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22-12-2005, 22.55.33 | #52 | |
Moderatore
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goedel e mente
Citazione:
In effetti, caro Gest O, le ipotesi per applicare il teorema di goedel e per così arrivare alla conclusione che tale teoria X (nel nostro caso una teoria della mente) non sarà mai completa (a costo della sua consistenza), non sono soddisfatte, infatti nessuno si aspetta che una teoria della mente sarà così potente da contenere la teoria dei numeri naturali, anche perchè nessuno si sognerebbe di supporre che possa esistere una qualsiasi teoria della mente completamente formalizzata. epicurus |
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22-12-2005, 22.56.14 | #53 |
Ospite abituale
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Ma sai cosa succede a queste sistemi logici (e non teorie matematiche come scrivi tu) sufficientemente potenti( al livello cioé dell'aritmetica elementare) secondo la dimostrazione di godel? Succede che essi comprenderanno una proposizione della quale non si può affermare nè la verità nè la falsità. Dunque tali sistemi sono e saranno sempre incompleti. Il mio discorso quindi partiva (un po' alla lontana) dalla essenziale incompletezza della conoscenza umana dimostrata matematicamente da godel per quegli scettici che non credevano ai " maestri del sospetto". In questo modo per me si va in qualche modo a dissolvere il problema mente corpo nei termini di una "classica" ricerca del fondamento nell'una o nell'altra sostanza(l'esempio della sterilità della "polemica" fra materia e spirito viene dalla discussione con marcobiagini). La categoria della reciproca implicazione é, in questo momento storico, un limite invalicabile.
Vedi, epicurus,che ci provo anch'io a "partire da un punto, argomentare e arrivare in un altro", ma poi vengo frainteso! Devo cominciare a fare come kantaishi.. |
22-12-2005, 22.59.12 | #54 | |
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
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Citazione:
no no, per carità |
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22-12-2005, 23.15.53 | #55 |
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x Epicurus, l'uomo della palude e la mente sociale:
Se la copia fosse perfettamente identica non vedo perchè non potrebbe avere "atteggiamenti proposizionali"; se l'originale li ha e la copia è tale e quale, mi sembra paradossale affermare il contrario. Dici (questo è il nucleo dell'argomentazione): "Per quanto possa apparentemente sembrare strano, l'idea che c'è dietro a tale intuizione è che il significato delle nostre parole, e cioè la capacità di padroneggiare i concetti, è un fattore anche esterno, che dipende in modo complesso dal nostro rapporto con il mondo, con la società di parlanti e con i rapporti causali che abbiamo intrattenuto con tali concetti (e come li abbiamo appresi)." Ma l'originale questi concetti li ha appresi pure in qualche modo e dunque la copia, che ha gli stessi identici ricordi (al momento della "clonazione" istantanea), è esattamente come se li avesse appresi nello stesso identico modo e dunque avrà le stesse identiche capacità dell'originale (immediatamente dopo la clonazione). L'uomo della palude dovrebbe essere illuminante per questa discussione? Dovrebbe essere un esempio di ciò che intendi con (cito) "le nostre menti sono immerse nell’ambiente e quindi non del tutto distinguibili da questo"? Beh... se fosse così non potrei essere d'accordo con quanto affermi; dov'è che sbaglio? x Gest O: Non contesto le tue conclusioni, quanto l'uso di concetti prettamente matematici (tipo la completezza) in frasi del genere (cito) "Il mio discorso quindi partiva (un po' alla lontana) dalla essenziale incompletezza della conoscenza umana". |
23-12-2005, 10.47.13 | #57 |
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Riassumo i punti chiave del tuo ragionamento.
Ipotesi. 1. Parlare una lingua è una capacità o abilità, non un processo. 2. Comprendere una parola, come saper giocare a scacchi, è un’abilità e non un processo. 3. La teoria della comprensione di una linguaggio per immagini si dimostra fallace: una persona può avere tutte le immagini che gli servono per svolgere un ordine, ma non essere in grado di capire che cosa deve fare, perché tali immagini non sono accompagnate dalla pratica di agire in certi modi, o dalla capacità di agire nel modo appropriato. 4. Il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio. ------> tesi1. La mente è sociale e non può essere confinata dentro la scatola cranica. ------> tesi2. Non può esistere un linguaggio privato e dunque approdo all'esternalismo semantico. 5. Ciò che vale per il "comprendere" vale per tutti gli stati "intenzionali" che dunque sono capacità. ------> tesi3. I nostri stati "intenzionali" (ovvero la nostra mente) sono caratterizzati dall'ambiente esterno; dunque è fuorviante la distinzione fra "un dentro di me" ed un "fuori di me". -------------------------------------------- Fin qui le tue conclusioni e mi scuso per la mia approssimatività. Ora traggo le mie seguendo i tuoi ragionamenti e ti chiedo se sono corrette. 1a. La mente è una capacità, dunque impariamo ad essere coscienti, ad essere tristi, a desiderare, a temere, ad innamorarci più o meno come si gioca a scacchi. 2a. Nessun atteggiamento umano, per un uomo correttamente istruito (dotato di mente), può essere dovuto ad istinti, dunque ogni attività mentale è mediata dall'apprendimento di capacità: desidero una donna perchè ho imparato a desiderarla o meglio ho visto socialmente cosa vuol dire desiderare una donna e non faccio altro che esercitare una mia capacità appresa. Mi sento di desiderare una donna non in modo istintuale, ma perchè noto che pure gli altri hanno i miei stessi atteggiamenti nei confronti di una donna. Stessa cosa per quando, per esempio, mi arrabbio: so di essere arrabbiato perchè ho imparato dagli altri cosa significa esserlo e dunque sono fiducioso che pure gli altri intendano la stessa cosa con la frase " io sono arrabbiato". 3a. Se una persona, per qualche motivo (isolamento, malattie psichiche) non avesse appreso queste capacità non avrebbe stati intenzionali, ovvero non possiederebbe la mente, ma solo il cervello (come un animale). Dimmi se ho sbagliato. |
23-12-2005, 10.58.06 | #58 |
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Mi sembra che sia corretto, ma c'è un punto che và precisato: lo stato intenzionale è caratterizzato da un contenuto e (diciamo) da una tipo. Quando desidero sgranocchiare pop-corn il tipo è il desiderare (e questo può essere implementato in qualche modo nel cervello, ma sicuramente non con la teoria type-type, ma token-token che evita la possibilità di trovare leggi ponte rigorose psicoficiche), ma il suo contenuto (ciò l'oggetto del mio desiderio) - è caratterizzato esternamente.
ora vado, tornerò più tardi epicurus |
23-12-2005, 11.30.20 | #59 |
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E il tuo discorso, dunque, dovrebbe implicare (ho letto nei post precendenti) l'eliminazione di una prospettiva naturalistica; sono d'accordo che l'attuale metodo scientifico, improntato alla rigidezza ed al riduzionismo, non sia adatto ad una spiegazione completa di domande come "Cos'è la mente?" o "Cos'è la coscienza?". Però, secondo me, si deve cercare di arrivare con la scienza fin dove si può arrivare e non porre dei limiti di "principio" all'analisi scientifica (ciò sarebbe ideologico); non è da escludersi che questi problemi in futuro possano essere trattati come "scientifici", auspicando un'evoluzione della stessa scienza verso una minor staticità e rigidezza.
Sarà possibile una conoscenza scientifica non riduzionista? Non mi sento proprio di escludere tale possibilità, come state facendo voi. Comunque per quanto riguarda l'uomo della palude rimango delle stesse idee espresse nel mio precedente post; tu distingui tra tipo e contenuto (ed è una distinzione, a proposito degli stati intenzionali, che non ho capito). Una capacità appresa consiste in una abilità a manipolare "oggetti" futuri, i "contenuti". Ma l'uomo è caratterizzato dalle capacità, mica da questi "contenuti"? Le capacità si trasmettono sicuramente al clone... o no? Ed i contenuti che c'entrano? Mi hai detto che la tua tesi non è emergentista; ma allora perchè gli uomini sono dotati della possibilità di "apprendere la mente" e gli animali no? Capisci che questo tipo di domande (proprie di una visione scientifica) sono legittime. Ultima modifica di nexus6 : 23-12-2005 alle ore 11.35.07. |
23-12-2005, 11.53.13 | #60 | |
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