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11-05-2008, 09.12.48 | #51 |
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Volevo portare qualche contributo al femminile e riconsiderando alcune risoluzioni cui giungono la maggior parte dei pensatori e critici dell'anarchismo ho reputato fosse sulla medesima linea e più utile portare delle integrazioni, al femminile sì, ma riguardanti tutt'altro campo di pensiero, eppure sostanzialmente coincidenti nelle premesse e nelle conclusioni, o per meglio dire, percorrenti due linee parallele ed alquanto corrispondenti nell'apparato radicale.
------------------------------------------------------------------------ Scrive Malatesta: << La miseria abbruttisce l'uomo e per distruggere la miseria bisogna che gli uomini abbiano coscienza e volontà. La schiavitù educa gli uomini ad essere schiavi e per liberarsi dalla schiavitù v'è bisogno di uomini aspiranti alla libertà. L'ignoranza fa sì che gli uomini non conoscano le cause dei loro mali e non sappiano rimediarvi, e per distruggere l'ignoranza bisogna che gli uomini abbiano il tempo ed il modo d'istruirsi. Il governo abitua la gente a subire la legge ed a credere che la legge sia necessaria alla società Noi dobbiamo cercare che il popolo, nella sua totalità o nelle sue frazioni, pretenda, imponga, prenda da sé tutti i miglioramenti, tutte le libertà che desidera, man mano che giunge a desiderarle ed ha la forza di imporle; e propagandando sempre tutto intero il nostro programma e lottando sempre per la sua attuazione integrale, dobbiamo spingere il popolo a pretendere ed imporre sempre di più fino a che non ha raggiunto l'emancipazione completa. L'oppressione che, oggi, più direttamente preme sui lavoratori, e che è la causa principale dì tutte le soggezioni morali e materiali cui i lavoratori sottostanno, è l'oppressione economica, vale a dire lo sfruttamento che i padroni e i commercianti esercitano su di loro, grazie all'accaparramento di tutti i grandi mezzi di produzione e di scambi. Per sopprimere radicalmente e senza pericolo di ritorno questa oppressione, occorre che il popolo tutto sia convinto del diritto che esso ha all'uso dei mezzi di produzione, e che attui questo suo diritto primordiale espropriando i detentori dei suolo e di tutte le ricchezze sociali e mettendo quello e queste a disposizione di tutti. Ma si può ora stesso metter mano a questa espropriazione? Si può oggi passare direttamente, senza gradi intermedi, dall'inferno in cui si trova ora il proletariato, al paradiso della proprietà comune? Gli operai producono tutto e senza di loro non si può, vivere: quindi sembrerebbe che rifiutando il lavoro essi potessero imporre tutto ciò che vogliono. Ma l'unione di tutti i lavoratori anche di un sol mestiere, anche di un sol paese, è difficile ad ottenere, ed all'unione degli operai si oppone l'unione dei padroni. Gli operai vivono alla giornata e, se non lavorano, presto mancano di pane; mentre i padroni dispongono, mediante il denaro, di tutti i prodotti già accumulati, e quindi possono tranquillamente aspettare che la fame abbia ridotti a discrezione i loro salariati. [..]in tutti i casi resta sempre il fatto primordiale che la produzione, in sistema capitalistico, è organizzata da ciascun capitalista per il suo profitto individuale e non già per soddisfare come sarebbe naturale, nel miglior modo possibile, i bisogni dei lavoratori. Quindi il disordine, lo sciupio di forze umane, la scarsezza voluta dei prodotti, i lavori inutili e dannosi, la disoccupazione, le terre incolte, il poco uso delle macchine ecc. - tutti mali che non si possono evitare se non levando ai capitalisti il possesso dei mezzi di lavoro e quindi la direzione della produzione. Presto dunque si presenta per gli operai, che intendono emanciparsi o anche solo di migliorare seriamente le loro condizioni, la necessità di attaccare il governo, il quale, legittimando il diritto di proprietà e sostenendola colla forza brutale, costituisce una barriera innanzi al progresso, che bisogna abbattere colla forza se non si vuole restare indefinitamente nello stato attuale e peggio. Dalla lotta economica bisogna passare alla lotta politica, cioè alla lotta contro il governo; ed invece di opporre ai milioni dei capitalisti gli scarsi centesimi a stento accumulati dagli operai, bisogna opporre ai fucili ed ai cannoni che difendono la proprietà, quei mezzi migliori che il popolo potrà trovare per vincere la forza con la forza. Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza. E per raggiungere questo scopo supremo noi crediamo necessario che i mezzi di produzione siano a disposizione di tutti, e che nessun uomo, o gruppo di uomini possa obbligare gli altri a sottostare alla sua volontà né esercitare la sua influenza altrimenti che con la forza della ragione e dell'esempio. Dunque, espropriazione dei detentori dei suolo e del capitale a vantaggio di tutti, abolizione del governo. Ed aspettando che questo si possa fare: propaganda dell'ideale; organizzazione delle forze popolari; lotta continua, pacifica o violenta secondo le circostanze, contro il governo e contro i proprietari per conquistare quanto più si può di libertà e di benessere per tutti. >> (1919) (1) ------------------------------------------------------------------------- A "replica" delle argomentazioni più che corrette del Malatesta faccio seguire quest'escursus di Laura Boggio Gilot (scritto invece nel 1987) : -------------------------------------------------------------------------- << [..]All'evidenza di grandi risorse scientifiche fa riscontro un allarmante grado di malessere e di ignoranza sociale. Secondo i resoconti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, esistono nel mondo 600 milioni di persone malutrite e di queste circa 15-20milioni muoiono ogni anno di fame, inoltre i dati di crescita demografica fanno prevedere che nel 2000 la popolazione della Terra raggiungerà circa 6 miliardi di unità e che l'80% di queste saranno abitanti di paesi sottosviluppati. Se a tutto ciò si aggiunge il problema dell'inquinamento ecologico e la più grave minaccia nucleare, si arriva facilmente a dedurre che oggi il nostro mondo è all'alba di un collasso e che, in un era che ha visto il trionfo della tecnologia e la conquista di vari corpi celesti del sistema solare, esiste un tasso di distruttività capace di annientare l'intero globo terrestre. Se poi da un'analisi della situazione generale del pianeta Terra passiamo ad una verifica più limitata delle condizioni delle nostre società urbane, vediamo che tutto, natura ed ambiente, è devastato da un tasso di crescente disarmonia che si evidenzia nella violenza interpersonale, nella malattia mentale ed in quel particolare tipo di devianza che comprende lo scetticismo, l'assenza di valori ed il culto dei beni di consumo che mina alla radice la crescita della società. Ciò che rende davvero sconcertante, oltre che drammatica la situazione del nostro pianeta è che per la prima volta in milioni di anni di evoluzione le minacce alla sopravvivenza sono provocate dall'uomo, ovvero hanno matrice sostanzialmente psicologica. I mali del mondo riflettono la disarmonia della psiche umana e si pongono come sintomi di un disagio profondo che alberga nella mente individuale. >> -------------------------------------------------------------------------- segue.. (1) da "il programma anarchico" Malatesta Errico visionabile su http://www.federazioneanarchica.org/ |
11-05-2008, 14.14.29 | #55 |
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L’alternativa è: progressivamente sperimentare altro, seppur sembra molto complesso, ma la posta in gioco mi pare piuttosto alta, non trovate?
Poiché si stanno compiendo sotto gli occhi di tutti le generali manovre per attuare quelle capacità distruttive. Ogni tanto, qualche (fortunato ed inatteso!) casus belli ed ecco che gli Stati nazionali decidono, contro ciò che pensano i propri cittadini (dunque tentando di circuirli come avvenuto per esempio per l’Iraq), di rianimare un’economia che si regge ormai su uno stato permanente, non di guerra al terrore, ma di guerra e terrore. Il consenso, nonostante un’opinione pubblica muta, intesa come coscienza collettiva, pare sia ancora necessario per mediare le istanze della società civile con quella dei gruppi di potere oligarchici che, di fatto fuori dall’agone politico, prendono le decisioni. Gli anarchici propongono il loro “altro”, tentando di realizzare i loro principi: libertà ed uguaglianza (che genericamente non sono i medesimi degli altri, poiché nell’anarchismo sono inscindibilmente uniti e non scissi dai mezzi, perciò, Frollo, non continuiamo a confondere le acque); alcune delle proposte certo sono (ed erano) estreme e sono, in sostanza, quelle comuniste (da qui anche il nome anarco-comunismo). Come si potrebbero eliminare le disuguaglianze nei mezzi e nelle possibilità? Esistono, poiché in sostanza affermano gli anarchici, continuano a persistere classi di persone che non hanno affatto inizialmente uguali mezzi per realizzarsi, non hanno uguali opportunità (questa sarebbe “uguaglianza”) e poi, nella loro vita, saranno come burattini destinati a lavori manuali o intellettuali, senza reale possibilità di scelta e dunque libertà. Quest’arma la si agita demagogicamente perché va tanto di moda, fa fashion (le pari opportunità e blablabla), ma in realtà rimane nell’aere fritto quando in sostanza dalla nascita ogni singolo è limitato in quanto a possibilità ed opportunità dalla classe in cui è destinato a crescere, dal reddito o dalle ricchezze della propria famiglia o ancora oggi dal sesso e dall’etnia, per esempio, barriere che vengono poste all’ingresso di ogni individuo nella società. E poi la presenza di “mercati asimmetrici”, per esempio, dove il potere è sostanzialmente detenuto solo da una certa categoria ed è un potere di conoscenza, informativo, come quello delle banche nei confronti degli investitori: questa è totale mancanza di uguaglianza ovvero di libertà, poiché le due cose non sono scisse e senza l’una l’altra è zoppicante. Un consenso non cosciente, non critico a cui vengono negate informazione e conoscenza, è un falso consenso, è un cavillo capestro, è una falsa libertà. E’ immorale. Le proposte della frangia “comunista” dell’anarchismo sono, dunque, quelle proprie del comunismo (e le potete leggere nel post di Gyta nelle parole di Malatesta), anche se non tutti gli anarchici concordano con esse (per esempio Stirner che elogia invece la proprietà privata). Queste differenze tra le proposte anarchiche, naturali ed organiche all’anarchismo, proprio per le sue caratteristiche, si inscrivono tutte essenzialmente nel quadro di base che ho delineato (con l’aiuto dei riferimenti bibliografici e dunque non mi sono inventato nulla, Anakreon) e discendono essenzialmente da un diverso modo di concepire gli ideali di libertà ed uguaglianza, rispetto ad altre ideologie, che è totale, è massimo, è etico, come detto. |
11-05-2008, 14.15.17 | #56 |
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Un certo accordo, un certo modo di organizzare una società libertaria si rigenera continuamente nell’individuo poiché esso è responsabile e si rende conto che solo questa consapevolezza porterà a sempre maggiore libertà ed uguaglianza.
Secondo quali convenzioni sociali si muoverà una singola società libertaria? Come scaturiranno? Con Stirner, rispondo «non lo so», ma sicuramente saranno liberamente create dai singoli che si rendono conto in autonomia che possono vivere insieme in modo armonico e non imposto dall’alto, tendendo alla realizzazione delle potenzialità di ognuno ed eliminando la coercizione, la sopraffazione, il dominio di qualsiasi gruppo o uomo su ogni altro. Non si prescrive come un condomino debba regolarsi con l’altro, sarebbe davvero un balzano modo di concepire l’anarchia! Responsabilità e mutua solidarietà, aiuto e sostegno reciproco, con questi che non saranno principi a cui aderire (con regole, regolamenti e leggi), ma scaturiranno dai singoli, potranno dirimersi gli attriti, le questioni che via via si presenteranno. Anarchia non è libertà «assoluta» ovvero, per esempio, non è libertà di ammazzare! Ma, sicuramente, non è nemmeno libertà o autorità di mettere in prigione l’assassino e buttare la chiave. Proprio dai principi suddetti potrà scaturire un diverso modo di rapportarsi all’altro e dunque anche verso colui che presenta comportamenti anti-umani, sarà diversa la percezione individuale e collettiva, saranno diversi gli uomini: chi è l’assassino? Perché non abbiamo avuto cura di lui? Come fare ora per fargli comprendere il significato del suo gesto? Queste le domande che vi avevo posto, ma che naturalmente si sono evitate, tranne Frollo, che butterebbe la chiave, non preoccupandosi troppo che quell’assassino è stato prodotto dalla società in cui vive simpaticamente. La persona, non come monade, ma come individuo prezioso ed unico in rapporto ad altri, è dunque al centro contro ogni tipo di istituzione costituita che tende a radicarsi ed a replicarsi nel tempo. La persona è la società, la società è la persona, poiché non vi può essere libertà ed uguaglianza del singolo se anche solo uno non può ambire ad esserlo, libero ed uguale (ai «lettori»: ci sono vari approfondimenti nei post precedenti e dunque pure coloro che vorrebbe rispondervi sono invitati a leggerli). Chiudo con qualche illuminante frase di Stirner (da “L’Unico e la sua proprietà”): «Il fatto che il comunista veda in te l’uomo, il fratello, è solo l’aspetto domenicale del comunismo. Secondo l’aspetto feriale del comunismo, invece, egli non ti considera affatto soltanto come uomo, ma come lavoratore umano o come uomo lavoratore.» «Continuerà sempre a succedere che uno cerca un altro perché ne ha bisogno oppure che uno si adatta a un altro perché ne ha bisogno! Ma la differenza è questa: allora il singolo si unirà veramente al singolo, mentre prima essi erano legati da un vincolo.» «Si chiederà:"Ma che succederà quando i nullatenenti diventeranno forti? A che tipo di eguaglianza si arriverà?" Allo stesso modo si potrebbe pretendere di predire l’ora esatta in cui un bambino nascerà! Che farà uno schiavo quando avrà spezzato le sue catene? Non si può far altro che - stare a vedere.» Bellissimo, spirituale ed eloquente sul fatto che Stirner non si definiva anarchico, questo passo: «Ma se "la libertà" è veramente il fine a cui tendete, allora sviscerate fino in fondo i compiti che essa pone. Chi deve liberarsi? Tu, io, noi. E da che cosa? Da tutto ciò che non sei tu, che non sono io, che non siamo noi. Io sono dunque il nocciolo che deve essere liberato da ogni involucro, da ogni guscio limitante. Che cosa rimarrò se io sarò liberato da tutto ciò che io non sono? Soltanto io e nient’altro che io. Ma a questo io la libertà non ha niente da offrire. Che cosa dovrà succedere quando io sarò libero? La libertà non ne parla, così come i nostri governi si limitano a rilasciare i prigionieri, dopo che hanno scontato la pena, e li spingono in una libertà che è solo abbandono. Ma se la libertà viene agognata per amore dell’io, perché non scegliere allora l’io stesso come punto di partenza, punto di mezzo e punto d’arrivo? Forse che io non valgo più della libertà? Non sono io a liberarmi, non sono il primum? [...] La libertà v’insegna soltanto a sbarazzarvi, a disfarvi di tutto ciò che vi pesa, ma non v’insegna chi siete. "Via, via!" è il suo grido di battaglia e voi, seguendolo volonterosi, gettate via perfino voi stessi, "rinnegate voi stessi". Ma l’individualità vi richiama invece a voi stessi e parla così: "Torna in te!".» «L’individuo proprio è il libero nato, il libero per natura; il libero, invece, è soltanto un maniaco della libertà, un sognatore esaltato.» Libero persino dal concetto stesso di libertà. Se del resto ne sono simpatizzante, di questo ne sono amante . Anche se Frollo mi dirà: a che’ me serve tutto ciò, magno e bevo a sazzietà de che me dovrei preoccupa’? Un saluto... Antonio |
11-05-2008, 16.11.34 | #57 |
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Muri che caddero un po' troppo tardi...
P.S.
Vista anche la parallela discussione sul comunismo, ci tengo a fare una fondamentale precisazione, già peraltro accennata: non confondiamo quello che è stato il socialismo reale con l’anarchismo; i socialisti anarchici, capirono ben presto a cosa avrebbe portato in concreto il marxismo e furono in effetti espulsi dal partito alla fine dell’ottocento. Furono gli unici pensatori profeti sulla storia del secolo passato e sin da subito sperarono nella fine della dittatura bolscevica nei lontani anni ’20 del novecento, quando effettivamente molti nostri politici “comunisti” sono rimasti attaccati alla mammella ideologica e materiale del comunismo russo sino a non molti anni fa, tra cui il compagno Walter, dirigente del piccì. Chi è utopico e chi è realista, in questo senso? Domande poste negli scritti precedenti. Se vi va. |
11-05-2008, 17.44.54 | #58 |
Ospite abituale
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Pessima la metrica della tua terzina, ma vabbè...
Rispondo ora solo sulle punizioni e le responsabilità della società, visto che tu ancora non mi dici chi, in una società senza governo dovrebbe prendere delle decisioni tipo vendere l'Alitalia oppure togliere l'ICI o dichiarare guerra alla Svizzera. Magari più tardi mi ci dedico ancora un po', anche se mi devi promettere che studierai un po' di più gli endecasillabi e Trilussa Le responsabilità sono sempre individuali. Considero inaccettabile un ragionamento che possa soltanto lontanamente ipotizzare che "la società" abbia una seppur minima responsabilità sulle scelte e le azioni omicide di un pazzo criminale. Tutti viviamo nella stessa società, tutti abbiamo problemi alcuni anche gravi, NON TUTTI diventiamo assassini o serial killer. Questo, anche se tu proverai a dire che le sensibilità diverse di ciascuno elaborano in maniera diversa gli imput che ricevono, è la prova provata che comunque ciascuno, nonostante tutte le difficoltà cui è sottoposto, è sempre in grado di decidere. Se decide di diventare un criminale la responsabilità è solamente sua, e ti prego di non tirarmi in ballo in quanto componente della società, perchè io con quel criminale non voglio proprio averci nulla a che fare! !000 persone e con problemi anche 1000 volte peggiori, al suo posto non avrebbero fatto quello che ha fatto lui, quindi per me non ci sono attenuanti e non devo domandarmi proprio un fico secco. Ci sono dei limiti che non si devono mai oltrepassare, per nessun motivo. Chi lo fa, per cortesia paghi la pena. Se la pena prevede che se ne stia 10 anni in prigione, che ci resti. Se la pena prevede l'ergastolo... che si butti via la chiave! Sul carattere rieducativo o punitivo della pena, se ne può parlare (per quanto che vuoi rieducare in un ergastolano che non uscirà più di prigione?) e pure sull'umanità da osservare nelle carceri. Ma non sulla inflessibilità della pena e sul fatto che l'unico responsabile del crimine è chi delinque. La società non c'entra un fico secco. Mo' però s'è fatto tardi, m'è venuto un languorino ciò du' spaghi cardi cardi vado a famme 'no spuntino! (Perchè qua se parla a ortranza, poi te scordi de la panza!) |
11-05-2008, 18.41.28 | #59 |
Ospite abituale
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Governanti e governati.
Caro Nesso,
ammonisci: “Mettevi d’accordo. C’è un Anakreon che vive in un mondo devastato da violenze, stupri, morti ammazzati, in una situazione di terrore creata dai media” Attento !: la nostra discordia non depone a favore della Tua opinione che gli uomini possano conseguire un consenso universale, pur mancando un’autorità che deliberi, quand’ essi dissentano, ed una potestà che li costringa, quando persistano nel dissenso. Comunque sia, come ho già sopra annotato, penso saper distinguere l’esagerazione di coloro, i quali diffondono per professione notizie, dalla verità delle cose. Per altro, che gli uomini non siano propriamente agnellini inclini a stringersi miti in greggi pacifici, è cosa che chiunque, il quale conosca un poco delle gesta passate e presenti della nostra specie, non può negare. Detto ciò, è pur vero gran parte degli uomini vivono in società civili, senza troppe difficoltà; ma è anche vero che, in queste società civili, sono autorità e potestà che reggono e correggono i cittadini: posso pur concederTi che potremmo congetturare che fosse cosa superflua; ma m’è difficile concederTi che l’esperienza, quella al meno passata, perché quella futura è nel grembo dei numi, attesti indubitatamente che sia stata e che sia cosa superflua. Affermi: "Nessun anarchico, vero e non autoritario mascherato, vi potrà mai costringere a vivere in una “società anarchica”, Mai. Sarebbe impostura ancor più criminale ed assurda, poiché falso socialismo libertario e su questo mettono soprattutto in guardia l’altra frangia degli anarchici, i cosiddetti individualisti che criticano i compagni anarchici proprio sul concetto di “società”, ma non di amministrazione." Volendo essere maligno, potrei anch’io ammonirVi: prima metteteVi d’accordo tra Voi anarchici, poi dateci notizia di quello che volete, sperate, temete e noi esamineremo attentamente i Vostri argomenti, pronti anche a concedere a Voi, ma anche a noi stessi, tanto più di libertà e tanto meno di governo, quanto convenga a questo nostro incontentabile genere umano. Ma non sono maligno, quindi trascorro oltre. Osservi: “Chi volesse “estirpare” anche l’amministrazione, intesa come organizzazione, sarebbe semplicemente un uomo che vorrebbe vivere completamente isolato e senza rapporti di alcun tipo con altri uomini. Ma questo non è anarchismo e nemmeno homo homini lupus, quanto la negazione assoluta di ogni socialità “. Sia pure. Ma codesta Tua amministrazione, come l’appelli, a me pare una dissimulazione di quello che è in sostanza un ordine civile, fondato su leggi, regole, autorità che le pongano e custodi che le facciano rispettare. Se può darsi il tempo, quando ogni uomo non avrà necessità alcuna, per la propria ed altrui utilità, che alcun altro uomo imponga che debba fare e lo costringa, se non faccia; allora a che servirebbe mai l’amministrazione ?: forse a disporre ordinatamente quello che tutti già sanno o possono sapere senz’autorità né potestà altrui ?; ma se già il sanno o possono saperlo !; o forse concedi che alcuni potrebbero continuare ad ignorarlo ovvero, pur sapendolo, non volessero farlo ?: ma allora l’amministrazione non dovrebbe forse imporre loro, con autorità o con potestà, ciò che loro dispiacerebbe ?; e così non ricadremmo forse nel governo che volevi sopprimere ?. Comunque sia, se alcuno, allettato dalla soppressione del governo, volesse estirpare anche l’amministrazione, come l’appelleresti ?: anarchico ?; delinquente ?; eversore ?. Ciò domando non perché, intendi bene, voglia giocare coi nomi, ma perché mi sorge gravissimo il timore che codeste Tue distinzioni, tra amministrazioni e governi, tra uomini che vogliono vivere civilmente ed uomini che rifiutano ostinatamente ogni vita civile, non siano feraci di liti e risse future, tra gli anarchici moderati e quelli estremi, ripetendo in somma, proprio quei mali che volevi estirpare. Lamenti : “E non mi mettete in bocca parole che non è detto (la balzana idea che «l’anarchismo sarebbe il semplice slittamento da un diritto ad un altro»); “ Non ci permetteremmo mai: siamo qui per capire. Per certo la cosa è un po’ singolare: togli il governo, ma lasci l’amministrazione; togli la potestà, ma lasci i contratti; togli l’autorità, ma lasci la società civile. Abbi pazienza, ma a me la cosa pare assai intricata, per non dire oscura, se non per altro perché mi sorge un domanda: se alcun uomo deviasse dall’ordine disposto per consenso universale, concedendo sia possibile un consenso universale presente e futuro, in virtù di che gli altri uomini potrebbero costringerlo, posto che nessun’autorità e tanto meno potestà fosse concessa ?; potrebb’egli forse deviare a suo arbitrio, impunemente, con danno di tutti ?; oppure escludi assolutamente che un tale evento possa accadere ?; ma se l’escludi, suppongo che Tu l’escluda perché opini che la natura umana abbia in sé la facoltà di regolarsi e di temperarsi spontaneamente in una società civile perfettamente amministrata. Ma allora Ti domando: perché non potrebb’essere soppressa anche l’amministrazione, se tutti sapessero amministrare sé stessi perfettamente ?. Veramente mi è più facile capire Diogene di Sinope, quando sprezzante, ad Alessandro re dei Macedoni, il quale gli aveva domandato che desiderasse, rispose che si togliesse dalla luce del Sole, affinché non gli facesse ombra, Voglio dire: una libertà veramente piena, posto che pur si dia ad un mortale, non dovrebbe spregiare ogni utilità che ci viene dagli altri ?; se in ogni caso quello, che non ho dal governo, debbo avere dall’amministrazione; quello, che non ho dal contratto civile, debbo avere dal contratto libero, come Ti piace appellarlo senza tuttavia definirlo; quello, che non ho dalla società civile, debbo avere dalla società libertaria, la quale anche riceve nome da Te; proprio non so come Tu possa dire che non trasferisci l’autorità, ma la sopprimi; che non dissimuli la potestà, ma l’everti. S’aggiunga che l’essere oppresso per consenso universale, dubito mi farebbe più felice, che sarei s’io fossi oppresso per arbitrio d’uno solo o di pochi; anzi, in questo caso forse potrei avere speme di liberazione, ma in quell’altro, che speme mai potrei avere ?. M’opponi: "No, Anakreon, sei tu che mi devi portare validi ed innumeri indizi che la situazione in cui una ristretta elité di uomini regga tutto il genere umano possa farlo meglio di esso stesso. Dovrebbero paragonarsi due modi diversi di concepire e di condursi dell’uomo, quando uno dei modi mai ha avuto la possibilità di attuarsi su larga scala " E dici pure il vero, al meno per quel che possiamo sapere degli eventi passati: ma proprio perché nessuna esperienza mai fu fatta, le Tue sono solo elucubrazioni senza fondamento: non necessariamente false per sé stesse, ma che apertamente confliggono coll’esperienza quotidiana degli uomini e delle gesta umane. Per altro, se le Tue elucubrazioni confliggono cogli eventi presenti, nessuno può negare che in un lontano futuro esse non possano essere la verità della vita umana universale: chi, cinquant’anni or sono, avrebbe supposto che Germani e Francesi, per secoli bellicosamente opposti in contese cruente per conquistare le regioni del Reno, potessero convivere in un medesimo e comune instituto ?. Ma per ora i popoli, le genti, le fazioni, le sette paiono ancor troppo ferocemente l’un contro l’altro armati, così che pare piuttosto opportuno sperare una potestà ed un’autorità più costringenti, che più rilassate. Tu stesso hai citato il caso della Mesopotamia: ma quel caso non dimostra quanto poco i popoli, le genti, le fazioni, le sette siano inclini a convivere pacificamente, in virtù d’un’amministrazione comune ?. Everso il duce che li reggeva con mano crudele, ma sicura, s’è aperta la voragine d’una lotta ancor più crudele di tutti contro tutti: non è un bell’indizio, da cui argomentare non dico paci universali, tolta ogni autorità, ma al meno dissidii meno cruenti e dissensi meno rovinosi, tolta una potestà feroce. Concludi: “Questi, seppur solo abbozzati, mi paiono più che forti indizi a favore del fatto che pochi o pochissimi uomini non riescano e possano continuare a ben gestire e condurre svariati miliardi di persone, a cui stanno sottraendo il presente ed il futuro. “ Ma hai per certo che tutti quegli uomini, se potessero reggersi in una società libertaria, come l’appelli, farebbero molto meglio e non precipiterebbero sé stessi e tutti gli altri in una rovina universale ed irrimediabile ?. A Te pare che gli uomini siano condotti malamente da pochi governanti, i quali, quasi fossero numi discesi dal cielo, facciano e disfacciano a proprio arbitrio. A me pare che, per lo più, i popoli abbiano i governi che si meritano e che troppo spesso, se le cose volgano al peggio, accusino delle avversità i rettori supremi, scusando sé stessi perché necessitati e costretti, quando sono turpemente e stoltamente consenzienti: il che, se non depone a favore della prudenza dei governanti, men che meno depone a favore dell'intelligenza dei governati. Anakreon. |
11-05-2008, 18.54.07 | #60 | |
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Propriamente è l’opposto, come logicamente si può evincere da quanto ho scritto in precedenza. Non siamo monadi sconnesse dalle altre (oltre che hobbesiano, sei anche leibniziano), non esistono eventi separati: la famiglia, l’ambiente e la società sono spesso i più importanti responsabili delle “scelte e delle azioni omicide di un pazzo criminale”. Rifiuto in toto quello che hai scritto, anche a proposito della pena e della mancanza di senso di umanità che si evince dalle tue parole. Beh, almeno su questo punto abbiamo chiarito i rispettivi pensieri. Chiarisco pure che è di Trilussa che non me ne frega un fico secco . Antonio p.s. l'anarchismo è totalmente anti-militarista e contro ogni tipo di guerra (come anche la Costituzione Repubblicana, art. 11), pensavo fosse chiaro. Per le altre domande, ripeto, o non hai letto o fai finta di non leggere ciò che ho scritto, ma te lo ridico: dipende da cosa sarà l'"Alitalia" o l'"ICI" in siffatte società federate e da come muteranno e vorranno organizzarsi gli uomini e perciò anche i mezzi di comunicazione e spostamento, che potranno essere gestiti in modo non burocratico e senza autorità centrali, collegandosi e rapportando tante federazioni tra loro per il comune interesse, pensa alle cooperative, per fare un esempio di non-anarchia; sicuramente le decisioni, ogni decisione andrà presa in modo il più possibile aperto, collettivo e diretto, magari proprio stile cooperativa (anche se quelle attuali si inscrivono nell'economia di mercato, perciò la mia è solo un'analogia non libertaria, seppur ispirata a principi di partecipazione, giustizia ed apertura), ma ancora una volta ti dico che è impossibile dire ora "chi" dovrà prendere decisioni sull'"Alitalia". Ti invito a rileggere quanto ho scritto, poiché probabilmente non lo hai fatto. Poi, personalmente, non sono un teorizzatore dell'anarchismo né esperto economista, ma non ha grande valore, secondo me, negarlo a priori continuando a portare queste domande. Se si considerano giusti i principi dell'Anarchia, credo sia altrettanto etico e giusto, e non affatto utopico o ingenuo, lo sforzo teorico di proporre risposte a queste domande. Anche tu non hai risposto a molte domande rimaste in sospeso, anche se non ho continuato a ripetertele. |
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