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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 10-06-2005, 12.26.42   #121
klara
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risposta a bluemax

..hai perfettamente ragione!
, ciao,Klara
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Vecchio 10-06-2005, 13.40.51   #122
Aleksandr
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6 motivi per difendere la legge 40

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1. Perché ha messo ordine in una situazione da tutti definita intollerabile. Le coppie si aggiravano in una fitta giungla di cliniche, istituti e servizi ciascuno con il suo regolamento, con la sua etica, con i suoi contrastanti "dati".

2. Perché tutela i diritti del concepito, cioè di quel piccolo uomo o donna in provetta che rappresenta lo scopo della fecondazione artificiale. Pur essendo così importante da indurre gli aspiranti genitori a procedure gravose e onerose pur di ottenerlo, prima della legge il piccolo protagonista restava sorprendentemente assente dai discorsi sulla Pma, come fosse soltanto un "prodotto" a servizio dei gusti della clientela, un’"ipotesi" di bambino che inizia a trasformarsi in soggetto solo più avanti, magari con i primi movimenti fetali percepibili dalla madre, o addirittura con la nascita. La biologia e l’embriologia ci hanno invece insegnato che la vita umana inizia dalla fecondazione, e che dunque il minuscolo essere umano in provetta è uno di noi, uno che in natura sarebbe rimasto nascosto, nel segreto del ventre materno, e che solo l’artificio ha reso forzatamente visibile, "esposto" al pubblico dominio e al pubblico arbitrio.

3. Perché rispetta maggiormente il corpo e la psiche delle donne. Stabilisce una gradualità nell’uso delle tecniche che i referendari vorrebbero inspiegabilmente togliere. Limitando a tre il numero massimo di embrioni da realizzare in vitro, poi, diminuiscono i rischi legati all’iperstimolazione delle ovaie (per indurre l’ovulazione) e le gravidanze plurigemellari. C’è chi dice che dovrebbero essere i medici, non le leggi, a stabilire il numero di embrioni da trasferire nelle vie genitali femminili. Infatti: la scelta del medico è fra uno, due e tre embrioni, lasciando così spazio ad un intervento mirato sulla paziente ma escludendo al contempo forzature e abusi.

4. Perché riconosce un fondamentale diritto alla privacy dell’embrione rispetto al suo genoma. Che diritto abbiamo di indagare le caratteristiche genetiche embrionali prima dell’impianto per decidere chi lasciar vivere e chi far morire, o per porre, in futuro, gravi dilemmi etici fra dovere di informazione e diritto di non sapere? L’embrione ha, in quanto umano, una dignità intrinseca indipendente dalle sue condizioni di salute o dalle sue qualità ereditarie. Il tentativo di attribuire un valore disuguale agli uomini ha prodotto nella storia atteggiamenti anti-sociali come quelli sottesi alla discriminazione razziale, alla schiavitù (gli schiavi sono stati definiti "esseri umani ma non persone") o alla negazione della dignità femminile.

5. Perché garantisce il fatto che i figli abbiano due genitori biologici certi e una storia sanitaria completa, che non si moltiplichino le figure genitoriali, che non si creino potenziali squilibri familiari, come può accadere con la fecondazione eterologa.

6. Perché riconosce l’unicità di ogni essere umano. Stabilisce che nessun embrione umano debba derivare da un atto di clonazione, che sarebbe invece permessa - e necessaria - se passasse il referendum. Tra le modifiche proposte, infatti, vi sarebbe la cancellazione del divieto di clonazione cosiddetta "terapeutica", che rimane una clonazione a tutti gli effetti. Dire poi, come fanno i referendari, che la ricerca con le cellule staminali embrionali si potrebbe compiere sui soli embrioni congelati e abbandonati è una consapevole bugia. Gli embrioni congelati infatti non basterebbero mai all’avidità sperimentatrice. Ma questo nelle campagne per il referendum non si dice. È chiaro: la gente rifiuta l’idea che per la ricerca vengano prodotti "embrioni in serie".
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Vecchio 10-06-2005, 13.42.04   #123
Aleksandr
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14 motivi per difenderla con l'astensione

Io non vado a votare perché...

1. Il mio obiettivo è fare in modo che la legge 40 non venga cambiata e che dunque le proposte referendarie non vengano accolte. Fra le due opzioni a mia disposizione (votare no o non votare) scelgo la seconda perché mi offre maggiori opportunità di successo. La battaglia culturale è centrale in questa vicenda referendaria, e noi l’abbiamo affrontata a viso aperto. Ma primaria è la sorte degli embrioni umani oggetto di questa legge. E, allora, scelgo la via lecita che consente maggiori possibilità di successo: quella di non votare.

2. Io ho deciso di non andare a votare perché la Costituzione me lo consente. L’articolo 75 prevede infatti che i referendum siano validi solamente quando si reca a votare la metà più uno degli aventi diritto. Dunque la Costituzione permette di scegliere se esprimere un parere sui quesiti o se agire in modo che il referendum sia dichiarato nullo. Mi pare semplice da capire.

3. Scelgo il non voto perché a chiamarmi alle urne non è lo Stato, ma solo un gruppo di cittadini, quelli che hanno firmato la proposta abrogativa. Il voto è un diritto-dovere solo quando è lo Stato a chiamare al voto per scegliere i rappresentati del popolo sovrano. E ciò avviene solo con le elezioni politiche e amministrative. A convocare i referendum, stavolta, sono stati circa 750mila italiani, sui 50 milioni circa di cittadini italiani in età di voto. Rispetto l’opinione di questi cittadini, ma il fatto che siano loro a chiedere il referendum non mi obbliga a rispondere.

4. Abrogare una legge non è una cosa di poco conto. Quel testo è stato infatti approvato dalla maggioranza del Parlamento, eletto in occasione di quelle elezioni per le quali il voto è un diritto-dovere. È dunque ovvio che la pronuncia del Parlamento (cioè, indirettamente, del popolo) possa essere smentita solo dalla maggioranza dei cittadini. Sono dunque i referendari a doverci dimostrare che la maggioranza degli italiani la pensa come loro, li appoggia e li sostiene. L’onere della prova spetta tutto a loro.

5. Mi accusano di voler usare l’astensionismo fisiologico degli indifferenti? Riporto un’ipotesi possibile di voto che è stata fatta nei giorni scorsi su questo giornale. Mettiamo che partecipi il 55% degli aventi diritto al voto. E l’80% si pronunci per il sì. In tutto fa il 44%. Risultato: una minoranza di cittadini abroga una legge approvata da una maggioranza parlamentare. Anche la posizione del sì gode dunque in partenza di facilitazioni dalla legge referendaria. Se proprio la vogliamo mettere sul piano delle facilitazioni, diciamo allora che siamo pari.

6. Non vado a votare perché non è ammissibile tranciare di netto con il referendum, con un sì o con un no, materie così delicate. La fecondazione artificiale e i suoi dilemmi bioetici meritano un confronto serio e complesso, non una rozza semplificazione quale quella dei referendum.

7. Il non voto è un segno di rifiuto dell’utilizzo spregiudicato dello strumento referendario. Senza nemmeno attendere l’approvazione della legge 40 già si studiavano, infatti, i quesiti referendari per distruggerla. Non si è nemmeno aspettato di vedere come funzionava. La si voleva abbattere a priori. E io a priori mi rifiuto di avallare questa operazione. Non vado a votare.

8. Il non voto è anche e soprattutto un no, grande come una casa, all’utilizzo del referendum per decidere di vita o di morte, in questo della vita o della morte di esseri umani all’inizio della loro esistenza. Ma fino a che punto può arrivare una democrazia? Davvero tutto può essere messo ai voti, può essere dichiarato dipendente dalla volontà della maggioranza? Io penso che vi siano dei diritti che precedono ogni maggioranza, che non dipendono e non possono dipendere dalla volontà popolare.

9. C’è chi ha detto che non votare è una fuga, è disimpegno, è disinteresse. Ma quando mai! Nessuno si è impegnato tanto quanto il fronte del non voto, in questi mesi, a spiegare alla gente i contenuti della legge 40, organizzando migliaia di incontri in giro per l’Italia (con la collaborazione di migliaia e migliaia di persone). Da quando in qua l’impegno è misurato dal recarsi alle urne oppure no? A me non pare un segno di impegno - semmai di disimpegno - il pensare che quattro segni su quattro fogli possano essere sufficienti a dire: «Io la mia parte l’ho fatta».

10. Non votando io mi schiero apertamente, altro che nascondimento. Rendo la mia scelta visibile a tutti. Non mi trincero nemmeno dietro la segretezza del voto, e non ho paura di dimostrare con i fatti come la penso.

11. Io a votare non ci vado. Ma guai a chi dice che mi astengo. L’astensione è un’altra cosa. Vuol dire essere presenti, ma non sapere che fare, o pensare che né il no né il sì indichino chiaramente il proprio pensiero. Ma io, ripeto, un’idea ce l’ho e chiara. Compio una scelta oculata, in quanto a strategia e contenuto, pienamente legittimata dalla Costituzione.

12. Qualcuno pensa che occorre comunque testimoniare il proprio no ai quesiti referendari, e che occorre farlo attivamente, andando al voto? Ma così si fa solamente il gioco del fronte del sì! Suvvia, la realtà non si osserva con i paraocchi: chiunque voglia vedere e capire sa che l’andare alle urne è un regalo a chi vuole fare a pezzi la legge 40 e attentare alla dignità della vita umana. Può non piacere, ma è un dato di fatto.

13. Il non voto è anche un no all’utilizzo di una montagna di denaro pubblico - 700 miliardi delle vecchie lire - per il tentativo ideologico di abrogare una legge di buon senso. Ed è un no al rimborso elettorale che i promotori otterrebbero in caso di quorum superato. Se il quorum dovesse essere raggiunto, infatti, indipendentemente dal risultato fra sì e no, al comitato promotore andrebbe un rimborso di un milione di euro.

14. Dicono che non vado a votare perché così mi hanno ordinato i vescovi. Secondo lorsignori, saremmo tutti una massa di imbecilli incapaci di ragionare con la nostra testa e in spasmodica attesa di sapere dal cardinale vicario di Roma come votare, magari anche con chi parlare, dove andare, cosa mangiare, e così via. La realtà è molto più semplice: è che i referendari hanno una paura matta di perdere, e cercano di dare a intendere ai più "semplici" che non votare significa sottomettersi alle direttive (oscurantiste e medievali, s’intende) del "Vaticano" e di chi lo rappresenta. Sbagliano: non votare significa solo metterli nei guai. E la cosa, davvero, non mi dispiace affatto.

FONTE www.impegnoreferendum.it
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Vecchio 10-06-2005, 14.31.45   #124
rodi
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11. Io a votare non ci vado. Ma guai a chi dice che mi astengo. L’astensione è un’altra cosa. Vuol dire essere presenti, ma non sapere che fare, o pensare che né il no né il sì indichino chiaramente il proprio pensiero. Ma io, ripeto, un’idea ce l’ho e chiara. Compio una scelta oculata, in quanto a strategia e contenuto, pienamente legittimata dalla Costituzione.


ti rispondo con parte di un post dell'altra discussione sul tema del referendum, 'l'anima si impone con la legge':

'...
Noi possiamo mandare a spasso il cervello quanto ci pare descrivendo situazioni come a noi piacerebbe che fossero...
ma poi la realtà della sofferenza è un'altra.

E meriterebbe il rispetto vero...
almeno l'ascolto!'

astenersi vuol dire: non fare...ma su quale vocabolario hai trovato che vuol dire 'essere presenti ma non sapere cosa fare'?

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Vecchio 10-06-2005, 15.08.31   #125
rodi
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11. Io a votare non ci vado. Ma guai a chi dice che mi astengo. L’astensione è un’altra cosa. Vuol dire essere presenti, ma non sapere che fare, o pensare che né il no né il sì indichino chiaramente il proprio pensiero. Ma io, ripeto, un’idea ce l’ho e chiara. Compio una scelta oculata, in quanto a strategia e contenuto, pienamente legittimata dalla Costituzione.
...

per correttezza nei confronti di chi legge riporto quanto scritto sul Devoto-Oli riguardo l'astensione, in modo che ciascuno possa verificare da sè la veridicità di quanto scritto nel testo:

'Astensione: rinuncia consapevole e motivata, che risponde cioè ad una precisa scelta di ordine spirituale o pratico da parte del soggetto: a. dalla carne, dal vino; a. dal fumo, dall’alcol; a. dal voto, a. dalla politica. (dal latino tardo: ‘abstentio-onis’, der. di ‘abstinere’: tenere lontano.'

'Astensionismo: atteggiamento di protesta o di disinteresse, consistente nella rinuncia a partecipare alla vita politica o a un determinato atto politico (per es. le elezioni)'

'Astensionista: chi sottolinea il proprio atteggiamento di protesta mediante l’astensione nei confronti di un determinato atto politico (per es. non recandosi a votare…..'

Sembra proprio che la definizione di 'astensionista' data dal dizionario italiano sia l'opposto di quanto scritto nel testo riportato.


Ultima modifica di rodi : 10-06-2005 alle ore 15.10.37.
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Vecchio 10-06-2005, 16.33.58   #126
klara
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8. Il non voto è anche e soprattutto un no, grande come una casa, all’utilizzo del referendum per decidere di vita o di morte, in questo della vita o della morte di esseri umani all’inizio della loro esistenza. Ma fino a che punto può arrivare una democrazia? Davvero tutto può essere messo ai voti, può essere dichiarato dipendente dalla volontà della maggioranza? Io penso che vi siano dei diritti che precedono ogni maggioranza, che non dipendono e non possono dipendere dalla volontà popolare.

Devono dipendere da chi allora?
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Vecchio 10-06-2005, 21.14.03   #127
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5. Perché garantisce il fatto che i figli abbiano due genitori biologici certi e una storia sanitaria completa, che non si moltiplichino le figure genitoriali, che non si creino potenziali squilibri familiari, come può accadere con la fecondazione eterologa.
...

scusate ma non è con la fecondazione eterologa che si può accettare il donatore esterno?

Mettiamo il caso di una coppia in cui l'unico sterile è l'uomo.
Con la fecondazione eterologa sarebbe possibile fecondare l'ovulo della moglie con lo spermatozoo di un donatore senza che questo debba avvenire attraverso rapporti sessuali.
Vietando questo l'unica alternativa è che la donna si cerchi un amante non sterile.
Ma se è così lo squilibrio familiare che si creerebbe non sarebbe da poco.

O forse non ho capito nulla io, perchè questo passo mi sembra proprio grottesco...
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Vecchio 11-06-2005, 13.22.18   #128
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scherzi aparte....squilibri familiari..e' un po' simile al problema delle adozioni,vanno valutate le coppie che lo richiedono..klara
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Vecchio 13-06-2005, 04.59.33   #129
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14 motivi per difenderla con l'astensione

Io non vado a votare perché...

1. Il mio obiettivo è fare in modo che la legge 40 non venga cambiata e che dunque le proposte referendarie non vengano accolte. Fra le due opzioni a mia disposizione (votare no o non votare) scelgo la seconda perché mi offre maggiori opportunità di successo. La battaglia culturale è centrale in questa vicenda referendaria, e noi l’abbiamo affrontata a viso aperto. Ma primaria è la sorte degli embrioni umani oggetto di questa legge. E, allora, scelgo la via lecita che consente maggiori possibilità di successo: quella di non votare.

2. Io ho deciso di non andare a votare perché la Costituzione me lo consente. L’articolo 75 prevede infatti che i referendum siano validi solamente quando si reca a votare la metà più uno degli aventi diritto. Dunque la Costituzione permette di scegliere se esprimere un parere sui quesiti o se agire in modo che il referendum sia dichiarato nullo. Mi pare semplice da capire.

3. Scelgo il non voto perché a chiamarmi alle urne non è lo Stato, ma solo un gruppo di cittadini, quelli che hanno firmato la proposta abrogativa. Il voto è un diritto-dovere solo quando è lo Stato a chiamare al voto per scegliere i rappresentati del popolo sovrano. E ciò avviene solo con le elezioni politiche e amministrative. A convocare i referendum, stavolta, sono stati circa 750mila italiani, sui 50 milioni circa di cittadini italiani in età di voto. Rispetto l’opinione di questi cittadini, ma il fatto che siano loro a chiedere il referendum non mi obbliga a rispondere.

4. Abrogare una legge non è una cosa di poco conto. Quel testo è stato infatti approvato dalla maggioranza del Parlamento, eletto in occasione di quelle elezioni per le quali il voto è un diritto-dovere. È dunque ovvio che la pronuncia del Parlamento (cioè, indirettamente, del popolo) possa essere smentita solo dalla maggioranza dei cittadini. Sono dunque i referendari a doverci dimostrare che la maggioranza degli italiani la pensa come loro, li appoggia e li sostiene. L’onere della prova spetta tutto a loro.

5. Mi accusano di voler usare l’astensionismo fisiologico degli indifferenti? Riporto un’ipotesi possibile di voto che è stata fatta nei giorni scorsi su questo giornale. Mettiamo che partecipi il 55% degli aventi diritto al voto. E l’80% si pronunci per il sì. In tutto fa il 44%. Risultato: una minoranza di cittadini abroga una legge approvata da una maggioranza parlamentare. Anche la posizione del sì gode dunque in partenza di facilitazioni dalla legge referendaria. Se proprio la vogliamo mettere sul piano delle facilitazioni, diciamo allora che siamo pari.

6. Non vado a votare perché non è ammissibile tranciare di netto con il referendum, con un sì o con un no, materie così delicate. La fecondazione artificiale e i suoi dilemmi bioetici meritano un confronto serio e complesso, non una rozza semplificazione quale quella dei referendum.

7. Il non voto è un segno di rifiuto dell’utilizzo spregiudicato dello strumento referendario. Senza nemmeno attendere l’approvazione della legge 40 già si studiavano, infatti, i quesiti referendari per distruggerla. Non si è nemmeno aspettato di vedere come funzionava. La si voleva abbattere a priori. E io a priori mi rifiuto di avallare questa operazione. Non vado a votare.

8. Il non voto è anche e soprattutto un no, grande come una casa, all’utilizzo del referendum per decidere di vita o di morte, in questo della vita o della morte di esseri umani all’inizio della loro esistenza. Ma fino a che punto può arrivare una democrazia? Davvero tutto può essere messo ai voti, può essere dichiarato dipendente dalla volontà della maggioranza? Io penso che vi siano dei diritti che precedono ogni maggioranza, che non dipendono e non possono dipendere dalla volontà popolare.

9. C’è chi ha detto che non votare è una fuga, è disimpegno, è disinteresse. Ma quando mai! Nessuno si è impegnato tanto quanto il fronte del non voto, in questi mesi, a spiegare alla gente i contenuti della legge 40, organizzando migliaia di incontri in giro per l’Italia (con la collaborazione di migliaia e migliaia di persone). Da quando in qua l’impegno è misurato dal recarsi alle urne oppure no? A me non pare un segno di impegno - semmai di disimpegno - il pensare che quattro segni su quattro fogli possano essere sufficienti a dire: «Io la mia parte l’ho fatta».

10. Non votando io mi schiero apertamente, altro che nascondimento. Rendo la mia scelta visibile a tutti. Non mi trincero nemmeno dietro la segretezza del voto, e non ho paura di dimostrare con i fatti come la penso.

11. Io a votare non ci vado. Ma guai a chi dice che mi astengo. L’astensione è un’altra cosa. Vuol dire essere presenti, ma non sapere che fare, o pensare che né il no né il sì indichino chiaramente il proprio pensiero. Ma io, ripeto, un’idea ce l’ho e chiara. Compio una scelta oculata, in quanto a strategia e contenuto, pienamente legittimata dalla Costituzione.

12. Qualcuno pensa che occorre comunque testimoniare il proprio no ai quesiti referendari, e che occorre farlo attivamente, andando al voto? Ma così si fa solamente il gioco del fronte del sì! Suvvia, la realtà non si osserva con i paraocchi: chiunque voglia vedere e capire sa che l’andare alle urne è un regalo a chi vuole fare a pezzi la legge 40 e attentare alla dignità della vita umana. Può non piacere, ma è un dato di fatto.

13. Il non voto è anche un no all’utilizzo di una montagna di denaro pubblico - 700 miliardi delle vecchie lire - per il tentativo ideologico di abrogare una legge di buon senso. Ed è un no al rimborso elettorale che i promotori otterrebbero in caso di quorum superato. Se il quorum dovesse essere raggiunto, infatti, indipendentemente dal risultato fra sì e no, al comitato promotore andrebbe un rimborso di un milione di euro.

14. Dicono che non vado a votare perché così mi hanno ordinato i vescovi. Secondo lorsignori, saremmo tutti una massa di imbecilli incapaci di ragionare con la nostra testa e in spasmodica attesa di sapere dal cardinale vicario di Roma come votare, magari anche con chi parlare, dove andare, cosa mangiare, e così via. La realtà è molto più semplice: è che i referendari hanno una paura matta di perdere, e cercano di dare a intendere ai più "semplici" che non votare significa sottomettersi alle direttive (oscurantiste e medievali, s’intende) del "Vaticano" e di chi lo rappresenta. Sbagliano: non votare significa solo metterli nei guai. E la cosa, davvero, non mi dispiace affatto.

FONTE www.impegnoreferendum.it

15. (che riassume i primi 14) Ad ogni chiamata alle urne c'è sempre un 30% di astensionismo fisiologico. Basta aggiungere un 20% ed il gioco è fatto: non si raggiunge il quorum e il referendum decade. Questa è democrazia!
E poi si sa... la democrazia è fatta di astensione, non di partecipazione...
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Vecchio 13-06-2005, 07.34.17   #130
La_viandante
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mettici anche la gente che ha detto testuali parole

a me che me ne frega, io i figli ce li ho/li posso avere/non ne voglio
sono fatti loro se li vogliono le coppie sterili e malate
(in dialetto e con qualche intercalare di parolacce)
e tra queste pesrone anke una mia ex consanguinea, ex perche' l'ho depennata come parente

mettici le acrobazie che hanno fatto per far arrivare il quorum e impedire di votare, italiani all'estero, ad alcuni di questi che sono in italia ma risultano all'estero non e' stato nemmeno permesso di votare in italia, (agli stessi e' stato permesso x le scorse elezioni)

che ci dobbiamo fare? le skifezze che hanno fatto per sabotare il quorum sono infinite
noi abbiamo fato il possibile
ma il menefreghismo e' troppo
La_viandante is offline  

 



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