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08-05-2008, 11.59.19 | #32 | |||
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Comunque, molto «ragionevoli» le tue parole, Frollo, ho compreso il tuo punto di vista, ma tu non hai compreso il mio, poiché le risposte alle tue domande stanno negli scritti precedenti. E, per favore, lascia stare le passate elezioni. Sarà pur vero che tra il popolo della sinistra c’è un tale malessere e delusione che mi sembra il gruppo umano più abbacchiato di questo universo, tanto da farmi quasi più compassione dell’elettorato di Bossi e Berlusconi, ma non credo che per disperazione si possa rivolgere all’anarchia e non lo crederesti neanche tu, se ti fossi sforzato di compiere anche solo un attimo quel piccolo passo di pensiero necessario per comprendere questo concetto. Anzi, per certi aspetti, il popolo della sinistra è più lontano dai principi anarchici che quello di destra (italiana), almeno nelle idee dei leaders, “ordine senza leggi” è un’aspirazione di (alcuni) di loro, quando delle leggi e dell’intervento dello Stato sono quelli della sinistra che ne fanno i primi baluardi. Anche se qui il discorso sarebbe complesso, poiché, certo, il fine del destrorso “ordine senza leggi” non è certo l’anarchia, ma l’innalzamento di quel livello di antagonismo e di egoismo che l’anarchismo vorrebbe combattere. Citazione:
Gyta, nel suo scritto, analitico, spirituale ed anarchico allo stesso tempo , dice tante verità. Che io posso riassumere con le mie parole, invitandovi a rileggere le sue: è molto confortevole avere alle proprie spalle dei genitori che ci dicano cosa fare, che distinguano tra il bene ed il male, che si occupino di noi poiché ancora non siamo in grado di gestire pienamente le nostre responsabilità. Il taglio del cordone ombelicale, il gesto simbolico che ci permette di essere uomini indipendenti, genitori di noi stessi, ancora non l’abbiamo compiuto e molti non lo fanno mai nel corso della propria vita. Che si sia atei o credenti, un'altra religione è presente nel percorso di un cittadino: la cosiddetta religione di Stato, ovvero una cornice di pensiero accettabile entro cui è possibile esercitare la limitata libertà che ci è concessa. Tu Frollo esprimi molto bene e ragionevolmente questo concetto, tanto mi sembri, senza offesa (anzi), un’insegnante di “studi sociali”, se ancora vengono insegnati nelle scuole primarie e secondarie. Molti convinti credenti, almeno cattolici, trovano nell’autorità della Chiesa e del Papa il conforto della propria mancanza di autonomia, sono come piccoli fanciulli di qualche anno, nonostante l’età biologica differente e trovano sia la cosa più naturale e bella del mondo vivere tramite e per virtù di un codice di condotta che emana dall’alto, è proprio confortevole e tranquillizzante, non c’è che dire. Beh, credo che il medesimo meccanismo regga la fede nella religione di Stato. Il medesimo conforto. Lo stesso meccanismo di non crescita e mancanza di emancipazione e responsabilità, come se, dice Gyta, avessimo ancora bisogno di una delega, di un rappresentante per sopperire alla nostra incapacità, alle nostre carenze, alla nostra mancanza di “individuazione”, come consapevolezza della nostra individualità, delle nostre caratteristiche, della nostra potenza. Tu Frollo, ne dai un’altra lettura: l’uomo è lupo agli altri uomini, nasce selvaggio (e pare rimanga tale) e dunque abbisogna di una messe di regole, sbirri e giudici che li facciano rispettare. Anzi, più la pressione dello sbirro è forte e più l'uomo si disciplina. Francamente non è un gran immagine dell’uomo e faticherei a vivere se non pensassi, magari ingenuamente, che l’uomo può essere altro dalla fase di fanciullezza in cui si trova. L’emancipazione nel senso suddetto, che non vuol dire “eliminazione” (attenzione!), dalle religioni millenarie costituite è ancora lontano anche se la “laicità” ha iniziato da qualche secolo (dall’Illuminismo) a farsi strada in società. Beh, quando ci si emanciperà anche dalla laicità, e credo che avverrà, poiché la spinta ed il desiderio di libertà sono insiti in ogni uomo, allora l’utopia anarchica non verrà più considerata tale e l’uomo potrà dirsi di essere cresciuto, come un adolescente, magari, con tutti i suoi problemi. Rinnovo le mie domande, oltre quelle già fatte nel precedente scritto, per chi fosse interessato, poiché a quanto pare è meglio procedere socraticamente passo a passo, piuttosto che presentare frontalmente tutta la questione anarchica: perché una persona dovrebbe essere interessata a rubare la tua auto? E perché mancherebbe di soccorrere un’altra in evidente difficoltà? Ed inoltre: "Quando Errico Malatesta arrivò ad Ancona, la città era funestata dalla criminalità; ebbene anche il questore si dovette rendere conto che il forte ascendente di Malatesta contribuì molto a far scemare crimini di ogni genere, quando la sua propaganda anarchica iniziò a radicarsi in città, tant'è che gli sbirri (che venivano pagati secondo il numero di denunce fatte) iniziarono a lamentarsi per la mancanza di "lavoro". Come lo spiegate?" Saluti anarchici Antonio |
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08-05-2008, 12.07.44 | #33 |
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
Messaggi: 1,770
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P.s.
C'è dell'"anarchia" anche nella parallela discussione sui propositi del forum, dunque metto il link agli ultimi due messaggi, poiché penso possano arricchire la discussione: mio intervento ed il successivo di Gyta
Lo so, vi sembra tutta utopia ingenua ed inutile, ma provate a rifletterci un attimo su, non è pericoloso. Lo è...? Rinnovo i saluti anarchici... Antonio |
08-05-2008, 12.34.50 | #34 | |
farabutta
Data registrazione: 05-02-2008
Messaggi: 327
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Riferimento: P.s.
Citazione:
L'Anarchia per essere non utopica deve a mio avviso essere raggiunta attraverso una rivoluzione culturale, ogni tentazione diversa è destinata a fallire. A mio avviso l'Anarchia è l'unica posizione realmente coerente con dei principi Etici. Ma non può essere imposta. La comprensione di essa non può essere imposta, ed è a mio avviso troppo semplice cavalcarne i principi base e strumentalizzarli. L'Anarchia è un po' come una Fede, andrebbe compresa e messa in pratica nella propria intimità. Una freccia da seguire in solitudine, la moltidudine di frecce creerà la differenza. Le teorie sono come delle bolle colorate, non siamo sempre pronti ad identificarne tutte le sfumature, e non tutti contemporaneamente. E' necessario trovare lo stimolo più adatto da porre come ideale, la felicità é quello dell'Anarchia. Cosa ci renderebbe felici? Sicuramente alleviando le sofferenze. Come? Ogni singolo individuo attraverso le proprie caratteristiche, talenti e passioni potrebbe essere più felice? L'arte e le Scienze come ne verrebbero influenzate? Dove troverebbe sfogo l'antagonismo e l'agressività? |
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08-05-2008, 12.50.04 | #35 | ||||
Lance Kilkenny
Data registrazione: 28-11-2007
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Riferimento: L'opinione pubblica
Citazione:
In generale, i rischi della democrazia sono sicuramente anche quelli concretizzatisi nel caso italiano, ma il problema che si pone nell'approccio alla questione democrazia versus anarchia è a mio avviso quello del medoto da selezionare per scegliere, e qui torna in gioco la libertà di cui parli, anche se declinata meno assolutamente: essere liberi implica scegliere, la libertà si catalizza, prima o poi e in qualche modo, e perde sempre gradi di valore assoluto.La democrazia è una forma di tale catalizzazione, un compromesso tra la libertà del singolo e l'obbligo che il medesimo ha di scegliere nel momento in cui vive in una comunità: la scelta decisionale viene fatta secondo il principio di maggioranza, assoluta o relativa. Un sistema anarchico, è stato detto giustamente, non è assenza di regole, dunque pone il problema di come effettuare scelte, paradossalmente proprio rispetto alla libertà inviolabile del singolo: chi dirime tra due libertà incompatibili quanto lecite e in che modo? Il concetto di libertà complementari e comunicanti, in nuclei comunitari piccoli e pervasi di umanità e conoscenza profonde è senza dubbio migliore della più oliata democrazia, aggiungo e riprendo poi che ne sembra la naturale compiutezza, ma come estendere al concetto psicologicamente et eticamente eterogeneo di stato la stessa formula di convivenza sociale? Citazione:
la democrazia è teorizzabile come un sistema 'vivo', in perenne divenire, è democrazia tanto più vera se tale divenire è continuo, down-top e via di seguito.Significa che le istanze provenienti dal basso e quindi aventi carattere di soggettività, successivamente divenute amalgama e fermento sociale, vengono filtrate e sottoposte a vaglio decisionale in un fluire continuo e mai conchiuso.E' democrazia viva se il limiti e gli ambiti delle scelte decisionali, e quindi delle dimensioni conoscitive afferenti, vengono ridiscussi costantemente e costituzionalmente.Solo che questa tratteggiata sembra una definizione possibile dell'internet, certo ad ex LA definizione di wikipedia: un aggiornamento continuo sul nuovo senso emerso a carico dei fenomeni, che si tramuti poi, nella gestione reale del passaggio topico dell'istanza sociale allo status di legge, in software imprescindibile per il sistema democrazia, dove è auspicabile che l'anarchia in fase conoscitiva, elaborativa e scritturale delle istanze debba essere massima, pena il ricalcare copioni e spartiti fossili adagiati sul già detto, già fatto, già visto, già deciso a maggioranza e quindi 'sicuro', garante. Citazione:
Citazione:
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08-05-2008, 13.09.47 | #36 |
like nonsoche in rain...
Data registrazione: 22-09-2005
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P.s. 2
E per non gettare troppo discredito sulla categoria del poliziotto, ma non l’abbiamo proprio fatto (e potrebbe essere utile in una discussione sull’anarchia), porto l’esempio di Bologna: lo «sceriffo» Cofferati, di cui si conoscono i trascorsi politici, è molto meno progressista del questore capo della città, Francesco Cirillo, che si è fatto apprezzare per le elastiche dichiarazioni di apertura sui punkabbestia e su tutti coloro che, a detta dello sceriffo, deturpano la bella cornice di Bologna. Ha detto, più o meno: finché si vive nelle regole, ognuno può interpretare la propria vita come meglio crede e noi non abbiamo il diritto di discriminare le persone, ma solo di punire i comportamenti.
Per esempio, QUI Va detto, per equità, che a Bologna vige uno stato di semi-polizia ed i sottoposti del questore non si fanno troppi scrupoli, quando è il caso (ovvero quando agiscono gli "anarchici", a detta dei media), a dare bastonate qua e là. Saluti... Antonio |
08-05-2008, 15.47.34 | #37 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Immagino che le risposte che ti dai o che vorresti sentire sarebbero che: se qualcuno ti ruba la macchina o non ti soccorre è perchè non ha raggiunto quel livello di consapevolezza interiore tale da fargli capire che non rubare e soccorrere chi è in difficoltà è prima di tutto nel suo interesse, che bisogna farlo perchè è un comportamento virtuoso che migliora la qualità della vita di tutti. A questa risposta io posso opporre l'evidenza dei fatti: eppure i furti ci sono, eppure la gente si ammazza, eppure la gente si odia, è arrivista, prepotente, egoista, opportunista, eppure i tribunali non riescono a smaltire le cause in essere... Inoltre come diceva giustamente qualcuno, lo scontro tra due "libertà" opposte genera contrasti: posso essere libero di ballare il tip tap in casa e contemporaneamente può essere il mio inquilino del piano di sotto libero di farsi la pennichella a suon di tip tap? Mi pare difficile. Infatti succedono le tragedie condominiali quotidianamente, il caso di Erba ne è la cartina tornasole. E' nutile secondo me cercare di dimostrare le teorie, se poi la realtà va in un'altra direzione. Per certi versi riconosco di essere un po' anarchico anche io, per quanto riguarda le mie libertà e le mie interpretazioni di tante regole. Tuttavia realisticamente io so che passando dall'individuo alla collettività, cambia tutto. Persone assolutamente civili e ragionevoli prese individualmente, si trasformano in mostri se messi in un gruppo. Per questo le regole servono e le leggi pure. |
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08-05-2008, 17.22.54 | #38 | |||
farabutta
Data registrazione: 05-02-2008
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Riferimento: L'opinione pubblica
Citazione:
Stranamente Noi c'ispiriamo come modello all'America, forse perchè siamo una sorta di colonia. Ma è la Nostra storia a penalizzarci, un Unità recente a ben vedere, una popolozione che non è mai stato popolo. Si dice che la Ragione di Stato possa aver avuto bisogno della Mafia per difenderci dal comunismo. Puoi immaginare dal post sopra che mi trovo in una posizione moderata all'interno dell'Anarchia, e che quindi non ho altre obiezioni. Citazione:
Citazione:
Ho dimenticato prima, Lo Sport aggiunto ad arte e scienze. |
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08-05-2008, 18.40.52 | #39 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 09-03-2008
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Ciao a tutti, sono tanti i concetti che io sono rimasta ancora indietro, all'opinione pubblica...
Non son tanto veloce a elaborare i miei concetti e quelli di altri...vado pian pianino. Per Frollo e Anakreon prima di discutere, vorrei arrivare a dare una definizione generica e valida sul concetto di governo e amministrazione...! Neutra e condivisibile da tutti e successivamente, ma solo successivamente, argomentare le proprie idee. Solo per Frollo Perché altrimenti finisce che uno parla di una cosa e uno di un altra in un susseguirsi infinito di 'ho ragione io' 'no, ho ragione io' 'no, io' 'no, io' Per certi concetti non credo sia questione del voler imporre il proprio modo di vedere le cose su quello di un altro, ma nel voler proporre le proprie idee ad altre persone al fine di poter ampliare reciprocamente i propri punti di vista Non credo che ognuno di noi sia depositario del Saper Assoluto (nè io, nè te, né altri, ma solo di un sapere parziale, che, eventualmente unito a quello di un altro, fanno sempre un sapere parziale, ma un po' ampio. Per Nex Citazione:
Sull'opinione pubblica: la sua importanza della divulgazione, sui sottili inganni della conoscenza e del sapere, sull'uso che ne può fare l'uomo. L'opinione pubblica quale “l'aggregato delle attitudini individuali o delle convinzioni mantenute dalla popolazione” è fondamentale per la trasmissione ed il mantenimento di molti principi validi al gruppo sociale. Oltre alle informazioni contenute nella storia, essa è la nostra antenata più viva. Mi verrebbe quasi da anticipare la nascita dell'opinione pubblica a molto tempo prima del Secolo dei Lumi. Per certi aspetti troverei molto più calzante tale mera definizione proprio per la storia antecedente il '700, benché tale anticipazione cozzi con il suo significato cronologicamente aggiunto. La trasmigrazione delle idee, già prima del boom editoriale settecentesco, permetteva la conservazione e la trasmissione di conoscenze e valori, essa era tradizione orale e cultura popolare condivisa (più o meno) e accettata (più o meno) tra i più. L'opinione pubblica assume significato riconosciuto però, dal momento in cui si superano i confini, dal momento in cui il gruppo che attinge dalle stesse informazioni diventa sempre più grande. Da fenomeno illuministico, con intenti divulgativi e democratici, riaffermatosi ampiamente nel Novecento, con la cultura di massa, è diventato un requisito necessario attuale. L'enorme possibilità di sviluppo della conoscenza appare così ampissima. Il significato di 'ragione' e di conoscenza sono finalmente degne di essere riconosciute come fondamentali per la crescita dell'uomo. Esse assumono significato di superamento delle barriere geografiche, della cultura materiale e intellettuale indigena, delle ideologie e delle superstizioni nella sua accezione più ampia. Di fronte ad una ricchezza così importante per l'essere umano, si pone però la questione del suo utilizzo. L'uomo, l'artefice ,è in grado di saper utilizzare tale strumento a proprio vantaggio o finisce per rimanerne schiavo? Di fronte ad un concetto così vasto, così denso di valore e significato, ma così neutro, si pone quindi sempre l'annoso problema della capacità o incapacità dell'uomo di saper utilizzare gli strumenti che genera e che ha. Nel momento stesso in cui l'uomo diventa l'artefice dei propri strumenti, si presuppone, almeno logicamente che esso li sappia anche, o quantomeno, utilizzare. Di fatto l'opinione pubblica ha anche affrancato lo scrivere, il comunicare, il trasmettere stesso dal mecenatismo: lo scrittore smette di essere puro scribano governativo e diventa depositario di tutto il sapere. O questo, almeno, per l'opinione pubblica, benché tuttavia uno scrittore libero rimanga escluso dalla ristretta élite intellettuale riconosciuta, tutt'oggi appannaggio governativo e politico. Lo sviluppo dell'opinione pubblica e dei suoi valori quindi può essere (esclusivamente a queste premesse) riassumibile in tre diversi stadi. A un primo stadio troviamo la trasmissione e la conservazione dei saperi e dell'esperienza; ad un secondo stadio la possibilità di ampliamento delle conoscenze; al terzo stadio l'affrancamento dello scrittore. Ognuno dei tre stadi, però, contiene in sé anche tutti gli utilizzi più dannosi che l'uomo di fatto ne abbia saputo fare e che continuerà a fare. O almeno fin quando non avrà appreso la sottile differenza che distingue il sapere dalla conoscenza. 1 . La trasmissione e la conservazione dei saperi sono diventati punti di arrivo, in cui la conoscenza è fine a se stessa, se non addirittura pericolosa. Tali raggiunti saperi dell'opinione pubblica, anziché essere trasmessi come un nuovo punto di partenza per la conoscenza, rimangono mnemoniche citazioni. Di fatto la progettualità ai fini di un sapere, la spinta all'esperienza come ulteriore conoscenza non vengono trasmesse. Ciò che era punto di partenza è diventato punto di arrivo, oltre il quale altro non si trovi che il pericolo del crollo delle poche certezze dei pochi saperi. Le ragioni di essere di tale pericolo sono varie ed possono andare dalla paura individuale del cambiamento, al bisogno di mantenere inalterati eventuali poteri raggiunti con determinati saperi. 2 . L'ampliamento delle conoscenze ha paradossalmente sbarrato la vera strada della conoscenza. La conoscenza è divenuta, già nel '700, “pocket”, leggera, in sintesi, facile da trasportare sui carichi merci. Lo studioso Robert Darnton ha individuato la fondamentale funzione della Grub Sreet nella divulgazione illuminista; la Grub Sreet era costituita da un manipoli di scrittori, sicuramente liberi, ma destinati alla produzione di un sapere per il commercio, tanto più ampio, quanto più semplice nella trasmissione e nella natura dei contenuti. Questo genere di editoria si è sviluppata parallelamente alle élite letterarie, tutt'oggi esistenti e assoggettate al governo, di coloro generavano le nuove idee da trasmettere. Si andarono così sviluppando per mano della Grub Street tutta una serie di interpretazioni, riduzioni delle riduzioni delle idee, divenute saperi: tanti utili sì, ma nel contempo tanto delicati. Tali saperi proponevano la conoscenza, le idee innovative dei grandi pensatori, intrisa della sua stessa subordinazione. Saperi utili in quanto atti alla divulgazione, ma tanto dannosi se utilizzati con mera pigrizia. Tutt'oggi noi siamo ottimi eredi di questa pigrizia: spesso ci appoggiamo a conoscenze ricevute per fonti di quarta, quinta mano, passate e filtrate cioè dalle menti di tutti coloro che ne hanno favorito, o fuorviato, la divulgazione. Difficilmente invece troviamo stimolo nella editoria di divulgazione finalizzato a un percorso di conoscenza proprio. Oggi tutti, grazie alla semplificazione e la mercificazione della conoscenza, si sentono nella posizione di poter trattare, valutare e addirittura giudicare un qualsiasi sapere. Senza rendersi conto però, che talvolta lo stesso sapere è un pregiudizio, il cui frutto stesso è un pregiudizio a imitazione di altrui pregiudizi. Il saperi si fanno sempre più piccoli, riassunti, ridotti, criptati, semplificati, tanto da divenire piccole frasi assolute ed indiscutibili. Tutto parte dal preconcetto stesso del poter sapere, senza accortezza che il sapere comprende, già per definizione, il suo opposto: l'impossibilità di imparare, quindi ampliare le proprie conoscenze. Il paradosso del sapere è la non-conoscenza. Attualmente il confronto per eccellenza è lo scontro tra chi sostiene giustamente opinioni diverse, ma tale confronto, piuttosto che essere indirizzato verso un arricchimento reciproco, un ampliamento delle conoscenze, è rivolto invece verso un voler imporre la propria opinione sugli altri, costi quello che costi. Tesi e antitesi come requisiti necessari per l'imposizione e non la risoluzione. L'imposizione di quello che si reputa un sapere, diventa quindi Verità Assoluta anziché essere suscettibile alla conoscenza. 3 . L'affrancamento dello scrittore, infine, è diventato legge di mercato. |
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08-05-2008, 19.07.07 | #40 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 23-02-2008
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse
Citazione:
Non capisco perchè hai questa idea che io voglia "imporre" qualcosa o che io pensi di avere chissà quale sapere assoluto. Io dico solo quello che penso, opponendo a chi dice cose che vanno in direzione opposta, un ragionamento che a me sembra di buon senso, ma senza voler convincere nessuno, solo per un "esercizio dialettico". E semmai non scrivo per convincere il mio interlocutore, (cosa generalmente impossibile per chiunque) ma eventualmete un terzo che leggendoci entrambi potrà dire chi dice le cose più plausibili. Comunque, se credi, puoi sicuramente prendere le mie considerazioni non come un modo per IMPORRE il mio modo di vedere, quanto il mio modo di "proporre le mie idee ad altre persone al fine di poter ampliare reciprocamente i propri punti di vista". Non ci posso far nulla se penso che l'Anarchia sia da evitare e comunque irrealizzabile. Ma chiaramente, tu puoi fregartene allegramente del mio punto di vista... io non mi offendo |
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