Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
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A N I M A
Non ricordo chi, ma qualcuno una volta disse, ciò che ci parla dall’interno, con voce flebile, come un eco appena percettibile, è una legione, non è un demone. Noi siamo mille essenze miscelate e aggrumate in un agglutine indistricabile. E’ la nostra anima un caleidoscopio dai mille colori e dai mille significati. Per questo è oltremodo indelicato fornire voce a chi voce non ha, se non quel poco e tanto che urla dal profondo come Vox calmanti, di cui noi odiamo solo un eco. Il Cantico dei Cantici, meraviglioso libro ispirato, ci canta appunto questa meraviglia che ammalia… ci canta la vita come essenza forgiatasi nel profondo di ciascuno di noi. Il Cantico dei Cantici è Eros, ma scorda di trasportare con sé la legione che abita il nostro intimo. Dà voce, monocorde, ad una sola parte della vita: la meraviglia, scordando l’abnorme, il terrifico che è in noi. L’anima non ha una sola voce, non canta, non si esprime in poesia, quel che leggiamo composto in versi è solo quel vapore sulfureo che percepiamo come richiamo dagli inferi. Potremo, forse, dire che
L’anima sia il substrato personale entro cui unitariamente sprofonda l’essere in tutta la sua molteplicità di forme, prima che si avvertisse la scissione dovuta ed operata dall’insorgere della coscienza. Potremo inferire che sia un substrato magmatico, ribollente che permane nel profondo di ciascuno di noi in un punto che anticipa e previene la scissione fra ragione ordinativa e follia disgiuntiva e scompaginante. La L’anima è così il punto dell’equilibrio fra i due suoi costituenti, ma oggi si assiste alla sua disfatta al cospetto del trionfo della razionalità scientista che promana della coscienza, la quale ha relegato nel campo della patologia la follia dionisiaca del ditirambo, tramutato e costretto in insipiente danza regolata, che preclude così lo sguardo a più sensi e più voci. La coscienza è una scissione operata fra le due forze: propende verso la ratio ordinativa e rifugge il folle kaos della vita. L’anima è personale e si coniuga con l’anima collettiva rappresentata dall’ambiente e dalla cultura coeva. Anima collettiva intrisa di reminiscenze del passato che la colorano con i colori attinti e trasfusi nel corso del tempo. L’Anima rappresenta il contrappunto e il complemento della coscienza: là dove l’una unisce e scompagina, l’altra scinde e ordina. Sono due attitudini che si completano per tenere il suo abitatore (abitato), l’uomo, in costante tensione verso la vita. L’anima è l’occulto che ci abita, l’inconscio che ci agisce, l’irrazionale che si appropria di noi e delle nostre azioni e scelte, mai pienamente nostre. Non vi è una scienza per l’Anima, non vi può mai essere una scienza che dia voce all’anima. L’occhio non può osservare se stesso nell’atto di osservare se stesso: la psicologia, logos dell’anima, è la presunzione di dar voce a chi urla nel silenzio. Compie il misfatto di fornire regole universali che la decodifichino. Ma è un assunto dogmatico, è un’aporia, una contraddizione, una violenza ed una violazione della sua intima essenza. Così la psicoanalisi (scomposizione in elementi semplici dei tratti caratteristici della psiche-anima), è un’altra ingiuria perpetrata nei confronti di ciò che non è visitabile ed osservabile per parti da ricomporre. Non è possibile rendere oggettivo ciò che è soggettivo. La scienza imporrebbe un’osservazione del fenomeno priva d’interferenze, la più asettica possibile. Ma nella ‘scienza’ dell’anima, del profondo, l’osservatore e l’osservato coincidono, e la razionalità necessaria alla sua decodifica e anamnesi è comunque interferita dall’anima stessa; rappresentando, infatti, il nostro conscio (coscienza) circa il 10% del fenomeno denominato nel suo complesso Uomo, qualsiasi azione, atto razionale, ivi compreso anche l’atto di osservare, leggere e ridurre in asettiche e fredde formule di comportamento, sono sempre interferite in buona misura da elementi e fattori occulti, esoterici, che sgorgano e scaturiscono dal profondo occulto. La religione (religare), che coniuga, che lega è un’altra assiomatica impostura. Non inferisce circa l’Anima, ma inferisce in ordine al suo promanare e al suo dispiegarsi nell’esistenza, fino a spingere il proprio campo d’indagine verso l’epilogo escatologico e la sua riunificazione con ciò da cui si è in origine scissa. Fino ad argomentare e dedurre la sua intima attitudine a coniugarsi con qualcosa da cui in origine si sarebbe disgiunta. Fino a conclamare ed enunciare la sua perenne e costante correlazione con la fonte primordiale… che assurda pretesa! La religione, argomentando in tal senso, conchiude il senso e la significatività dell’esse in anima entro uno spazio escatologico, rinviando la sua forza agente ad un futuro da compiersi, vanificando e negando il suo carattere ctonio, che attiene più agli inferi che al sublime e celestiale. L’anima è un flusso che sgretola le regole, imponendosi come forza luciferina insondabile. Per cui non vi può essere logica che la trattenga, che la conchiuda entro leggi ferree e regole irredimibili. L’Anima è al tempo stesso Meme e Lethe, ricordo e oblio. Parla un linguaggio simbolico, esoterico, non decifrabile. E’ un paradosso che si esprime unitariamente nella sua molteplicità. Dar voce all’anima, farla parlare con il linguaggio dei verbi, degli avverbi, dei sostantivi comuni è una forzatura improponibile: l’inconscio non parla la nostra lingua, urla nel silenzio che udiamo e vediamo in sentimento ed emozioni. Non vi è una sola anima in noi, vi sono tante anime quante sono le percezioni e le risposte che ad esse per buona misura inconsciamente forniamo, con nostre scelte ed atti che ci scelgono e ci agiscono. Noi non abbiamo un’anima, noi siamo dell’anima.
Ciao
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