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11-05-2008, 23.19.54 | #62 |
Ospite abituale
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Non si finisce mai di imparare! Ora sono anche Leibniziano
Dunque fammi capire... In una ipotetica società anarchica del 2008, le aziende non saranno dotate di amministratore delegato, consiglio di amministrazione, dirigenti, quadri, impiegati e operai? Non saranno quotate in borsa? Non licenzieranno più gli esuberi? Non mobbizzeranno più i dipendenti scomodi? Non saranno guidate da una struttura gerarchica piramidale? Ci saranno forse solo cooperative? E se un Pinco Cavalier Pallino, volesse, che so, fondare una rete televisiva commerciale e gestirla in modo competitivo? E se un altro signore volesse acquistare la società telefonica del paese e farla trottare con metodi tayloriani? Che fa... indice delle assemblee generali per decidere tutti insieme le tariffe, o gli investimenti, o gli esuberi? Secondo me la stessa gestione ordinaria dell'economia si scontra con l'ideale anarchico: non esiste una società di capitale che possa o che voglia funzionare come tu proponi. quindi? Rifondiamo oltre al sistema politico anche tutto il sistema economico? Può essere possibile? E se non lo fosse, pensi che il direttore generale che "comanda" in azienda, non avrebbe un atteggiamento simile anche fuori dal lavoro? E' proprio nei fatti che l'anarchia diventa irrealizzabile, ma ad ognuno i suoi sogni! |
12-05-2008, 08.54.01 | #63 |
Ospite abituale
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Quello che volevo dire sopra è che la società è "gerarchizzata" in ogni sua manifestazione. Al lavoro esiste una gerarchia e pure il nostro tempo libero è dominato da gerarchie:
Chi tratterà meglio la Banca, un semplice correntista o chi ha 10 milioni di euro? Chi avrà maggiore considerazione sociale, un barbone o un magistrato? A chi farai il regalo più bello per il suo compleanno, a un parente stretto o a un semplice conoscente? Insomma, come mi sembra anche tu ammetta, il concetto di uguaglianza è molto lato. Vale (forse) come criterio generale in relazione a qualcosa: tutti gli "uomini sono uguali", rispetto ai diritti, alla libertà, alla giustizia,ecc... Ma lì si ferma. E la formula che tu sostieni, comunque, potrebbe andare bene per piccolissimi gruppi di poche decine o centinaia di persone, ma una nazione di 60 milioni di individui, come può essere "non governata" dall'anarchismo? Non siamo più alla pastorizia e al baratto, il mondo di oggi corre, è competitivo, è complesso. Ci sono i meccanismi della finanza, delle multinazionali, della concorrenza. Come si fa ad annullare tutto questo, se comunque tutto questo, bene o male, ancora funziona? Perchè su una cosa dovremmo concordare, che "tutto sommato" in Italia e in Europa, non si sta malissimo: non muore più nessuno di fame, la vita media è la più alta, pur con mille difetti la sanità funziona nel senso che le malattie si curano. Quindi tu vorresti "smontare" questo sistema, per crearne un altro che non si sa se funzionerà (anzi, per me, nelle premesse è chiaramente scritto che non può funzionare)? In bocca al lupo! Io mi accontenterei di migliorare per piccoli passi il sistema che già abbiamo, per esempio votando persone che lo governino in maniera migliore. |
12-05-2008, 16.28.17 | #64 |
Ospite abituale
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Il vino dell'anarchia.
A me pare che e Nesso e gli altri, i quali propongono una forma di società umana di cui nessuno mai abbia avuta esperienza e che appello anarchia solo per comodità, lasciando a loro l'onere d'esplicazioni più ampie ed efficaci; siano simili ad un vignaiuolo, il quale lodi e magnifichi l'eccellenza d'un vino che nessuno mai ha finora espresso da un'uva, la cui vite nessuno mai ha finora coltivata:
egli ci assicura che il vino sarà migliore d'ogni altro, fino ad oggi conosciuto, ed avrà un gusto squisito, che nulla invidierà al nettare che il bel Ganimede mesceva a Zeus, sul culmine dell'Olimpo. Possiamo dubitare che sarà mai coltivata tale vite ed espresso tanto vino, possiamo sperare, possiamo temere; ma per certo non possiamo negargli il diritto d'elucubrare, di sognare e fors'anche d'allucinare, a dispetto dei nostri dubbii e dei nostri timori. Noi aspettiamo che alcuno ci mesca il vino, quando sarà maturato, e lo gusteremo: che possiamo fare altrimenti ?. Anakreon. |
12-05-2008, 23.25.24 | #65 |
Ospite abituale
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Originalmente inviato da frollo Le responsabilità sono sempre individuali. Sì, sono individuali, ma come è facilmente dimostrabile, l'ambiente in cui vive l'uomo è fortemente determinante sui suoi atteggiamenti, comportamenti e pensieri, quindi anche nelle sue scelte, più o meno responsabili. Se dal determinismo, siamo passati alla duplicità possibilista, sembra oggi vi sia un ritorno ad un determinismo, non più naturale, ma sociale, talmente forte da poter suggerire anche dei mutamenti biologici dell'uomo. Un individuo diventa responsabile se viene educato a farlo e, in ultima analisi, se nasce per farlo. Ma il concetto di responsabilità stessa, frutto essenzialmente culturale e soprattutto morale, è altresì un concetto talmente vasto che mi sembra impossibile poterlo sviscerare in questo momento con la dovuta attenzione. Generalmente comunque ciò che spesso viene definita 'irresponsabilità' è solo una risposta negativa particolarmente forte al conflitto cui l'uomo viene sottoposto. Tale mancata sottomissione (irresponsabilità) al fine di adeguarsi alla società che viene imposta come unica forma giusta, possibile e attuabile di società 'perfetta', agisce da spinta. La perfezione però non sta nella società, è tutto il contrario. Tramite un lavoro a lunga scadenza sull'individuo, si può forse raggiungere una sana individualità e matura responsabilità, che non è perfezione, ma semplice armonia con se stessi e con gli altri. La società ne è poi una conseguenza. Ma se partiamo dal presupposto che vi sia un'identità sociale corretta alla quale richiamarsi continuamente, ecco che l'uomo inizia a notare le sue differenze (naturali) rispetto al modello proposto. Tale confronto, in quanto non sostenuto da una educazione corretta, tenterà diverse soluzioni, i cui risultati saranno tanto svariati così come lo sono i singoli individui ed i vari casi umani. Evidentemente l'ambiente e le situazioni ci influenzano, tuttavia non si può partire dall'assunto che le regole le leggi e le convenzioni siano un'imposizione. Esse son invece la "summa" di secoli di esperienza umana, e costituiscono il quadro entro cui ci si deve muovere. Non credo che sia un'imposizione stabilire che uccidere è contrario all'interesse della società e chi lo fa debba essere punito. Non credo che sia un abuso punire chi uccide, prescindendo dalla sua "storia" ma considerando esclusivamente i fatti inerenti lo svolgimento del crimine. Non è questione di processare le "convenzioni" che impongono come comportamento corretto quello di non uccidere o, peggio ancora, di stabilire quanto sia stata travagliata l'infanzia del criminale e quanti stimoli abbia ricevuto nella direzione da farlo agire senza pensare alle conseguenze e alla gravità dell'atto. Si tratta semplicemente di mettere un individuo pericoloso nelle condizioni di non esserlo più e di riaffermare il principio sacrosanto che non si può uccidere nessuno e chi lo fa deve pagare. Considero inaccettabile un ragionamento che possa soltanto lontanamente ipotizzare che "la società" abbia una seppur minima responsabilità sulle scelte e le azioni omicide di un pazzo criminale. Tutti viviamo nella stessa società, tutti abbiamo problemi alcuni anche gravi, NON TUTTI diventiamo assassini o serial killer. Questo, anche se tu proverai a dire che le sensibilità diverse di ciascuno elaborano in maniera diversa gli imput che ricevono, è la prova provata che comunque ciascuno, nonostante tutte le difficoltà cui è sottoposto, è sempre in grado di decidere. No assolutamente, dietro la decisione di diventare un criminale, non vi è una decisione, una semplice possibilità di scelta. Le pressioni cui un essere umano è sottoposto sono innumerevoli e, di fatto, spesso tolgono all'individuo proprio la capacità di scelta. Un film vecchio, ma incredibilmente vivo sulla possibilità di scelta dell'individuo è Mary per sempre... (solo un esempio italiano), in cui un giovane detenuto risponde che in determinati ambienti e condizioni non vi è possibilità di scelta. Alcuni già sono criminali prima di nascere, perché nascono e vivono in determinati ambienti, perché vengono considerati in un determinato modo e vengono convinti di essere in quel determinato modo. Per loro non c'è alternativa. Magari non c'è alcuna decisione, ma sicuramente c'è la consapevolezza che quello che si sta facendo è un atto criminale e, conseguentemente anche la lucidità nel sottrarsi al rispetto di una legge. Questo è da condannare. Al limite io posso salvare i "malati di mente" che delinquono per la loro malattia, ma chi malato non è, non si può giustificare. Neanche se è cresciuto in riformatorio e tra i suoi amici ci sono solo criminali. D'altra parte, se tutti noi riteniamo Priebke un criminale perchè sosteniamo che avrebbe potuto sottrarsi all'ordine di Kappler di uccidere qualche centinaio di persone alle fosse ardeatine, come possiamo sostenere che il criminale delinque perchè non ha altra scelta? C'è sempre un'altra scelta. Tralascio il seguito, perchè io non sono un sociologo, per cui non ho possibilità di confutare le citazioni degli studiosi della materia. Io mi limito a considerazioni mie, senza avere il supporto i uno stuolo di studiosi. Noto soltanto che Fini, in campgna elettorale disse chiaramente a Porta a Porta che nella cultura di sinistra, il criminale è sempre in qualche modo giustificabile perchè è sempre la società che lo costringe a delinquere. Nella cultura di destra, invece, il criminale è una mela marcia che deve essere messa nelle condizioni di non fare più del male. Io sposo questa visione e non sarà un caso che il centro destra ha vinto le elezioni! Dare la colpa alla società è un modo per non dare la colpa a nessuno. Io lo considero inaccettabile. Ma il punto che più mi disturba è, come ho detto, che tutti siamo soggetti agli stessi problemi, ma non tutti diventiamo criminali o pazzi o ci suicidiamo. E allora, noi cittadini comuni che riusciamo a non delinquere... meriteremmo una medaglia? |
13-05-2008, 01.08.46 | #66 | ||||||
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Il darwinismo sociale, la lotta di tutti i ferali uomini-bestie contro tutti gli altri (che perciò necessiterebbero di norme e regole) sono concezioni anacronistiche, rozzi semplicismi di inizio secolo (quello passato!), banali e superficiali ideologie (eppur vanno ancora per la maggiore!) che vi consentono di trattare con sufficienza, e spesso con arroganza, chi tenta invece di gettare uno sguardo più ampio sulla società in cui vive e di proporre, per quanto possibile con i propri strumenti conoscitivi, delle possibili alternative, delle possibili vie d’uscita per società che non riuscite a contenere nel vostro orizzonte concettuale. Tant’è, a me par chiaro come probabilmente anche ad alcuni di coloro che stanno leggendo queste righe senza partecipare. Questa ideologia che tanto v’affannate a difendere (e di ideologia si tratta, lo ribadisco), è la trasposizione in chiave evolutiva teorizzata e utilmente creata dalle classi dominanti di un secolo fa per giustificare l’oppressione e lo sfruttamento dei lavoratori. Anche qui l’analisi dell’anarchismo, a mio parere, vede giusto. Citazione:
E badate, ripeto (invitandovi a rileggere quanto già scritto): non ho detto che l’uomo sia una colomba, le colombe non sganciano atomiche (gli uomini per conto degli Stati sì): l'uomo si comporta come un piccolo bambino violento che non ha ancora coscienza di sé, ma la differenza con voi è che io credo che questa coscienza sia presente in realtà e gli indizi, visto giustamente me li chiedete, sono ben presenti. Nella storia dei popoli e nel presente, dalle tribù africane agli aborigeni australi sino alle tante forme di solidarietà odierne. A questo punto immagino la domanda che vi venga in mente: ho risposto poco più sopra in questo scritto. Vi invito alla lettura dei saggi di Erich Fromm che molto meglio di me spiega questa situazione, spiega questo stato di fanciullezza, in cui pare l'uomo debba fagocitare, si debba appropriare con violenza di ogni cosa che lo circonda, un'altra persona, l’ambiente, un popolo, una risorsa, un intero Stato... è lo stesso. Vi invito pure ad informarvi sull’antropologo Jared Diamond che ha spiegato con dovizia di particolari nei suoi apprezzati saggi, il motivo per cui certe popolazioni si sono affermate e certe altre no: essenzialmente questioni ambientali, geografiche e contingenti, nulla a che vedere con differenze biologiche o etniche, ma di ciò ne parlerò più avanti in risposta a Frollo. Citazione:
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Il rischio, certo, che si ripiomberebbe nel governo soppresso c'è ed è tanto più forte quanto alla rivoluzione non si accompagni pure l'evoluzione dell'uomo, del singolo, la sua conoscenza intima ed interiore che è pure conoscenza degli altri. Ovvero, allo stato attuale, questo rischio, attraversato il probabile stato di caos, sarebbe alto (secondo me), ma ciò ci dovrebbe far scoraggiare? Ciò dovrebbe farci sedere dinnanzi al bar a gustare il vino mentre il barista ci dosa dentro la nostra giornaliera razione di sedativo ipnotico? |
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13-05-2008, 01.09.24 | #67 | |||
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Il valore di base di queste ipotetiche federazioni, invece, sarebbe diversità, nell'uguaglianza dei mezzi per realizzarla. Diversità vuol dire arricchimento. Diversità vuol dire vita, senza la quale la nostra non sarebbe giunta sino a questo punto, ma sarebbe già stata soffocata dall'uniformità. E' un fatto inerente alla natura. Ecco perché il conformismo mi pare molto pericoloso. Sostanzialmente è appiattimento, è morte della società. Citazione:
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Ancora una volta: quanto di più lontano dal mio pensiero. Gli antropologi studiano non solo le nostre brillanti civiltà, ma anche quelle dei popoli indigeni ovvero società che, nonostante i millenni, pare abbiano trovato un differente modo di rapportarsi con la natura. Pare vi veda ora: oh, vuole il ritorno allo stato selvaggio! All'Età dell'Oro! No, vorrei solo si potesse non superficialmente discutere di altri esseri umani, non selvaggi, che hanno campato sin quasi ai giorni nostri, certo senza tecnologia, ma in modo sostanzialmente pacifico, con un'organizzazione sociale non verticale, ma sostanzialmente aperta a tutti i membri della loro comunità. Forse avrebbero qualcosa da insegnarci, lo dicono pure gli antropologi. E con ciò vorrei rispondere pure a Frollo ed alla sua assurda idea, a mio parere ma non solo, che noi, carattere, sentimenti, pensieri, attese, desideri, azioni, saremmo separati e totalmente sconnessi dalla realtà che ci circonda. Ho la presunzione e qualche conoscenza per dirti che la tua idea, Frollo, senza chiamare in causa il buon senso, non viene presa in considerazione da alcun scienziato che vada dalla psicologia alle neuroscienze. Da nessuno, neppure da coloro che credono che siamo essenzialmente determinati dal genoma, poiché sanno che sull'espressione genica stessa influisce comunque l'ambiente. E' stato sfatato anche il mito che non considerava possibile il crearsi di cellule corticali (la "materia grigia") dopo la nascita: ed invece avviene, nel caso di forti stimoli emotivi ed avviene pure il contrario, ovvero la morte dei neuroni in caso d'assenza d'uso. Sì, Pipoca, anoressia cerebrale. |
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13-05-2008, 01.10.21 | #68 | ||||
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La maggior parte degli scienziati, di diversissime discipline sino alla filosofia, hanno ottimi elementi sperimentali (ne potremo parlare) per concordare sul fatto che l'ambiente abbia un ruolo -fondamentale- e reciproco rispetto alla nostra pura biologia: durante i primi anni di vita il cervello crea e modifica le sue connessioni neurali, tant'è che per esempio se si benda un occhio ad un neonato, questo avrà un deficit, sino alla cecità, che l'accompagnerà anche da adulto. E, per analogia, il carattere, il modo di comportamento, lo sviluppo emotivo ed intellettivo subiranno la stessa sorte degli organi fisici, atrofizzati o nutriti dalla famiglia, dall'ambiente, dalla società. Mi sembra dunque alquanto assurda la tua idea, Frollo e probabilmente deriva dal tuo desiderio di fregartene di quel ladro d'auto, anche se a me (ed abbiamo visto non solo) par chiaro che la responsabilità "morale" di quella persona ricada pure sulla società ovvero sull'ambiente in cui vive, in cui siamo anche noi. E forse, Anakreon, abbiamo trovato chi quel contatto con il mondo l'ha forse un po' smarrito.
Questi sono tutti indizi a favore della ragionevolezza delle proposte anarchiche. Libertà porta libertà. Condizioni ed ambienti differenti di vita, creano persone differenti, questo è fuor di dubbio. Progressivamente potrebbero educarsi bambini in condizioni diverse dalle attuali, avendo come priorità quella della libera espressione e del libero sviluppo delle proprie diversità, lontani da ogni forma di subdolo indottrinamento, con particolare attenzione al ruolo dell'insegnante, responsabile e veramente cosciente del suo ruolo fondamentale (ne ho parlato in questa mia vecchia discussione: Sulla scuola e sull'insegnamento: considerazione utopiche) E poi, mi direte, che accadrà? Come si comporteranno questi bambini da adulti? Ho provato ad abbozzarlo nei post precedenti e non sto inutilmente a ripetermi. Citazione:
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E spero sia chiaro come la visione che sto blaterando sia radicale e non un semplice mutamento di nomi. |
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13-05-2008, 01.11.59 | #69 | ||||
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Mi chiedi: se un signore volesse far trottare la fabbrica con metodi tayloriani? Rispondo: Un singolo uomo contro tutti gli operai della fabbrica? E credi che se il mondo fosse meno surreale ed allucinato di quello odierno ciò potrebbe essere possibile? Un solo uomo contro tutti quelli che vorrebbe "far trottare"? Glielo consentirebbero? Oddio, non esiste un capitalismo compatibile con quanto vado dicendo... Frollo, anche questo mi pare palese, in quanto la logica del capitalismo è quella del profitto, tramite la sopraffazione violenta di tutti i concorrenti. Il capitalismo tende essenzialmente al monopolio, è un sistema "totalitario" nel vero senso della parola, questo lo diceva Adam Smith e dunque non propriamente un anarchico, ma il padre di questo bel sistema economico attuale. Perciò mi par chiaro che l'anarchismo non si possa in alcun modo conciliare con l'attuale modo di gestire l'economia di mercato... ma ricordo, comunque, come accanto alle imprese capitalistiche vi siano quelle cooperative (non-anarchiche anch'esse), ma che portano avanti (o dovrebbero, ahimé!) dei diversi ideali e fini "etici" rispetto a quelli capitalistici ovvero il bene comune, piuttosto che quello "totale" proprio del profitto. Citazione:
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Cordialità... |
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13-05-2008, 19.44.27 | #70 |
Ospite abituale
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Sogni e piedi.
Caro Nesso,
concedi: "Sei libero di rimanere in osteria. Naturalmente ci sarà sempre qualcun altro che si incaricherà di farti notare che l'oste attuale sta mescendoti del vino avariato e farà in modo che lo sia sempre meno. ". Si dà il caso che alcuno possa non bere il vino inacidito, se non gli piaccia; di contro, se pur a molti possa dispiacere l'ordine presente delle società civili o, se preferisci, incivili, rifiutarlo porterebbe seco di necessità un vivere eremiti in luoghi remoti e deserti: cosa non facilissima e forse nemmeno desiderabile dai mortali, santi esclusi. Mi sta pur bene che un altro vignaioulo m'offra un vino squisito o, al meno, non inacidito, pur che me l'offra veramente; ma la Tua offerta è troppo simile ad un sogno: vuoi sognare ?; nulla contro Ma, se vuoi offrirmi un altro vino, mescimelo nella coppa, non elucubrarlo nei sogni, perché veramente, se osserviamo le cose come stanno, non possiamo non notare che una gran parte degli uomini, anche nelle società più civili, non pare propriamente incline a ripudiare il principio d'autorità e di potestà, ancorché spesso si lamenti essere in una troppo corretta e poco governata. Ometto di ricordarTi i dissidii cruenti tra popoli, tra genti, tra fazioni, tra sette, perché non vorrei che Tu m'accusassi considerare solo i conflitti e dimenticare le paci. In somma, che Tu possa sognare una società civile senza ordine alcuno, che non sia spontaneamente e deliberatamente e lietamente accolto dai cittadini stessi, capisco bene; che Tu possa sperare che in un tempo futuro, più o meno remoto, gli uomini tutti comprendano quanto tale ordine da Te sognato sarebbe proficuo per tutti e per ciascuno, mi sta pur bene; non di meno, penso che converrai che gl'indizii, che il genere umano, se non universalmente, al meno in gran parte, sia incline a sognare insieme con Te una tale società civile, non siano numerosi, se pur alcun indizio sia. Secondo Te, che dimostrano i casi Mesopotamici ? forse dimostrano che, liberati da un duce feroce, da un'autorità crudele, da una potestà opprimente, le genti corrano confusamente, ma costantemente alla pace, alla concordia ?; o non dimostrano forse che tal volta proprio il duce feroce, l'autorità crudele, la potestà opprimente impediscono il peggio ?. Vuoi oppormi che quelli sono casi singolari di popoli ancora incolti e rudi ?. Sia pure. E gl'innumeri conflitti che ancora insanguinano l'orbe terraqueo ?: tutti popoli rudi ed incolti ?. Concesso. Ed i popoli civili che apportano stragi ai popoli incolti e rudi, sperando così coltivarli ed erudirli ?: trascorriamo sopra anche questo ?. Trascorriamo. Ma in fine Ti domando: con quali uomini, con quali popoli, con quali genti, con quale materia in somma vorresti conformare il Tuo sogno ?. Tu stesso dichiari: "Probabilmente gli uomini d'oggi, presi in questo istante, no, non sarebbero capaci di reggersi senza passare da una fase caotica. Ne ho spiegato ampiamente i motivi: in poche parole non conosciamo l'autonomia né la responsabilità, sono concetti alieni, seppur, e questo è ciò che credo, ben presenti nell'animo di ognuno.". Aspettiamo uomini nuovi ?: aspettiamoli !. Poi che Ti debbo dire ?: nessuno, cinquant'anni prima, se non allucinando, avrebbe potuto pensare che mettessimo piede sulla Luna; eppur lo mettemmo. Piuttosto, sarebbe equo domandarsi che ne pensi la Luna del nostro piede: ma questa è un'altra questione. Anakreon. |