sarebbe nemmeno una stretta necessità. E, come già detto, anche se secondo me questa concezione non può essere definita “solipsistica” (ma sono i soliti giochini con le definizioni), il solipsismo non ci dovrebbe fare paura. Sgiombo: Ma credere che esista solo l' esperienza cosciente (personalmente) percepita si é sempre chiamato "solipsismo", senza giochi di parole (non fa paura nemmeno a me). E se non é possibile dimostrare e men che meno mostrare che esista altro, l' unico modo per superarlo é un arbitrario atto di fede. Per allungare il messaggio auguro ogni bene a tutti i frequentatpri del forum. Ultima modifica di sgiombo : 05-11-2013 alle ore 11.30.59. |
05-11-2013, 10.21.16 | #197 | |||
Moderatore
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Riferimento: L'esistenza
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Da un certo punto di vista mi lusinga questo cercare di ricondurre la posizione che propongo a precedenti illustri, d’altro canto non mi sembra del tutto appropriato, come ben dice paul11, che ha inteso benissimo: Citazione:
La tua risposta però è stata: Citazione:
Ecco, su questo invece non sono d’accordo. Il fatto che c’è “qualcos'altro che non-esiste-e-ancora-non-è-percepito” non mi crea nessun problema, perché la mia definizione di esistenza è “dinamica”, niente vieta di rivedere ogni momento la propria posizione, anche se sono confidente che non dovrà cambiare in modo eccessivo per il principio di coerenza della realtà (vedi anche la discussione sul principio di identità). Non vedo perché il “presupposto ontologico” di cui parli sia indispensabile per l’esperienza quotidiana. L’idea di “esistenza” proposta andrebbe benissimo per un simulatore della mente umana, certo non ha il dettaglio che servirebbe per costruirlo, ma in linea di massima credo che potrebbe funzionare. Certo che guarda all’aspetto epistemologico e non a quello ontologico, ma, dal mio punto di vista, l’ontologia non interessa, è un gioco sterile, magari appassionante, ma sterile. |
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05-11-2013, 10.22.57 | #198 | ||
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Riferimento: L'esistenza
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05-11-2013, 16.46.38 | #199 | |||||||||||
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Si dice che l'essere umano in fondo è un animale, l'animale in fondo è una macchina biologica, non c'è quindi nessuna supremazia dell'uomo sull'esistente. D'accordissimo, nessuna supremazia, ma perché non ribaltiamo i termini, perché non affermiamo che qualsiasi macchina biologica (se non l'universo intero in ogni forma in cui si manifesta) ha una coscienza che lo anima. Perché tutto l'esistente per essere creduto come tale deve essere ridotto a macchina e non innalzato ad anima? Da dove nasce questa esigenza di fede meccanicistica? Io un sospetto ce l'avrei e non è un bel sospetto. |
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05-11-2013, 19.37.40 | #200 | |
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Riferimento: L'esistenza
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Molto semplicisticamente: Denotazione = oggetto indicato da una (o più) parola (per esempio un certo astro che si trova vicino all' orizzonte alla sera ed al mattivo é la denotazione della parola "Venere" intesa -connotata- come il secondo pianeta del sistema solare). Connotazione = significato attribuito a una parola (per esempio con le parole "stella della sera" e con le parole "stella del mattino" si connota diversamente -intendendolo in due diverse accezioni; e magari credendo erroneamente di denotare due diversi oggetti, come accadeva comunemente fino a "qualche tempo fa"- lo stesso pianeta Venere). Ci possono essere parole che hanno connotazione ma non denotazione (reale), come "ippogrifo" (a meno che non si intenda una statua o un dipinto, o anche un mero oggetto di pensiero, un concetto fantastico; cioé nel caso si intenda con essa il presunto, inesistente animale in carne e ossa). Oltre che singoli oggetti indicati da più parole con (almeno in parte) diverse connotazioni (ma un' unica denotazione), come appunto il pianeta Venere di cui sopra connotato come "stella della sera" e/o come "stella del mattino". |
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