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19-12-2005, 20.27.41 | #1 | |||
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Identificare uno stato intenzionale. Un grande problema di Filosofia della mente.
Vorrei qui discutere un problema che credo rafforzerà la tesi che ogni progetto riduzionista, che intende ridurre il mentale al fisico, risulterà sempre vano. Naturalmente l'alternativa al riduzionismo che vorrei proporre non è di certo un anacronistico dualismo, bensì un pluralismo ontologico.
Apro qui una piccola parentesi. Nel topic riduzionismo o dualismo? avrei detto 'pluralismo descrizionista' (o 'pluralismo dei punti di vista'). Infatti là proponevo che la mente fosse un modo alternativo (non riducibile) di descrivere l'attività del cervello: allora appoggiavo ancora l'idea che la mente fosse un modello astratto definito tramite le sue molteplici funzionalità (tesi funzionalitica). Citazione:
Ma ora ho cambiato idea. Ora vedo di buon occhio il post di Gest O: Citazione:
Credo che sia un po' problematico dire "è il linguaggio a costituire il mondo", nel senso che potrebbe essere forviante, ma sotto alcune precisazioni potrei anche convenire tale tesi. Ma la proposta che Gest O fece la trovai, e continuo a trovarla, insoddisfacente. Alla mia richiesta di chiarificazioni della sua tesi, Gest O mi rispose: Citazione:
Insoddisfacente perchè innanzitutto la sua proposta non è decostruttiva (perchè dovremo abbandonare il riduzionismo e/o il monismo?) e neppure costruttiva (che cosa sarebbe ciò che proponi? trattenersi nel suggerire una strada non è un buon suggerimento, inoltre le metafore artistico-religiose mi sembrano inadatte). Qui proverò a portare avanti la tesi di Gest O del pluralismo ontologico, cercando di renderlo più appetibile e soprattutto più comprensibile, proponendo un problema (uno dei tanti) che il monismo ontologico in filosofia della mente non riesce a risolvere. Conseguenza di ciò ne risulterà una visione estremamente diversa da quella proposta dai monisti. (Ovviamente il discorso che segue potrebbe non esser condiviso da Gest O.) Il problema è questo: identificare la zona del cervello alla quale corrisponde lo stato intenzionale (a) "desiderare rosicchiare con i propri denti un pino per abbatterlo". (Con stato intenzionale intendo le credenza, i desiderio, le paura, l’aspettarsi qualcosa, etc.) La prima difficoltà deriva dall'olismo semantico: ogni parola trae il proprio significato proprio in virtù della posizione che occupa all'interno della rete di altri significati. Quindi per identificare semanticamente (a) dobbiamo sapere che tipo di azioni siano ‘rosicchiare’ e ‘abbattere’, e che significato hanno ‘proprio’, ‘denti’, ‘pino’. A sua volta per poter usare ‘proprio’ necessitiamo di concetti come ‘identità personale’ o di ‘unità’, etc.; per usare ‘denti’ necessitiamo di concetti quali ‘bocca’, ‘maticare’ etc.; per usare ‘pino’ necessitiamo di concetti quali ‘albero’, ‘foglie’, ‘rami’ etc. E così via… (Non intendo suggerire quali concetti sono necessari padroneggiare per avere il concetto di ‘x’, bensì la mia tesi è ben più generale: per avere il concetto ‘x’ devo avere un altro insieme, non fissato, di altri concetti.) Ma l’olismo non è presente solo a livello semantico del contenuto delle parole, ma anche dello stesso stato intenzionale, infatti (a) presuppone moltissime credenze, come “credere che un pino verrà abbattuto rosicchiandolo con i denti”, “credere che esistono pini”, “credere che i pini non siano d’acciaio”, etc… In generale, gli stati intenzionali dipendono tra loro da altri stati intenzionali. Quindi un risultato che abbiamo ottenuto è che se proprio vogliamo scovare (a) nel nostro cervello, non possiamo cercarlo in una zona circoscritta, bensì (a) è rappresentata dall’cervello. Ma anche questa posizione è falsa, infatti rappresenta solamente metà strada della via che qui voglio intraprendere. Infatti quello che voglio asserire è che (a) non può essere identificata neppure con tutto il cervello. Infatti l’esternalismo semantico (che ho provato discutere in esternalismo semantico ) ci insegna che i significati dei nostri termini sono definiti parzialmente dall’ambiente esterno (da come li abbiamo imparati, da quanto contatto causale abbiamo con i referenti di tali termini e da che tipo di contatto causale): dalla società dei parlanti e dalla connessione causale tramite percezione. Così la nostra (a) non può che essere identificata anche rispetto alla posizione di questa nel mondo, senza fermarci solamente al nostro cervello. Arrivati a questo punto, la mia proposta consiste nel vedere le menti come un sistema di capacità emergenti dai cervelli, però irriducibili ad esso: le nostre menti sono immerse nell’ambiente e quindi non del tutto distinguibili da questo. Questo ci propone una visione pluralista del mondo, in cui lo statuto ontologico della mente è di tutto rispetto. Spero di essere stato abbastanza comprensibile epicurus P.S. Spero che Guest O non se la prenda per averlo citato in questo pezzo, infatti ciò è dovuto solamente all'ammirazione che io ho nei tuoi confronti |
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20-12-2005, 10.13.43 | #4 | ||
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Citazione:
Quando leggo di queste varie "teorie della mente", mi sembra di leggere della pura filosofia; al più sono linee di pensiero che indirizzano le ricerche psicologiche e neurologiche, ma che poco hanno di propriamente scientifico. Ho sentito parlare della teoria dell'evoluzione emergente, come di una nuova dichiarazione d'indipendenza dalla Fisica e dalla Chimica, ma mi pare che si sia ancora molto lontani da ciò. Questo non avviene certo per l'incapacità degli addetti ai lavori, ma per l'intrinseca difficoltà del problema. Dunque, così come nell'interpretazione di Copenaghen e d'altronde pure nell'evoluzionismo, in queste teorie della mente ravviso troppa ideologia piuttosto che scientificità. |
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20-12-2005, 10.44.37 | #5 | |||
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Citazione:
Qui - come avevo giá scritto - concordo con te. Citazione:
Nexus, mi sembri troppo veloce nel saltar alle conclusioni Le domande che tu proponi sono domande interessantissime, ma ogni teoria sulla mente (compresa quella del materialismo classico dell'identitá type-type) devo cercare una risposta, non solo quella che io propongo, ma identificare ogni teoria della mente con ideologie, mi sembra una vera e propria ideologia. inoltre é pura fantasia filosofica credere che ci sia un essere che possa essere identificato come il primo a possedere una mente: di menti ne esistono vari tipo con diversi tipi di complessità e capacitá. Citazione:
nexus, non riesco proprio a capirti. per caso nel mio ragionamento c'é qualcosa che non va? Dimmi dove e allora ne potremo discutere assieme ed eventualmente cambieró idea (neppure un anno fa sostenevo l'identitá type-type, poi il funzionalismo, poi il monismo anomalo). Non mi sembra di sostenere ideologia primo perchè ho cercato di motivare per bene la mia tesi, ed in secondo luogo perchè questa mia tesi non è certo la prima che ho incontrato in filosofia della mente (e probabilmente non sará neppure l'ultima) e io non mi faccio di certo problemi a buttare una tesi che non ritengo più adatta. epicurus |
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20-12-2005, 11.16.46 | #6 | |
Ospite abituale
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Citazione:
Questione molto complessa, non sarò certo io a risolverla. Ma la voglia di scrivere due righe è irresistibile. Scientificità....che vorrà mai dire? precisione? teoria omnicomprensiva? metodo sperimentale? rifarsi solo a cose che si toccano? Come intendi questa scientificità? Dico solo una cosa: la spiegazione in termini causali non è una spiegazione in termini di "ragioni". C'è un abisso. Un piccolissimo esempio: spiegazioni riduzionistiche se ne hanno ovunque in tutti i campi; d'altra parte la difficolta di pensare ciò che non si vede non è da poco. In altropologia si dice: l'antropologia comincia quando finiscono tutte le spiegazioni riduzionistiche. Un piccolo esempio storicamente già esistente di quanto le spiegazioni in termini di ragioni dicano molto di più di quelle in termini di cause: un intera disciplina. Credo che qui con teoria della mente si voglia dire più o meno la stessa cosa. Teoria della mente è anzitutto la "cultura" in senso lato, come quella soglia dinamica che rosicchia sempre di più qualcosa alle spiegazioni fisico/riduzionistiche. E allora ciò che forse qui si dice, è che questo tipo di spiegazioni causali, sono solo un criterio che illumina il problema da un punto di vista, e allo stesso tempo lascia fuori un mondo intero, continuando a porsi interrogativi per nulla pregnanti, e senza fermarsi a considerare i propri presupposti. UN saluto |
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20-12-2005, 11.31.13 | #7 | |
like nonsoche in rain...
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Citazione:
Quello che voglio dire è che le cosiddette "teorie della mente" non sono altro che "filosofie della mente", come hai detto; ok, bandirle come ideologie può essere fuorviante e riduttivo, ma mi sembra che pur inventando un altro termine che dia meno fastidio, il nocciolo della faccenda sia proprio questo. Venendo a ciò che hai scritto: ------------------------------------------------------ "Infatti l’esternalismo semantico (che ho provato discutere in esternalismo semantico) ci insegna che i significati dei nostri termini sono definiti parzialmente dall’ambiente esterno (da come li abbiamo imparati, da quanto contatto causale abbiamo con i referenti di tali termini e da che tipo di contatto causale): dalla società dei parlanti e dalla connessione causale tramite percezione. Così la nostra (a) non può che essere identificata anche rispetto alla posizione di questa nel mondo, senza fermarci solamente al nostro cervello. Arrivati a questo punto, la mia proposta consiste nel vedere le menti come un sistema di capacità emergenti dai cervelli, però irriducibili ad esso: le nostre menti sono immerse nell’ambiente e quindi non del tutto distinguibili da questo. Questo ci propone una visione pluralista del mondo, in cui lo statuto ontologico della mente è di tutto rispetto." --------------------------------------------------------- Ciò che voglio dire è questo: qui si sta parlando di tesi filosofiche e nient'altro; per sostenere che la mente sia un fenomeno emergente, tra l'altro una delle tesi che paiono più ragionevoli, bisognerebbe andare oltre se si vuole che la codesta tesi acquisti una parvenza di scientificità. Proporre il bosone di Higgs per spiegare le differenti masse delle particelle subatomiche può essere affascinante quanto ci pare, ma affinchè non si rimanga nell'ambito della pura speculazione teorico-filosofica, bisogna pur fare delle ricerche, delle ipotesi verificabili ed eventualmente scartabili. Spero che tu abbia capito ciò che voglio dire; hai parlato dell'impossibilità di localizzare una zona precisa del cervello corrispondente ad un certo stato "intenzionale" ed hai addotto delle motivazioni ragionevoli a favore di ciò. Ma il cervello non è possibile studiarlo più a fondo? Non esistono forse tecniche di imaging (NMR, PET, TAC ecc...) per farlo? Quando si produce una ipotesi sul cervello (che è pur sempre un pezzo di materia), a livello professionale, non si deve cercare di motivarla con qualcosa di più, che non siano astratti ragionamenti filosofici? Spero di essere stato più chiaro. ps. scusa se ho leggermente spostato la discussione... Ultima modifica di nexus6 : 20-12-2005 alle ore 11.35.29. |
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20-12-2005, 11.37.34 | #8 | |
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20-12-2005, 11.49.31 | #9 | |
Moderatore
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concordo sul fatto che il cervello è studiabile e non reputo di certo futile la neurologia (e affini), anzi. Ma lo studio del cervello per conoscere meglio la mente ha un limite: posso vedere se ho un dolore, se provo una sensazione piacevole, magari, ma la parte più evuluta del cervello (gli stati intenzionali) quelli sono irriducibili. |
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20-12-2005, 11.53.24 | #10 | |
Ospite abituale
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Ciao Nexus, faccio un altro esempio: abbiamo scoperto che quando mi innamoro si verifica un mutamento nel mio corpo. I noti ormoni ecc... Ma se io mi chiedo: perchè mi innamoro? Pensi che la risposta: "perchè ho un flusso di ormoni" sia adeguata?" E allora ecco cosa una spiegazione riduzionista non dice: perchè le persone si innamorano di persone diverse e non delle stesse, perchè ci si innamora dei maschi, perchè ci si innamora tra donne, perchè ci si innamora della persona della stessa classe sociale, perchè ci si innamora di una star del cinema e non di mia cugina, perchè non mi innamoro di mia sorella ecc.... tutte domande che trovano la risposta in ciò che non è biologico. L'innamoramento viene PRIMA del flusso di ormoni. L'innamoramento è la CAUSA NON FISICA del flusso di ormoni. Ora: avviene un cambiamento nel corpo: Embeh? Devo trovare le ragioni dell'innamoramento nel corpo ricercando tecniche sofisticatissime? A che conclusioni mi porterebbe? Il cervello: ammettendo che esita qualcosa di fisico (visibile, perchè fisico qui non può vuol dire che visibile) che corrisponda ad uno stato intenzionale, cosa sto mostrando? Solo che esiste qualcosa di simile a livello fisico (e non vedo l'ora francamente che si scopra). Ma in che modo mi si dice la causa? Questi stati intenzionali si originerebbero spontaneamente nel mio cervello, o avrebbero una causa ESTERNA e NON FISICA? Dov'è la causa qui? Ecco perchè è improduttivo ricercare in questo modo. Anche la scoperta dell'esistenza di uno stato fisico corrispondente ad uno intenzionale (e onestamente non riesco proprio a immaginarmelo) non sarebbe COMUNQUE una spiegazione; direbbe solo che esiste qualcosa di simile. Da dove viene quella credenza? Da dove viene quella sensazione? E' originata dal mio corpo come primum ontologico? UN saluto |
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