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19-05-2008, 09.26.45 | #22 | |
like nonsoche in rain...
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Riferimento: W gli "ismi" (!?)
Citazione:
Devi scegliere Gigi, devi scegliere! Io ti dirò che tu sei un panteista, con sprazzi di solipsismo ed animismo, conditi da un nichilismo positivo alla maniera del Nagarjuna. Eppoi dimmi che non ti ho aiutato ad uscire dal dilemma! Ho aiutato due miei sogni ad uscire dal dilemma... manco fossi madre teresa... ... e come si fa senza sogni... mah! Dovrò star più attento... Occhio alla penna... ehm allo ismo... Antonio |
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19-05-2008, 15.18.21 | #23 |
Ospite
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Riferimento: Siamo solo un ammasso di cellule?
Oh Nexus6, sfottitore d' ogni branca della filosofia
Non chiudermi tutte le infinite strade... sono ancora giovane Fammi divertire almeno un altro poco in questo enorme ambiente astratto Comunque, ho seguito il tuo consiglio (quello dello specchio) . Poi sono tornato al pc ed ho letto i nuovi messaggi del forum, e non è che sia cambiato molto. Questa "teoria" dei sogni ... mi sa tanto di voler spiegare qualcosa di complesso con un concetto terreno (quello dei sogni). E non confuta certo il determinismo fisico-biologico. Quale può essere una teoria risolvente? Epicurus, la tua sembrava interessante: mente come entità esterna al cervello. Per S.B.: Non tutto ciò che non si riesce a dimostrare è un postulato. |
19-05-2008, 16.11.28 | #24 | |||
Moderatore
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1°
Citazione:
Ho iniziato come materialista, sono passato al funzionalismo computazionale, poi all'emergentismo. Ma è ormai da un po' che non sono neppure emergentista: nella mia storia questa posizione, infatti, rappresenta, più che una vera e propria posizione, una transizione dal funzionalismo computazionale al pluralismo concettuale. Citazione:
Eh sì, quanta nostalgia caro nexus Comunque grazie per l'appoggio nella discussione, ma non mi allontanare i forumisti dalla filosofia A proposito, mi sono dimenticato di consigliare un bellissimo libro/antologia sull'argomento: "La mente e la natura" (a cura) di Mario De Caro e David Macarthur. Davvero raccomandato! Citazione:
Conosco bene ciò che sostieni e le sue varie implicazioni perché, come ho scritto sopra, per un po' di tempo sostenni anch'io tali tesi. Provo a buttare già un po' di cose per spiegare meglio cosa penso, anche se c'è già tutto scritto in giro per il forum, quindi farò prevalentemente un azione di copia-incolla. Il naturalista (scientifico) afferma e crede: "ciò che esiste è ciò che è studiato dalle scienze naturali, e nient'altro esiste". Ma se egli ha una così gran fiducia nelle scienze naturali -- io più che fiducia direi che si è creato una visione metafisica della scienze naturali, infatti anch'io ho gran fiducia nelle scienze naturali -- tanto che arrivi all’esagerazione affermando che tutto è studiabile in modo completo da queste e che esiste solamente tale mondo, allora non capisco proprio come la tesi propria del naturalismo sia da considerarsi scientifica: che esistano solamente fatti naturali (delle scienze naturali), è un fatto a sua volta che non può far parte dei fatti naturali. Quindi il naturalismo è contraddittorio. Sinteticamente il problema è che il naturalismo vorrebbe liberarci da ogni metafisica, ma non si accorge che è esso stesso una metafisica. Vorrei proporre, qui di seguito, una interessante argomentazione del mio amico Shpongle (non è utente di questo forum). Egli mostra le conseguenze filosofiche del modo di ragionare del naturalista/riduzionista. Shpongle: "Si arriva al semplice fatto che 'tutto è comunque energia', cioé processi e mutamenti; non vi è nulla di statico o permanente, quindi non ha senso parlare di mattoncini che compongono il tutto e a cui si possa ridurre tutto." La sua argomentazione, in sostanza, non consiste nient'altro che nel mostrarci effettivamente a cosa vogliamo ridurre il mondo, se il nostro e solo modello fosse quello che ci viene fornito dalla fisica. Shpongle: "l'osservazione avviene sempre per mezzo di una interazione. Se voglio osservare la struttura del nucleo atomico, dovrò bombardare il nucleo con altre particelle. Grazie a queste abbiamo visto che il nucleo è "fatto di" protoni e neutroni. Una volta trovato il modo di bombardare i nuclei con particelle diverse o in modi diversi (energie più alte), siamo giunti ad ulteriori scoperte di struttura, cioé i quark, e pare non abbiamo ancora finito. Se i protoni sono un ammasso coeso di quark e gluoni, l'esistenza (in senso stretto) dei primi viene spostata in favore dei secondi, e così via ci si aspetta la scoperta di nuovi livelli di struttura, a seconda di quali nuovi modi riusciremo a trovare per bombardare i nostri atomi con particelle. Ciò che scopriamo, quindi, più che l'esistenza di qualcosa, è la fenomenologia delle interazioni. Arrivando poi al fatto che le particelle stesse si trasformano in altre seguendo leggi di conservazione dell'energia, la teoria dei campi ci insegna che le particelle sono manifestazioni contingenti di campi energetici. Per esempio, quello di cui parli cioé la previsione teorica di una particella (ad esempio i bosoni W e Z scoperti da Rubia per cui prese il Nobel) con successiva verifica sperimentale, è avvenuta proprio tenendo da conto delle leggi di conservazione dell'energia: "dove va a finire questa energia in uscita mancante? Ci sarà una nuova particella! " e così fu. Se vogliamo dirla tutta, il gioco delle matrioske si ferma al fatto che "tutto" il mondo fisico sembra essere una manifestazione di campi di energia. Ma l'energia esiste? L'energia è definita sulla base di dinamiche e processi, come stavo appunto dicendo prima. E' dura affermare che "esista" in quanto tale un pezzettino di energia che si manifesta come particella, perché è tanto sfuggevole quanto impossibile da osservare nella sua interezza (principio di indeterminazione...). Quindi dell'esistenza di Cosa si sta parlando? L'unica cosa che si può affermare con certezza è la manifestazione nel tempo di processi, mutamenti e interazioni. Al contrario, per fare i calcoli e rappresentare i fenomeni, è sensatissimo invece dire che "esiste questo o quest'altro", perché non si parla di esistenza intrinseca o filosofica, ma del fatto che i numeri che riesco a misurare vengono fuori correttamente se uso certi modelli matematici che prevedono in modo ben preciso la presenza di enti corpuscolari." Io questo lo considero una reductio ad absurdum del naturalismo: si vuole spiegare il mondo e alla fine si rimane con niente. D'altro canto è banale osservare che il naturalismo porta anche allo scetticismo radicale. E se non è un fallimento questo -- per una filosofia che voleva abbandonare l'insensatezza e poca praticità delle metafisiche -- non saprei proprio come interpretarlo. D'altro canto, se fossimo dei naturalisti, come descrivere/comprendere/spiegare/risolvere la grande recessione americana del '29? Riusciresti a trattare le guerre, le mode, le immigrazioni, i desideri, etc.? Non ti stai perdendo troppo? E' questo il problema del naturalismo, non considera troppe cose, e tra le altre cose si perde anche la libertà umana (faccio fatica ad usare il termine "libero arbitrio", che sembra avere una connotazione metafisica troppo distante). |
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19-05-2008, 16.13.12 | #25 | ||
Moderatore
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2°
Sulla libertà d'agire. La nostra capacità di rimetterci in discussione non ha limiti a priori. Perché sono nati l'interazionismo simbolico e la psicologia culturale? Perché i paradigmi basati su meccanismi automatici di stimolo/risposta o di associazione di idee hanno fallito. d'altro canto in molti (filosofi, psicologi, etc.) hanno tentato di scovare generalizzazioni del tipo:
se un individuo I ha le credenze C1...Cn e i desideri D1...Dk, allora compierà l'azione A ma è stato tutto vano. Anche perché le credenze e tutti gli altri stati intenzionali sono olisticamente definiti, quindi non sono ben separabili tra loro e il numero di stati intenzionali da inserire nella formula (e non solo credenze e desideri, ma anche aspettative, valori etici, paure, etc.) sono potenzialmente infiniti. Inoltre, l'altro problema è che si sarebbe dovuto mettere un peso di rilevanza ai vari stati intenzionali, ma la rilevanza (o la forza) di uno stato intenzionale si manifesta solamente con l'azione e non è rilevabile in precedenza. Caso base ed ipersemplificato: se io voglio nuotare ma ho paura dell'acqua, allora la mia azione dipenderà da quale dei due stati intenzionali è più forte, ma determinarlo in anticipo non è possibile. Quindi, come puoi vedere, le cose non sono così facili. Senza contare che che la determinazione degli stati intenzionati posseduti da un agente è un'azione prettamente ermeneutica, e questo non fa che accentuare le difficoltà per i paradigmi meccanicisti. D'altro canto la libertà può essere in crisi se si adotta (solo) la prospettiva naturalistica per comprendere l'uomo, ma io sostengo che tale naturalizzazione sia impossibile: le scienze naturali hanno da dirci molto sull'uomo, ma non tutto. Ciò che vado proponendo è che il modello delle scienze naturali (o i vari modelli che hanno da offrirci) non sono adeguati a studiare (in modo completo) molti fenomeni, tra i quali le persone. Niente di religioso o trascendente, bensì riconoscere che ci sono modelli più appropriati per alcune questione e altri meno per altre questioni. La tua posizione mi sembra molto problematica, infatti ritieni che sia possibile studiare le relazioni umani come se studiassi microfisica, ma ciò appare così difficile da credere, non perchè l'uomo sia qualcosa di trascendente, ma perchè l'uomo è molto diverso da un sasso o da un virus: tu ritieni doveroso adoperare indiscriminatamente ed in ogni conteso il sistema concettuale della fisica, quando gli stessi scienziati che lavorano in campi diversi dalla fisica trovano questa una posizione mitologica (che non trova riscontro in 'laboratorio' ma solamente nelle teste dei filosofi). Citazione:
Le scienze sociali (economia, psicologia, economia, sociologia, antropologia, etc.) stanno sviluppando sistemi esplicativi sempre più profondi, senza pretendere di ridurre ogni concetto alla classe dei concetti delle scienze naturali. Dobbiamo credere che la razionalità sia un'esclusiva solamente delle scienze naturali? Questa sarebbe una posizione veramente problematica, sicuramente non accettata dalla comunità scientifica, alla quale tu, in quanto naturalista, dovresti rifarti. Ritornando alla libertà. Io non credo affatto che l’uomo abbia una libertà assoluta (sarebbe assurdo), infatti tale superlibertà (o libero arbitrio, o libertà metafisica) richiederebbe l’onnipotenza, cosa che evidentemente l’uomo non possiede. Sarà banale, ma forse è il caso di precisarlo: vi sono diversi gradi di libertà. Qui l’idea che voglio difendere è che l’uomo disponga di una buona dose (una dose desiderabile) di libertà. Io potrei anche condividere quanto il dubbio dice che non esiste la libertà assoluta (se con essa si intende qualcosa di trascendente e/o che ci permetterebbe di fare ogni cosa), però esiste la ‘libertà da’ e la ‘libertà di’: questi sono i giochi linguistici dove si utilizza la parola ‘libertà’. Noi siamo liberi di cambiare le nostre idee riguardo Tizio, siamo liberi dall’influenza dell’impero marziano, etc. ma il passo falso che compie il dubbio (e molti altri) è quello di non accontentarsi di tali giochi linguistici e pretendere di più, molto di più. E' come se lui condividesse il fatto che Carlo è libero di radersi il volto quando gli pare, ma che a tale libertà manchi qualcosa (forse la trascendenza?). In realtà alla libertà non manca proprio nulla, essa è apposto così com’è. Per quanto riguarda le leggi naturali e la libertà, voglio incollarvi un pezzo di una riflessione fatta da Wittgenstein: il pezzo merita veramente di esser lettoe dovrebbe servirci per liberarci da una cattiva immagine (metafisica) di leggi fisiche che limitano la libertà. Citazione:
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19-05-2008, 16.14.31 | #26 | ||
Moderatore
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3°
Per quanto riguarda la libertà umana e gli istinti vi cito Hilary Putnam dal suo "L'evoluzione spiega la rappresentazione?".
Citazione:
Voglio aggiungere qualcosa di più specifico in merito al possibilità o impossibilità di ridurre ogni nostra capacità o ogni nostro atteggiamento (credenza, desiderio, etc.) ad una base di bisogni biologici fondamentali. Innanzitutto va detto che la cultura è un aspetto importantissimo (indispensabile, io direi) della nostra vita, assieme all'aspetto biologico: l'uomo è un agente tanto biologico quanto culturale. Tra le moltissime conseguenze che ha questo fatto, c'è anche quello che, per esempio, le nostre decisioni (e le ragioni di queste) non sono riducibili a bisogni biologici fondamentali: (per esempio) se l'istinto di sopravviventa mi spinge a rimanere in vita, i miei valori potrebbero spingermi ad andare contro questi e sacrificare la mia vita per salvare una scolaresca di bambini delle elementari. "Ma anche tale tuo valore ha una ragion d'essere perchè un qualche istinto biologicamente radicato in te ha fatto si che tu abbia tale istinto", mi potresti obiettare. Ma che forza ha tale obiezione? E' convincente? Si hanno delle prove per dire questo? Oppure, come io credo, è più ragionevole sostenere semplicemente che i miei valori sono quelli e che non centrino nulla (o poco) con i miei istinti primordiali? E' ragionevole pensare che l'evoluzione abbia potuto selezionare così accuratamente anche il mio senso dell'altruismo e del sacrificio per gli altri? Ma non solo tali principi in generale, ma anche che abbia formato tali principi in modo così preciso che essi fossero applicabili in contesti precisi come quelli della vita d'ogni giorno? Ne dubito fortemente. D'altro canto l'evoluzione biologica segue un processo darwiniano, mentre quella culturale ne segue uno lamarckiano. Detto tutto questo, vorrei aggiungere che sono molti i problemi che si fa incontro se si vuole difendere la tesi che le persone sono riducibili ai neuroni del loro cervello, pure che sono riducibili a stati computazionali. Molte argomentazioni sono abbastanza tecniche e senza una lettura preventiva di lettuere di filosofia della mente è difficile spiegarle. Un'argomentazione abbastanza facile e diretta -- ma che non è la mia prefetia -- va nella direzione dell'esperimento che aveva proposto nexus con lo specchio. Se si considera che noi abbiamo un punto di vista del mondo e nel mondo (cioè proviamo qualcosa ad essere ciò che siamo, sentiamo che ci siamo), che siamo per così dire coscienti e autocoscienti, allora è difficile sostenere che i neuroni (o gli stati computazionali) sono tutto ciò che c'è da sapere sull'uomo. Nagel espone bene questo punto sull'articolo "Che effetto fa essere un pipistrello?": Citazione:
"Che cosa resterebbe del com'è essere un pipistrello, se togliessimo il punto di vista del pipistrello?", si chiede Nagel. E' questo il punto centrale. Se decidiamo a priori di voler oggettivizzare il nostro oggetto di studio, allora non potremo che perdere l'aspetto soggettivo di tale oggetto, ma se tale oggetto fosse proprio la soggettività? Nagel ci dice che l'essere cosciente è una esperienza intrinsecamente in prima persona, ma la prospettiva fisica/computazionale (per propria natura, ma anche per necessità) quando spiega gli eventi li descrive in terza persona, in modo oggettivo. Ma studiare in terza persona e in modo oggettivo il nostro lato soggettivo ha senso? No, sarebbe un po' come voler vedere tutte le gradazioni dell'arcobaleno, portando occhiali con lenti marroni. E adesso offritemi almeno una pizza |
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19-05-2008, 16.37.00 | #27 | |
like nonsoche in rain...
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Riferimento: Siamo solo un ammasso di cellule?
Citazione:
di mondi lontanissimi di viaggiatori anomali in territori mistici" diceva Battiato come solo lui sa dire, ahimé..! (Con lui, la mia mente si è data parecchio da fare...) Daysagaran, forse non pensavi ch'io sapessi già la tua giovin età? Non è cambiato molto, affermi... beh, le rivoluzioni si chiamano apposta così, anzi le ho chiamate appunto così, poichè son complesse, ma non difficili, né impossibili, persevera! Prima ci si infarcisce la mente di pensieri altrui (li chiamano "filosofia") come un panino di MacDonald's e poi si pretende subito la rivoluzione... capisco l'ansia giovanile, ma abbi fiducia, chi scommetterebbe che un misero seme possa diventare una quercia secolare? Io non ci scommetterei nulla, per esempio, eppure così accade... alberi... ... ti ho fatto anche un'altra richiesta, quella di spiegarmi cosa intendi con "cellula" e "reazione chimica" e da dove hai appreso queste parole... qui sta il nocciuolo della discussione, para mi, ovviamente... Abbi fiducia, il "determinismo fisico-biologico" non ti servirà a nulla, "il giorno della fine non ti servirà l'inglese" cantava ancora splendidamente il buon Franco... Spendide riflessioni... Antonio p.s. e leggi pure Epicurus ... domandati pure che effetto faccia essere un pipistrello, ma anche che effetto faccia essere un uomo... p.s.2 Ahì!, lasciamo andare il passato e le nostalgie, Epicurus, liberiamoci da questa trama mentale che siamo noi, eppure non siamo noi... (come la vuoi la pizza?) p.s.3 dalla filosofia non si allontana nessuno, non ti preoccupare, ne abbiamo tutti bisogno... ma ora non riesco a ragionare di "fisicalismo" senza mettermi a ridere, non ci posso fare nulla. Passerà, forse. |
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19-05-2008, 16.39.39 | #28 | |
Ospite abituale
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Riferimento: 3°
Citazione:
Attenzione, Nagel, se non ricordo male, ipotizza un io che sovrintende alla mente. Ciò non è mai stato provato, ma anche se fosse vero (ne sarei contento) manca di una spiegazione fisica. Chiaramente la filosofia ci aiuta a comprendere chi siamo cosa vogliamo e cosa faremo, ma poi in soldoni dobbiamo attenerci a ciò che sappiamo, e non si spiega,secondo le nostre conoscenze, come la mente possa creare un io che agisce "sulla" mente, ma è l'unica che ci autorizzerebbe a parlare veramente di libero arbitrio...altre ipotesi sono annacquate. ciao |
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19-05-2008, 17.10.30 | #29 |
Ospite
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Riferimento: Siamo solo un ammasso di cellule?
Siamo un'essere rinchiuso da un'ammasso di cellule che svolgono complessi compiti senza che noi ce ne interessiamo. Come dire "tu pensa a vivere che al resto ci pensiamo noi". Non mi posso identificare con X cellule o X neuroni, mi sembra palese che c'è dell'altro...
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19-05-2008, 18.07.08 | #30 |
Ospite di se stesso
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La goccia,l'Oceano,la Libertà.
"La schiavitù nasce solo se ti frammenti. Divieni una parte, ti separi dal resto e poi cerchi di capirlo. E come se una goccia dell'oceano pensasse: "Io sono separata dall'oceano. Soffro e devo continuare a spostarmi sulla superficie dell'oceano"...
Poonja |