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26-10-2006, 11.18.32 | #52 |
verbum non amplius addam
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Rispondo brevemente a Cesare Santucci che ringrazio per avere proposto le sue considerazioni su alcuni passaggi del mio intervento.
1. Sono d’accordo sul fatto che quella di “colui che non fa differenze, mettendo tutto sullo stesso piano e vanificando qualsiasi posizione” non è una semplice ipotesi ma, purtroppo, una situazione reale, cioè una posizione effettivamente adottata da un certo numero di persone. 2. Sono anche d’accordo che nella realtà, e non a livello puramente teorico, si è verificata (e si verifica) la svendita della verità, “di volta in volta messa al servizio di coloro che possono imporre, coi loro strumenti, il proprio punto di vista”. Si noti tuttavia, come ho cercato di dire, che queste due definizioni non appartengono (almeno per come io lo intendo) al concetto di “relativismo”, ma indicano altre posizioni. La prima definizione indica il concetto di “indifferenza”. Colui che mette tutto sullo stesso piano non è il relativista, quanto piuttosto la persona che, incapace di avere un punto di vista critico sulle cose, si fa andare bene tutto. È la definizione che indica colui che si limita a sopravvivere senza nemmeno porsi il problema del senso di ciò che fa. A proposito di questa tipologia, l’Apocalisse di Giovanni ci dà una bella immagine. Nella parte iniziale della visione di Giovanni (le sette lettere da inviare alle sette chiese), l’angelo (che manifesta il volere divino) afferma: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Apocalisse di Giovanni 3, 15-16). La seconda definizione indica il concetto di “violenza”. Se ne è avuta una manifestazione esemplare nei totalitarismi del Novecento e ne abbiamo tuttora esempi evidenti, sia nella sfera politica che in quella privata. Date queste definizioni, non vedo come si possa credere che una persona colta come Ratzinger, che parla e pensa da un punto di vista privilegiato, abbia potuto criticare il relativismo avendone in mente una definizione che invece si adatta ai concetti di indifferenza e violenza. Non sarebbe stato più semplice accusare direttamente, appunto, l’indifferenza e la violenza come mali della società contemporanea? Ritengo che se il discorso del pontefice ha fatto riferimento al “relativismo” è perché di questo vuole trattare come del bersaglio da colpire. Peccato che in questa maniera, a mio avviso, si offra un’idea fuorviante del relativismo, senza metterne in luce le potenzialità feconde e offrendo un ottimo pretesto ai troppi fanatici (di tutte le categorie) in circolazione. Quanto al fatto di proporre valori che ognuno “può” (e non “deve”) accettare, ci sarebbe da discutere. Ma questa è un’altra questione. |
28-10-2006, 21.48.26 | #53 |
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
RISPONDENDO A DEEP PURPLE 1971 (post 40-42)
Non sono mosso da spirito polemico ma solamente dal sincero desiderio di conoscere il punto di vista di un anti/relativista. Partecipando alla discussione di questo topic dalle prime battute (Odos propose l’argomento il 16 ottobre e io gli ho risposto il giorno seguente) sono sempre più mosso da spirito polemico – non me ne vergogno. Né d’altra parte ho il minimo desiderio di conoscere il punto di vista di un anti/relativista. Perché – mi chiedo da me?… Perché la polemica, fin dal tempo di Aristotele, è insita nel concetto di disputa; perché la polemica, fin dal tempo di Kant, è la Ragione che si difende e s’indigna contro il Dogmatismo; perché la polemica, secondo il tempo che mi vivo addosso, è di ogni dialettica il suo stesso sangue. E non m’interessa un milligrammo sapere che abbia in testa e nel cuore chi disprezza e detesta il relativismo nella sua accezione più ricorrente di dubbiosità quando non di scetticità del suo opposto diametrale – l’assolutismo – perché colui che disprezza e detesta ogni forma di equilibrio e di saggezza è per me storia antica, passato superato, ormai morte e sepoltura. (Non m’interessa sapere che gusto provi un leone sbranandomi – se mai lo provi, un gusto – perché non mi farei mai trovare nella condizione di farmi sbranare da un leone!) [B]Aspetto una definizione di ‘oggettività’: che vuol dire che le cose sono OGGETTIVAMENTE?[/b] Io penso – lo dico da quando è cominciata questa discussione – che orientarsi più/meno definitivamente, o ideologicamente scegliere tra relativismo ed assolutismo, vuol dire già cadere nella trappola del dogmatico/assolutista per tradizione (in genere sono i ‘religiosi storici’ – così li chiamo) e qualche volta/sempre più spesso del relativista che si nomina da sé oggettivista e fa del suo oggettivismo bandiera e culto. Da quando è cominciata questa discussione, dico che ci sono per tutti/per ogni uomo verità assolute, verità relative e verità personali; che ogni verità di ciascuno dei tre ordini è logica. e privilegiarla o, peggio, gerarchizzarla è demenziale e crudele. E penso che, quando credo in una mia verità assoluta sono dogmatico e non sento ragione; ragionando di una mia verità relativa, sono il più possibile oggettivo e condivisibile; epperò, quando mi chiudo in una verità personale, non entro in comunione o dialettica (cioè credere/ragionare) con nessuno perché non ne ho voglia, divento indifferente, mi congegno a essere del tutto indifferente vuoi di fronte all’assolutista che vorrebbe schiaffeggiarmi vuoi di fronte al relativista che vorrebbe tirarmi per la giacchetta. E se il Divino e la Scienza – in quest’ultimo atteggiamento – mi chiedono d’entrare, io non li faccio entrare: sono – voglio dire – nella mia isola ricco/complesso, signore di me e mi basta. Si dice che sul piano etico e morale il relativismo prende “sonore bastonate”… Aspetto che mi si spieghi il ‘fondamento assoluto’ per cui si decide una volta per tutte e senza errore cosa è bene e cosa è male. Un uomo (seguendo ognuno, naturalmente, la falsa riga del proprio benessere) fa professione di etica e di moralità proprio perché agisce nel relativo. Ché quando agisce nel suo assoluto oppure nel suo personale, se la ride e se la sbatte di quei principi e regole importanti, finanche fondamentali per quando si rapporta con altri e vive la sua professione; ma che diventano non/sensi e trastullo, scemenze, ridicolaggine (anzi non esistono proprio) quando gli va di spezzarsi e inginocchiarsi fervido come Francesco l’assisano, o sale – Zaratustra docet – la sua erta. Prova a chiedere a un mistico o a un artista del ‘bene’ e del ‘male’: ti rivolteranno presto le spalle. Ma prova a fare le stesse domande a un prete, ministro, insegnante, padre, giudice, uomo in divisa, notaio... e questi ti diranno subito ‘il Bene’ e ‘il Male’. (Quanti manuali di storia e di filosofia ci vogliono per comprendere questa semplice ‘verità’ che sto esponendo: per me sicuramente affermativa – guarda caso! – al mio ‘personalismo’ libero; per te probabilmente dubitativa al tuo ‘relativismo’ generico; per altri che evito e mi evitano (anche in questo Forum) categoricamente negativa al loro ‘assolutismo’ maniacale. Dunque?!!!…) Vorrei che anche altri intervenissero in questo dibattito rispondendo alle mie questioni… Non ho trovato nessuna definizione né di ‘oggettività’ né di ‘fondamento assoluto’: si propongono esempi legati al buon senso... Ma nessuna dimostrazione della verità né ‘assoluta’ né ‘oggettiva’. Sono d’accordo col tuo bisogno di chiarezza... Vuoi un esempio di oggettività e di valore assoluto sul serio?… (Però io ci aggiungo anche di soggettività.) Eccolo, il più elementare, tanto che anche il bambino lo capisce e la scuola glielo insegna dai primi banchi: LIBRO (e potrei dire cielo, asino, cibo, cacca, poesia, assassinio e tutte le parole del mio linguaggio). Ebbene: ‘il libro’ è concetto ed ha un valore assoluto nella sua astrattezza; ‘un libro’ è oggetto ed ha un valore relativo nella sua concretezza; ‘questo libro’ è soggetto ed ha un valore personale nella sua identità. Io ho bisogno di tutte e tre le peculiarità per essere uomo cosciente ed esprimermi. (Sono un euclideo, Deep Purple 1971, non sono un hegeliano!) Si vuole intendere forse che il fondamento della ‘verità assoluta’ risiede nella necessità di evitare egoismo ed opportunismo? Perché fai l’ironico?… È possibile/anzi certo (a me succede) che ‘il fondamento della Verità assoluta’ dispieghi la sua efficacia in qualche modo. Ma ognuno se lo gestisce – questo il punto – come vuole: chi lo mette sull’altare, volendo imporlo a tutti per convincersene meglio e arginare il suo forte egoismo a prevaricare sugli altri (violenza, ruberie, omicidi, ecc.); c’è chi lo mette in scala e ne tiene conto debitamente per mascherare la propria malizia furba e accattona (sfruttamento, livelli accettabili di dignità, preferire di sentirsi fortunato rispetto ad altri, ecc.); c’è chi lo ripone in un angolo del cervello, perché è vigliacco e ha paura… (io mi difendo dal decadimento e dalla morte…) E tutto questo, ogni volta che accade, è sì la Verità, ma con essa – ternariamente – c’è sullo stesso piano e con la stessa valenza, una Verità e questa Verità . Per cui non drammatizzerei né il discorso bieco dell’assolutista, né il discorso inconcludente del relativista, né il discorso introverso del personalista: ognuno di noi, a suo modo, è le tre cose insieme. Si dice che un conto è il regno immutabile dei ‘principi’ e un altro conto è il regno mutevole e incostante delle azioni… E quale fondamento, poi, mi può rendere persuaso dell’iperuranio? Ci vuole tanto ad ammettere che c'è per qualsiasi uomo un suo regno immutabile dei principi? di cui ha un bisogno assoluto per qualsiasi ragione?… Tu non hai un tuo iperuranio?… (Che sia platonico non ha importanza: esci dalla formula scolastica.) Forse non riesci a trovare una spiegazione plausibile a che tu creda in un tuo fondamento?... Allora, se uno ti si avvicina e ti esclama in faccia: “Tu non sei un uomo che pensa|che parla|che scrive!” perché lo guardi con gli occhi sbarrati? Vedi!… – il tuo linguaggio ha valore di fondamento: non ne potresti fare a meno: chi lo mette in dubbio – pensi – è folle. In epoca medievale “il saccheggio è una fonte di guadagno talmente istituzionale che i testi giuridici lo menzionano come tale” Dunque?… E Thomas Hobbes ha riassunto l’umana tendenza a prevalere gli uni sugli altri con homo homini lupus… Riferisci dei saccheggi e di Hobbes… Ma quei saccheggi, nella loro scontatezza di consuetudine, avevano nel loro tempo una valenza di assolutezza che oggi è divenuta di relatività; così il pensiero di Hobbes, sicuramente denso di verità personali per lui che lo creava, aveva per i suoi contemporanei ed ha avuto per i posteri un valore di indiscutibile relatività. Ma lo stato di diritto che da quei saccheggi e dal pensiero hobbesiano si deduce, al di là dei loro contenuti specifici ha sicuramente un valore di assolutezza, trattandosi della legge. Allora non è tanto ‘questa legge’ o ‘una legge’ in odore di assolutezza, ma il concetto di Legge. Ne convieni? Relativismo non significa mettere tutto sullo stesso piano… Relativismo significa invece mettere tutto sullo stesso piano! Ma facendo salvo per ogni individuo e in ogni situazione ciò che gli resta necessariamente di assoluto/ovvero tutto e di personale/ovvero tutto (ritorno all’esempio del libro, dell’asino, ecc., che è anche un libro, un asino, ecc., che è anche questo libro, questo asino, ecc.). E questo enorme residuo da distinguere e far salvo, da ritagliare ogni volta con precisione e ficcarselo gelosamente in tasca, va sottratto vuoi al giudizio ideologico e paranoide dell’assolutista/soltanto assolutista, vuoi al giudizio falsamente tollerante e ipocritamente dispersivo del relativista/soltanto relativista. Vorrei piuttosto che si accogliesse, in questa discussione, un senso nobile di ‘relativismo. Sono d’accordo, in linea di massima… Per cui, infine, per me esiste un senso nobile di assolutismo|relativismo|person alismo – come ternario – e un senso volgare di assolutismo soltanto, di relativismo soltanto e di personalismo soltanto. (Col DUE i nostri Sistemi di Potere ci sfiancano e ci castrano; ma col TRE siamo Noi a disorientarli!.) TRIS |
30-10-2006, 10.14.36 | #54 |
verbum non amplius addam
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Rispondo all’intervento molto denso di ludovicofrescura.
Lo confermo: non mi interessa la polemica; e con ciò intendo la polemica fine a se stessa, non certo quella che Ludovico chiama “disputa” e che non ha nulla a che fare con la polemica ma semmai con la dialettica. Niente polemica, dunque, ma dialettica. Ludovico cita Aristotele. Nella logica aristotelica la “dialettica” è quella parte della scienza che studia i ragionamenti probabili (non certi) e “ha il suo uso tipico nel dibattito [...]: si assume provvisoriamente la tesi sostenuta dall’avversario, nell’intento di metterne in luce l’invalidità col derivarne conseguenze che risultino non accettabili” (S. Landucci, ad vocem dialettica, in Enciclopedia di filosofia, Garzanti 1993, p. 260). È esattamente quello che ho cercato di fare con Tommy. E per quanto mi riguarda, il fatto che non abbia mai risposto in maniera convincente ai problemi del Fondamento e dell’Oggettività è dimostrazione sufficiente della “non accettabilità” del (suo) assolutismo. In filosofia si dovrebbe fare lo sforzo di discutere sul terreno dell’argomentazione, non invece ricorrendo al privato foro delle passioni. Quando Ludovico dichiara che non gli interessa conoscere il punto di vista di chi disprezza il relativismo, dimostra a mio avviso di non avere compreso proprio la lezione del relativismo. In quel momento, o anch’egli è assolutista oppure non ha argomenti da opporre ai sostenitori dell’Assoluto (perché altrimenti fuggire di fronte al leone?) Non convince la posizione di Ludovico quando ricorre alla tripartizione delle verità in “assolute”, “relative” e “personali”. Su questa base afferma che “relativismo” significa mettere tutto sullo stesso piano “ma facendo salvo per ogni individuo e in ogni situazione ciò che gli resta necessariamente di assoluto/ovvero tutto e di personale/ovvero tutto”. Questa posizione non convince per il fatto che riduce il relativismo alla dottrina del “tutto fa brodo” senza coglierne il lato dialogico. E infatti quale dialogo potrebbe nascere se le uniche istanze di differenza (rispetto a quello che, per Ludovico, sarebbe l’appiattimento relativista) sono le verità “assolute” e “personali”? Queste due verità, infatti, non lasciano spazio al confronto: nelle sue stesse parole (coi neretti miei), “quando credo in una mia verità assoluta sono dogmatico e non sento ragione” e “quando mi chiudo in una verità personale, non entro in comunione o dialettica (cioè credere/ragionare) con nessuno”. Allora si decida: se valgono le verità assolute e personali, non esiste alcuna verità relativa (poiché dove sarebbe il confronto? “relativo” a cosa?); e se invece esiste una verità relativa, allora non ha senso proporre verità assolute o personali (queste verità sarebbero assolute per me e personali per me, cioè in senso relativo). D’altra parte non vedo la ragione di ricorrere a questo schema ternario: perché dovrei preferirlo a quello duale? Uno schema di pensiero, in filosofia, ha valore (ossia credibilità) quando abbia un motivo per essere. Non è sufficiente qualsiasi ricorso a tre termini per esclamare che finalmente si è superata la schiavitù del dualismo! Rispetto alla proposta di Ludovico, credo sia tuttora più valida la posizione hegeliana (che almeno, nella negazione, contiene un’istanza di movimento). Ultima modifica di Deep Purple 1971 : 30-10-2006 alle ore 12.33.24. |
30-10-2006, 12.24.57 | #55 | ||
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Citazione:
Ciao Deep, mi spiace che tu non sia rimasto persuaso delle mie spiegazioni, ma del resto anch'io non ho percepito molto di più che una semplice rindondanza di proposizioni che, nella mia ignoranza, risultano essere solo spunto di ragionamento, non rappresentano certo dimostrazione di conoscenza acquisita. Che cos'è un oggettività l'ho spiegato in maniera molto chiara ed esaudiente, ma per quanto mi sforzi, non riesco a capire i tuoi dubbi a riguardo : se me li esponi, forse apprendo qualcosa che ancora non sò ! In questo caso non potrei che ringraziarti per l'eternità : mi avresti svelato qualcosa di difficile apprendimento. Per quanto concerne l'Assolutismo, non sono d'accordo con l'aggettivo possessivo : il significato che ho attribuito all'aggettivo "assoluto" è quello riconosciuto dalla lingua italiana ed è quello che ho sempre usato per designare l'Assolutismo e la Verità Assoluta, diversamente da quanto hanno fatto i relativisti col Relativismo : Assoluto 2 agg {filosofia} ciò che non è subordinato ad altra cosa o ad altro termine, ma esiste di per sè ed ha in se stesso la propria perfezione. In più aggiungo, che quantunque tu possa ritenere questa concezione un prodotto della mia fantasia o della mia soggettività, anche a discapito di ciò che dice la lingua italiana, ho comunque già specificato la patria potestà di questa concezione che afferma l'esistenza della Verità Assoluta, ed il proprietario in questione è Socrate : Citazione:
Tratto dal "Fedone" - Platone. Senza polemica ma con amicizia. Ciao. |
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30-10-2006, 13.31.16 | #56 | ||
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Citazione:
I sofisti, cioè i maestri di sapienza di quei tempi, esperti di retorica, sostenevano infatti che tutto era relativo e che, di fatto, l’uomo fosse la misura di tutte le cose. La dialettica, per contro, che assolutizzava la verità, rappresentava la germinazione dell’idea di assoluto nella mente degli uomini. Pirsig nel suo famoso libro: - lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta - da questa interpretazione di quegli accadimenti: -Per scoprirlo Fedro si addentra sempre più nel pensiero dei presocratici ed alla fine si rende conto che l’odio di Platone per i retori era parte di una realtà molto più vasta in cui la realtà del Bene rappresentata dai sofisti e la realtà della Verità, rappresentata dai dialettici erano impegnate in un enorme scontro per il possesso della mente degli uomini che sarebbero venuti dopo di loro - |
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30-10-2006, 15.38.14 | #57 |
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Caro Tommy
Nessuna polemica, come già dicevo nel mio precedente post. Solamente il tentativo di stabilire, nei nostri ristretti limiti, la verità di certe tematiche (o concetti o parole o come altro si voglia chiamare quello di cui stiamo discutendo). La tua posizione non mi ha persuaso per il fatto che, come ho già avuto occasione di dire, è fondata sul solo buon senso: in altri termini, le spiegazioni che hai addotto a dimostrazione della tua tesi sono più una presa di posizione emotiva (vedi i rilievi che faccio nei precedenti post) che un’argomentazione. Questo non è sufficiente in una disputa filosofica e rappresenta la radice dei miei dubbi. Per il resto sono “assolutamente” persuaso del fatto che “assoluto” ha il significato che riporta il dizionario. E d’altra parte ogni studente di filosofia ha o ha avuto a che fare con questo concetto (importante, ingombrante, ecc.) che è, in se stesso, chiarissimo. Non si tratta (non l’ho mai detto) di un prodotto della tua fantasia; e quando, nella risposta a Ludovico di questa mattina, mi riferisco al “tuo” assolutismo, intendo semplicemente “il concetto di assolutismo che tu hai in mente e che hai difeso”. Ora sembra, dalla citazione che trai dal Fedone, che la tua idea di assoluto sia debitrice di Socrate e Platone. Ebbene, questo (infine) è un punto di partenza per una discussione filosofica. Da qui possiamo partire. E cominciamo col dire, prendendo a prestito Nietzsche, che l’ipotesi platonica delle Idee o Forme può essere messa in dubbio. Molto brevemente: il mondo sovrasensibile delle Idee è una realtà non dimostrabile e inattingibile, sconosciuta e perciò priva anche di valore consolatorio, dunque destituita non solo di verità ma anche di utilità. E allora: che senso ha tenere in vita un’ipotesi che non è dimostrata dai fatti o che, almeno, non è necessaria alla comprensione dei fatti? (vedi F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, Adelphi 1994, pp. 46-47). Ultima modifica di Deep Purple 1971 : 31-10-2006 alle ore 10.22.03. |
30-10-2006, 22.44.00 | #58 |
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Una ricostruzione storica anche sommaria mostra dunque che il relativismo, nelle sue diverse formulazioni è sostanzialmente un principio epistemologico di tolleranza.
I suoi bersagli polemici sono l'innatismo, lo scientismo - cioè la pretesa della scienza di avere tutte le risposte perché si fonderebbe su concetti universalmente validi - e, in generale, i progetti egemonici basati sull'idea di superiorità di una cultura. Forse dovremmo chiederci a chi dispiace il relativismo, per chi è una teoria scomoda? La necessità di condannare apertamente il relativismo si riaffaccia ciclicamente ogni volta che si cerchi di imporre un'identità reazionaria ed esclusivista, normalmente connessa a progetti egemonici (siano essi di natura culturale, etica o politica) nei confronti dei quali il relativismo rappresenta una potente obiezione. Ma la via che segue questo sforzo di confutare il relativismo non è una via onesta, come sarebbe per esempio una riesposizione critica dei suoi principi fondamentali. È una via che evita costantemente una definizione e gioca piuttosto sul tentativo di radicare nel senso comune un'equazione, quella tra relativismo e nichilismo, che non ha alcun fondamento storico, filosofico ed epistemologico. Studiando culture diverse, si può arrivare a comprenderne una pari dignità con il conseguente, implicito diniego della superiorità della cultura occidentale (questo è solo un esempio). |
31-10-2006, 11.16.03 | #59 |
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Ciao Deep,
il mio obiettivo non era quello di tornare al mondo delle Idee, era solo fornire la radice da cui ho rilevato l'ideologia secondo cui è possibile una coesistenza della verità in sè con con le conseguenze delle azioni, semplicemente distinguendole senza mischiarle. In virtù di questa concezione io posso vivere tranquillamente la mia vita secondo dei principi, e nello stesso tempo ragionare per sapere se "in un preciso contesto" io posso applicare quel principio. In breve : ho una guida e nello stesso tempo ragiono. Credo di non aver espresso nessun sentimentalismo in questo, benchè la cosa mi allieti il cuore. Nel Relativismo espresso dalla maggior parte di coloro con cui ho avuto modo di parlare, si dicono quasi le stesse cose, ma con una sostanziale contraddizione. Premesso che il Relativismo in oggetto non segue l'autentico significato conferitogli dalla lingua italiana, non persegue l'opportunismo, il cinismo, il menefreghismo, ma al contrario si pone obiettivi di tolleranza, apertura al dialogo e ragionevolezza nei confronti delle persone e dei loro punti di vista, rimane da capire : qual'è il metro di misura con il quale valutano le proprie azioni e le proprie scelte. Nella concezione Socratica c'è un Bene Assoluto visto come "il Bene in sè" a cui ogni azione deve tendere. E' un Bene con la "B" maiuscola : cioè un bene universale, che mette sullo stesso piano il bene di ogni uomo poichè ogni uomo ha diritto al bene, non solo qualcuno in particolare, o peggio solo me stesso. Il Socratico quindi, ha questo riferimento fisso che lo guida in ogni azione poichè un principio dimostrabile e difficilmente confutabile lo guida. Tuttavia prima di agire pensa, e ragiona per capire se può o non può applicare il principio, perchè sà che nella vita ci sono dei contesti che non lo permettono. Nel Relativismo in questione (non in quello autentico), c'è sì la seconda parte di quanto ho appena descritto, cioè il ragionamento, ma manca la prima : il valore di riferimento. Come ho detto nello scritto in rosso, la contraddizione è proprio questa : non c'è il metro misura, poichè non esistono principi, in quanto adottare dei principi significa riconoscere una verità in sè, cioè assoluta. Immagino che ci siano delle "cognizioni di riferimento" che vengono introdotte per elaborare le scelte...cognizioni che comprendono un'etica già collaudata e che "aiuta" il relativista ad elaborare le proprie scelte. Ma in questo caso è l'esperienza che guida ? L'avvaloramento sociale ? La massa ? La cultura formativa ? Non lo sò, non riesco a capire... Ho già chiesto a diverse riprese l'iter logico che ha prodotto questa concezione di tipo relativistico, ma a tuttoggi le spiegazioni che ho avuto sono state : "tutto è relativo", "la Verità Assoluta non esiste", "L'Assolutismo produce intolleranza, totalitarismo...", "ciò che è Assoluto non è discutibile.."...ecc.ecc.ecc. Mi spiace che la filosofia in questo forum si sia ridotta alla continua dimostrazione di una verità relativa, perchè a questo punto non ne vedo più il fine. Filosofare significa ragionare. Ragionare significa trovare il vero di ogni cosa, per distinguerlo dal falso o dall'apparenza. Ma se il vero non è univoco ma molteplice non sò fino a che punto ciò che ho trovato è o non è vero : dipende da molteplici fattori. Ragion per cui la mia verità, per quanto ben argomentata, può trovare contraddizioni. Ragion per cui, la mia situazione è poco distante dal punto di partenza : l'ignoranza : se ciò che sò è relativo alle mie argomentazioni, alle persone che condividono la mia tesi, al contesto storico e sociale in cui mi trovo...comunque non ho un sapere saldo fra le mani. E tutta la mia fatica a che sarà serivita ? Come posso distinguere il bene ed il male, il giusto dall'ingiusto, l'esatto dall'errore, l'utile dall'inutile ? Resto fedele al senso Socratico della filosofia : la ricerca della Verità...non la mia, la tua, la sua, la loro... ma la Verità. Mi piacerebbe postare altre questioni, ma se gli obiettivi sono diversi non ne vedo il senso. Ti saluto. |
02-11-2006, 20.04.56 | #60 |
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Riferimento: Relativismo...ancora una volta
Vorrei porvi un mio dubbio.
Il relativismo che intendete vuole essere totale per ogni possibile verità riguardante un oggetto, sempre rispetto all'uomo? Mi spiego meglio con uno stupido esempio. Abbiamo il solito libro. A dice: questo libro tratta di storia. B dice: questo libro è un romanzo storico! C:questo libro è un saggio sull'edilizia! Come potete vedere le prime due affermazioni sono in qualche modo collegate, anche se diverse, la terza invece è del tutto scollegata. La mia domanda è: C'è un limite al relativismo, si può mettere questo limite? Le verità riguardanti uno stesso oggetto, anche se formulate da diverse menti, possono essere infinite e contraddittorie?oppure c'è comunque un insieme di verità e un insieme di cose non vere? |