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04-03-2009, 19.34.34 | #32 | |||
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
Messaggi: 1,770
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Riferimento: Congetture ed impedimenti.
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Altra cosa ancora è ciò che dici, cioè ogni osservatore come universo a sé. Propendendo pure per questa idea, la domanda è: perché e come capita che gli osservatori concordino tra loro e si dia dunque la possibilità di una conoscenza intersoggettiva? |
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04-03-2009, 21.29.09 | #33 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
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Riferimento: somiglianze
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Anche a me si è presentata questa perplessità. Si potrebbe rispondere che ci sono delle affinità in uno stesso mondo o tradizione culturale e che si può consentire a condividire la stessa intenzionalità con altri, o addivenire ad un compromesso per motivi pratici o per simpatia o per amore. L'originalità di una persona non si esplica riguardo a tutto. Chi è originale in misura notevole viene spesso definito pazzo. Dopo tutto fra gli esseri umani sono più le somiglianze che le dissomiglianze. |
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05-03-2009, 21.03.43 | #34 |
Ospite abituale
Data registrazione: 13-06-2007
Messaggi: 529
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?
Mi sembra che piu' o meno ci si sia accordati sul fatto che l'essere è e non puo' non essere e il non essere non è e non puo' essere......A questo punto mi chiedo se l'autocoscienza individuale possa essere catalogata come essere o no......
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05-03-2009, 22.49.16 | #35 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 25-03-2008
Messaggi: 146
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Essere e coscienza
Citazione:
Citazione:
Quella che ho chiamato interpretazione debole della MQ raccoglie tutte quelle interpretazioni che si limitano a considerare la MQ un utilissimo e formidabile strumento, ma senza implicazioni di carattere ontologico. Quella che ho chiamato interpretazione forte raccoglie l’interpretazione di Copenhagen e affini, e qui sì che ci sono implicazioni di carattere ontologico. Io ho suggerito una terza intepretazione, ancora più forte, che pone la coscienza in una posizione attiva nel costruire il proprio universo. Citazione:
La prima è questa: se i soggetti coscienti hanno la medesima struttura mentale, allora è ragionevole ipotizzare che “filtrino” la totalità dell’Essere nella medesima maniera, costruendo universi coerenti fra loro, così come setacci identici separano, dalla massa degli inerti, ghiaia della medesima pezzatura. Ma la risposta più interessante è la seconda: chi mi dice che tu esisti, Nexus6, e tu, Giorgiosan? Chi mi dice che esista realmente una conoscenza intersoggettiva? Voi due, e l’umanità intera, e tutte le creature dell’universo, siete manifestazioni della mia coscienza: e dovrei stupirmi, dunque, se siete tutti d’accordo con me? Loris |
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06-03-2009, 09.36.53 | #36 |
Ospite abituale
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?
Se l’essere è e non può non essere, non dovrebbe ammettere alcuna possibilità che lo stato dell’essere, in quanto puro, incorpori in sé il germe del non essere. Implica, altresì, che l’essere mai possa divenire non essere. Ma il divenire è un’evidenza indubitabile, che attiene ai sensi e all’esperienza, come attiene all’esperienza dell’esistere la morte stessa. La vita è dunque la contraddizione possibile, un’aporia, poiché ha in sé l’origine stessa del non essere. Anzi, per dirla meglio, l’essere, che si origina dal non essere e in esso si rituffa, è non essere che traspare fra le labili maglie dell’essere; è l’emergere dal non essere che rende manifesto proprio il non essere dell’essere, al più una transeunte sospensione del non essere. Va da sé che il principio di non contraddizione, tanto caro al pensiero filosofico, non è un assoluto.
L’autocoscienza individuale è appunto coscienza del non essere. Se la vita, o meglio l’esistenza è essere, la morte, ovvero il nulla, è il non essere. Ma l’esistere porta con sé proprio l’ombra del non esistere più, quindi del non essere. La comparsa della coscienza, in Genesi, è proprio l’avvertenza della morte. La natura stessa è avvertita circa il proprio destino di non essere – perlomeno in quella determinata forma e specie che caratterizza l’essere, quel particolare essere che la identifica -. La coscienza dell’essere è percezione del nulla, da cui proviene e a cui è destinata. L’esistenza è infettata fin dall’origine da questa sua intima contraddizione di fondo che fa sì che l’esperienza di vita sia al tempo stesso esperienza di morte. Vivere, come sostiene il pensiero nichilista, è un progressivo approssimarsi alla morte, e ogni attimo di vita trascorso aggiunge gradienti di non essere all’essere, fino all’epilogo. Se fosse vero quel che sostiene il pensiero cristiano, cioè che tutto è creato dal Nulla, poiché non è dato un tempo eterno, se non al Creatore, ma solo in una dimensione sovrumana o soprannaturale, è conseguenza abbastanza logica che tutto sia anche destinato a tornare nel nulla. Almeno per quanto riguarda l’esperienza particolare, abbiamo anche certezza di questa evidenza logica, poiché la morte è un dato dell’esperienza. Poco rilevano gli arzigogoli psuedo spiritualistici che pretendono di sostenere il contrario: con la morte l’essere particolare si dissolve, rientrando in una dimensione a noi non nota, e sostenere che sia un’accogliente paradiso oppure il nulla ha il medesimo grado di possibilità, e tali nozioni contrapposte, non attengono alla conoscenza, bensì alla credenza e alla fede. Non di meno, l’unico vero dato a noi noto, per il momento, è che l’essere rientra nel non essere, o meglio, che il non essere, dopo averne intriso l’intera esistenza, si riappropria dell’essere. Con buona pace per la pace dell’anima. Ciao |
06-03-2009, 20.42.31 | #37 | ||
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
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Riferimento: Essere e coscienza
Citazione:
Io sono del parere che dal solipsismo non se ne possa che uscire per principio ovvero assumendo che sia una posizione errata; non è possibile, cioè, dedurlo da altri principi primi, ma solo giustificarlo con argomenti 'razionali' e poi farlo assurgere a principio. Citazione:
No? Boh. |
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06-03-2009, 23.09.32 | #38 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Essere e coscienza
Citazione:
Sì. Se si passa dal discorso metafisico, che considera l'essere in quanto tale, nel modo piu generale possibile e quindi astrattamente alla considerazione dell'esserci cioè dell'esistenza allora bisogna considerare i portatori dell'essere, coloro che c'erano, ci sono e ci saranno. E' come passare dalle considerazione della sostanza che come tale non esiste a considerare le sostanze reali. Possiamo chiamare i portatori reali dell'essere reale come vogliamo, io preferisco persone . Nella persona l'essere reale non cessa mai di essere , e nella persona il suo proprio essere reale, originale ed unico, evoluto o involuto nella sua storia personale è già per sempre, è già nell'eternità. Non si presentano difficoltà a vedere questo nel presente e nel futuro ma un essere umano reale e non astratto nasce e prima di allora sembra che non fosse. Se tuttavia il discorso metafisico ci convince come risolviamo questo problema? A te Nexus. |
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07-03-2009, 11.59.36 | #39 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Perché esiste qualcosa anziché niente?
Citazione:
La complementarietà fra tempo ed energia da me ricordata in precedenza (questo mi ero dimenticato di puntualizzare) non credo possa essere accostata alla complementarietà fra le coppie quantistiche in cui vige il principio di indeterminazione, infatti mentre queste ultime sono osservabili, il tempo non è un'osservabile. Quindi era una provocazione (anche se mi sembra che qualche fisico non sia d'accordo) dire che l'energia possa crearsi dal nulla, o provenire da altri lidi e aggiungersi a questo universo da chissà dove anche se per brevissimo tempo. Per i concetti di vuoto e nulla, bhe qui è difficile e mi rendo conto che non si può essere esaustivi con un post o una battuta, si deve ritornare (forse per meglio comprendere il nulla) al punto di partenza, all'inizio, o meglio, fin dove ci si può spingere con l'osservazione, quindi al tempo "quasi" zero. Il tempo appunto! Questa però, purtroppo, è un'osservabile nel senso che è osservabile con l'orologio alla mano, ma non è un'osservabile quantisticamente parlando; essa ci indica che qualcosa è iniziata, che una possibilità si è realizzata, che un evento si è mostrato. Il tempo, così unito allo spazio da essere un'unica unità, fugge, e non è una metafora, è bensì qualcosa di più di una metafora, fugge anche da ogni nostro tentativo di comprensione. Potremmo dire che quando è successo qualcosa si è realizzato: il tempo lo spazio e tutto il resto. Come faccio però a rispondere alla domanda: cosa c'era prima di quel qualcosa? Devo per forza uscire fuori dal tempo, dal mio tempo, per tentare di dare una risposta. Ma "esiste" un tempo fuori dal tempo? Ancora una volta la mia riflessione si concentra sul concetto di "esistenza". Il tempo,anche il nostro tempo (tralasciando quello ipoteti, fuori dal nostro), pragmatisticamente, può esistere? Chi afferma che esiste mi deve dire dove l'ha visto. Il tempo è solo un "significato", un concetto nato,guarda caso, dentro la nostra mente e pragmatisticamente altro non è che una coordinata spaziale, un punto! Se questo punto è un punto reale o no chiediamolo ai fisici. Chiedamo loro, l'osservabile posizione di una particella materiale è o non è spalmabile (temine scelto a caso tra i tanti usati) in infiniti punti? Formulo il problema come se quel punto fossi io e pure dotato di coscienza; io sarei anche il tempo.Ora domandiamoci: dove sono in realtà lo spazio e il tempo? Sparso in infiniti punti? Visto che la relatività altro non ci dice che un punto è l'unione tra lo spazio e il tempo e questo deve essere inteso non in senso assoluto, qualcuno mi sa dire un punto dov'è? In quale tempo e spazio si trova? Quindi la domanda, perchè esiste qualcosa invece di niente, posta all'inizio, non può sorvolare alla ulteriore domanda: in che senso credi che esista qualcosa? Io potrei dire che tutte le possibilità esistono (e quindi sono infinite). Se qualcuno mi dicesse che esiste solo ciò che si realizza ed è reale, allora mi deve spiegare dove ha visto, e in quale parte reale dell'universo, il tempo! Se non l'ha mai visto come fa a dire e ad essere sicuro che ciò che si realizza ed è reale è solo ciò si realizza nel tempo? Nel tempo...? Se uno mi dicesse: si sta svolgendo un festino nella casa di fronte, avrei un punto di riferimento spaziale. Ma se uno mi dicesse che nel tempo l'uomo cresce, posso avere un corrispettivo ugualmente oggettivo come per il festino nella casa? Chi ha visto il tempo? Posso al massimo indicare una coordinata spaziale (che sarà proprio una temporale) in cui indico un uomo giovane, e lo stesso uomo, vecchio. Questi due punti possono anche essere vicini, o essere lo stesso punto. Infatti se io indicassi un punto come realizzato, ve ne sono infiniti che (ipoteticamente) passano nello stesso punto di quello realizzato, compreso quello che non si è ancora realizzato (quindi futuro). Questo ragionamento non può essere fatto altrimenti se ammettiamo che una particella materiale si realizzi in un punto preso a caso tra infiniti punti. Se la particella si materializza in un punto (lasciamo stare le cause, l'osservatore cosciente oppure la natura) non credo si possa sfuggire a queste due considerazioni: o tutti i punti sono reali nel tempo (e quale tempo? ognuno il suo?), oppure c'è una creazione dal nulla la cui causa non si conosce e che guarda caso ha ancora nella coscienza una sua possibile spiegazione, la quale, è bene precisarlo, non ha colpe su che punto si realizza, ma solo sul fatto che qualcosa si realizza (almeno così sembra). Se io supponessi invece che non si realizza nulla ma tutto è (come anche la coscienza), posso liberare la coscienza da ulteriori responsabilità (cosa che fa l'ipotesi a molti mondi accennato da qualcuno). Il fatto però che io abbia coscienza di un solo tempo e di una sola "realizzazione" ci rende certi, o sicuri, che solo quel punto esiste. Di illusioni ottiche siamo ormai a conoscenza, ad oggi manca ancora questa conoscenza, ovvero l'illusione che esista solo ciò che si realizza. Alcuni dicono (fisici) che non è vero! se la meccanica quantistica è giusta questa conoscenza già ce l'abbiamo: esiste anche ciò che sembra non realizzarsi. Nonostante tutto mancherebbe ancora una spiegazione del perchè esiste tutto anzichè non esistere. Innanzitutto sarebbe da sottolineare che in quest'ultimo caso non si potrebbe piu parlare di creazione ma di conoscenza. Io conosco una parte mentre l'altra, benchè esista, non la conosco. Qui qualche filosofo (e fisico) direbbe: non si può ammettere che esista qualcosa di cui manca una conoscenza. Però altresì viene spontaneo dire (ed io lo dico) che se tale conoscenza non ha nulla di empirico ma è mediato dalla mente, esiste solo in funzione della mente, e quindi anche l'ente matematico. Quindi è la mente che esiste ed è causa dell'esistenza di altri enti (e quindi è creatrice di questi enti). Quindi la mente crea. L'ipotesi due è che tutto esiste ed è errato dire che esiste solo ciò che si realizza, la creazione sarebbe solo un'illusione ma allo stesso tempo il pragmatismo scientifico: una maschera di Arlecchino. saluti |
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07-03-2009, 12.11.15 | #40 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Essere e coscienza
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Questo mi fa pensare a un momentaneo "appropriarsi", da parte dell'essere, della persona, di cui si serve per esperire la realtà fisica. Questo tipo di visione mi pare, pero', piu' vicina alla filosofia induista che alla tradizione religiosa occidentale anche se alcuni sostengono che lo stesso Gesù Cristo abbia avuto contatti con il mondo indu. |
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