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14-05-2008, 01.14.44 | #71 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Comunque, se esiste, fammi un esempio di società anarchica esistene e funzionante, se c'è e io lo analizzerò... In fondo molte cose sarebbero anche giuste... in teoria. Il fatto che secondo me occorrano leggi e organi politici, non è derivato dalla paura che in loro assenza la società si sfascerebbe, ma solo dal dover contemplare che qualcuno possa delinquere e approfittare di una società che, ormai divenuta "imbelle", lo lasci fare |
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15-05-2008, 13.43.54 | #73 |
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Ora porterò tutta un’altra serie di indizi ed esperimenti, che riguardano invece proprio le nostre tecnologiche e “progredite” società.
In Inghilterra, patria del liberalismo (quello vero), a più riprese sono stati tentati importanti ed audaci esperimenti sociali che mostrano chiaramente come un gruppo di individui, anche bambini, intere famiglie o disadattati e considerati “criminali”, se lasciati liberi per un sufficiente periodo di tempo ovvero non direzionati a rispettare obbligatoriamente un certo codice di condotta calato dall’alto, trova da se stesso un modo sociale ed armonico di vivere insieme, si autoregola spontaneamente, tant’è che in alcuni casi si è gridato anche “al miracolo!” tanto la nostra percezione è distante da questo modo anarchico di trattare i bambini ed i “devianti”. Tant’è che nemmeno la maggior parte degli studiosi, sociologi etc. ha preso in grande considerazione questi esperimenti e ciò è ancor più sintomatico di quanto il pensiero dominante, pure in studiosi che dovrebbero essere aperti, agisca come potente inibitore. Uno di questi esperimenti è quello di Peckham, dove fisici e biologici «intendevano studiare la natura della salute e le caratteristiche del comportamento sano, al contrario degli altri medici dediti da sempre all'osservazione degli stati patologici. Decisero che il modo migliore per far ciò fosse quello di dar vita a un club, al quale i membri aderissero con tutta la loro famiglia, potendo disporre, in cambio dell'iscrizione per la famiglia e dell'impegno a sottoporsi a visite periodiche, delle attrezzature messe a disposizione dal centro. Per poter trarre conclusioni valide i biologi di Peckham ritennero di dover osservare esseri umani che vivessero in condizioni di assoluta libertà, liberi di esprimere desideri e di comportarsi in conseguenza. Non c'erano, quindi, né norme, né regolamenti, né capi. “Io ero l'unico, là dentro, dotato di autorità”, disse Scott Williamson, il fondatore, “e ne facevo uso soltanto per evitare che chiunque esercitasse qualsiasi forma di autorità”. Per i primi otto mesi ci fu il caos. “Con le prime famiglie”, disse un osservatore, “arrivò un'orda di bambini indisciplinati, che si misero a scorrazzare per tutto l'edificio del centro come se si trattasse di una strada di Londra. Scorrazzando e correndo come teppisti per tutte le stanze, riducendo a mal partito mobilio e attrezzature”, essi resero la vita impossibile per chiunque. Scott Williamson, comunque, “insistette che la pace doveva essere restaurata senza bloccare la reazione dei bambini alla varietà di stimoli che venivano messi sulla loro strada”. Questa fiducia venne premiata: “In meno di un anno il caos si trasformò in ordine, con gruppi di bambini che nuotavano, pattinavano, giravano in bicicletta, si esercitavano in palestra, giocavano e talvolta andavano addirittura a leggersi un libro in biblioteca... Le corse sfrenate e gli schiamazzi erano ormai cose del passato”». da http://www.tecalibri.info/W/WARD-C_anarchia.htm#p003 Ed ancora, un esperimento per quanto possibile più difficile e sembrerebbe maggiormente destinato al fallimento, quello di tentare l’emersione dell’ordine spontaneo con un gruppo di ragazzi ribelli, disadattati e “criminali”. Sperimentatori molto audaci e che evidentemente credevano ed avevano profonda fiducia nell’uomo, e non solo nella sua malvagità, tentando un esperimento comunitario con ragazzi e ragazze affidatigli da un giudice. Il loro motto, profondamente anarchico, era: «la libertà non può essere data. Viene conquistata dai ragazzi con la ricerca e la fantasia.» Gli “sperimentatori” si rifiutarono di governare i ragazzi tramite le strutture mutuate dagli adulti ed ebbero ragione: i ragazzi stessi, su cui la stragrande maggioranza della gente non avrebbe scommesso nulla continuandoli a considerare “delinquenti”, si rivelarono in grado di autorganizzarsi, elaborando con fatica e lentezza, certamente sì, una struttura sociale che potesse soddisfare pienamente i loro bisogni. I primi tempi furono estremamente difficili e fecero vacillare il progetto che avveniva in un caseggiato in piena città. I ragazzi, una volta lasciati senza un’autorità coercitiva, dimostrarono comportamenti aggressivi, soprattutto verso le strutture fisiche, il mobilio e non-sociali verso gli altri membri della piccola famiglia. Si sfogarono con schiamazzi ed urla, tant’è che i vicini e le autorità si adirarono più volte; comunque gli organizzatori con pazienza, ma soprattutto profonda fiducia, li riuscirono a difendere, continuando a non imporgli l’autorità che chiunque altro avrebbe applicato per far terminare quei comportamenti così lontani da ciò che viene considerato “educazione”. Alla fine, tale fiducia e direi fede nelle potenzialità umane, diede i suoi frutti: «non solo i ragazzi si tranquillizzarono, ma diedero prova di grande attaccamento per quelli che lavoravano con loro... attaccamento sul quale, ora, poteva essere fondato il processo di educazione. Finalmente i ragazzi avrebbero potuto essere educati in modo libero, senza i limiti imposti loro dal mondo reale.” Da “Anarchia come organizzazione” (Colin Ward). Altri esempi del genere sono presenti nel libro: per esempio persino persone considerate “malate di mente” affidate a società agricole, libere da psichiatri, in cui non venivano trattati appunto da folli, limitati, incatenati o quant’altro di disumano, ma come semplici persone, esseri umani liberi di esprimersi, di essere diversi e trovavano spontaneamente una loro attività, un ruolo sociale di fronte a se stessi ed agli altri. Questo pone tanti interrogativi su quanto nelle “case di cura” e nelle prigioni quello che in realtà noi rinchiudiamo sia la parte di noi che vogliamo continuare a non vedere. Anzi, secondo una lettura psicoanalitica, sarebbe la società a costruire i suoi criminali ed anzi ne ha bisogno allettandoli a ricoprire, ad “impersonificare”, i ruoli criminali. «La società usando i criminali come capri espiatori e tentando di distruggerli, perché non è in grado di sopportare il riflesso delle proprie colpe, non fa in realtà che pugnalarsi al cuore.» (Ruth Eissler) |
15-05-2008, 13.48.14 | #74 | |
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Su un piano completamente differente, ma egualmente interessante, è il tipo di ordine spontaneo che pare sempre emergere dopo eventi “rivoluzionari”, pensiamo alla Primavera di Praga e prima a Polonia ed Ungheria, alla Spagna del 1936-39, alla Russia del primo novecento, a Cuba prima dell’arrivo di Castro, alle rivolte studentesche francesi, etc.: hanno tutti chiaramente mostrato una solidarietà, una fratellanza spontanea, un clima di libertà, un mutuo sostegno che agli occhi degli osservatori provenienti da altri paesi sono sembrati straordinari (e questo la dice lunga sul grado di moralità delle società odierne). Tutti questi episodi libertari, seppur con le loro interne contraddizioni, sono stati scientificamente repressi nel sangue, da chi, fascista o comunista, trovava intollerabile che il popolo potesse autorganizzarsi efficacemente fuori dal controllo e dall’autorità centralizzata di questo o quel partito, di questo o quel dittatore. Ecco perché gli anarchici, talvolta eroi in queste situazioni, hanno poi sempre assaggiato per primi la dura repressione del potere restaurato.
Mi sembra d’aver portato dei buoni e molteplici indizi, non trovate, a favore del fatto che l’armonia possa nascere dalla complessità, dalle diversità e dalla libertà? L’anarchia non risulta dunque, come molti critici sostengono, dalla semplicità di una società priva di organizzazione sociale, ma proprio dalla complessità e dalla molteplicità di forme di organizzazione sociale. Dunque l’ordine emergente, così come avviene nella cibernetica, è molto più adatto e flessibile ad affrontare situazioni complesse ed imprevedibili, essendo struttura mutevole ed interdipendente in tutte le sue parti, rispetto all’ambiente che la circonda, traendo tramite meccanismi di feedback una continua conferma della propria bontà oppure del proprio essere inadatta. Questo ciò che intendevo dire in precedenza con individui che coscientemente e responsabilmente rinnovano in se stessi ogni giorno l’organizzazione che hanno deciso di darsi. Il modello prevalente che invece prevede strutture centrali di governo, che tendono a replicarsi sempre uguali a se stesse, appare estremamente rozzo al confronto: la storia lo ha e lo sta dimostrando, visto che proprio i critici dell’anarchia si barricano dietro i fatti storici; nel presente, inoltre, mostra ampiamente questa caratteristica di inadeguatezza che tende a spogliarlo continuamente di legittimità. E’ proprio la presenza di una società civile, di rapporti empatici, di mutuo e spontaneo sostegno, di solidarietà ed autorganizzazione tra gli uomini, che questo modello statalista e paternalistico sta continuando a barcamenarsi alla buona nella storia e non perché sia realmente necessario. Almeno è questo ciò che pensano gli anarchici. Mi sembra abbiate molto materiale su cui riflettere. Ho raccolto qui di seguito molte delle classiche domande che si fanno agli anarchici, soprattutto per comodità di coloro che approdano ora in questa discussione. Con il tempo tenterò di rispondervi, essendo naturalmente collegate con quanto ho scritto in precedenza: Citazione:
A voi le riflessioni. |
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15-05-2008, 19.25.40 | #75 | |||
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Grazie delle risposte, Frollo.
Citazione:
E quali furono i motivi che portarono alle rivoluzioni operaie, attualmente solo una chimera? Non serve aver letto Il Capitale per comprendere che in realtà il TITOLARE, come lo chiami tu, della fabbrica possiede i mezzi di produzione e li mette a “disposizione”, ma la sua ricchezza è prodotta dalle migliaia di operai che vi lavorano come automi. In realtà non vi è alcun motivo tecnico perché gli operai non potrebbero gestire la fabbrica in cui lavorano, così da rendere più responsabile e, per quanto possibile, creativo il loro lavoro. I motivi sono solo di ordine ideologico e di accessibilità sociale ovvero anche se le classi risultano da un lato appiattite, dall’altro lato permangono tutta una serie di barriere sociali di cui si è parlato in precedenza. Citazione:
L’obiettivo del capitalismo cioè l’accumulazione del capitale da parte di imprenditori, soci ed azionisti, ha ben poco di morale, almeno per come siamo abituati ad intenderla, la morale. Qui non stiamo quindi parlando del “giusto” compenso per l’attività che si svolge (e pure vi sarebbe da parlare parecchio, soprattutto delle speculazioni finanziarie). L’unico valore è la massimizzazione del profitto, ad ogni costo: questa è l’unica morale. Scriveva Adam Smith: “Il desiderio più o meno nascosto è quello di rimanere solo nel mercato, per poter esercitare un potere monopolistico.” Lessi tempo fa che, secondo un famoso ecologista, Jeremy Rifkin, 350 persone (questa più o meno la cifra) detengono e controllano più del 50% delle ricchezze mondiali. Mi sembra di poter dire che parlare di capitalismo che non tende al monopolio è una semplificazione piuttosto infantile. L’ideologia (ovvero la religione) liberista che regge la globalizzazione prevede che la ricchezza per percolazione dovrebbe a livello mondiale arrivare anche ai più poveri, poiché i ricchi (noi), una volta raggiunto il soddisfacimento dei propri bisogni, smetterebbero di accumulare ed inizierebbero a ridistribuire la ricchezza. Sta di fatto, invece, che la tecnologia sta creando continuamente nuovi beni e nuovi bisogni e dunque, se da una parte appare palese che i ricchi tendono ad accumulare le loro ricchezze (a prescindere), dall’altro i nuovi bisogni si moltiplicano e non si giunge mai allo stato in cui dovrebbe avvenire quella “percolazione”. Nei paesi ricchi il capitale vi rimane saldamente e non avviene, come visibile!, che venga ridistribuito tra le classi più povere del pianeta. Le nuove divisioni tra classi, dunque, non sono più limitate agli Stati come sino al novecento, ma tra nord e sud del mondo, con tutte le differenze e lontananze geografiche, culturali, religiose etc. che rendono estremamente complessa una loro azione comune (del tipo: “proletari di tutto il mondo unitevi!”). Quando le sproporzioni tra classi erano palesi in un singolo paese la rivoluzione pareva possibile, ma ora sembra un qualcosa di quanto meno molto complesso e lungo da realizzare. Il germe del cambiamento, comunque, è presente proprio nella non moralità del capitalismo (di principio o effettiva che sia) e su ciò Marx, pur sbagliando, ha avuto ragione. Il sistema sta scricchiolando. Di poche settimane fa la notizia che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) è in crisi poiché tutti i paesi hanno pagato i propri debiti con il Fondo e si sono staccati dalla sua politica imperante e costrittiva (per capirci qualcosa consiglio i libri di Joseph Stiglitz, economista "eretico", premio nobel per l’economia e consigliere di Bill Clinton durante la sua presidenza, nonché economista di punta della Banca Mondiale). Citazione:
Per il resto di ciò che hai scritto approfondiremo, seppur abbia in parte già risposto negli scritti precedenti. Sarei inoltre curioso di conoscere le “importanti istanze sociali” di cui è portatrice AN, ma ti invito a non enumerarmele qui (è solo per non appesantire la discussione); che non siano razzismo e xenofobia, beninteso, queste le conosciamo già. Cordialità... p.s. per alleggerire questa discussione, ne ho aperto una nuova nella sezione Psicologia sui “criminali” ed il modo di trattarli e percepirli, in caso vi interessi. p.s. 2 mi scuso per gli errori di battitura nei post precedenti. |
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15-05-2008, 19.46.56 | #76 | |
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Il "civile" è apparenza. Esiste solo il giusto e lo sbagliato ovvero ciò che si ritiene tale. Ed è apparenza pure quello. |
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16-05-2008, 16.48.55 | #77 |
Ospite abituale
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Dissoluzioni e dubbii.
Caro Nesso,
ammonisci: "Il "civile" è apparenza. Esiste solo il giusto e lo sbagliato ovvero ciò che si ritiene tale. Ed è apparenza pure quello.". E dici il vero; ma considera che il medesimo argomento può esserTi opposto, quando congetturi la società degli eguali, senz'autorità né potestà alcuna: chi dice sia civile od incivile, giusta od ingiusta, equa od iniqua ?. Se dissolviamo tutto nel dubbio e la cosa non mi dispiace, non possiamo tuttavia salvare alcunché: neppure il dubbio. Anakreon. |
16-05-2008, 20.01.38 | #78 | |
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L'anarchia ed il senso.
Citazione:
«La libertà non può essere data. La libertà va conquistata.» Sono piuttosto sicuro che la maggior parte di coloro che stanno seguendo od hanno scorso un attimo questa discussione hanno provato intima repulsione nei confronti delle proposte e delle risposte più audaci dell’anarchismo ai problemi della società. La società è malata, dice l’anarchico, guerre, violenze, sfruttamenti di ogni genere... quale, perciò, la nostra proposta? Ogni forma di autorità coercitiva è profondamente immorale, per cui aboliamo governi, Stati, confini, nazioni, leggi, forze dell’ordine e carceri; gli esseri umani dal basso troveranno il modo più opportuno per organizzarsi secondo i loro veri e più profondi desideri ed aspirazioni, finora oppressi proprio dai suddetti apparati repressivi e vedrete che molti dei più gravi problemi in cui grava il pianeta scompariranno: solo libertà ed uguaglianza porteranno a libertà ed uguaglianza per tutti i popoli e le genti di questa Terra. Sembra assurdo ed altrettanto assurdo che uno ci sprechi tante parole sopra. Vi sembra, eh? Agli anarchici invece sembra totalmente assurdo discriminare in nome dell’uguaglianza, uccidere in nome della democrazia, fare guerre in nome della pace, reprimere ed opprimere in nome della libertà. Sembra totalmente assurdo che la gente non si accorga di nulla o meglio sa bene da cosa derivi. La stragrande maggioranza della gente “concorda” con Stati, governi e polizia che si schierano a difesa dello status quo. Ed esso viene imposto sin dalla nascita. Questo è profondamente immorale ed è la causa delle più vili nefandezze del genere umano. Di ciò ne sono convinto, per quanto possa parervi ingenuo o allucinato. Ho portato indizi in tal senso. L’educazione, l’ambiente, sono quelli paternalistici ed autoritari in cui cresciamo e sarebbe necessaria una vera e propria rivoluzione di pensiero per rendersi conto di ciò e che, forse, sarebbe possibile pensare diversamente. Signori, sin dalla nascita ci viene imposto un certo modo di vedere le cose, di percepire gli altri, il tempo, noi stessi. Imposto, senza reale scelta, signori. Da adulti, poi, il consenso “democratico” è nell’essenza falso consenso poiché si è ammutolita la coscienza critica e creativa di ognuno sin da piccolini. Sarebbe come pretendere da uno che ha avuto sempre una catena ai piedi di camminare senza. Queste mie parole scivoleranno via in un attimo, lo so. Ma d’altronde la vita è breve, il tempo fugge via, già ammettevano i latini, per cui perché dovremmo preoccuparci di mutare le cose ovvero noi stessi. Tra un centinaio di anni nessuna delle persone presenti oggi sulla Terra ci sarà più. Tante parole ed animazione per nulla. Eppure è una questione di senso da cui non possiamo sottrarci. Abbiamo una scala di valori differente, Anakreon. Inizialmente prevale in me e continua latente la domanda sul perché pariamo così diversi eppure comprendo che essa abbia uno scopo di proselitismo. E’ il gioco dialettico della realtà, dell’essere. Sotto banali, ma pur sempre importanti!, questioni su come regolare i condomini, sta in realtà il senso che noi assegniamo agli altri, alla realtà, al tempo, alla vita. Questa discussione, sotto l’apparente coltre di -ismi che dopo un po’ finiscono sempre per annoiarmi, è essenzialmente metafisica, come lo sono tutte forse, anche quella su quanto lievito mettere nella pizza. Il giudizio sul lavoro alienante di un operaio in fabbrica, il tempo che gli è rubato, attiene al nostro modo di percepire la nostra vita, al senso. Il discorso sull’etica del capitalismo riguarda la nostra intima percezione del tempo, il nostro, quello degli altri ed in ultima analisi l’esistenza, l’essere. La riflessione sul modo di trattare i detenuti ed i criminali è profonda ferita in noi stessi, prima ancora che nella società. |
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16-05-2008, 20.04.58 | #79 |
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Quale valore e senso diamo alla nostra vita? Ed a quella degli altri? Cosa è il lavoro? Cosa stiamo portando avanti? Quale idea? Quale mitico ed infinito progresso per cui immoliamo ogni giorno centinaia di migliaia di esseri umani e non ce ne curiamo, andando avanti? The show must go on? Why? Perché non fermarci e riflettere?
Facciamo sempre finta di porcele queste domande, facciamo solo finta, questo il mio messaggio: è proprio quella coscienza che le urla, la nostra, libera e scevra da pregiudizi, seppur violentata, ma sempre presente. L’anarchismo, come diceva Malatesta, è solo una delle spinte sociali presenti, una fra tante nel marasma. Trovo sia il più morale e coerente, eppure (e proprio per questo) il più complesso modo d’intendere una teoria sociale. Le sue critiche vanno al cuore dei problemi in cui viviamo e non trovano risposte da parte dei teorici di questo o quel sistema, se non facendo compromessi tra ideali e realtà. Così è la democrazia, per esempio, se ne rendono conto anche coloro che per la democrazia hanno speso una vita come Bobbio o Sartori. Ma nell’anarchia non ci sono né vi potranno mai essere compromessi, sembra da folli, eppure tanti distinti signori e signore sono e sono stati anarchici, martiri per i loro ideali, tanto che... non si direbbe. L’errore di cui a mio parere sono vittima molti anarchici (non tutti), i rivoluzionari che vorrebbero tutto e subito, è quello di non meditare sull’ammonimento di Malatesta: “siamo solo una delle tante forze presenti nella società”. Eppure dato l’estremismo, date le massime pretese morali, la mutazione la si vorrebbe subito, qui ed ora, tentando dunque di forzare la realtà, di semplificarla, di addomesticarla ai propri ideali. Comprendo questa ansia. Ma ciò è stato sempre molto nefasto nella storia. E le restaurazioni, dopo il rovesciamento delle rivoluzioni durate un giorno o decenni, sono sempre state dure ed ancor peggiori di quanto il potere aveva fatto in precedenza intravedere. L’ansia degli anarchici è tremendamente esistenziale. Sanno, credo inconsciamente, che durante la loro vita non potranno vedere realizzati i loro ideali, eppure spendono la loro intera vita per essi. Eroi. Secondo la psicoanalisi, sono come ricercatori scientifici che lavorano in un campo il quale sanno non porterà a risultati rilevanti se non a lontano termine. Proiettano la felicità sul lungo termine, poiché non riescono ad “adattarsi” al presente o meglio, ed io preferisco vederla così, hanno una differente scala di valori rispetto a quella imposta alla maggioranza, come dicevo all’inizio. Per concludere, molto personalmente, quando osservo che sto iniziando a prendere troppo sul serio i miei pensieri, inizio a riderci su. Ecco perché, pur essendo anarchico, non posso essere anarchico. Antonio |
16-05-2008, 20.41.43 | #80 |
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No, non ho sbagliato thread...
Una piccola perla di Battiato (Le sacre sinfonie del tempo)
[ovvero come lui vede tutta la "faccenda"] Le sento più vicine le sacre sinfonie del tempo con una idea: ... che siamo esseri immortali caduti nelle tenebre, destinati a errare, nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione. Guardando l'orizzonte, un'aria di infinito mi commuove; anche se a volte le insidie di energie lunari, specialmente al buio, mi fanno vivere nell'apparente inutilità nella totale confusione. ... che siamo angeli caduti in terra dall'eterno senza più memoria: per secoli, per secoli, fino a completa guarigione. °°° Se solo riuscissimo a comprendere perché una melodia od una poesia ci alleggeriscono... tutti indistintamente... Antonio |